• Non ci sono risultati.

Gli accorgimenti di natura logistica e custodiale imposti dal regime detentivo speciale

CONTENUTO E CONSEGUENZE DEL REGIME DETENTIVO SPECIALE

3. Gli accorgimenti di natura logistica e custodiale imposti dal regime detentivo speciale

L'art. 41-bis comma 2-quater ord. penit. detta, al primo periodo, alcuni ac-corgimenti di natura logistica e custodiale, specificando, in particolar modo, che «i detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'terno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree in-sulari, ovvero comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'istituto»26. La disposizione, introdotta ad opera della legge 94/09, re-RESTA, La nuova disciplina dell'art. 41-bis ord. penit., in Giur. merito, 2009, p. 2687 ritiene che, in mancanza della necessaria mancanza di individualizzazione del contenuto del provvedimento, l'i-stituto rischia di di ridursi a «misura dal carattere prevalentemente retributivo».

(23) Cfr. L. CESARIS, sub art. 41-bis ord. penit., 2015, cit., p. 459; M. F. CORTESI,

L'inasprimen-to, cit., p. 1083 e s.

(24) Sul punto v., ampiamente, G. M. NAPOLI, Dal principio alle regole, cit., p. 9 e ss.

(25) Le espressioni testualmente riportate sono di F. FIORENTIN, Regime penitenziario speciale

del “41-bis” e tutela dei diritti fondamentali, in Rass. penit. crim., 2013, f. 2, p. 12.

(26) Al dicembre 2015, gli istituti penitenziari destinati ad ospitare i detenuti sottoposti al 41-bis erano i seguenti 12: Ascoli Piceno, Bancali (SS), Cuneo, L'Aquila, Novara, Opera (MI), Parma, Roma Rebibbia, Spoleto, Terni, Tolmezzo (UD), Viterbo. V. Senato della Repubblica. XVII

Legi-slatura. Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, Rapporto sul

Regime Detentivo Speciale. Indagine Conoscitiva sul 41-bis (aprile 2016), p. 50, reperibile al sito

cepisce e rende inderogabile quanto già avveniva ante litteram prima della rifor-ma27, con l'obiettivo di offrire piena attuazione alla peculiare ratio del “carcere duro”, garantendone effettività ed efficacia28. Invero, la collocazione dei soggetti ad esso sottoposti in istituti penitenziari (o in sezioni) ad hoc risponde all'esigenza di impedire il contatto tra detenuti “ordinari” e detenuti al 41-bis, scongiurando per questa via il pericolo che i secondi, avvalendosi dell'eventuale compiacenza dei primi – cui è assicurata una maggior apertura verso l'esterno –, possano veico-lare messaggi illeciti ai sodali operanti sul territorio e seguitare la loro attività cri-minale29. Peraltro, la regola della separazione logistica può riguardare anche taluni servizi la cui istituzione è prevista dall'ordinamento penitenziario come, ad esem-pio, la biblioteca che, ove possibile, nelle sezioni speciali è distinta da quella mes-sa a disposizione della generalità della popolazione ristretta, sì da evitare indebite occasioni di contatto o di scambio di volumi30.

Quanto all'indicazione delle aree insulari quali luoghi preferenziali per la sistemazione dei soggetti sottoposti alla disciplina extra ordinem, si segnala che, nei propositi del legislatore, il riferimento andava inteso alle “supercarceri” del-l'Asinara e di Pianosa31 – già “rodate” nei primi anni di applicazione del 41-bis32comma 2-quater sopra citata poiché «gli istituti esclusivamente dedicati sembrano comportare un aggravamento delle condizioni di detenzione, determinato proprio dalla specializzazione e dunque dall’assenza di ordinarie condizioni di detenzione che connotino l’esperienza professionale del personale penitenziario».

