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Rivista di storia economica. A.06 (1941) n.4, Dicembre

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OPERE DI LUIGI EINAUDI

Sono in programma per ora quattro serie, i cui volumi compariranno man

mano che saranno pronti :

I. - SCRITTI D I ECONOMIA E D I FINANZA

1. Saggi sul risparmio e l'imposta, 1941. Un voi. in-8° di pp. XI-423, L. 50. 2. La terra e l'imposta.

3. L ’ottima imposta.

4. Miti e paradossi della giustizia tributaria, 1940. Un voi. in-8° di pp. V II* 308, L. 21.

5-6. Saggi teorici diversi.

II. - SCRITTI STORICI

Saranno raccolti in questa serie scritti, sparsi in riviste e pubblicazioni acca­ demiche, intorno alla storia della scienza e dei fatti economici.

III. - LE CRONACHE ECONOMICHE ITALIANE

Saranno raccolti in questa serie, distribuiti per ordine cronologico di mate­ ria, gli articoli pubblicati in riviste e in giornali (principalmente nel «Corriere della Sera », dal 1900 al 1925) su problemi di attualità. Sarà quasi una storia ed un commento giorno per giorno dei principali avvenimenti economici italiani per un lungo tratto di tempo. Non essendo pensabile, a causa della gran mole, una pubblicazione compiuta, saranno esclusi gli articoli di mero riassunto o dove si ripetano cose già dette altrove.

IV . - VARIA

(3)

RIVISTA DI STORIA ECONOMICA

DIRETTA DA LUIGI EINAUDI

D irezione: Via Ltm.trmara, SO (giti 60) ■ Torino. Am m inistrazione: G iulio Einaudi editore. Via Altro. G ioda. 1 - Torino — Abbott, annuo per l'Italia L. 70. Estero L. 100. Un numero l. 20

S O M M A IM O » K l . X . I - l> IC K M B K K 1011

Lu i g i Ei n a u d i:

Una grande discussione parlamentare ; la legge

del catasto de! 1886

...Pag. 201

Fr a n c o Mi l i a n o:

La garanzia dei depositi bancari negli Stati

U n i t i

...

» 239

R. U.

Fe r r a n t e:

Vecchie forme di debito pubblico

. . . .

» 250

N ote e rassegne.

Lu i g i Ei n a u d i:

Il centenario di una cassa di risparmio

. . .

» 255

»

»

Un pioniere del cosidetto capitalismo

. . .

» 258

Ma r io d e Be r n a r d i:

Appunti. Un ricordo di Colson. - Walras

e la Francia.

-

Pantaleoni e la scuola. ■ Lusso di nobili

negli ultimi anni dell’« ancien regime

»

...»

264

Recensioni.

L . E .,

A.

B .,

A. A-M.,

R .

U,

F ., F .

M.,

L . Da l Pa n e s u

libri di

A. Bellieri, R. Lambruschini, R. Greenfield, F. Nicolini,

P. Torrione, G. Valente, A. Monti, G. Mondaini, A. Comez

e G. Strobino, A. Graziadei, F. Scborer, E. Panciera, E.

Vanoni

...

Tra riviste ed archivi.

(4)

T

j g pubblicazione, avvenuta ad opera di taluni munifici cittadini e

per le cure del senatore Luigi Messedaglia, di un insieme imponente di

volumi, ha fornito l’occasione al direttore della rivista di rileggere i ver­

bali delle discussioni parlamentari del 1886 intorno alla legge del catasto.

D i quella discussione egli rievoca oggi i particolari tecnici, già da lui al­

trove sfruttati, anche per illustrarli dal punto di vista de! metodo che

fu allora tenuto nel discutere e nell’elaborare la legge fondamentale che

ancora oggi regge la materia della tassazione fondiaria in Italia. Il metodo

fu tipicamente politico. I senatori, i quali avrebbero potuto recare contri­

buto notevole di scienza, di tecnica e di pratica di governo, quasi non par­

larono; e non ebbero alcuna virtù di modificare neppure una sillaba al

testo ad essi presentato. I deputati parlarono invece a lungo durante le

29 alacri sedute consacrate nell'inverno del 1885-86 a quella discussione;

e la maggioranza degli oratori fu di uomini di legge. Pur parlando di cose

lontanissime dalla loro apparente competenza, costoro si tennero quasi sem­

pre stretti alla realtà e riuscirono spesso a modificare, in meglio, il testo

su punti specificamente tecnici. Quella vicenda ripropone il vecchio pro­

blema: giova alla competenza politica un qualche abito professionale e

quale è la vera indole specifica di quella competenza?

Sulla esperienza della garanzia dei depositi bancari negli Stati Uniti

susseguente alla grande crisi del 1929 si intrattiene il

M

iliano

con lar­

ghezza di dati desunti da rapporti ufficiali; mentre il

F

errante

richiama

l’attenzione su talune vecchie forme di debito pubblico usate nel medio

evo e fino alla rivoluzione francese; vecchie forme le quali utilizzavano ac­

cortamente istituti privatistici ai fini statali.

(5)

N O V I T À E I N A U D I

G. M. TREVELYAN

STORIA

DELL’ INGHILTERRA

NEL SECOLO X IX

l a r e 4 0

FRANCO BALLARINI

I MOVIMENTI INTERNAZIONALI

DEI

CAPITALI NEL DOPOGUERRA

(6)

Olivetti M. 40

Lo Olivelli M. 40 per ufficio à la macchina che meglio si pre­

sta dove il lavoro ò gravoso o continuo come nei Ministeri, nei Pubblici Uffici, nelle Banche, negli Uffici Professionali.

PICA - ELITE -

I T A L I C O -

IT A L IC O GRANDE

MEDIO ROMANO - ROMANO G R A N D E -

CROATO

fTlano'Myvi/'t^o-

e l i t e i m p e r i a l e

-

perla

MIKRON

- IMPERIAL

- STAMPATELLO PICCOLO

P E R F O R A N T E .-

AVVISI -

G IGANTE

T A S T I E R E P E R T U T T E L E L I N G U E E C A R A T T E R I DI O G N I S T I L E

•I

(7)

UNA GRANDE DISCUSSIONE PAR­

LAMENTARE. - LA LEGGE SUL

CATASTO DEL 1886

Angelo Messedaglia, Il catasto e la perequazione, relazione parlamentare. Nuova

edizione a cura di Luigi Messedaglia, con prefazione di Giuseppe Tassinari. Bologna, L. Cappelli, 1936. Un voi. in 8° di pp. XIX-462, Prezzo lire 30.

Marco Minghetti, Per la giustizia nella perequazione fondiaria, relazione parla­

mentare (1884). A cura di Luigi Messedaglia. Bologna, L. Cappelli, 1938. Un voi. in 8a di pp. X-33. Prezzo lire 8.

Catasto e perequazione, discussione parlamentare sul riordinamento dell' imposta fondiaria (1885-1886). A cura di Luigi Messedaglia. Bologna, Cappelli, 1941. In 8 °; I voi. di pp. X X V II-506; II voi. di pp. 55 0 ; III voi. di pp. 552; IV voi. di pp. 402. Prezzo dei quattro volumi, lire 150.

Paolo Thaon di Revel, Il catasto nella legislazione fascista. Parte I : Catasto Ter­ reni. Roma, Istituto poligrafico dello stato, 1941. Un voi. in 8° di pp. 109. S. i. p.

