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Segue. Il contingentamento dei colloqui difensivi e il “colpo di scure” della Corte costituzionale

CONTENUTO E CONSEGUENZE DEL REGIME DETENTIVO SPECIALE

6. Segue. Il contingentamento dei colloqui difensivi e il “colpo di scure” della Corte costituzionale

La riforma del 2002, nel disciplinare compiutamente la materia dei con-fronti vis-à-vis, ha inserito a conclusione dell'art. 41-bis comma 2-quater lett. b) ord. penit. il seguente inciso: «le disposizioni della presente lettera non si applica-no ai colloqui con i difensori». Tale precisazione è stata considerata verosimil-mente pleonastica da una parte della dottrina118 giacché la Corte costituzionale, in passato, ha avuto modo di osservare che «l'esercizio del diritto di conferire col di-(116) Per questa prassi v. CPT/Inf (2013) 32, p. 29, nt. 43. Già con riferimento al periodo ante riforma 2009 cfr. CPT/Inf (2010) 12, p. 32 ove si legge, tra l'altro: «access to the telephone may be

granted once a month, for a maximum of ten minutes, to prisoners who have already completed an initial period of six months in “41-bis” detention, with strict security conditions being applied to telephone conversations (e.g. the obligation of the other party to phone from a law enforcement establishment or prison, and systematic recording of conversations)».

(117) A mente dell'art. 39 comma 7 reg. esec., la registrazione della telefonata è disposta dall'au-torità giudiziaria competente ad applicare il visto di controllo sulla corrispondenza epistolare.

(118) A. BERNASCONI, op. cit., p. 304 ritiene infatti «superflua» la suddetta precisazione. Contra P. CORVI, op. cit., p. 159.

fensore, in quanto strumentale al diritto di difesa, non può […] essere rimesso a valutazioni discrezionali dell'amministrazione»119.

La novella del 2009, dal canto suo, ha “arricchito” la previsione di cui so-pra limitando ad «un massimo di tre volte alla settimana» la possibilità per il dete-nuto sottoposto al “carcere duro” di effettuare con il proprio legale «una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari», id est, rispetti-vamente, dieci minuti o un'ora120.

La norma di nuovo conio – da subito bollata, a torto o a ragione, come un «tentativo di criminalizzare il difensore, individuato quale possibile contatto con l'esterno»121 – prende atto della necessità di intervenire affinché il rapporto con il patrocinante non possa più costituire per il soggetto in vinculis un potenziale “condotto sotterraneo” da adoperare per impartire ordini o ricevere informazioni dal carcere122.

(119) Corte cost., sent. 3 luglio 1997, n. 212, in www.giurcost.org. Nondimeno, nella prassi non sono mancati casi, per la verità eccezionali, in cui il confronto con l'avvocato ha avuto luogo in lo-cali muniti di vetro divisorio: la Corte europea dei diritti dell'uomo, in queste situazioni, non ha tuttavia rilevato alcuna violazione dell'art. 6 paragrafo 3 lett. c) CEDU. V. in tal senso Corte eur. dir. uomo, 28 ottobre 2004, n. 72323/01, Cento c. Italia.

(120) Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con l'adozione delle circolari 3 dicem-bre 2009 n. 434778-2009 e 1 aprile 2010 n. 233598-2010, ha concesso il cumulo dei contatti setti-manali con i difensori attribuendo al detenuto la possibilità di richiedere un unico colloquio visivo o telefonico, rispettivamente, di tre ore o di trenta minuti in luogo dei tre colloqui visivi o telefoni-ci di un'ora o di dietelefoni-ci minuti telefoni-ciascuno. Inoltre, lo stesso Dipartimento ha stabilito che le limitazioni previste dalla norma in esame operano a prescindere dal numero dei procedimenti a carico del de-tenuto e dal numero degli avvocati che lo stesso dede-tenuto ha nominato. In questo senso v. circolare 3 settembre 2009 n. 297600-2009.

(121) Così Unione delle Camere penali, Osservazioni sul d.d.l. n. 733. A ciò si aggiunga l'intro-duzione, ad opera della stessa legge 94/09, del reato di «Agevolazione ai detenuti e internati sotto-posti a particolari restrizioni delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall'ordinamento pe-nitenziario» di cui all'art. 391-bis cod. pen. che punisce (comma 2) con la pena della reclusione da due a cinque anni il soggetto esercente la professione forense che consente a un detenuto, sottopo-sto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis ord. penit., di comunicare con altri in elusione delle pre-scrizioni all'uopo imposte.

