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Risposte ad alcune possibili obiezion

Nel documento Ponos. Platone e le fatiche della filosofia (pagine 180-183)

Parte II. Il πόνος della filosofia

4.3 Risposte ad alcune possibili obiezion

Prima di trarre le conclusioni su questa discussione riguardante il ruolo educativo della poesia nella Repubblica, è necessario menzionare alcune obiezioni che sono state proposte a due idee che sottendono quanto detto, e provare ad offrire risposte sintetiche, avvalendosi dei risultati già raggiunti da alcuni studi su questi temi.

In primo luogo, potrebbe essere obiettato che l’argomentazione si basi su un’incauta – se non addirittura illecita – identificazione tra il θυμός omerico e il θυμοειδές platonico. Infatti, nel corso della discussione i due concetti sono stati spesso sovrapposti e utilizzati in modo quasi intercambiabile. Certamente non è possibile ammettere che i due concetti coincidano: il θυμοειδές platonico è una tendenza naturale dell’anima all’irascibilità, al desiderio d’onore, di vittoria, di riconoscimento sociale, ma si tratta solo di una tra più tendenze dell’anima – di un’anima intesa come principio di vita distinto dal corpo480. Il θυμός

omerico, invece, è un concetto complesso, al limite tra lo psichico e il corporeo, un concetto poliedrico difficile da ricondurre ad una sola, univoca definizione. Esso è sede sia di passione ed emozione che di pensiero, da esso si generano forza, coraggio e ira. A volte è descritto come una qualità spirituale, a volte come un organo con una localizzazione corporea481. È il

480 Il problema è ulteriormente complicato da due fattori. In primo luogo, Platone stesso usa una terminologia

abbastanza elastica: egli usa in modo quasi intercambiabile θυμός e θυμοειδές nel libro II. Hobbs 2000, 6, ritiene che egli usi i due termini in modo elastico nel libro II per riferirsi ad una qualità o ad un’emozione simpliciter, mentre utilizzi in modo specifico il termine θυμοειδές, soprattutto dal libro IV in poi, per riferirsi a quell’insieme di qualità ed emozioni che costituiscono la parte intermedia dell’anima. Inoltre, come notato supra, sarebbe necessario riflettere in modo più approfondito sul significato di θυμοειδές nei libri II-III e IV. Sembrerebbe non esserci una perfetta sovrapponibilità fra il θυμοειδές del libro II inteso come tendenza naturale all’irascibilità e il θυμοειδές del libro IV inteso come parte dell’anima dotata di una virtù propria. Questo problema non può essere affrontato in questa sede. Sia sufficiente ricordare quanto affermato dal sopra citato Renaut 2014, il quale mostra che vi è un progressivo approfondimento della nozione di θυμοειδές tra il libro II e il libro IV. A mio parere, ciò è dovuto al «progressivo riorientamento delle domande strategiche del dialogo» (prendo a prestito questa espressione da Vegetti 2001, 337): la nozione di θυμοειδές è affrontata nei libri II-III e IV da punti di vista diversi per rispondere a problemi diversi.

481 Reale 1999, 61-70, offre un’ottima sintesi a partire dagli studi di Snell e Onians. Innanzitutto, la stessa

θυμός che spinge il guerriero omerico ad agire valorosamente, o a reagire con ira, non la ψυχή, che in genere non ha ruolo nell’azione482.

È però chiaro che Platone sceglie in modo accurato di identificare una delle parti dell’anima coniando un termine, θυμοειδές, che richiama Omero in modo evidente. Come il θυμός omerico è origine dell’impulso all’azione eroica, al coraggio e al valore in battaglia, così il θυμοειδές platonico motiva l’uomo ad agire per perseguire l’onore ed il riconoscimento sociale attraverso le azioni coraggiose, ma non si tratta più dell’unica sede di motivazione delle azioni, essendo solo una delle tre fonti motivazionali che compongono l’anima umana483. Dunque, nonostante il concetto omerico e quello platonico non siano uguali, la

sovrapposizione operata tra di essi in questo capitolo è comunque lecita. Platone valuta Omero a partire dal proprio concetto di anima e in particolare di θυμοειδές: egli si confronta con l’eredità omerica, criticandola; sfrutta le citazioni poetiche per poterle interrogare filosoficamente. Questo aspetto del rapporto fra Platone e Omero può essere ulteriormente approfondito affrontando la seconda possibile obiezione.

Il secondo problema da investigare riguarda l’apparente unilateralità dei ritratti che Platone fa degli eroi omerici. Si potrebbe infatti obiettare che Platone offra un’immagine incompleta e faziosa di Achille ed Odisseo, prendendo in esame solo gli aspetti che corroborano le sue tesi, e tralasciando volutamente altre caratteristiche di questi personaggi. La figura di Achille descritta nell’Iliade non è solo quella di un guerriero feroce ed vittima del suo stesso squilibrio interiore. Egli è descritto come un eroe a tutto tondo, tale da riunire in sé tutte le qualità dell’eroe greco: è legato da uno stretto vincolo di amicizia con Patroclo, e la sua virtù non si mostra solo in battaglia, ma anche in altre attività, come l’abilità nel suonare la cetra, nel curare le ferite484... Di tutti gli aspetti positivi della figura di Achille non c’è

traccia nelle parole di Platone. Allo stesso modo, Odisseo nei poemi omerici non è solo l’eroe che sopporta la sofferenza, ma è anche l’eroe dell’intelligenza e dell’inganno – di un tipo di astuzia ingannevole e manipolatoria che sembrerebbe essere poco adatta ad un guardiano platonico. Si dovrebbe dunque, da tutto ciò, dedurre una certa tendenziosità e mancanza di obiettività nelle parole di Platone? In primo luogo, come fa notare Angela Hobbs, è necessario ricordare che lo scopo di Platone in queste pagine non è di offrire un ritratto a tutto tondo di l’organo fisico, sia la funzione dell’organo, sia l’atto particolare di quella funzione. Esso copre l’intera sfera della vita emotiva dell’uomo.