(27) In questa direzione F. FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della vita penitenziaria delle

sezioni speciali (art. 41-bis ord. penit.), in Arch. pen. - Rivista Web, 2016, f. 1, p. 4; L. BRESCIANI,

Commento al comma 25, cit., p. 289; M. F. CORTESI, Il nuovo regime, cit., p. 912; A. DELLA BELLA,

op. cit., p. 456; L. CESARIS, sub art. 41-bis ord. penit., 2015, cit., p. 458.

(28) V., in tal senso, P. CORVI, op. cit., p. 169; FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della vita

penitenziaria, cit., p. 4.

(29) F. FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della vita penitenziaria, cit., p. 4. (30) F. FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della vita penitenziaria, cit., p. 5.

(31) Per questa considerazione v. A. DELLA BELLA, op. cit., p. 456; L. CESARIS, sub art. 41-bis

ord. penit., 2015, cit., p. 459; P. CORVI, op. cit., p. 169.

(32) Sul punto v., ampiamente, S. ARDITA, Ricatto allo stato, Milano, 2011, p. 28 e ss. Come noto, la “stagione delle Supercarceri” di Pianosa, sezione Agrippa, e dell'Asinara, sezione Fornelli, costituisce una pagina buia della nostra storia repubblicana. In particolare, Pianosa – ribattezzata, non a caso, “l'isola del diavolo” – è stata teatro di una serie di abusi e maltrattamenti non lontani dalle vergognose esperienze di Guantanamo Bay o di Abu Ghraib. Già nel 1993, Amnesty Interna-tional aveva denunciato che dai primi colloqui dei detenuti con i familiari e con gli avvocati, svolti nell'agosto dell'anno precedente, era emerso che «many prisoners appeared dirty and

undernouri-shed and that they had been punched, kicked, subjected to arbitrary beatings with batons, repea-tedly threatened and insulted, and had been forced to run continuously during exercise periods».

di cui era stata prevista la riapertura dal Governo33, riapertura che ad oggi non ha ancora avuto luogo malgrado alcune autorevoli manifestazioni di favore in meri-to34. Tuttavia, non può negarsi come la genericità della disposizione in esame ne autorizzi l'estensione anche ad altre zone insulari tra cui, paradossalmente, la Sici-lia, culla di molti dei detenuti in regime speciale35 ovvero, meno paradossalmente, la Sardegna, regione nella quale, non a caso, si intende riunire gli istituti destinati all'applicazione del “carcere duro”.

Ciononostante, quel che emerge con sufficiente chiarezza dalla lettura del-la norma in esame è del-la volontà del legisdel-latore di derogare, da un del-lato, al criterio secondo cui l'assegnazione avviene in funzione del trattamento rieducativo (art. 14 ord. penit.) e, dall'altro, al principio di territorialità dell'esecuzione penale, in forza del quale le persone in vinculis vengono collocate «in istituti prossimi alla resi-denza delle famiglie» (art. 42 comma 2 ord. penit.)36. Invero, stando alla prassi Così Amnesty International, Rapporto del 1993, p. 172. Dal canto suo, la Corte europea dei diritti dell'uomo – pur affermando che il quadro probatorio e gli elementi raccolti non hanno permesso di provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che i ricorrenti sono stati sottoposti a trattamenti disu-mani o degradanti – ha pesantemente condannato il nostro Paese per la violazione dell'art. 3 CEDU in ragione del fatto che le autorità italiane non hanno condotto un'approfondita ed effettiva indagi-ne sui maltrattamenti denunciati. In tal senso cfr. Corte eur. dir. uomo, 1 marzo 2000, n. 26722/95, Labita c. Italia; Corte eur. dir. uomo, 18 ottobre 2001, n. 31143/96, Indelicato c. Italia. In dottrina, v., per tutti, G. LA GRECA, La Corte europea dei diritti dell'uomo sul caso Labita, in Rass. penit.

crim., 2000, f. 1-3, p. 199 e ss.; A. ESPOSITO, La sentenza Labita era inevitabile? Riflessioni sulla

titolarità delle garanzie dei diritti dell'uomo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2001, p. 226 e ss. Ciò che

viene denunciato dai ricorrenti non è degno di uno Stato democratico: schiaffi, calci, pugni, man-ganellate, intimidazioni, minacce, insulti, sveglie notturne ingiustificate, docce fredde, umiliazioni come il fatto che durante le visite mediche il detenuto dovesse restare ammanettato, vessazioni come l'obbligo di correre in corridoi resi appositamente scivolosi, ecc.

