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Vita eroica ed eroizzazione di Socrate

Nel documento Ponos. Platone e le fatiche della filosofia (pagine 156-162)

Parte II. Il πόνος della filosofia

3.5 Vita eroica ed eroizzazione di Socrate

Qual è dunque la funzione di tutte queste metafore agonistiche ed eroiche che pervadono il dialogo?

Certamente esse sono funzionali alla presentazione della filosofia come un’attività difficile e faticosa, che perciò richiede capacità di resistenza e di perseveranza407. Il filosofo

non deve cedere nella ricerca della verità (non deve «lasciarsi travolgere dalle onde») e

406 Cf. Adam 1902, nota ad loc., Finley – Pleket 1976, 38, e S. G. Miller 2004, 50. Nella difesa della superiorità

della vita filosofica su quella del tiranno, Bacon 2001, 346-347, legge un altro possibile riferimento letterario: la storia di Solone e di Creso narrata da Erodoto. Solone giudica la felicità della vita del tiranno degna nemmeno del secondo posto, e compie un complesso calcolo aritmetico, che sembra richiamato da Platone quando afferma che la vita del filosofo è 729 volte più beata di quella del tiranno (587c-e).

temere che il suo discorso sia ridicolizzato, nonostante i più ritengano che la filosofia sia una disciplina inutile, anzi, addirittura dannosa per la città (come obietta Adimanto a 487c-d). Il filosofo è un eroe che affronta opposizioni formidabili, paragonabili alle difficoltà affrontate da Odisseo e da Eracle, o alle fatiche sopportate dagli atleti che gareggiano ad Olimpia. Ciò rafforza quanto già detto a proposito della fatica della ricerca filosofica evidenziata nei capitoli precedenti: la dialettica – qui descritta come una fatica di Eracle o un viaggio di Odisseo – è un’attività che richiede fermezza, persistenza, infaticabilità e capacità di sopportazione delle difficoltà da affrontare. Però, la Repubblica permette di fare un passo ulteriore: infatti, ad essere descritta come un πόνος non è solo la dialettica, ma anche la scelta

di vita che il filosofo deve compiere, come un nuovo Eracle al bivio. Bisognerà dunque

chiarire in che cosa consista la forma di vita filosofica. Questo problema dovrà essere però per il momento lasciato da parte, per approfondire il tema del rapporto tra Platone e la tradizione letteraria a lui precedente – studio senza di cui non sarebbe possibile comprendere a pieno l’importanza delle immagini finora discusse – e sarà ripreso solo in seguito (capitolo 6). Si può però già anticipare che si dimostrerà che il πόνος della vita filosofica non si limita al solo

esercizio dialettico, ma si concretizza in una pratica, il cui contenuto sarà indagato408.

Se il filosofo è descritto come un eroe e la sua vita come un’impresa eroica, Socrate emerge dalle pagine della Repubblica come modello di tale vita eroica. Egli è il nuovo Odisseo e il nuovo Eracle che affronta la traversata del mare, sconfigge mostri, scende nell’Ade. Il tema dell’eroizzazione di Socrate è stato già ampiamente studiato, e si è notato come essa sia rintracciabile in molti dialoghi, non solo nella Repubblica409. Ad esempio,

nell’Apologia è egli stesso a paragonarsi ad Eracle per i suoi πόνοι (ὥσπερ πόνους τινὰς πονοῦντος, 22a6), fatiche non più fisiche, ma legate alla ricerca del significato delle parole dell’oracolo di Delfi, che lo portano a confrontarsi con coloro che erano ritenuti sapienti (politici, poeti, artigiani) e a raggiungere, proprio attraverso questa faticosa ricerca, la conclusione che egli è il più sapiente perché sa di non sapere (23a-b)410. Sempre nello stesso

408 Per questo motivo non concordo pienamente con Patterson 1997, che riduce l’esercizio filosofico al solo

pensiero critico: «thinking critically and constructively about the multitude of issues concerning justice, and about associated matters of metaphysics, epistemology, etc., is a heroic undertaking» (347). Certo egli ha ragione, ma l’impresa eroica del filosofo non si riduce solo a questo.