I. — I primi sei volumi che qui si annunciano raccolgono alcuni documenti solenni della storia finanziaria italiana relativi alla legge fondamentale del 1886 sul catasto; ed il settimo è particolarmente dedicato alla illustrazione della riforma, pur essa di gran rilievo, che a quella legge fu apportata nel 1939. Se quest’ultimo si deve alla solerzia del ministro alle finanze, la prima gran raccolta è dovuta alle cure di Luigi Messedaglia, nipote dell’autore della classica relazione sul castato e fu edita per iniziativa ed a spese « di un gruppo di benemeriti, i quali, con esem­ pio unico anzi che raro non vogliono essere nominati ». La raccolta è veramente singolare, per il pregio delle cose ristampate e per il servigio reso agli studiosi. Ché questi conoscevano la relazione Messedaglia più per sentito dire che per let­ tura diretta. Sepolta, insieme con quella Minghetti, nello stampato n. 54 A degli

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« Atti della Camera dei deputati, legislatura XV, documenti », essa era divenuta ben presto irreperibile, non possedendone più l'archivio della camera alcuna copia disponibile; e non essendone comoda la consultazione nelle voluminose collezioni degli atti parlamentari; e peggio si dica delle relazioni del ministro alle finanze Magliani alla Camera ed al Senato, della relazione Finali al Senato e delle discus­ sioni alle camere dei deputati e dei senatori, sepolte anch'esse negli stampati n. 54 della Camera, 257 e 257-A del Senato e nei volumi X V e IV , rispettivamente, degli « Atti parlamentari, discussioni » delle stesse camere, tutti della XV Legisla­ tura. Oggi possiamo rifarci comodamente ai sei volumi, decorosi, forniti di rapidi indici, ornati di due bellissime incisioni con ritratti di Angelo Messedaglia e di Marco Minghetti e di istruttive precise introduzioni di Luigi Messedaglia intorno alla storia parlamentare dei documenti raccolti.

2. — Altrove (1) ho cercato di dimostrare che nella Lombardia del se­ colo X V III ad opera di alcuni « grandi economisti che, ignoti all’Europa, regge­ vano le oscure sorti del nostro paese » — son parole di Carlo Cattaneo — era stata fatta la più grande scoperta nota negli annali della storia finanziaria: essere la ricerca della verità effettiva variabile di anno in anno in materia di reddito imponibile vana e dannosa e doversi invece appuntare lo sforzo della finanza all'ac­ certamento del reddito medio ordinario continuativo permanente. Questa verità non è nemmeno oggi riconosciuta ed accettata né in Italia né altrove; ché sembra ai più necessario crocifiggere sull'altare della inquisizione fiscale gli uomini per co­ stringerli a confessare quel che essi di fatto guadagnano di giorno in giorno, di anno in anno. Immemori, codesti più, che non esiste una verità sola in materia di bilanci d'imprese e di famiglie, ma tante verità quanti sono gli scopi e le premesse della ricerca. A parità di capitali investiti e di fattori personali impiegati, altro è il reddito quando si contempla l'impresa giunta all'ottima dimensione, da quello che si deve calcolare se l'impresa non ha ancora trovato l'assetto ad essa proprio o se l'imprenditore volge la mente a liquidarla o a trasformarla. Uguali due o più fondi ed ugualmente instrutti di case, di piantagioni, di strade poderali, di scorte vive e morte e dissimiglianti i redditi a seconda della diligenza della perizia e dell’iniziativa dell'agricoltore. Quei sapienti economisti del settecento videro che lo stato, avendo verso tutti ugualmente compiuto il dover suo di fornire buona ammi­ nistrazione, imparziale giustizia, salda difesa, inviolata sicurezza, promuovimento oculato di educazione privata e pubblica, di igiene ed onesti servizi sociali, aveva ragione di prelevare su tutti tributo proporzionato al reddito ordinario o medio che i cittadini, sotto l'egida dello stato, potevano conseguire; e disse loro: io vi tasserò su cento, che è il reddito medio che secondo l'usanze del paese voi potete ottenere coltivando i vostri terreni; e non monta che il diligentissimo tra voi ot­ tenga duecento ed il negligente cinquanta, e che il coraggioso, rivoltando e miglio­ rando il terreno, giunga da cento a centocinquanta; ché io vi tasserò per un tempo dato e lungo come se tutti ricavaste cento.

(1) Nello scritto La Terra e l'imposta, pubblicato nel primo volume (1924) degli « Annali di economia » della Università commerciale Bocconi, di cui sto curando una nuova edizione.

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UNA GRANDE DISCUSSIONE PARLAMENTARE 203

« Ora, la famiglia che duplica il frutto dei suoi beni, pagando tuttavia la stessa pro­ porzione d'imposte, alleggerisce di una metà il peso, in paragone della famiglia inoperosa, che paga lo stesso carico, e ricava tuttora il minor frutto. Questo premio universale e per­ petuo, concesso all'industria, stimolò le famiglie a continui miglioramenti. Tornò più lucroso raddoppiare colle fatiche c coi risparmi l'ubertà di un campo, che posseder due campi, e coltivarli debolmente. Quindi il continuo interesse ad aumentare il pregio dei beni fece si che col-corso del tempo e coll'assidua cura il piccolo podere pareggiò in frutto il più grande finché a poco a poco tutto il paese si rese capace di alimentare due famiglie su quello spa­ zio che in altri paesi ne alimenta una sola. Qual sapienza e fecondità in questo principio, al paragone di quelle barbare tasse che presso culte nazioni si commisurano ai frutti della: terra e agli affitti delle case, epperò riescono vere multe proporzionali, inflitte all'attività del possessore!» (2).

Il principio della tassazione del reddito ordinario medio invece di quello effettivo variabile leggesi primamente sancito nella Relazione dello stato in cui si trova l’opera del censimento universale del ducato di Milano nel mese di maggio dell’anno 1750 (Milano, Malatesta, 1750) redatta dal toscano Pompeo Neri, chia­ mato a presiedere, dopo il napoletano Pasquale De Miro, l’opera della catastazione in Lombardia. Poiché la Relazione non fu ristampata da più di un secolo ed è opera degna di essere accolta tra i classici italiani, quel gruppo di uomini bene­ meriti, il quale rese possibile la ristampa dei sei volumi che qui si annunciano, crescerebbe la sua benemerenza promovendo quella della relazione Neri, capostipite di tutto quel che di buono si scrisse intorno al catasto in Italia e fuori. Quel classico volume richiederebbe probabilmente qualche particolar cura di illustrazione storica c qualche opportuna resecazionc di documenti mutili all’intendimento del testo principale; ma la fatica non lieve e non breve di chi vi si dedicasse sarebbe com­ pensata dal vantaggio di offrire agli studiosi la possibilità di leggere un libro davvero fondamentale. Frattanto, contentiamoci di quel che ci viene offerto ed è moltissimo; ché la relazione Messedaglia è, dopo quella di Pompeo Neri, la fonte alla quale hanno attinto ed attingeranno quanti hanno voluto o vorranno rendersi ragione dell'impresa grandiosa la quale va sotto il nome di nuovo catasto italiano.

3. — L’impresa è grandiosa per la lunga preparazione, dal 1860 al 1886; per il tempo ancor più lungo dell’esecuzione iniziata nel 1886 e non ancor com­ piuta oggi; per le anticipate revisioni, mentre l’opera non era ancor finita, nel 1923 e nel 1939; per il succedersi dei disegni intesi, con metodi diversi, alla perequa­ zione dell’imposta fondiaria; per il contrasto di interessi fra il settentrione ed il mezzogiorno, fra cerealicultori, viticultori, olivicultori, agrumicultori, che si celava sotto il velo delle preferenze a metodi diversi; per il battagliare delle parti poli­ tiche, le quali avevano assunto quel problema a segnacolo in vessillo della lotta per il potere.

Fu certamente meno grave il problema che il ministro alle finanze del 1939 volle risolvere; ché si trattava di ringiovanire e perfezionare quel che si era fatto

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LUIGI EINAUDI

nel 1886; ma non era, neppur esso, problema di poco conto, trattandosi di acqui­ stare al catasto la vasta materia fiscale dei redditi agrari, in aggiunta a quella sua propria dei redditi dominicali, e di innovare profondamente il metodo di valuta­ zione, col passaggio dalla stima per particelle tipo ossia per minime unità cultu­ rali artificiali alla stima per poderi tipici, ossia per unità reali, effettivamente esistenti. II tenue elegante volume di Paolo Thaon di Revel fornisce in 109 pagine, insieme con una sua introduzione storico-teorica, le relazioni ministeriali c par­ lamentari, le discussioni avvenute in seno alle Commissioni legislative della Camera e del Senato, i discorsi pronunciati nella seduta straordinaria della Commissione censuaría centrale del 15 luglio 1939, i testi del r. decreto legge 4 aprile 1939 e le relative istruzioni di servizio del 25 luglio 1939; laddove 2500 pagine basta­ rono a malapena a contenere quel che fu scritto e detto da ministri e da parla­ mentari quando si decise la riforma del 1886. N ell’appendice al già ricordato volume su La Terra e L'imposta ho largamente sfruttato la silloge del Thaon di Revel; della quale perciò c dei problemi momentosi in essa trattati più non mi occupo qui, per non ripetermi o per non allungare uno scritto già fin troppo lungo.