(33) V. Senato della Repubblica. XVI Legislatura. 141ª seduta pubblica, Assemblea, Resoconto

stenografico mercoledì 4 febbraio 2009, intervento Sen. G. Lumia, p. 21, reperibile al sito www.se-nato.it.

(34) Si veda, ad esempio, Senato della Repubblica. XVII Legislatura. Commissione

straordina-ria per la tutela e la promozione dei diritti umani, intervento del dott. N. Gratteri, Resoconto som-mario n. 47 del 04/06/2014, reperibile al sito www.senato.it. ove si legge che «la decisione di

chiu-dere le carceri di Pianosa e Asinara è discutibile perché la loro collocazione determinerebbe un ef-fettivo isolamento del detenuto». Cfr., inoltre, Senato della Repubblica. XVII Legislatura.

Com-missione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, intervento del dott. F.

Ro-berti, Resoconto sommario n. 51 del 26/06/2014, reperibile al sito www.senato.it.: «il dottor Rober-ti […] dichiara di essere d'accordo sull'uRober-tilizzo delle piccole isole come sedi di carceri dedicate ai detenuti in regime differenziato, ma solo in seguito a una ristrutturazione totale delle strutture esi-stenti».

(35) Per queste osservazioni L. CESARIS, sub art. 41-bis ord. penit., 2015, cit., p. 459.

(36) In questo senso cfr. P. CORVI, op. cit., p. 169. Si noti che ad essere derogato è altresì, sul piano pattizio, quanto sancito da Consiglio d'Europa, Raccomandazione R (2006) 2 del Comitato

consolidatasi in questi anni, «la distribuzione sul territorio dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis viene fatta in base all'operatività dell'organizzazione di appar-tenenza» evitando «contatti tra personaggi di spicco della criminalità, e ciò a pre-scindere dalle formazioni malavitose alle quali appartengono»37.

Questo speciale criterio di assegnazione si pone in linea con gli obiettivi di prevenzione perseguiti dal legislatore: la lontananza dal background criminale di provenienza impedisce, infatti, condizionamenti ambientali e rende meno agevole la tessitura di relazioni con la consorteria delinquenziale operante all'esterno. Nondimeno, in antitesi con quanto sancito dall'art. 28 ord. penit., esso può finire per ostacolare il mantenimento delle relazioni tra il soggetto in carcere e la sua fa-miglia in ragione della lontananza del luogo di residenza della stessa da quello di detenzione38.

In concreto, l'individuazione dell'istituto è demandata alla Direzione gene-rale dei detenuti e del trattamento39 che, nel fare ciò, tiene conto delle criticità sor-te nel corso della carcerazione attuale o pregressa nonché delle problematiche di natura sanitaria eventualmente emerse dall'attenta consultazione del fascicolo per-sonale dell'interessato. È peraltro agevole comprendere come l'allocazione di co-stui in una struttura piuttosto che in un'altra dipenda strettamente dalle informa-zioni fornite dalle competenti Direinforma-zioni distrettuali antimafia, dalla Procura nazio-«i detenuti devono essere assegnati, per quanto possibile, in istituti vicini alla propria famiglia o al loro centro di reinserimento sociale. L'assegnazione deve anche prendere in considerazione le esi-genze relative ai procedimenti penali, alla sicurezza oltre che alla necessità di offrire dei regimi ap-propriati a tutti i detenuti. Per quanto possibile, i detenuti devono essere consultati circa la loro as-segnazione iniziale nonché per ogni ulteriore trasferimento da un istituto ad un altro».

