Sul concetto di πόνος
2. Πόνος da Omero a Senofonte
2.2 Conclusioni: esercizio, simmetria e perfezione
In sintesi, propongo di ricondurre i fondamenti dell’educazione ginnica a tre principi cardine, che possono essere denominati il principio di movimento ed esercizio, il principio di
giusta proporzione, e il principio di simmetria e perfezione.
Secondo il primo principio, di movimento ed esercizio, che è quello su cui si fondano anche gli altri due, ogni corpo trae giovamento dal movimento, sia esso indotto o autonomo. Infatti, la corretta postura corporea non si acquisisce preservando il corpo dalle sollecitazioni e dai movimenti, ma, al contrario, sottoponendolo a sollecitazioni continue in modo che esso si irrobustica nei confronti di esse. La postura corretta, dunque, si acquisisce attraverso l’esercizio faticoso di resistenza ai fattori di turbamento cui il corpo è sottoposto306.
Chiaramente, maggiore è l’esercizio (e, dunque, la fatica), maggiore è la crescita che può essere supportata, perché maggiore è la capacità del corpo di proteggere la crescita stessa dalle sollecitazioni che la porterebbero a deviare, invece, dalla posizione «dritta».
Il secondo principio, di giusta proporzione, è un corollario del primo e afferma che le fatiche cui il corpo è sottoposto devono essere commisurate alla capacità del corpo stesso di sopportarle sia in quantità, sia in qualità. Come la mancanza di fatiche impedisce al corpo di crescere «dritto», così anche l’eccesso provoca uno squilibrio, che porta il corpo a deviare dalla corretta postura. Inoltre, condizioni corporee diverse richiedono tipi di fatica diversi: non si può sottoporre il neonato o l’anziano agli stessi tipi di esercizi fisici cui si sottopone il giovane.
Infine, il terzo principio, di simmetria e perfezione, porta al culmine l’educazione ginnica sancendo che l’educazione perfetta è quella che permette di sviluppare pienamente
tutte le capacità del corpo e delle sue parti. Il corpo ben allenato è in grado di resistere a tutte
le sollecitazioni cui è sottoposto, da qualsiasi parte esse provengano, utilizzando ogni sua parte in modo eguale e simmetrico.
Inoltre, i brevi riferimenti alla lotta, alla danza e alla caccia hanno permesso di comprendere il legame tra le attività ginniche, venatorie e l’esercizio nelle pratiche belliche. La ginnastica e la caccia non sono attività fini a se stesse (pur avendo, comunque, un valore
306 Napolitano 2018b, 224, nota 12, chiarisce la nozione fisiatrica di «postura»: essa non è solo la posizione del
corpo nello spazio e la relazione fra le sue parti, ma quella posizione e quella relazione fra parti che è acquisita come risultato dell’azione delle spinte gravitazionali sul corpo stesso, che reagisce in modo da resistere ad esse con il minor dispendio energetico possibile, trovando la posizione ergonomicamente più efficiente. Da questa definizione emergono due considerazioni importanti: innanzitutto, la postura non è data, scritta nel nostro DNA, ma acquisita mediante l’esercizio di resistenza alle spinte che destabilizzano il corpo; inoltre, da ciò ne consegue che la postura naturale non è necessariamente la migliore possibile, perciò è necessario l’esercizio sia per
ottenere che poi successivamente mantenere la postura corretta. Più avanti (248, nota 640) si giustificherà, a
intrinseco, perché permettono al corpo di crescere sano e vigoroso), ma sono mirate a preparare il corpo dei giovani a sostenere le fatiche della battaglia307. Nella sezione
precedente di questa ricerca si era messo in luce che il concetto di πόνος ha a che fare con i campi concettuali dell’esercizio ginnico, della caccia e della battaglia; ora si è messo in luce quali siano le affinità che legano tra loro questi campi concettuali, che risultano dunque non indipendenti l’uno dall’altro, ma strettamente legati da una finalità comune. Questa concezione risulta distante dalla nostra sensibilità, che vede nell’esercizio ginnico un’attività fine a se stessa e nella pratica venatoria un mero passatempo (e nella guerra una professione). Però, è necessario ricordare che nel mondo antico queste attività erano strettamente legate l’una all’altra: ciò permette infatti di capire che, se nei capitoli seguenti si tratteranno metafore belliche, ginniche e venatorie come legate le une alle altre e rispondenti agli stessi fini, ciò è reso possibile dal fatto che i greci stessi vedevano un’affinità di fondo tra queste attività.