409 L’opera più completa riguardo questo tema è Hobbs 2000 (in particolare i capp. 5, 6 e 8 trattano

l’eroizzazione di Socrate in tutta la sua complessità). Per il paragone fra Socrate ed Eracle si veda Loraux 1985. Si vedano anche D. Clay 1972 e Eisner 1982. Nella presente ricerca non ci si soffermerà a lungo su questo tema, in quanto tale approfondimento richiederebbe uno studio della figura di Socrate nei dialoghi platonici che porterebbe lontano dalla linea principale di ricerca.

410 Loraux 1985 mette bene in luce la complessità del paradigma di Eracle, e la libertà con cui Platone tratta

questo motivo, isolando di volta in volta gli aspetti della figura dell’eroe che gli interessa sottolineare. Infatti, nei dialoghi c’è più di un Eracle. Egli è l’eroe capostipite di genealogie (Alc. I, 120e; Leg. 685d; Theaet. 175a; Lys. 205c-d); per Callicle rappresenta la forza della natura (Gorg. 484b); è il modello sia del sofista impertinente (Theaet. 169b), sia di Socrate stesso (Euth. 297b-298e). Spesso Eracle è invocato: «Per Eracle!», ma tale

dialogo, egli si paragona ad Achille, in quanto entrambi affrontano una morte eroica (28c)411.

Socrate è paragonato anche ad Odisseo, il quale contende ad Eracle il titolo di eroe della resistenza, non più resistenza del corpo, ma del pensiero. Nel Simposio, infatti, Alcibiade racconta di come Socrate abbia trascorso un’intera giornata fermo in contemplazione (220c- d), e tale racconto è introdotto con un verso dell’Odissea (IV. 242) in cui Odisseo è definito καρτερὸς ἀνήρ, l’eroe della resistenza412. Le fatiche filosofiche di Socrate, siano esse

contemplative, come nel Simposio, o dialogiche, come nell’Apologia, sono paragonate alle imprese degli eroi. Come nota Nicole Loraux, egli è l’eroe che non cede mai nella ricerca filosofica: la sua καρτερία dialettica «plus forte que la Biè hèrakleiè des récits mythiques, est la force même, qui se confond avec le courage qu’il y a à philosopher sans concession»413.

Egli è il paradigma della vita filosofica come incarnazione del πόνος414.

Nuovo eroe filosofico, Socrate entra in competizione con gli eroi del passato. L’eroizzazione del maestro è infatti per Platone non solo funzionale alla presentazione della filosofia come attività che comporta necessariamente πόνος, ma anche alla presa di posizione nei confronti della tradizione letteraria a lui precedente, in particolar modo Omero415. Nel

prendere in prestito motivi poetici, in particolar modo dall’Iliade e dall’Odissea, Platone si confronta con tale tradizione, che era alla base della sua stessa cultura ed educazione. Come hanno messo in luce ormai da tempo i ben conosciuti studi di Eric Havelock (1963), la poesia greca non era una semplice fonte di intrattenimento, ma la base della trasmissione della tradizione culturale: essa era una sorta di «social encyclopedia» (31), «first and last didactic instrument for transmitting the tradition» (43). Essa aveva un fondamentale ruolo educativo e sociale416. Come affermò un altro studioso, Marcel Detienne, il poeta era «maestro di

invocazione si potrebbe anche tradurre con «A me, Eracle!», come richiesta di soccorso durante la battaglia dialettica. Si tratta ancora di un’invocazione ambigua, dal momento che essa è messa in bocca sia a Socrate che ai suoi avversari (cf. Ip. Maj. 290d10; Resp. 337a4; Eutiphr. 4a11; Charm. 154d7; Lys. 208e2; Symp. 213b8;

Men. 91c3; Euthyd. 303a6).

411 Il paragone nell’Apologia è esplicito, ma si ritrova anche implicitamente a Crit. 44a-b. Come nota Segal

1978, il riferimento all’Iliade «functions not just as a decorative embellishment, but as a means of placing philosophical choice into a heroic perspective» (320). Sull’aspetto eroico della scelta di Socrate nel Critone si vedano anche Greenberg 1965 e Giannantoni 2005, 211-212.

