Parte II. Il πόνος della filosofia
1.1 Questioni metodologiche preliminar
Ai fini del presente studio non è necessario discutere in modo approfondito e prendere una posizione netta riguardo a due problemi interpretativi ampiamente dibattuti dalla critica: l’autenticità della lettera e il ruolo giocatovi dalle dottrine non scritte. Per quanto riguarda il secondo aspetto, l’affermazione contenuta nella lettera in cui Platone informa i lettori che sugli insegnamenti filosofici di maggior valore «non esiste né mai esisterà uno scritto mio»311
è una delle testimonianze chiave per la lettura esoterica che di Platone fa la scuola di Tubinga- Milano312. Che vi sia o meno un insieme di dottrine che Platone non espresse mai per iscritto
e riservò all’insegnamento orale non appare avere ripercussioni sostanziali sul concetto di πόνος filosofico. Anzi, si cercherà di dimostrare che il passo dove si fa riferimento al πόνος della filosofia presente nella lettera non deve essere letto alla luce delle dottrine non scritte, come invece fanno questi interpreti. Semplicemente, le cosiddette «dottrine non scritte» non costituiscono una chiave di lettura utile ai fini di questa ricerca e, come si dimostrerà, non sono necessarie alla comprensione del passo che prenderemo in esame.
Chiaramente, gli studiosi della scuola di Tubinga-Milano ritengono la Lettera VII testimonianza autenticamente platonica, ma questa opinione non è condivisa da tutti. Il problema dell’autenticità dell’opera è stato discusso sin dall’Ottocento e ormai la bibliografia
311 Ep. VII, 341c4-5. Tr. it. Isnardi Parente – Ciani 2002. Userò sempre questa traduzione.
312 Cf. Krämer 1982, 99-107; Reale 1987, 105-113; la frase è analizzata nel dettaglio da Szlezák 1988, 472-488.
Bisogna ricordare che anche Findlay 1974 arrivò a formulare la teoria delle dottrine non scritte di Platone, in modo indipendente rispetto alla scuola di Tubinga (l’opera è del 1974, ma le prime riflessioni sul tema, come racconta lui stesso, risalgono agli anni Venti). Anch’egli interpreta la lettera alla luce delle dottrine non scritte (si veda ad es. 299-301).
sul tema è talmente ampia da richiedere uno studio specifico a parte313. La discussione
riguarda in particolar modo tre aspetti: l’attendibilità del racconto storico, lo stile della lettera, e la coerenza delle dottrine esposte nella digressione filosofica con quanto scritto nei dialoghi. Sono anche stati effettuati studi stilometrici, in particolar modo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, che sembrano confermare l’originalità delle lettere VII e VIII, dimostrandone l’affinità stilistica con le opere più tarde di Platone (in particolar modo le
Leggi), ma i risultati di queste ricerche sono stati criticati in tempi più recenti, per cui non si
può dire che sia stato raggiunto in merito un consenso definitivo314. Gli studi storici e
filosofici hanno portato gli studiosi ad assumere posizioni opposte, parteggiando o per l’inautenticità della lettera o per la completa autenticità315.
Per quanto riguarda l’aspetto storico, si è valutata l’attendibilità di quanto scritto nella lettera con quanto riportato dalle fonti storiche. Di conseguenza, si è sostenuta l’inautenticità della lettera per le discrepanze con la tradizione storica, ma, come fa notare Glenn Morrow, ciò potrebbe provare l’inaccuratezza delle fonti storiche (tutte di età Alessandrina), più che l’inautenticità della lettera316. Si è anche dubitato delle informazioni autobiografiche inserite
nella lettera, da cui sembrerebbe emergere una figura di Platone molto più impegnato in politica di quanto i suoi biografi riportino (in primis Aristotele) e quasi del tutto indipendente da Socrate, che nella lettera sembrerebbe essere più un conoscente che il maestro di Platone; la biografia di Platone sembrerebbe essere ricalcata piuttosto sul modello di quella di Socrate offerta nel Fedone317. Altri studiosi, invece, hanno sostenuto sia l’attendibilità dell’elemento
autobiografico, sia l’attendiblità del racconto storico, che riesce a dare informazioni dettagliate sulla situazione politica dell’epoca318.