4. — Che cosa sia la relazione Messedaglia non fa mestieri ripetere, dopo che, per consenso unanime di studiosi e di pratici, essa è stata dichiarata « clas­ sica ». A distanza di 134 anni, con più sicura preparazione teorica e con conoscenza amplissima della legislazione catastale sia italiana che straniera, la relazione del Messedaglia si riallaccia a quella di Pompeo Neri. Più fresca, più ingenua, e più accesa questa, più composta e sistematica quella. Pompeo Neri dalla contempla­ zione degli abusi radicati durante il dominio spagnolo e delle incongruenze logiche e dei danni concreti derivati dai metodi personali deduce la necessità del ritorno a metodi nettamente reali di ripartizione dei tributi. Il problema del Messedaglia era un altro: unificare l’imposizione fondiaria in un paese dove vigevano 23 ordi­ namenti catastali diversi; disperdere l’incubo dei contingenti regionali, i quali met­ tevano il mezzogiorno contro il settentrione, il Piemonte contro la Lombardia e questa contro il Veneto, ogni regione persuasa di essere sovratassata in confronto alle altre; scegliere tra la conservazione del metodo catastale e il suo abbandono deciso a favore del metodo delle dichiarazioni dei possessori, di cui da un ventennio facevasi lo sperimento per i redditi mobiliari, sperimento disgraziato, ma per­ ciò allettante per coloro i quali speravano cosi di prolungare a proprio favore passate ingiustizie. Messedaglia affronta il problema armato di precisa erudizione — la parte prima, storica, sui catasti italiani e stranieri è tutta di prima mano — e di salda preparazione economica e tecnica. La discussione condotta nel par­ lamento italiano nell’inverno del 1885-1886 poggia tutta su quella relazione. Quasi tutti gli argomenti esposti hic binde dalle parti contendenti erano già stati esposti analizzati criticati da lui; sicché a rigore ci si potrebbe contentare di quel che egli disse, senza perder tempo nell’inseguire le variazioni e le ripetizioni che se ne fecero durante quei mesi.

Ma poiché lo scopo del presente saggio è appunto quello di chiarire come si discuteva in quel tempo un problema importante, così chieggo venia se, dopo aver dichiarato che la relazione Messedaglia è e rimarrà per un pezzo l’opera capi­

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UNA GRANDE DISCUSSIONE PARLAMENTARE 205

talissima in materia, sfrutterò sovratutto i quattro volumi delle discussioni per chiarire come il problema rimanesse, attraverso le manifestazioni degli interessi di regione, di classe e di partito, un problema essenzialmente tecnico e ricevesse una soluzione quale il Messedaglia, scienziato, non avrebbe potuto auspicare migliore.

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e l’opinione pubblica aveva dimostrato di aver accolto con favore il risultato; sic­ ché il 5 febbraio la approvazione a scrutinio segreto del disegno, che aveva subito notevoli modificazioni durante la discussione degli articoli, avvenne con 290 voti favorevoli e soli 91 contrari su 381 presenti.

Pochi giorni dopo, l'8 febbraio, il Magliani, presenta il disegno al Senato, facendolo precedere da una sua breve relazione. La legislatura volgeva al termine; ed il Senato dovette acconciarsi ad una discussione rapida e ad una approvazione senza alcuna variante del testo quale gli era presentato. Altrimenti, chiusa la legi­ slatura, il disegno di legge sarebbe decaduto e si sarebbe dovuto ricominciare tutto da capo. Commissari furono i senatori Giuseppe Saracco, Francesco Brioschi, Fedele Lampertico, Marco Tabarrini, Vincenzo Errante, Pietro Manfrin, Alberto Cencelli, Camillo Caracciolo di Bella, Stanislao Cannizzaro, e Gaspare Finali, quasi tutti gran nomi nella scienza e nella politica. Presidente il Saracco e relatore il Finali, la relazione fu in breve allestita e presentata. Due tornate, del 27 e 28 febbraio 1886, bastarono alla discussione. La sera del 28 con 91 voti favorevoli e 6 contrari, il disegno era approvato; ed il giorno dopo, 1° marzo 1886, diventava legge dello stato e.con la stessa data veniva pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.

6. — II Senato, sebbene ne facessero parte uomini eminenti e in cose finan­ ziarie competentissimi, non si segnalò in questa discussione se non per la dignitosa protesta dell’avvocato Luigi Ferraris per la dolorosa necessità nella quale quel corpo si trovava ridotto « di dover approvare la legge tal quale ci venne mandata dall'altro ramo del Parlamento, senza potervi apportare neanche la minima delle aggiunte, delle modificazioni che un nuovo esame facesse riconoscere necessarie ed opportune » e per il malvezzo di non fargli pervenire i progetti di legge « né in tempo né in modo che possano subire quella discussione che, tranquilla e pacata, come si conviene a questo alto consesso, sempre riesce utile ed anzi necessaria per la loro migliore riuscita », specie ad occasioni di leggi speciali come quella cata­ stale, la quale « richiede sopra tutti i punti, ai quali può riferirsi la sua esecuzione, un esame ed una libertà di discussione che certo non cadrebbe inutile » (IV , 296-97). Invano il presidente del consiglio Depretis rese omaggio alla competenza della commissione senatoria, al pregio della relazione Finali e protestò che il governo non aveva « punto l’intendimento di menomamente diminuire la pienissima libertà del Senato nel discutere il disegno di legge ». Perché discutere, se si sa che tutt’al più si potranno rivolgere al governo « raccomandazioni », delle quali si spera od anche si promette sarà tenuto conto nel regolamento di esecuzione della legge? Manca l’interesse del discutere, che è quello di far prevalere la propria sull'opinione altrui. Manca altresì la passione del discutere, la quale nasce dalla convinzione di essere i rappresentanti di forze sociali ed economiche o politiche vive, che vogliono essere difese e della cui reazione al proprio silenzio o al proprio voto si ha. timore. Invece, che cosa rappresentavano quei venerandi senatori se non il sapere e l'interesse ge­ nerale? Troppa poca cosa, disadatta a far loro vedere i problemi che veramente importava di risolvere nel campo della imposizione fondiaria.

7. — C ’è un abisso fra le discussioni nella camera alta ed in quella bassa. A primo aspetto sembrerebbe che quella senatoria dovesse essere discussione tecnica

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UNA GRANDE DISCUSSIONE PARLAMENTARE 207

minuta relativa alla formulazione della legge; laddove i deputati avrebbero dovuto dimostrare sovratutto impeto politico, passione regionale, difesa od offesa di privi­ legi e di interessi. Impeto e passione non mancarono per fermo; come si sarebbe potuto arguire dalla grande prevalenza degli uomini di legge i quali parlarono alla Camera in questa occasione: 51 avvocati e due notai, di contro ad 11 profes­ sori, 9 ingegneri, un generale, un consigliere di stato, 15 nobili, probabilmente provvisti di proprietà rustiche e 19 di condizione professionale non indicata nel diligente indice degli oratori compilato a cura di Luigi Messedaglia. Ci si sarebbe potuto aspettare una interminabile giostra di argomenti generici o cavillosi e nu­ merose eloquenti ripetizioni. Gli slanci oratori furono invece pochi; e, da quel che si può arguire dalla lettura, il solo oratore forbito fu l'on. Mussi, noto depu­ tato radicale di Milano. Crispi fu veemente ed impulsivo quando rinfacciò a Ma- gliani, ministro alle finanze, l’antico impiego borbonico; nessuno fece uso di motivi retorici. In verità il rimprovero di prevalenza dei legulei, mosso alle antiche assem­ blee parlamentari italiane, è in gran parte infondato. Parecchi di quegli « avvo­ cati » non esercitavano la professione; e non pochi vi avevano acquistato fama non piccola; la quale nasceva dall'attitudine a vedere il fondo della questione ed a trarre dal groviglio delle fattispecie il nucleo essenziale decisivo nel decidere. La politica richiede un tirocinio suo proprio, che non è quello tecnico specializzato in questa o quella branca, agricola od industriale o commerciale o bancaria, dell'atti­ vità umana; ed il tirocinio si fa mescolandosi con gli uomini, con molti uomini, di interessi e tipi diversi, lavorando con essi, difendendoli o combattendoli. Ep- perciò all’uopo non giovano le scuole specializzate nel fabbricare politici, ammi­ nistratori pubblici o sindacali, organizzatori, giornalisti, diplomatici, dove tutte que­ ste belle cose, che non sono materia di scienza ma di vita vissuta, dovrebbero essere insegnate da gente che non fu mai nella politica, nel giornalismo e nella diplomazia; o, se vi fu, non vi acquistò quella eminenza, che avrebbe loro tolto il tempo e la voglia di insegnare altrui. Durante la discussione sul catasto, quei 51 a\ vocali, i quali presero, taluno ripetutamente, la parola, non furono meno tecnici e meno precisi nel discutere punti particolarissimi dei 9 ingegneri e dei 15 nobili possidenti. In argomenti d'indole tecnica, non parlano se non coloro i quali hanno qualcosa da dire. Troppo è il rischio di mettere in mostra la propria incompe­ tenza in un'assemblea di qualche centinaio di uomini, pronti a cogliere l’occasione di sopraffare l’avversario. Se alcuni ingegneri, come il Prinetti, il Curioni, il Car­ mine, intervennero efficacemente nelle discussioni, ciò accadde perché anche la pro­ fessione dell’ingegnere addestra talvolta, chi non si chiuda nella mera tecnica, a trattare con gli uomini, a governare imprese, a risolvere problemi economici e so­ ciali. Fra tutte, è quella che più si avvicina alla professione dell’avvocato; s’intende per chi sappia in essa emergere.