(37) Così Senato della Repubblica. XVII Legislatura. Commissione straordinaria per la tutela e

la promozione dei diritti umani, intervento del dott. R. Piscitello, Resoconto sommario n. 49 del

18/06/2014, reperibile al sito www.senato.it.

(38) Sul punto v. Corte eur. dir. uomo, 29 gennaio 2008, n. 19270/07, Pesce c. Italia secondo cui solo in presenza di circostanze eccezionali il fatto di detenere una persona in un istituto lontana dalla sua famiglia al punto tale da rendere difficile, se non impossibile, qualsiasi visita, può deter-minare una ingerenza nel diritto alla vita familiare. Nella stessa direzione Corte eur. dir. uomo, 6 aprile 2000, n. 40750/98, Ospina Vargas c. Italia.

(39) Ai sensi dell'art. 7 comma 2 lett. d) del D.P.R. 6 marzo 2001 n. 55, la Direzione generale dei detenuti e del trattamento provvede, tra l'altro, alla «gestione dei detenuti sottoposti ai regimi speciali». Al suo interno è, infatti, istituito l'Ufficio detenuti alta sicurezza a cui compete, fra le al-tre cose, la «gestione dei detenuti sottoposti al regime di cui all'art.41-bis ord. penit., dei cd. politi-ci e degli appartenenti al politi-circuito Elevato indice di vigilanza e dei collaboratori di giustizia». V., in questi termini, www.giustizia.it.

nale antimafia e dagli organi di polizia in quanto autorità preposte al costante mo-nitoraggio delle dinamiche interne al mondo del crimine organizzato.

Effettuata la scelta della struttura, è la direzione dell'istituto che provvede all'ubicazione del detenuto all'interno della sezione, in osservanza delle indicazio-ni dipartimentali40. Peraltro, i soggetti nei cui confronti è applicato il 41-bis, salvo particolarissime eccezioni41, sono rigorosamente assegnati in celle singole posto che «la coabitazione per l'intero arco della giornata – rispetto ad una collocazione in camere distinte – potrebbe rappresentare un vulnus alla tenuta del regime, age-volando notevolmente la possibilità per i co-detenuti di concordare e realizzare condotte elusive delle finalità preventive» della disciplina extra ordinem42.

Per ciò che attiene, invece, alla logistica “interna” degli istituti penitenzia-ri, il comma 2-quater lett. f) rimette all'amministrazione penitenziaria il potere di adottare «tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione», al fine di «garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi». Il perseguimento di questi obiettivi, come si può agevolmente comprendere, è tanto più effettivo quanto maggiore è l'adeguatezza architettonica dell'edificio carcerario poiché l'esigenza di impedire le suddette comunicazioni rischia di divenire impraticabile là dove il numero di ca-mere sia assai superiore a quelle sufficienti ad ospitare un gruppo di socialità di mas-simo quattro persone43. È questa la ragione per cui, a fronte dell'inettitudine di taluni istituti44, si sta oggi procedendo alla creazione di nuove strutture, appositamente

fina-(40) Per tutte queste indicazioni v., ampiamente, F. FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della

vita penitenziaria, cit., p. 8 e s.

(41) In questo senso si pensi, ad esempio, all'opportunità di affiancare un cd. piantone ad un de-tenuto parzialmente impossibilitato, per ragioni di salute, a provvedere alle proprie necessità quoti-diane.

(42) F. FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della vita penitenziaria, cit., p. 10.

(43) V., in questa direzione, F. FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della vita penitenziaria, cit., p. 9.