Infine, si è messo in luce che Platone stesso ammette un’analogia di fondo fra educazione del corpo ed educazione dell’anima: esse, pur essendo attivate attraverso discipline diverse, sono regolate dagli stessi principi. Ciò permette di comprendere le ragioni per cui Platone descrive le fatiche dell’anima attraverso metafore, e permetterà, nella seconda parte di questa ricerca, di illuminare le modalità attraverso cui tale metaforizzazione è effettuata.
Non ci sarà modo in questa ricerca di approfondire il progetto educativo delle Leggi per quanto riguarda l’anima – tema che richiederebbe un approfondimento dell’intera opera. Però, è opportuno proporre qualche breve considerazione conclusiva che funga da elemento prolettico ed introduttivo al proseguimento della ricerca, utilizzando alcuni spunti di riflessione che emergono dalla lettura delle Leggi stesse. In che senso si può dire che educazione del corpo e dell’anima sono analoghe? La magistrale sintesi di Silvia Gastaldi coglie il cuore del problema:
l’educazione si delinea come un processo sempre aperto di “corretto orientamento”, alla ricerca di una orthotēs che, ricondotta alla metafora della marionetta, può essere letta come faticoso raddrizzamento dell’anima, prona al livello delle ferree corde dei pathē, alla verticalità/dirittura, assecondando tutto ciò che tradizionalmente è associato all’alto, la razionalità, la legge, la
307 Anche nella Repubblica tutta l’educazione ginnica è mirata al successo in guerra: i guardiani sono atleti di
guerra (πολεμικοῖς ἀθλεταῖς, 404a9-10), atleti della gara più importante (ἀθληταὶ τοῦ μεγίστου ἀγῶνος, 403e8- 9), quella per la difesa della città.
divinità, l’oro308.
A partire da questa importante intuizione, si possono rintracciare nelle Leggi almeno due esempi che permettono di chiarire come i principi sottesi all’educazione del corpo e dell’anima siano gli stessi.
Il primo è la metafora della marionetta, citata dalla stessa Gastaldi. L’anima è sottoposta sì alle trazioni violente delle corde ferrigne di piacere e dolore, ma non deve assecondare queste trazioni; al contrario, deve resistervi, assecondando soprattutto la trazione più dolce della corda malleabile d’oro, la corda della ragione. La corretta postura verticale dell’anima non è trovata eliminando le trazioni delle corde di ferro, ma educando l’anima a resistere ad esse e a mantenere la posizione «dritta» nonostante le loro spinte. Qui emergono in particolar modo due dei tre principi che ho evidenziato: il principio di movimento, perché l’anima è sottoposta continuamente alle trazioni delle corde ferrigne, durante tutta quanta la vita, perciò deve continuamente esercitarsi a resistervi; e il principio di perfezione, perché le spinte cui l’anima è sottoposta sono antitetiche e assumono «le forme più svariate (παντοδαποῖς εἴδεσιν)» (645a4), perciò l’anima deve imparare a controbilanciare spinte di ogni genere309.
Un secondo esempio può essere trovato nella pratica simposiale. L’uomo impara a governare le proprie passioni non astenendosene, ma confrontandosi con esse e affrontandole. Il vino serve ad elicitare le passioni in modo che il soggetto impari a contrastare le loro spinte: «e non è forse vero che dobbiamo metterlo a confronto e farlo esercitare con l’impudenza per ottenere che abbia la meglio nella lotta contro le proprie passioni? (ἆρ’οὐκ ἀναισχυντίᾳ συμβάλλοντας αὐτὸν καὶ προσγυμνάζοντας νικᾶν δεῖ ποιεῖν διαμαχόμενον αὑτοῦ ταῖς ἡδοναῖς;)»310. La regolazione del consumo del vino rispecchia anche il principio della giusta
proporzione: ad età diverse corrispondono regole diverse. Bisogna vietarne il consumo ai minori di diciotto anni, perché ciò andrebbe a rinvigorire la loro indole già impulsiva; fino ai trent’anni il vino può essere bevuto solo con moderazione, e solo dopo i quarant’anni si può bere a piacimento, affinché il vino addolcisca la durezza della vecchiaia (666a-c).
308 Gastaldi 1984, 427. Inoltre l’Autrice riporta in nota (soppressa nella citazione) che le ricorrenze delle forme
connesse ad ὀρθός si trovano in tutta quanta l’opera, ma in particolare nei primi due libri, che sono dedicati all’educazione.
309 Sull’esempio della marionetta si tornerà anche più avanti (Sezione II, Parte II, cap. 6.2). L’immagine della
marionetta è sicuramente fra le più famose e commentate: per questo motivo si è scelto di non studiarla in modo approfondito, ma di usarla come spunto di riflessione. I lavori più recenti su questa immagine sono Schofield 2016 e Pfefferkorn 2018, cui rimando anche per ulteriore bibliografia.