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superiori a coloro dai quali avevano ricevuto il mandato. Parlavano talvolta a lungo; e non poche volte, quando l'oratore persuadeva od avvinceva per il vigore delle argomentazioni, a rendergli agevole il compito partiva cortese l’invito a prendere un breve riposo. Non era tollerata la trascuranza nel governo a rispondere alle os­ servazioni od alle domande dei deputati. Nonostante l'impazienza della Camera di venire nella tornata del 1° febbraio al voto su un articolo della legge, l'on. Giuseppe Toscanelli, arguto mordace deputato per Pisa, si inquieta per non aver avuto ri­ sposta ed « intendo sia rispettata la mia posizione di deputato ; e quando, come deputato, chiedo alcuni schiarimenti, ho diritto di averli ». Subito il ministro Ma­ gliari ed il commissario Gerardi chieggono scusa per la involontaria trascuranza, dovuta all'incrociarsi di molti quesiti, ed a lungo rispondono e chiariscono (III, 542-3).

Gli oratori avvocati o non, difendevano, sì, gli interessi dei loro rappresentati; ma dovevano guardarsi dall’addurre argomenti particolari, che non avessero almeno il colore della difesa dell'interesse generale. Non sarebbe mancato qualcuno a met­ tere i malcapitati in brutta posizione. Quando sembrò che i deputati napoletani avversassero il disegno di legge perché timorosi di vedere scoperte evasioni, un napoletano dalla lingua forcuta, Ruggero Bonghi, oratore classicamente pungente, andò ricercando negli atti della recentissima inchiesta agraria, detta Jacini dal nome del presidente e relatore della commissione, i brani nei quali taluni parlamentari meridionali avevano chiarito i vizi gravi del catasto napoletano; e lesse pagine degli on. Branca ed Angeloni, e del sen. D e Siervo, mettendo in grave imbarazzo spe­ cialmente l'Angeloni, il quale aveva parlato qualche seduta innanzi contro il disegno di legge, ma tre anni prima in una relazione per l’inchiesta agraria aveva ammo­ nito i suoi concittadini a non temere dalla catastazione proposta « né ingiustizia né disuguaglianza di trattamento». Bonghi approvava; aggiungendo tra l'ilarità della Camera : « a queste sante parole bisogna conformare il voto » (II, 363). Bon­ ghi ammoniva altresì severamente i colleghi, meridionali e settentrionali insieme, — egli, meridionale, aveva dovuto cercar rifugio nel collegio di Treviso — contro il pericolo, che divisioni regionali aprissero la via al mal costume delle discussioni e delle votazioni non aperte:

« Non era succeduto mai dacché io seggo nella Camera italiana, e ci sono dal 1860, che dietro alla discussione pubblica si movesse, s'agitasse una discussione privata della Ca­ mera divisa in gruppi, della quale qui giungeva notizia dai giornali o da privati colloqui. £ un pessimo sistema, signori, quello che s'è così minacciato di introdurre nella vita pub­ blica italiana! £ un sistema, di cui non potrete trovare esempio se non dove il sistema rappresentativo è più corrotto, negli Stati Uniti d'America, per esempio. Ma in quei paesi stessi esso è acremente censurato da tutti quelli che hanno un retto giudizio della sincerità, dell'efficacia, della sanità della vita pubblica. Che i deputati si uniscano e si concertino in­ sieme e si consultino è nella natura delle cose; ma il danno sorge quando i deputati, in queste riunioni private, si impegnano fra di loro a votare come in esse si stabilisce.... Le deliberazioni dell'assemblea diventano come una scena falsa avanti al paese; le delibera­ zioni vere sono quelle che il paese non vede. Qui noi abbiamo la catastrofe; ma gli atti non sono recitati davanti al pubblico. Il sistema perde per tal modo quello che è l'essenza sua: la forza e l'efficacia della persuasione e della parola» ( l i, 367).

(15)

UNA GRANDE DISCUSSIONE PARLAMENTARE 209

Principiti obito; Bonghi metteva il dito su quello che divenne poi la piaga delle istituzioni parlamentari europee: l’ubbidienza al partito; raffievolirsi dell’ef- ficacia della discussione, unica ragion d'essere dei parlamenti e della stampa libera.

9. — Allora, aveva dato occasione al tentativo di conventicole e di impegni non tanto il contrasto fra piccoli e grossi contribuenti, quanto quello fra il mez­ zogiorno ed il settentrione. L’on. Giuseppe Romano, deputato per il terzo collegio di Lecce, anticipando leggende moderne acerbissime sulle 200 famiglie di Francia o sulle non so quante inglesi ed americane, aveva, è vero, accusato il disegno di legge di voler creare privilegio a 4800 possessori ricchi e straricchi della terra, a danno degli « altri 25.500.000 cittadini italiani i quali stentano la vita per la miseria e la fame e muoiono di pellagra e di miseria» (I, 4 5 9 ); l’on. Marcora aveva rincalzato, affermando che sin dai tempi dei Visconti il catasto era strumento del principe per creare attorno a sé un ceto di privilegiati, ed ancora adesso « qua­ lunque altro cittadino è un valore di borsa quotato a piacere del fisco; il solo proprietario è sottratto a questa posizione» (II, 313); di nuovo fon. Romano, cre­ scendo tuttavia da 4800 a 4.800.000 il numero dei proprietari interessati ad una buona catastazione, aveva protestato contro la proposta di far pagare all’erario ossia a tutti le spese di una operazione utile a quei 4.800.000 proprietari ricordando la massima romana: iecundurn naturam en comntodo cnjtnqne rei eum iequi, quem itquuntur inconttnodo » (III, 4 3 5 ); e l’on. Toscanelli, nella previsione di un'im­ posta fondiaria la quale fra vent’anni non avrebbe superato, compreso il carico locale, il sei per cento del reddito, protestava a nome degli operai, i quali avreb­ bero a parer suo pagato, comprese le imposte indirette, non meno del 20 per cento sui loro salari :

« Potete urlare quanto vi pare e piace, ma io vi ripeto che questa è finanza aristo­ cratica, è finanza borghese, non è finanza democratica; non è quella finanza che fece abolire il macinato, non è quella con la quale ci si propone la diminuzione del sale » (III, 536).