(122) A proposito si veda Senato della Repubblica. XVI Legislatura. 141ª seduta pubblica,

As-semblea, mercoledì 4 febbraio 2009, intervento Sen. C. Vizzini, p. 26 e s., reperibile al sito www.-senato.it: «Vi sono soggetti che, reclusi secondo il regime del 41-bis, trasformano la loro

sottoposi-zione al carcere duro in dimostrasottoposi-zione di potenza, continuando a colloquiare con l'esterno e soprat-tutto ad impartire ordini sul territorio ai loro accoliti di cosa nostra, della camorra, della 'ndranghe-ta. Il problema di fondo, quindi, è impedire una beffa enorme allo Stato che da un lato cattura i mafiosi e dall'altro si trova spesso di fronte alla circostanza che costoro continuino a mantenere il controllo del territorio. È uno sforzo necessario non soltanto per chi si trova in carcere adesso, ma per tutti i latitanti o i mafiosi in senso lato ancora in attività che, prima o poi, saranno ospitati nelle patrie galere e sottoposti al carcere duro che, ripeto, sarà comminato a tutti i mafiosi che saranno arrestati e per i quali ne ricorreranno le condizioni. Lo sforzo che abbiamo compiuto non serve

Tuttavia, sebbene un'autorevole minoranza di interpreti abbia ritenuto compatibili con l'art. 24 Cost. le restrizioni ai colloqui difensivi in quanto «legitti-mat[e] dall'esigenza di tutelare interessi ritenuti preminenti»123, la parte maggiori-taria della dottrina ha paventato seri dubbi di ortodossia costituzionale in ordine al

vulnus che il rigido contingentamento dei contatti tra avvocato e detenuto reca al

diritti di difesa, specie in rapporto alla posizione degli imputati, avendo questi ul-timi meno tempo per predisporre con il legale la strategia processuale124. Sollevata la relativa questione di costituzionalità con riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.125, la Consulta ha pronunciato declaratoria di illegittimità costituzionale per violazione del diritto inviolabile di difesa, restando assorbite le altre censure pro-spettate dal giudice a quo126.

solo a punire il singolo soggetto, ma deve dare la certezza che dalle carceri non si comanda perché nelle carceri comanda lo Stato e chi è stato condannato, se vuole evitare il carcere duro, ha un altro strumento: non fare più il mafioso e collaborare con lo Stato, dare il proprio contributo a far sì che il cancro terribile delle mafie, che ancora affligge il nostro territorio, venga finalmente sgominato. […] Quando i colloqui con i propri congiunti e con i propri avvocati non servono né per difendersi né per abbracciare o baciare un figlio, ma esclusivamente per portare ordini all'esterno, lo Stato ha il dovere di intervenire perché questa usanza cessi».

(123) Così P. CORVI, op. cit., p. 316 e s. Secondo A. DELLA BELLA, Il regime detentivo speciale

di cui all'art. 41-bis, cit., p. 457 la disposizione in esame, «emblematica della volontà del

legislato-re di cercalegislato-re un compromesso tra le esigenze di plegislato-revenzione speciale […] e la necessità di assicu-rare l'esercizio effettivo del diritto di difesa», non sembra costituire «un ragionevole compromesso tra queste due opposte esigenze».

(124) Tra gli altri, cfr. M. F. CORTESI, Il nuovo regime, cit., p. 914; EAD., L'inasprimento, cit., p. 1084 e s.; C. FIORIO, La stabilizzazione delle “carceri-fortezza”, cit., p. 414; G. M. NAPOLI, Il

regi-me penitenziario, cit., p. 239 e s.; M. MARGARITELLI, op. cit., p. 774 e s. secondo cui la compressio-ne del diritto di difesa non è giustificata dalla tutela di altri interessi costituzionalmente garantiti ed è assolutamente inconferente rispetto alle finalità proprie dell'art. 41-bis comma 2 ord. penit.

(125) La q.l.c. è stata sollevata dal Mag. Sorv. Viterbo, ord. 7 giugno 2012, G.D., in

www.gaz-zettaufficiale.it a seguito del reclamo interposto da un detenuto avverso il diniego del direttore

del-la locale casa circondariale a consentire un colloquio con il legale essendo stati già raggiunti i sud-detti limiti quantitativi.

(126) Corte cost., sent. 20 giugno 2013, n. 143, in www.giurcost.org. Per alcuni commenti cfr. M. RUOTOLO, Le irragionevoli restrizioni al diritto di difesa dei detenuti in regime di 41-bis, in

www.giurcost.org; V. MANES, V. NAPOLEONI, Incostituzionali le restrizioni ai colloqui difensivi dei

detenuti in regime di “carcere duro”: nuovi tracciati della Corte in tema di bilanciamento dei di-ritti fondamentali, in Dir. pen. cont., 2013, f. 4, p. 336 e ss.; L. TROMBETTA, In tema di colloqui tra

difensore e detenuto in regime di “41-bis”, in Arch. pen. - Rivista Web, 2013, f. 3, p. 1 e ss.; F.