412 Come commenta Montiglio 2011, 52, Odisseo nel Simposio è l’immagine del «philosopher’s mental labor». 413 Loraux 1985, 99. L’Autrice, inoltre, mette in luce come si sia solo all’inizio di una lunga tradizione letteraria

in cui compare un Socrate eroico e un Eracle socratizzato (100-102). Già per i Cinici, ad esempio, il paragone fra Socrate ed Eracle serve ad esprimere l’«endurance» della virtù.

414 Ivi, 98. Ad Ap. 23b1 Socrate stesso afferma che è il dio ad usarlo come un παράδειγμα della vera sapienza. Su

Socrate come paradigma eroico si veda anche Kahn 2008 [1996], 77.

415 Cf. Patterson 1997, Segal 1978, Murray 1996, 19-24. Cf. anche Jaeger 2003 [1944], passim.

416 Nella discussione che segue non si problematizzeranno le conclusioni di Havelock, in quanto non rilevanti ai

fini della ricerca. Lo scopo della sua opera è dimostrare che Platone fu al centro di una rivoluzione nelle modalità di comunicazione, nel momento del passaggio da una cultura orale a una cultura scritta. Le sue conclusioni, forse eccessivamente unilaterali, sono state criticate. Ciò che interessa per la presente ricerca, invece, è un altro aspetto messo in luce dall’Autore: il ruolo educativo della poesia nella trasmissione di valori etici.

verità»417. Ciò che Platone prende in prestito dalla poesia dunque ha un valore non solamente

retorico, ma un valore culturale: egli riscrive per i propri fini filosofici i modelli agonistici ed eroici del passato418. Il capitolo successivo prova dunque ad indagare il rapporto tra Platone e

la tradizione letteraria a lui precedente, in particolar modo nella misura in cui è presente nella

Repubblica, al fine di comprendere meglio la portata delle immagini eroiche, belliche ed

agonistiche fin qui incontrate.

417 Cf. Detienne 1977 [1967], cap. 1.

4 Platone e la poesia: una ripresa

Si è spesso affermato – e si tratta di un locus consolidato ormai da circa un secolo nella letteratura critica – che ci sia una contraddizione insanabile fra il Platone scrittore, artista, compositore di dialoghi, e il Platone teorico dell’arte, che condanna invece irrimediabilmente la poesia419. Come riporta Diogene Laerzio (III, 1-5), Platone avrebbe

abbandonato l’interesse per la poesia, bruciando tutte le sue tragedie, dopo aver incontrato Socrate: il razionalismo di questo maestro lo avrebbe portato ad una conversione completa420.

Però, questa posizione non riesce a rendere ragione di un fatto evidente: Platone, nel comporre i dialoghi, cita spesso fonti poetiche (epiche, liriche, tragiche, comiche) e queste citazioni sono parte integrante e necessaria dei dialoghi, non inserite solo per essere criticate; inoltre, è stato rilevato che una tale mole di citazioni poetiche non ha pari nella letteratura dell’epoca e che esse sono presenti, senza variazioni significative di quantità, in tutti quanti i dialoghi421. È innegabile che Platone si confronti, secondo modalità che dovremo almeno

tentare di chiarire, con la tradizione letteraria a lui precedente422.

Così, un’altra parte della letteratura critica si è espressa in modo contrario, affermando che il giudizio di Platone nei confronti della poesia non è negativo e cercando di

419 Si vedano, ad esempio, i giudizi di Taylor 1908, 112: «There is no more pathetic example of the irony of

human history than this spectacle of the greatest literary genius of Greece, in his zeal for truth and clearness of vision, proposing to sacrifice all which has made Greece most precious to the world»; Collingwood 1925, 170: «It is possible that Plato felt within himself a real conflict between the claims of his literary genius and those of the philosophical; and that it became gradually clear to him that he could only enter upon the kingdom of philosophy by deserting the field of pure literature». Lascia una traccia di tensione tra il filosofo e l’artista, comunque a favore del primo, Greene 1918, 74: «gradually the scientist in him came more and more to the fore, and tended to crush the poet; but the suppression was never complete». Verdenius 1962, 1-2, suggerisce che tali giudizi siano da ricondursi ad una prospettiva sull’arte influenzata dal romanticismo, che vede in essa non una forma di imitazione della realtà, ma una creazione spontanea dell’artista che ha un proprio valore estetico indipendente. Chiaramente, questo filtro romantico è inadatto alla comprensione dei canoni della poesia greca.