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« questo movimento di trasformazione da cui spera la sua salvezza. Questo rivolgimento in­ terno nella sua agricoltura lo fa specialmente coll'allargare in vaste proporzioni alcune cul­ ture, tra cui in particolar modo quella della vite, che è minacciata da pericoli gravissimi nell'avvenire; quindi teme che, se voi fotografate oggi le condizioni della sua agricoltura, una nuova crisi, anche più grave dell’attuale, rovescierà presto a suo danno le proporzioni di fronte alle provincie che oggi si lamentano. A tanto è giunto il contrasto, il dibattito ha preso “ malgrado ogni sforzo individuale, un carattere tanto spiccatamente regionale che basta esaminare la latitudine del collegio di ogni deputato per sapere se parla prò o contro " ; sicché pare deprecabile e non giovevole “ al credito ed alla saldezza delle nostre istituzioni " una votazione la quale facesse apparire “ quasi tutto il paese diviso, per una questione di interessi quale è questa, in due campi compatti ed armati l'uno contro l'altro " » (1, 444-45).

Anche l'on. Crispi, il quale nella discussione generale aveva difeso la tesi dell'imposta unica sull'entrata, che oggi si dice complementare progressiva sul red­ dito complessivo, gravemente si inquieta perché governo e commissione vogliono escludere dal catasto fondiario le miniere, cave, saline e tonnare, allo scopo di as­ soggettarle poi all'imposta di ricchezza mobile e ravvisa in questa esclusione una offesa agli interessi del mezzogiorno:

« Mentre decretate privilegi per i proprietari della terra, voi pregiudicate le industrie primitive del nostro paese, le quali sono quelle che provengono dai prodotti del suolo. Le industrie nostre languiscono: i nostri ferri dell'isola dell'Elba si mandano all'estero, perché vi siano lavorati; i ferri, i carboni delle Calabrie, difficilmente possono vendersi e servire all'interno; dalla Sardegna partono per l'estero i piombi argentiferi: conviene meglio farli lavorare all'estero, poiché nel regno ci sarebbe una perdita in conseguenza delle enormi fisca­ lità vostre. I tonni hanno una concorrenza continua dalla penisola iberica.... Oggi, mentre voi vi affaticate a dare all'Italia un catasto stabile per la proprietà fondiaria, escludete da questo catasto tutti quei beni immobili che danno origine ad una parte principale delle indu­ strie nazionali, le quali sono le più insidiate dallo straniero. Lo capisco, o signori, che le più interessate in questa lotta essendo le provincie meridionali, taluni potrebbero imputarci di regionalismo; ma avrebbero torto. Quando noi difendiamo gli interessi delle provincie me­ ridionali, lo facciano perché voi li offendete » (III, 300).

Durante il tumulto che si scatena, Crispi rincara la dose ed ai rimbrotti del- l’ing. Alberto Cavalletto, purissimo patriota veneto che rivendica a tutti gli ita­ liani il sentimento dell'unità e dell'amore alla patria, replica violentemente, esclu­ dendo, come si ricordò di già, il Magliani dal diritto di ricordare quei sentimenti; e finisce rinfacciando ai deputati di non essere chiamati ad attuare l’imposta sul­ l’entrata, progressiva, la più razionale di tutte « perché non sta a voi di fare giu­ stizia in Italia » (III, 302).

Ma il Bonghi aveva già provveduto a ridurre al giusto valore questi argo­ menti regionalistici. Egli non aveva « quelle grandi paure, che sono state manife­ state in questa Camera, del danno che possano portare alla compattezza nazionale la discussione e la votazione di questa legge ». Nel mezzogiorno come nel setten­ trione vi sono certamente

« molti grandi proprietari ai quali sopratutto giova la non accertata stima delle loro terre » e questi « generano una opinione nel paese contraria ad una operazione che misura loro e

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stima le terre; ma nel paese vi sono molti proprietari medi e piccoli che risentono il danno opposto ed ai quali voi fate il torto di credere che sia difficile persuadere che, come quelli avranno, da una esatta cognizione, un danno che meritano, essi avranno invece un giova­ mento che meritano assai più ».

Non dunque esiste vero contrasto fra regione c regione; ma in tutte le re­ gioni fra proprietari tassati troppo poco e proprietari tassati troppo. Non si sono invocati gli interessi meridionali quando si sono accresciuti nel mezzogomo il prezzo del sale e del tabacco ed i dazi

« ed ora che si tratta di sperequazione, su per giù, fra chi possiede questa terra, che non può essere di tutti, diventereste capaci di una opposizione così tenace e chiamereste per titolo di questa opposizione il nome dei vostri paesi, il nome delle vostre provincie, il nome di alcune regioni d'Italia alle quali voi appartenete? ».

Al Bonghi il trionfo della legge non pare tanto difficile:

« Io son persuaso che, all'ultimo, parlerà nella coscienza di molti più che si crede, la voce d'Italia. La conciliazione è cosa ottima, o signori, sta bene; ma non ha se non una sola base, salda e sicura, la giustizia» (II, 370-71).

10. — Cosi fu : l’idea che non si poteva tardare più a lungo l’opera di pe­ requazione fra chi — individuo e non regione — pagava troppo e chi pagava troppo poco, bastò trovasse un governo deciso a condurre la battaglia sino in fondo, sino alle dimissioni in caso di voto contrario, ed alcuni commissari, come il Messeda- glia, il Minghetti ed in grado minore, ma pure eccellente, il Gerardi, tecnicamente pronti a difendere la bontà delle norme proposte, per trionfare di tutte le oppo­ sizioni. Anche di quelle dilatorie, solite ad invocare il compimento di altre riforme, che si affermano più urgenti a causa delle contingenze di crisi, o che si dicono ne­ cessarie a preparare l’opinione pubblica ad accogliere la novità troppo grossa.

A chi diceva che nel momento d’allora, che era di crisi e di trasformazione agraria — ma quale è il momento che non sia di crisi, di transizione e di trasfor­ mazione? — non convenisse aggiungere alle altre cause di incertezza, quella della riforma catastale, il Minghetti replicava, come nell’occasione delle sue grandi ri­ duzioni dei dazi doganali aveva replicato il conte di Cavour, che i momenti di crisi e di trasformazione sono i più adatti alle grandi riforme:

« Imperocché, o signori, che cosa proponiamo noi ? Che, dal momento che la legge sarà promulgata, tutti i miglioramenti che saranno fatti non vengano calcolati sino alla fine dell’opera, anzi sino ad una nuova revisione statale. Dunque voi potete fare questa trasfor­ mazione senza timore di futura perturbazione; voi siete sicuri che tutti i miglioramenti che farete non saranno aggravati dal fisco e che i vostri capitali troveranno il loro frutto intero; voi potete operare liberamente, e con sicurezza dell'avvenire. Per conseguenza è molto meglio fare la perequazione prima che questi miglioramenti c queste trasformazioni comincino, di quello di aspettare che siano compiti.

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le condizioni delle provincie, la viabilità, i mercati, il credito, le scuole: quando avrete pe­ requato tutti questi vantaggi allora sarà giusto che voi perequiate l'imposta. Ma io dico che il vero interesse di coloro che parlano in questo modo è precisamente opposto a ciò che dicono: quelli ai quali mancano la viabilità, i mercati, le scuole, il credito e che li avranno appresso, non pagheranno nulla per l'aumento di reddito imponibile dei loro fondi che sarà la conseguenza di tutti questi miglioramenti, lo capirei che si lagnassero della perequazione coloro i quali hanno strade, mercati, scuole, e credito, che hanno portato il loro reddito im­ ponibile al più alto grado: questi, sì, potrebbero dire: Ahimè, noi siamo sventurati! Tutti i capitali che abbiamo versato nella terra dovranno pagare un'imposta al fisco: ma coloro che non li hanno ancora messi, ed aspettano tutto dall’avvenire, si rassicurino e vadano lieta­ mente incontro a questa trasformazione, perché sarà tutta quanta a loro vantaggio » (II, 377).

Ed all’obiezione dilatoria dell'impreparazione dell’opinione pubblica, il Min- ghetti rispondeva che

« il vero modo di togliere i pregiudizi, il vero modo di modificare le opinioni erronee è di far vedere col fatto che questa perequazione non ha nulla in sé né di spaventoso né di grave, anzi apporta innumerevoli benefici. Quando quelle popolazioni che ci si dipingono come impaurite, vedranno, non delle cavallette, non dei saccardi, non dei còsacchi come, con parole troppo crude e sconvenienti, si è detto, ma degl'ingegneri loro concittadini, istruiti nelle migliori scuole, pieni di educazone e di cultura, andare nei loro terreni, farne la mappa, spiegar tutta l'utilità dell'opera loro, oh! signori, questa sarà bene una preparazione più efficace di quello che possano mai essere le vostre parole!