482 Reale 1999, cap. 4, definisce benissimo la ψυχή nei poemi omerici come vita-che-se-ne-va (83), o io-che-

non-è-più (81): essa entra in gioco solo nel momento in cui l’eroe sta per morire ed esala l’ultimo respiro; la ψυχή abbandona il corpo attraverso la bocca o le ferite e scende nell’Ade, dove non è che un fantasma dell’io della vita precedente.

483 Sulle tre parti dell’anima come fonti motivazionali, si veda Cross – Woozley 1964. 484 Su questo tema, si veda Napolitano 2009, 23-30.

Achille, ma di mostrare come alcuni dei suoi comportamenti possano costituire una minaccia al sistema educativo che si sta cercando di proporre in quel contesto (quanto ella riferisce ad Achille può anche essere riferito, mutatis mutandis, ad Odisseo)485. Dunque, l’obiezione non è

cogente perché non tiene conto del contesto pedagogico in cui questa discussione è inserita. Stephen Halliwell, in un articolo dedicato alle citazioni poetiche in Platone (in cui il problema è trattato in tutta la sua ampiezza, prendendo in esame l’intero corpus), investiga il problema più a fondo, proponendo dei criteri ermeneutici che sono di capitale importanza per la presente ricerca. In primo luogo, egli fa notare il pregiudizio ermeneutico contemporaneo che soggiace all’obiezione sopra formulata. Infatti, essa si fonda su un modo di leggere l’opera d’arte, oggi dato per scontato dalla critica letteraria, che potrebbe essere etichettato come «critical contextualism»486. Con tale espressione Halliwell non intende circoscrivere un

solo metodo di lettura del testo, essendo ben consapevole che vi possono essere vari gradi e sfumature in tale approccio. Comunque, con «critical contextualism» si intende la convinzione che l’interpretazione della citazione poetica debba fondarsi sul contesto interno dell’opera presa in esame, mettendo in relazione la citazione con il resto dell’opera. Da questo punto di vista sarebbe facile obiettare a Platone la mancata analisi del contesto dell’Iliade. Però, Halliwell fa notare che l’uso delle citazioni poetiche in Platone deve essere messo in relazione alla pratica tipicamente greca di citare i testi poetici per «formulare, illustrare o rinforzare un punto di vista»487. Infatti, tali opere costituivano la base dell’educazione greca, e

la loro trasmissione e memorizzazione orale le rendeva facilmente disponibili alla memoria, «una fonte di frasi, idee, motivi e immagini che potevano essere ricordate e citate durante una conversazione, discussione o discorso pubblico, e per la quale si poteva presumere che amici o uditori avessero un apprezzamento condiviso»488. I Greci erano particolarmente propensi ad

isolare dal testo poetico dei «detti» che racchiudono insegnamenti importanti riguardo a temi etici fondamentali, e i cui autori potessero essere citati in qualità di «testimoni» per rafforzare le idee che si esprimono nella conversazione489. Dunque, l’uso di citazioni poetiche in Platone

485 Hobbs 2000, 200-201. Per quanto riguarda il personaggio di Odisseo, bisogna notare che in luoghi diversi del

corpus dei dialoghi Platone tratta questo eroe in modi diversi, concentrandosi solo sugli aspetti che di volta in

volta sono al centro della discussione. Odisseo nella Repubblica è l’eroe della sofferenza, l’eroe πολυτλάς, mentre nell’Ippia Minore è l’eroe dell’astuzia, eroe πολύτροπος e ψευδής. Per una trattazione esaustiva della complessità della figura di Odisseo nei dialoghi platonici rimando a Montiglio 2011, cap. 2. Purtroppo non si può approfondire, in questa sede, il modo in cui Platone analizza le figure di Achille ed Odisseo nell’Ippia

Minore, offrendone un ritratto molto diverso rispetto a quello della Repubblica e ponendole a confronto in modo

ancor più esplicito. Sul tema, si veda quantomeno Napolitano 1994, cap. IV.

486 Halliwell 2000, 110 ss. 487 Ivi, 95, traduzione mia. 488 Ivi, 96, traduzione mia. 489 Ivi, 98.

deve essere compreso in riferimento a questa particolare pratica culturale490. In sintesi, le

citazioni non devono essere messe in relazione tanto al contesto interno dell’opera citata, quanto al contesto, per così dire, «esterno», etico: la poesia fornisce materiale etico che il λόγος filosofico può interrogare491. Viste sotto questa luce, le citazioni poetiche di Platone

assumono un significato diverso e filosoficamente connotato: nel citare i passi dell’Iliade e dell’Odissea egli non mira a ricostruire un supposto pensiero o significato omerico, ma a sfruttare tali citazioni come punti di partenza per proporre una riflessione etica originale o, in alcuni casi, più semplicemente per rinforzare un aspetto che desidera sottolineare in modo particolare attraverso parole sicuramente conosciute dall’interlocutore.

Nel documento Ponos. Platone e le fatiche della filosofia (pagine 180-183)