Parte II. Il πόνος della filosofia
3.4 L’ἀγών per la vita più giusta
Eracle, però, è anche il patrono degli esercizi ginnici e degli agoni sportivi399, e le
metafore atletiche ed agonistiche non sono certo assenti dal dialogo.
Il compito stesso dei guardiani nel libro III è descritto nei termini di un agone, di una competizione. Dopo aver esplorato il problema dell’educazione musicale, Socrate affronta le linee guida dell’educazione ginnica, la quale deve essere mirata ad uomini che sono «gli atleti della gara più importante (ἀθληταὶ μὲν γὰρ οἱ ἄνδρες τοῦ μεγίστου ἀγῶνος)» (403e8-9)400. La
gara in cui essi sono cοinvolti non è una competizione ginnica, ma – ancora – la guerra, cioè l’agone in cui la posta in palio è la salvezza stessa della città dai nemici esterni (il fatto che i guardiani siano atleti di guerra è rilevato a più riprese: πολεμικοῖς ἀθληταῖς, 404a9-10; ἄνδρες ἀθληταὶ πολέμου, 416d9; πολέμου ἀθληταὶ, 422b4). Come è già stato notato nel corso di questa ricerca, questa commistione tra agone ginnico e pratica bellica è propria della cultura greca, e rispetto a ciò Platone non si discosta dal pensiero tradizionale: anche in Leg. VII l’educazione ginnica è mirata al successo in guerra. Proprio come gli atleti, i guardiani riceveranno gli onori che spettano ai vincitori. Anzi, la loro vita supera in felicità quella dei vincitori dei Giochi Olimpici,
perché i vincitori di Olimpia già si ritengono beati per avere una piccola parte di ciò che tocca a questi cittadini, la cui vittoria è la più fulgida e il cui trattamento a spese dello Stato è senz’altro migliore. E, d’altra parte, la loro vittoria consiste nella salvezza di tutto lo Stato, e la corona di cui cingono se stessi e i propri figli consiste nel vedersi assegnato il vitto e tutto il necessario per vivere401.
Questo passo è tratto dalla discussione del libro V riguardante la comunione dei beni e l’assenza di proprietà privata per la classe dei custodi: la norma loro applicata è paragonata al
impresa nell’impresa. Egli riesce a liberare Teseo, imprigionato nell’Ade, e a riportarlo nel mondo dei vivi. Allo stesso modo, secondo Brann, alla fine del dialogo Socrate libera il suo Teseo, Glaucone, dalla caverna in cui si trova e riesce a condurlo sulla «via verso l’alto» della giustizia; in alternativa, il Teseo liberato potrebbe essere il lettore stesso, il quale è condotto da Socrate da una vita che è come una morte – una vita inautentica – alla vita autentica della giustizia (109-110).
399 Cf. Finley – Pleket 1976, 16. Secondo S. G. Miller 2004, 50, 57-58, Eracle era in particolar modo il patrono
dei lottatori e dei pancraziasti. Inoltre, bisogna ricordare che era considerato il fondatore dei Giochi Olimpici: Stafford 2012, 160-163.
400 Come nota Adam 1902, nota ad loc., l’espressione ἀθληταὶ τοῦ μεγίστου ἀγῶνος ricorre anche a Leg. 829e. 401 Resp. 465d5-9. In questo passo sia Petraki 2011, 136 nota 55, sia Bacon 2001, 347-348, vedono un
premio che spetta ai vincitori olimpici – essere mantenuti a spese della città402. Il guardiano è
l’atleta vincitore della competizione più importante, la competizione per la salvezza della città, e il premio che gli spetta in cambio – trattandosi di una vittoria più importante di qualsiasi altra – è ricevere un trattamento addirittura superiore a quello dei vincitori delle gare di Olimpia403.
Anche la seconda parte dell’opera è ricca di immagini agonistiche. Nei libri VIII e IX Socrate descrive i diversi tipi degenerati di uomo e i corrispondenti tipi di città. Essi non sono solamente posti in una sequenza causale/temporale per cui si ha una progressiva degenerazione dalla città e dall’uomo regali a quelli tirannici, ma sono anche descritti come forme di vita in competizione tra loro. Dopo aver trattato della forma di vita dei cinque tipi di uomo (regale, timocratico, oligarchico, democratico e tirannico), Socrate chiede a Glaucone di giudicare quale di essi sia il primo, quale il secondo, etc… in quanto a felicità (580b). Glaucone risponde:
ma non è certo difficile questo giudizio! – esclamò –. In rapporto alla virtù e al vizio, alla felicità e al suo opposto li valuto come fossero cori, ossia nell’ordine in cui sono entrati in scena404.