« E del resto permettetemi, o signori, di dirvi che questo è l'argomento che tutti i governi assoluti, e tutte le oligarchie chiuse hanno sempre adoperato. Quando si tratta di dare al popolo la libertà essi hanno detto: non è preparato, aspettiamo ancora. (B en e! B raro!). Così diceva Ferdinando II quando il Gladstone invocava le franchigie; e Gladstone di ri­ mando, gli rispondeva: cominciate a dar le più necessarie franchigie al vostro popolo; esse

saranno la migliore delle preparazioni che voi possiate dare per educarlo a libertà » (II, 37S).

Lo spettro delle cavallette, dei saccardi e dei cosacchi, l'aveva per il primo

rievocato il marchese Antonino di San Giuliano alla fine di un dotto discorso, che re ll’edizione presente si dilunga per 61 pagine, irte di dati, di tabelle e di ragio­ namenti :

« Se noi approveremo questa legge, per 20 anni vedremo le nostre proprietà percorse dai cosacchi del fisco, vedremo un nuvolo di queste cavallette precipitarsi sui nostri fondi. Già io sento le grida di gioia che, all'annunzio del catasto, si sono sollevate nella classe numerosa degli ingegneri senza clienti, degli scrivani senza impiego, degli studenti bocciati, degli spostati d'ogni ordine, per i quali il catasto è una vera festa, un'orgia. E quando il ca­ tasto sarà finito, tutto questo personale lo erediterà lo stato, lo erediteranno i contribuenti, lo erediteremo anche noi deputati, in tutte le forme e in tutti i modi dei quali i nostri elettori si servono per farci sentire il dover nostro di mostrar la gratitudine che loro dobbiamo per la fiducia di cui ci hanno onorati » (I, 1-19).

L’antica diffidenza verso il fìsco aveva salde radici in una camera, che si ri­ cordava ancora delle sue origini storiche di istituto destinato a difendere il popolo contro le esazioni dei prìncipi. Fu d’uopo che il governo introducesse nella ^legge

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limiti rigorosi all’aumento del gettito della futura imposta perequata, fu d'uopo che nel testo della legge fossero chiaramente fissati i termini vicinissimi per l’abolizione graduale dei tre decimi di guerra sovrapposti dal 1866 in poi all’antico contingente nazionale, perché si attenuasse la convinzione che l'aw . Ignazio Fili-Astolfone aveva espresso esclamando:

« occorre una grande dose di ingenuità per ritenere che un ministro delle finanze, per solo amore di un'opera civile o di scienza, apra i forzieri del tesoro ed affronti la spesa di cento e più milioni » (I, 327).

11. — Eppure la convinzione che si trattasse davvero di un’opera di civiltà: conoscere esattamente tutto il territorio italiano e distribuire equamente l’imposta tra coloro che lo possedevano fini per conquistare la maggioranza della camera; anzi, dopo il passaggio alla discussione degli articoli, indusse a cooperare a quel­ l'opera gli uomini migliori della minoranza oppositrice. Il marchese Antonio di Rudinl, unico membro della commissione contrario al catasto, accede e dichiara di entrare a far parte della maggioranza.

« La questione in massima è stata decisa. Ed essendo stata decisa, io credo che la legge come è proposta dalla commissione sia una buona legge. Risollevare anche indiretta­ mente le questioni che pongono in dubbio l’essenza della legge, io credo che non sia né giusto né opportuno c che sopratutto non sia politico. Queste questioni non si fanno due volte in un parlamento. Le abbiamo decise; ora bisogna che questa legge sia approvata il più solle­ citamente possibile. Se i nostri figlioli non ne saranno contenti, ne faranno un'altra, ma per noi deve essere opera finita » (II, 478).

Anche l’on. di San Giuliano, accanitissimo avversario del disegno di legge durante la discussione generale, proponendo, ad occasione della discussione degli articoli, un emendamento, dichiara che con ciò

« non ha punto avuto la intenzione di voler ritardare o intralciare la discussione della legge » avendo « ritenuto risoluta la questione il giorno in cui la Ornerà a grande maggioranza ap­ provò il principio fondamentale della legge» (III, 60).

L’on. Bruno Chimirri rivendicava anzi all’opposizione il merito di aver con­ tribuito fortemente a migliorare il disegno di legge da essa oppugnato in prin­ cipio. Non partigianeria di regione aveva spinto la più parte dei deputati meridio­ nali a combattere il disegno di legge; ma il convincimento che legittimi fossero gli interessi che essi tutelavano. Il settentrione era oppresso dal gravame di un’impo­ sta eccessiva a causa della crisi cerealicola; il mezzogiorno temeva aggravi capaci di frenare i miglioramenti ai quali appena allora si era posto mano.

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LUIGI EINAUDI

«O ra chi avrebbe dovuto fornire questo aumento di tributo allo stato? Le provincie settentrionali no, perché protestavano di non poterne più de' carichi attuali: era dunque evidente che l'aggravio si sarebbe rovesciato tutto sul mezzogiorno. La speranza è cicca come l'amore, come la paura è occhiuta come la gelosia. I contribuenti settentrionali, affascinati dalla speranza, applaudirono al progetto, non per quello ch'esso contiene, ma per i benefici che se ne impromettono; mentre i meridionali, messi in sospetto, ne spiarono ogni latebra, ed aiutati dall'istinto conservatore, prevalente nelle popolazioni campagnole, non tardarono a scovrirne le magagne ed a levare il primo grido di allarme. Quel grido non trovò eco nelle altre contrade perché quivi il desiderio e l'interesse di alleviare un male vicino impediva di veder mali e pericoli lontani; ma questo mi piace constatare, che quel grido non moveva soltanto dall'offesa di locali interessi, ma dal sentimento del comune pericolo» '(li, 262).

12. — Il Chimirri aveva gran ragione nel dare all'opposizione il merito dei perfezionamenti introdotti nel disegno di legge. Le critiche, vivacemente politiche nella discussione generale, acquistano indole tecnica precisa non appena si passa alla discussione degli articoli. Quegli avvocati, professori ed ingegneri, ben pochi dei quali avevano « competenza » specifica in materia catastale e tributaria, quei proprietari, i quali avevano in confuso la sensazione di correre il pericolo di pagar di più, quei pochi radicali-democratici, i quali reputavano doversi fare sostenitori degli interessi delle plebi contro una legge di privilegio, quando si trovarono a do­ ver discutere non più il principio della legge in generale, ma i singoli precisi articoli, colle loro definizioni enorm e ed ordinamenti, sentirono essere venuta meno l'occasione del parlare di « giustizia » in generale, ed essere giunto invece il momento di dar prova di buon senso, di conoscenze concrete della materia discussa. Il « giusto » si mutò nel « ragionato » e nel « dimostrato » ; ma non si può « dimostrare » se non si è informati, se non si è studiato; se, per oppugnare le soluzioni proposte da uo­ mini come Magliani, Messedaglia e Minghetti, non si possono addurre ragioni più valide, dimostrazioni più concrete. La fonte delle informazioni in regime di discus­ sione pubblica è ricca ed immediata. Ogni legge di imposta offende interessi acqui­ siti, turba legittime aspettative, minaccia redditi vecchi o nuovi. Taluno spiega sui giornali il contenuto della nuova norma proposta; e l’esposizione provoca critiche. I contribuenti minacciati o turbati inviano memoriali, scrivon lettere, istruiscono a voce il loro rappresentante; e questi, se dotato di una qualche attitudine a tradurre le .querele singole e le dimostrazioni di inconvenienti e di danni particolari in critiche alle norme generali dei disegni di legge sottoposti al parlamento, diventa « compe­ tente ». La sua non è la competenza preordinata, incasellata, come quella che si ritrova nelle assemblee professionali. Come guarire queste dal vizio che le « compe­ tenze » dei loro membri sono fatalmente quelle degli interessi già costituiti e forti, i soli i quali

a priori

sono capaci a conquistare una rappresentanza; epperciò sentono i problemi nuovi al punto di vista degli interessi vecchi? laddove conno­ tato specifico della competenza « politica » dev'essere quello di essere aperta a tutti gli interessi, nuovi o vecchi, piccoli o grossi, dei produttori e dei consuma­ tori, degli agricoltori e degli industriali, degli intermediari e dei professionisti. Non vi è causa sperduta o persa che non possa trovare un suo difensore, il quale, infor­ mato da chi soffre o guadagna, teme o spera, diventa competente; ed è spinto a diventare tale, perché solo col dimostrare di sapere più d’altri ha qualche speranza