420 Verdenius 1944, 120, commenta così il passo di Diogene: «le froid rationalisme de ce pédagogue fascinant ne

tarda à exercer son influence».

421 Così Giuliano 2005, 335. Si veda anche D. Tarrant 1951.

422 Giuliano 2005, 307-338, offre una sintesi molto efficace della funzione delle citazioni dei poeti nelle opere di

Platone, distinguendone diverse funzioni: educativa, scientifica, documentaria, persuasiva. Per quanto riguarda le citazioni di Omero, l’opera di riferimento è Labarbe 1949, ma si vedano anche le aggiunte di Bölling 1955 e Bernadete 1963 e, per quanto riguarda la sola Repubblica, la revisione compiuta da Lake 2011. Sul rapporto fra Platone ed Esiodo, si vedano Solmsen 1968 e Boys-Stones – Haubold 2010. Elizabeth Pender ha studiato a fondo le citazioni di Esiodo nel Timeo e dei poeti lirici Anacreonte e Saffo nel Fedro (2007a, 2007b). Per i riferimenti alla lirica corale, e in particolare a Pindaro, si veda Des Places 1949. Sul rapporto fra Platone e Simonide, si veda Thayer 1975. Per il rapporto con la tragedia si vedano: Kuhn 1941 e 1942; Goldschmidt 1970a (una lettura basata sulla Poetica di Aristotele); Nussbaum 1986, 122-135; Nightingale 1995, 60-92; Halliwell 2002, 98-117. Il fatto che Platone si confronti di continuo con la tradizione letteraria a lui precedente è per Bacon 2001 il punto di partenza per proporre di leggere i dialoghi come opere letterarie, sfruttando gli strumenti della critica letteraria. Questo approccio, comunque, secondo l’Autrice, non deve sostituirsi a quello filosofico, né è ad esso contrapposto, ma costituisce una valida prospettiva ermeneutica che può aiutare a comprendere il significato filosofico di tali opere.

ridimensionare in particolar modo l’attacco presente nel libro X della Repubblica423. Anche

questa posizione, però, se portata all’estremo, rischia di cadere in un errore speculare al primo, facendo di Platone un poeta, un drammaturgo, e arrivando addirittura a negare un contenuto filosofico profondo alle sue opere424. Questa diatriba, in realtà, si protrae sin

dall’antichità: come riporta Verdenius, Platone fu anche definito l’ Ὁμηρικώτατος, il «più omerico», di tutti gli autori greci, e Ammonio, successore di Aristarco, avrebbe composto un’opera intitolata περὶ τῶν ὑπὸ Πλάτωνος μετενηνεγμένων ἐξ Ὁμήρου425. Omero, infatti,

costituisce un punto di riferimento per lui costante e, fra tutti gli autori che egli cita, esplicitamente o implicitamente, è sicuramente il più importante per la presente ricerca. Longino, addirittura, definì Platone ποιητῶν ἄριστος κριτής. D’altra parte, il giudizio di Callimaco e di Duride non era affatto positivo: ὡς Πλάτωνος οὐκ ὄντος κρίνειν ποιητάς426.

Questa pur breve rassegna dimostra che non si può leggere Platone senza tenere conto di una innegabile (e del resto dichiarata) tensione tra filosofia e poesia, ma che, al tempo stesso, bisogna evitare di cadere in due interpretazioni eccessivamente estreme: presupporre, da una parte, una rottura completa, la negazione di qualsivoglia valore (conoscitivo, morale, politico) alla poesia, o, dall’altra, fare di Platone niente più che un poeta, un abile giocoliere della parola, dai cui raffinati dialoghi non si potrebbe trarre alcuna dottrina filosofica. Si cercherà di mostrare come Platone promuova una critica filosofica alla poesia e, più in generale, alla tradizione culturale con cui egli deve confrontarsi.

Nel documento Ponos. Platone e le fatiche della filosofia (pagine 156-162)