È stata anche notata una certa incoerenza stilistica nel testo, che slitta da toni di consiglio politico a toni apologetici, e si è ritenuto che ciò causi una mancanza di unità nell’opera. Invece, questo duplice tono sarebbe giustificato dalla natura dell’opera stessa: il
313 Isnardi Parente – Ciani 2002 e Butti de Lima – Ciani 2015 offrono una dettagliata analisi dello sviluppo
storico della discussione, con una bibliogafia esaustiva. Ai fini della presente argomentazione mi limiterò a citare alcuni capisaldi della letteratura critica, senza entrare nel dettaglio delle argomentazioni ivi esposte.
314 Si veda Morrow 1962, 10-11 per una ricostruzione di tutti gli studi stilometrici di inizio secolo. Levison et al.
1968, invece, ritengono che l’analisi stilometrica provi l’inautenticità della lettera, ma le loro conclusioni sono state duramente criticate da Deane 1973.
315 Il partito dell’inautenticità è rappresentato soprattutto da Cherniss 1945 e Edelstein 1966, mentre sono
assolutamente sicuri dell’autenticità dell’opera Pasquali 1967, Isnardi Parente 1970 e Kahn 2008 [1996], 55-65.
316 Morrow 1962, 12-13, con bibliografia. Egli valuta attentamente le fonti su cui si basano gli storici, giungendo
alla conclusione che l’attendibilità storica delle lettere è addirittura superiore a quella di, ad esempio, Nepote, Diodoro e Plutarco (17-44).
317 Così Edelstein 1966, 5-11. Si vedano anche 15-69 per un’analisi dettagliata dei rapporti fra Platone e
Dionisio, dei motivi per scrivere la lettera, dei consigli dati agli amici di Dione. Edelstein cerca di rintracciare costantemente discrepanze e incoerenze con i dialoghi.
consiglio politico si lega ad una giustificazione dei principi stessi e ad una spiegazione dell’evolversi dei rapporti tra Platone e i tiranni di Siracusa319.
Per quanto riguarda il contenuto della digressione filosofica, diversi autori hanno espresso dubbi sulla sua autenticità, con vari argomenti. Harold Tarrant, ad esempio, cerca di dimostrare che la digressione filosofica è un’aggiunta posteriore, medioplatonica, al corpo della lettera, probabilmente ad opera di Trasillo. L’argomento principale è di carattere storico: Plutarco dimostra di essere a conoscenza della lettera, ma non cita mai l’excursus320. Si è
anche valutata la coerenza della digressione con le dottrine dei dialoghi, notando che vi è una deviazione rispetto all’uso del linguaggio tecnico «standard» dei dialoghi, e che le dottrine esposte non collimano con quanto si trova nelle altre opere321. Però, questi argomenti cadono
preda di facili critiche: è illusorio – nonché una forzatura della filosofia di Platone – pensare che nei dialoghi esista un linguaggio filosofico tecnico, standardizzato, e sempre coerente. Anzi, proprio la libertà nell’uso dei termini potrebbe essere indizio della genuinità dello scritto322. Inoltre, limitarsi a cercare analogie e differenze con le dottrine dei dialoghi non solo
è infruttuoso (anche in essi troviamo dottrine diverse e non sempre del tutto coerenti), ma tradisce anche il significato del passo, che deve essere compreso per il ruolo che gioca nell’economia della lettera: non si tratta di una digressione di epistemologia, ma di una spiegazione del modo in cui avviene l’apprendimento323.
Come si è visto, per ogni argomento a favore dell’inautenticità dell’opera vi è un argomento contrario che ne sostiene l’autenticità. Per quanto ormai la maggior parte degli studiosi opti per considerarla autentica, perché gli argomenti a favore di questa posizione sono molto solidi, non ne è stata data una dimostrazione definitiva ed incontrovertibile. Nella discussione che segue si tratterà la lettera come opera di Platone e si metteranno in luce alcune analogie, con la Repubblica in particolare, che mostreranno una coerenza concettuale di fondo: anche se non si trattasse di opera autenticamente di Platone, l’autore fu in grado di recuperare in pieno lo spirito della filosofia del maestro.