, \

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di far prevalere la propria opinione. N é l'eloquenza della parola, né l'autorità del­ l’oratore, né l'appoggio di parte, né lo sfoggio di dottrina sono i veri fattori di vit­ toria in una discussione su problemi concreti, i quali richieggono ponderazione e dottrina appropriata all’argomento. I discorsi dotti o forti del tipo di quelli di Di San Giuliano, di Bonghi, di Crispi, di V illa diedero minor frutto di persuasione e, talvolta, di emendamenti accolti di quelli precisi, si direbbe terra a terra, di Gio- litti, il quale allora faceva le sue prime armi, di Gerardi, di Fornaciari, di Curioni, di Cagnola e di altri uomini passati attraverso l'arringo parlamentare senza lasciare altra traccia se non di lavoratori modesti ed operosi. I più di costoro parlarono sugli articoli; Giolitti parlò durante la discussione generale; ed il suo discorso, — venuto dopo quello elegante e dotto e mordace di Antonino Di San Giuliano, il quale citò Virgilio (N os patriam fugim us; nec dulcía relìnquimus arva\ citato a memoria, con varianti sue), Waltershausen, Conrad, W irth, Jacini, Lange, Bastiat, Carey, Ricardo, Thiinen, Senior, Hoffmann, Tacito (ñeque remedia ñeque mala pati potesl), Leroy-Beaulieu, Adamo Smith, Lord Brougham, Neumann, Passy, Rau, Mac Culloch, Carli, Sismondi, Struensee, Sartorius, Young, D ’Hauterive, De Chabrol, Dante (N on sian le genti ancor troppo sicure / A giudicar, si come quei che stima

/ L e biade in campo pria che sien mature), Saint-Simon, Kries, von Hock, Audif- fret-Pasquier, oltre s'intende, ministri, relatori e parlamentari italiani, statistiche italiane e forestiere, norme legislative di tutti i paesi, — il discorso di Giolitti

(23 pagine contro le 61 di quello del San Giuliano) preluse ai discorsi semplici, quasi piatti che fece poi da primo ministro, spogli di argomentazioni generali e ricchi di appropriati ragionamenti specifici. Persuaso che parecchi non avessero avuto pazienza di leggere la relazione Messedagha, per dimostrare là necessità di addive­ nire ad una nuova catastazione, ricorda lapidariamente il disordine dei catasti esi­ stenti: 22 catasti compilati con criteri diversi ed epoche diverse; come è possibile continuare a riscuotere 254 milioni di imposte e sovrimposte, — oltre altri 136 mi­ lioni di tributi cadenti sui terreni, i quali fanno riferimento in qualche modo ai ca­ tasti — sulla base di rilevazioni condotte in tempi che variano dal 1525 al 1 8 6 0 1 Ed infatti a riformare il sistema si pensò subito dopo che il regno s'era costituito; e ci si potrebbe rinunciare solo quando si volesse estendere a tutta Italia il metodo delle denuncie o rivele usate nel mezzogiorno. Ma Giolitti lo distrugge traendo anch’egli, pur notoriamente alieno dalle molte letture — ma erano vive le tradi­ zioni umanistiche e neppure Giolitti osava allora sottrarsi al loro impero — una citazione dal Colletta a proposito del catasto di Carlo di Borbone :

« Posando l’opera su le volontarie rivelazioni, i semplici, gli onesti palesavano il vero, gli scaltri mentivano. Fu mirabile sincerità nei migliori dello stato e negli ultimi del popolo, come le discordanze e la menzogna ne’ curiali, ne' chierici, ne' baroni.... (I, 182).

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ca-LUIGI EINAUDI

dere nell'assurdo del nuovo catasto lombardo che cominciato nel 1828 non è ancora oggi terminato; sicché gli ingegneri e i periti catastali

« recandosi sopra un terreno nel quale oggi non vi è una pianta, sono obbligati a contare le viti, i gelsi e le altre piante fruttifere che vi erano nel 1828, a saper dire che età avevano, in quale stato si trovavano, di quali prodotti erano suscettivi. £ questa un'operazione vera* mente strana. Per avere i dati occorrenti non si può ricorrere se non a testimoni che abbiano più di 75 anni, perché nessun uomo si ricorda esattamente di ciò che ha veduto prima dei 20 anni; ora i testimoni di 75 anni, anzi che abbiano abbastanza buona memoria per ricor­ dare come era il terreno 55 anni fa, sono assai pochi e quei pochi li conosce il proprietario, non li conosce l'operatore » (I, 186).

L'assurdo si ripetè fra noi, quando prolungatesi oltre misura le operazioni catastali, per l'avarizia del bilancio statale, travagliato da disavanzi, da guerre, da altre imprese, oggi si dovrebbero stimare i terreni per il reddito che davano nello stato in cui si trovavano nel 1874-85, ossia in un'epoca, della quale potrebbero ri­ cordarsi solo vecchi nati verso il 1860. Si dovrebbero, ché le revisioni del 1925 e del 1939 compiute innanzi il termine della catastazione hanno levato la necessità di un’operazione della quale Giolitti denunciava già l’assurdità.

13. — I punti sui quali la discussione parlamentare recò luce nuova o in­ formazioni precise e pertinenti sono troppi numerosi per poter dire di ognuno: dalla incredulità verso le promesse di sgravio fatte dai ministri, dietro le quali si vedevano spuntare adunchi gli artigli del fisco

« un uomo di stato della tempra di Magliani non è né avventato né prodigo, è solamente pieghevole ed accorto: egli vi dà oggi quello che sa di potervi ritogliere domani. Il progetto è fatto proprio così: dare oggi 10 per prendere 100 domani » (Chimirri, in II, 26).

alle preoccupazioni per le perdite che il pubblico erario avrebbe sofferto per l'at­ tuazione del catasto

« la Camera, non essendo illuminata abbastanza per poter giudicare a quanto ammonterà la spesa occorrente per questa [del catasto] direzione generale, può accettarla così in massima? (Lazzaro, in III, 283)) ed il ministro risponde: «qu i si tratta di creare un organo essen­ ziale per la formazione del catasto c quindi fa parte dell'insieme del procedimento proposto. In quanto poi alla spesa io posso dichiarare all'on. Lazzaro che sarà cura ed impegno spe­ cialissimo del ministero di non accrescere la spesa attuale neppure di un centesimo; impe­ rocché già una parte della spesa si sopporta ora per una divisione, comunque incompleta, che si occupa delle operazioni catastali. Eppoi si potrà dare un ordinamento diverso ai ser­ vizi delle imposte dirette in modo da non creare una nuova direzione generale, ma di far sì che la stessa direzione generale esistente abbia in sé l’ufficio generale del catasto » (III, 285).

ovvero per la abolizione dei tre decimi

« Faccio la proposta di differire di dieci anni la abolizione del secondo decimo e di quin­ dici quella del terzo; proprio per togliermi una spece di peso dalla coscienza. Io sono pro­ fondamente convinto che il nostro bilancio non possa reggere questa abolizione » (Fran- chetti, in IV , 43).

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U SA GRANDE DISCUSSIONE PARLAMENTARE 217

Nobili preoccupazioni, le quali testimoniano la incompiutezza del quadro di maniera di deputati solleciti unicamente nel chiedere al governo aumenti di spese e riduzioni di imposte.