(44) Sul punto si è tuttavia osservato quanto segue: «le strutture che ospitano i detenuti sottopo-sti al 41 bis sono nate spesso come strutture carcerarie femminili – nate dunque con lo scopo, ben diverso ed addirittura opposto a quello che deve realizzare il regime di cui all'art. 41 bis o.p. di promuovere la socialità tra le detenute – e con le conseguenti difficoltà strutturali che tali istituti hanno nell'impedire le comunicazioni interne alle carceri, nel senso che le celle spesso si trovano sullo stesso corridoio e che tale situazione rende, appunto, molto difficile impedire comunicazioni tra i detenuti, che poi possono essere veicolate in via indiretta all'esterno (ad es. attraverso

familia-lizzate ad accogliere detenuti sottoposti al regime speciale, suddivise in “micro-sezio-ni” da quattro con, all'interno, infermeria, saletta colloqui, postazione remota per la videoconferenza e locale per il passeggio e le attività risocializzanti.

Fotografando normativamente la prassi invalsa nel periodo ante riforma, il legislatore del 2009 ha previsto che la custodia delle strutture (o delle sezioni) de-tentive destinate all'accoglimento dei soggetti nei cui confronti è stata disposta la sospensione delle ordinarie regole del trattamento sia affidata a «reparti specializ-zati della polizia penitenziaria»45. Il riferimento è da intendersi al Gruppo operati-vo mobile (G.O.M.) il quale, infatti, ai sensi dell'art. 2 comma 2 del D.M. 4 giu-gno 2007, provvede, tra l'altro, «al servizio di custodia dei detenuti sottoposti al regime speciale previsto dall'art. 41-bis comma 2 legge 26 luglio 1975 n. 354» e «cura le traduzioni ed i piantonamenti dei detenuti ed internati ad altissimo indice di pericolosità e con particolare posizione processuale che possono essere effet-tuate, per motivi di sicurezza e riservatezza, con modalità operative anche in dero-ga alle vigenti disposizioni amministrative in materia»46.

ri di altri detenuti)». In questi termini, Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Relazione

annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale e dalla Direzione nazionale antimafia e an-titerrorismo nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso,

Feb-braio 2016 (periodo 1 luglio 2014 – 30 giugno 2015), p. 448. Inoltre, v. Senato della Repubblica.

XVII Legislatura. Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani,

inter-vento del dott. N. Gratteri, Resoconto sommario n. 47 del 04/06/2014, cit.

(45) Cfr. C. FIORIO, La stabilizzazione delle “carceri-fortezza”, cit., p. 414. Scrivono F. FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della vita penitenziaria, cit., p. 15: «uno degli aspetti che differenziano tra loro i circuiti penitenziari consiste nella maggiore o minore attribuzione di personale di sorveglianza. È chiaro come tale scelta amministrativa possa incidere sul livello di sicurez -za concretamente assicurato in una determinata sezione. Per il circuito 41-bis ord. penit., il legisla-tore ha ritenuto di procedere oltre, non limitandosi a demandare all'Amministrazione penitenziaria valutazioni di tipo meramente quantitativo, ma dettando un'importante norma concernente la quali-tà degli operatori addetti a tale delicatissimo compito di controllo».

(46) Il Gruppo Operativo Mobile (G.O.M.) è stato istituito nel 1997 con un provvedimento del Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria raccogliendo l'eredità di un altro repar-to, lo “S.C.O.P.P.” (Coordinamento delle attività operative di Polizia Penitenziaria) istituito nei pri-mi anni 90 e del “Battaglione Mobile” dell'allora Corpo degli Agenti di Custodia, che operò a ca-vallo fra gli anni '70 ed '80. Ha trovato definitivo riconoscimento normativo con il D.M. 19 febbra-io 1999, ora abrogato dal D.M. 4 giugno 2007 ai sensi del quale «il G.O.M., unità di livello diri-genziale non generale nell'ambito dell'ufficio del capo del dipartimento, è alle dirette dipendenze del capo del dipartimento che ne dispone l'impiego». Al fine di tutelare e aumentare i livelli di si-curezza, il personale del G.O.M. non è stanziale nella sede dove presta servizio e ruota con caden-za quadrimestrale nei Reparti Operativi situati all'interno dei diversi Istituti Penitenziari dislocati sul territorio.

Outline

Documenti correlati