La competizione tra le cinque forme di vita è paragonata ad una gara tra cinque cori405. La
vita dell’uomo regale – cioè del filosofo che governa se stesso (τὸν βασιλικώτατον καὶ βασιλεύοντα αὑτοῦ, 580c1-2) – vince la gara. Questa è solo la prima delle tre prove della
402 Finley – Pleket 1976, 78. Tale usanza è attestata in particolar modo ad Atene, dove il vincitore dei giochi (non
solo Olimpici, ma anche Istmici, Pitici e Nemei) riceveva pasti gratuiti a spese della città per il resto della sua vita: cf. S. G. Miller 2004, 213. Socrate, nell’Apologia, propone ai giudici di commutare la condanna a morte in tale trattamento per il servizio che egli ha reso alla città (36d-e).
403 A Leg. 807c7-d1 la vita del cittadino di Magnesia è detta essere più intensa di quella dell’atleta olimpico.
Mentre Petraki 2011 e Bacon 2001 vedono chiari riferimenti a Pindaro, Jaeger 2003 [1944], 191, rintraccia la presenza di un motivo ancora più antico, risalente a Tirteo, e giunto attraverso la mediazione di Senofane, nel fatto che Platone sottolinei che il premio vinto dal guardiano è superiore a quello degli atleti olimpici. Tirteo infatti sostiene (fr. 9 Diehl) che un uomo, pur dotato di ogni qualità – forza, bellezza, fama – che non sia valoroso in battaglia è inutile alla città, proprio perché manca di questa virtù fondamentale (il carme è citato esplicitamente da Platone a Leg. 629a-b e 660e). Senofane poi intellettualizzerà questo motivo, affermando che il vincitore olimpico non per questa sua dote rende la città migliore: «se anche ci fosse fra il popolo un pugile bravo, o un uomo valente nel péntatlo, o nella lotta, o nel pugilato, o per la velocità dei suoi piedi – che è il tipo di forza più stimato tra quante prove di valore gli uomini volgono nelle gare – non per questo nella città ci sarebbe un governo migliore» (DK 21 B 2, 15-19), perché «migliore è infatti della forza di uomini e di cavalli la nostra sapienza» (ivi, 11-12).
404 Resp. 580b5-7. Ho leggermente modificato la traduzione di Radice 2009 per motivi di chiarezza. Radice,
infatti, traduce «nell’ordine in cui entrano in scena». Il testo greco, però, presenta un aoristo (εἰσῆλθον). Tradurre il verbo al presente non rende con chiarezza ciò che Glaucone vuole dire, ossia che giudica le cinque vite in rapporto alla virtù secondo l’ordine in cui Socrate le ha presentate: il primo premio va alla vita che è stata presentata per prima, cioè quella regale, e così via. Anche Adam 1902, nota ad loc., concorda con la traduzione di εἰσῆλθον al passato, riportando anche la traduzione di Stallbaum «in scenam ingressi sunt».
405 Adam 1902, nota a 580a-b, spiega in modo esaustivo il modo in cui avveniva il giudizio nelle competizioni
superiorità della vita del filosofo. Infatti, segue la seconda prova, basata sulla comprensione della struttura tripartita dell’anima e dei desideri e piaceri propri di ciascuna parte: il filosofo, essendo l’unico che ha esperienza di tutti i tipi di piacere, è anche l’unico che è in grado di giudicare comparativamente il loro valore (580d-583b). Infine, la terza prova – la più complessa di tutte – afferma che il piacere della vita filosofica è il più perfetto e il più vero. Infatti, mentre i cosiddetti piaceri del corpo sono cessazioni di dolori causati da una mancanza, e tali dolori sono placati solo temporaneamente dal riempimento della deficienza corporea, i piaceri del filosofo non scaturiscono da una mancanza dolorosa, e il riempimento che portano non è temporaneo (583c-587b). Ciò che interessa per questa ricerca non è il contenuto di questa prova, tema difficile e ampiamente commentato, ma il modo in cui essa è introdotta. Infatti, Socrate, dopo aver concluso la seconda prova, introduce la terza affermando che «la terza vittoria, secondo il rituale delle Olimpiadi, sarà dedicata a Zeus salvatore e Olimpio» (583b2-3). Si tratta di un riferimento alla gara della lotta nei Giochi Olimpici, in cui per ottenere la vittoria bisognava gettare a terra l’avversario per tre volte406.
La metafora dell’agone ginnico può qui essere letta su due livelli. Ad un primo livello, nella competizione fra i λόγοι, ciascuno dei quali difende un tipo di vita, è il λόγος che difende la vita filosofica ad essere vincitore. I ragionamenti sono qui personificati, ed è quello che difende la vita più giusta a vincere l’ἀγὼν λόγων. Ad un secondo livello, è la vita stessa del filosofo ad essere paragonata ad un lottatore olimpico che sconfigge l’avversario nell’agone.
È importante tenere a mente i due livelli della metafora per evitare di cadere in una lettura meramente intellettualistica di essa: il vincitore non è solo il ragionamento più forte, ma la forma di vita stessa che tale ragionamento difende.