14. — La efficacia della pubblica discussione a creare per virtù propria i « competenti » atti alla ricerca della verità si palesò sovratutto nella chiarificazione di problemi particolari. Non dirò di teoriche dibattute come quella dell'ammorta­ mento dell'imposta fondiaria, in base alla quale si asseriva che le antiche sperequa­ zioni erano state obliterate dal gioco dei prezzi di vendita nei successivi trapassi e si concludeva all'ingiustizia della cosidetta perequazione. Punti dal Di San Giuliano (I. 131 e segg.), il quale volendo l’abbandono dell'imposta reale sulla terra a fa­ vore dell’imposta personale sul reddito complessivo del contribuente aveva asserito che nelle imposte reali perequazione vuol dire ingiustizia a causa dei trapassi che in 15 anni fanno in Italia cambiare di mano tutta la proprietà fondiaria e cancel­ lano cosi tutte le disparità esistenti nel rapporto del carico tributario, laddove nelle imposte personali non si ha il processo di ammortamento; dall’avv. Francesco Spi­ rito, che negò l'efficacia della previdibilità delle future perequazioni ad impedire che il carico d'imposta fosse sempre scontato nel prezzo del titolo (I, 140), dal prof. Giuseppe Carnazza-Amari, il quale aveva riaffermato dare luogo l’imposta fondiaria ad un vero trapasso di parte della proprietà del fondo a vantaggio dello stato, sicché la perequazione, quando conduca a sgravio, dà al proprietario attuale cosa non sua (I, 430 e segg.), ministro e commissari, il Magliani (II, 49), il Min- ghetti (II, 374 e segg.), il Messedaglia

« Si possono perequare tutt'al più le differenze da impiego ad impiego per effetto della con­ correnza, ma non si elide totalmente l'imposta dal momento che essa sia generale. Là sta il segreto della cosa », e « Se voi venite qui a dire che non pagate più nulla, pensate a rego­ lare i vostri conti con un ministro delle finanze, il quale vi potrebbe pigliare in parola. £ na­ turale: se non pagate imposta, si può pensare a farvela pagare» (II, 68 c segg.).

replicarono acutamente e fondatamente. Ed uno dei commissari, il Gerardi, uno dei due notai ( l’altro era il Lagasi) appartenenti alla Camera, si compiacque nel ri­ cordare i casi nei quali non si bada affatto, quando si acquista, all'imposta:

« Si compera per arrotondare un possesso, per schivare le molestie che ci vengono dal vi­ cino, per togliere di mezzo una servitù, per procurarsi il beneficio di una ragione di acqua, per la speranza di aumentare notevolmente il reddito del fondo con una diversa o con più accurata coltivazione, per sentimento di nostalgia, come, ad esempio, nella provincia di Como e in altre dell'alta Italia, nelle quali si emigra per procacciarsi, in lontani paesi, il piccolo peculio necessario per comperare, tornando al paese natale, un po’ di terreno e viverci sopra» (I, 469);

ed ammonì che, se la teoria dell’ammortamento dovesse essere accolta per vietare l ’aumento del tributo a carico dei troppo poco tassati, dovrebbe essere logicamente tratta a concludere

« che, ove non ci fosse di mezzo la legge del 1886, voi non potreste sottoporre ad imposta nemmeno i beni non censiti, perché, per quella stessa ragione che ci darebbe diritto di aver

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riguardo ai calcoli dei compratori che hanno scontato l'imposta, dovreste rispettare la con­ dizione di coloro che hanno comperato beni non censiti, i quali vi potrebbero dire: anche noi, nello stabilire il prezzo d'acquisto, abbiamo tenuto conto dell'immunitì dall'imposta » (I, -467 e segg.).

Brillante torneo oratorio questo su un punto di dottrina della traslazione delle imposte, stranamente assunto a criterio di decisione legislativa; dal quale, chi il volesse, potrebbe trarre il tessuto di una monografia scientifica, forse più compiuta, per la varietà dei fattori considerati, di quelle di cui giustamente si inorgogliscono i compilatori di memorie accademiche. La ragione del ricco contenuto di quelle di­ scussioni fu già detta sopra: come può lo studioso, sia pur ricco di dottrina e di esperienza, uguagliare la dottrina e l'esperienza che spontaneamente corre dalla fonte dei più diversi interessi ad illuminare la mente ed a guidar le decisioni di 500 uomini incaricati di legiferare per conto della collettività? Anche se essi fos­ sero stati ignari del tutto del problema trattato, poiché furono certamente scelti per qualche loro qualità di ingegno, di esperienza, di abilità, di astuzia, di popolarità, di ricchezza e molti erano pure valorosi patrioti, valentissimi professionisti, dotti celebri, politici sperimentati nell’arte di governo, giuocoforza era che, mossi dalla rivalità, adducessero argomenti atti a far breccia sulla mente della maggioranza la quale taceva ascoltava e votava ed a persuadere gli elettori che si era fatto quel che si era potuto in sostegno della buona causa.

15. — Così, a volta a volta si leggono illustrazioni efficaci di concetti essen­ ziali ai fini della catastazione. Che cosa significa la perpetuità delle stime catastali? « Per me », — risponde Messedaglia — « i catasti definitivi, stabili sono sempli­ cemente il contrario dei provvisori. Ma nemmeno essi sono perpetui » (II, 72). « è quel lunghissimo tempo », — aggiunge il Gerardi, — « il quale lascia ai pro­ prietari la sicurezza che il tributo non colpirà i miglioramenti e il reddito dei ca­ pitali in essi impiegati» (III, 410); quel lungo tempo, chiarisce il Messedaglia, il quale consenta di accertare il reddito

« ordinario.... tenuto conto degli usi e delle consuetudini del luogo, del metodo di coltura praticato, e di ogni altro dato che possa influire come che sia sull'entità del reddito stesso....: continuativo, duraturo, il più permanente che sia possibile e perciò determinato, con suffi­ ciente larghezza, ne' suoi elementi meno variabili, duraturo fra certi limiti di tempo e non alla perpetuità » (II, 100).

La lunga durata delle stime non deve essere intesa solo in senso favorevole ai contribuenti.

« Il pretendere », commenta il Gerardi, « che codesta fissità dei redditi catastali cessi tosto che, per accidenti straordinarissimi ed escogitati qua e là nella Camera con fervidissima immaginazione, si verifica una diminuzione del reddito e della potenza produttiva del ter­ reno, è assolutamente contrario al principio fondamentale del catasto ed offende la giustizia a danno delia massa dei contribuenti rappresentata dalla finanza dello stato» (III, 411).

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UNA GRANDE DISCUSSIONE PARLAMENTARE 219

16. — L’art. 6 dell’originale progetto governativo ordinava che il prodotto lordo, fosse, fra l’altro, depurato:

<i) dai danni provenienti da infortuni atmosferici;

6) dai danni provenienti da inondazioni periodiche o ordinarie a cui i terreni siano soggetti ;

7) dai danni provenienti dalle lavine.

La commissione della Camera aveva già modificato il testo elencando, fra le altre detrazioni :

5) una quota parte per i danni provenienti dagli infortuni

ed aggiungendo:

Si terrà conto anche dei danni provenienti dalle inondazioni ordinarie, dalle lavine, dalle servitù militari e dal vincolo forestale.

Ho sottolineato le due aggiunte che la perizia dei commissari, propria di essi, ovvero desunta da osservazioni ricevute durante le more della preparazione del te­ sto modificato, introdusse nell’elenco.

Il testo definitivo approvato dalla Camera, che diventò poi legge, elenca al n. 5 dell’art. 1 4 :

una quota per i danni provenienti dagli infortuni,

ed aggiunge in fine dell’articolo:

Si terrà conto, con una proporzionata detrazione dal reddito imponibile, anche dei danni provenienti dalle inondazioni ordinarie, dalle lavine e frane, dalle servitù militari, dal vincolo forestale e, p er i terreni prossim i a vulcani in attività, dai fenom eni vulcanici e ma-

leorologìci p ro p ii d i qu elle contrade.

A chi si debbono le due aggiunte sottolineate? La prima, quella relativa alle frane, fu proposta dall’on. Ernesto Pasquali. Avvocato insigne, serbatosi vivido di mente sin nei tardissimi anni suoi, si limitò in poche parole (contenute in mezza pagina a carte 127 del III volume) ad osservare che nel dizionario della lingua ita­ liana da lui consultato la parola « lavina » significa « la materia sassosa che rovina giù dai monti » e non poteva quindi essere estesa ad indicare i « franamenti e sco­ scendimenti ordinari » dei terreni. La aggiunta era ovvia ; ma è ovvio altresì pen­ sare che l’idea era venuta al compianto amico dalle osservazioni da lui fatte nel collegio suo in quel di Piacenza, il quale, situato fra monte e colle, contiene zone nelle quali il terreno è spesso in movimento. Cosi, un’esperienza personale, lonta­ nissima dalla competenza professionale del Pasquali, si tradusse in precisa appro­ priata norma legislativa.

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