FIORENTIN, Regime speciale del “41-bis” e diritto di difesa: il difficile bilanciamento tra diritti

fondamentali, in G. cost., 2013, p. 2180; G. MARINO, Colloqui con i difensori: incostituzionali le

limitazioni per i detenuti sottoposti al 41-bis, in Dir. e giust., 21 giugno 2013; C. FIORIO, Regime

carcerario differenziato e tutela del diritto di difesa, in Dir. pen. proc., 2014, p. 42 e ss.; M. G.

COPPETTA, I colloqui con il difensore dei condannati al “carcere duro”: incostituzionali le

restri-zioni “quantitative”, in G. it., 2013, p. 2349 e ss.; B. GIORS, Illegittime le limitazioni dei colloqui

Il ragionamento effettuato dal Giudice delle leggi, peraltro molto persuasi-vo e condivisibile, muove da alcune premesse di fondo che, seppur succintamente, è doveroso richiamare. Anzitutto, la Corte non dubita del fatto che il detenuto ab-bia il diritto di svolgere colloqui con il proprio legale. Invero, come da tempo af-fermato dalla giurisprudenza costituzionale, il precetto di cui all'art. 24 comma 2 Cost. non si esaurisce nella facoltà di autodifesa ma, al contrario, si estende anche al diritto di difesa tecnica, sua componente indefettibile nonché elemento essen-ziale per la piena realizzazione del principio del contraddittorio127. A sua volta, il diritto di difesa tecnica implica, quale ulteriore cerchio concentrico, il diritto – ad esso prodromico – di effettuare colloqui difensivi128 e ciò vale tanto per l'imputa-to-detenuto quanto per il condannato in esecuzione di pena detentiva129 posto che il confronto con l'avvocato è funzionale non solo alla predisposizione della strate-gia processuale ma ancor prima a «conoscere i propri diritti e le possibilità offerte dall'ordinamento per tutelarli e per evitare o attenuare le conseguenza pregiudizie-voli cui si è esposti»130.

Allo stesso modo, però, la Consulta non dubita del fatto che il diritto di di-fesa possa subire compressioni. Esso – stando sempre all'elaborazione giurispru-(127) Corte cost., sent. 3 maggio 1963, n. 59, in www.giurcost.org.; Corte cost., sent. 10 ottobre 1979, n. 125, in www.giurcost.org.; Corte cost., sent. 29 marzo 1984, n. 80, in www.giurcost.org.

(128) Corte cost., sent. 25 giugno 1996, n. 216, in www.giurcost.org. Il diritto dell'accusato a co-municare in modo riservato con il proprio difensore è stato sancito anche dalla Corte europea di Strasburgo in diverse decisioni sulla base di quanto disposto dall'art. 6 par. 3 CEDU. In questo sen-so cfr. Corte eur. dir. uomo, 13 gennaio 2009, n. 52479/99, Rybacki c. Polonia; Corte eur. dir. uomo, 9 ottobre 2008, n. 62936/00, Moiseyev c. Russia; Corte eur. dir. uomo, 27 novembre 2007, n. 35795/02, Asciutto c. Italia; Corte eur. dir. uomo, 27 novembre 2007, n. 58295/00, Zagaria c. Italia. Si noti, inoltre, quanto disposto da Consiglio d'Europa, Raccomandazione R (2006) 2 del

Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle Regole penitenziarie europee, regola n. 23: «i

colloqui e altre forme di comunicazione – compresa la corrispondenza – su punti di diritto tra un dete -nuto e il suo avvocato devono essere riservati».

(129) Cfr. sul punto anche Consiglio d'Europa, Raccomandazione R (2006) 2 del Comitato dei

Ministri agli Stati membri sulle Regole penitenziarie europee ed, in particolare, le regole n. 23 e

98. La prima prevede, tra l'altro, che «ogni detenuto ha diritto di richiedere la consulenza legale e le autorità penitenziarie devono aiutarlo, in modo adeguato, ad accedervi. Ogni detenuto ha il dirit-to di consultare, a sue spese, un avvocadirit-to di sua scelta su qualsiasi pundirit-to di diritdirit-to». La seconda statuisce quanto segue: «Gli imputati devono essere esplicitamente informati del loro diritto di ri-chiedere un'assistenza legale. Gli imputati accusati di un reato devono disporre di tutte le agevola-zioni per preparare la propria difesa ed incontrare il proprio avvocato». Cfr. M. RUOTOLO, Le

irra-gionevoli restrizioni, cit., p. 5 e s.

(130) Corte cost., sent. 3 luglio 1997, n. 212, cit. Sul punto v. in dottrina F. DELLA CASA, Il

col-loquio con il difensore in sede esecutiva: da “graziosa concessione” a “diritto”, in Dir. proc. pen.,

denziale del Giudice delle leggi – è, infatti, suscettibile di bilanciamento con altre esigenze di pari rango costituzionale131 ed il suo esercizio può essere variamente modulato o limitato dal legislatore a condizione che non ne risulti pregiudicata l'effettività, costituente il limite invalicabile ad operazioni del genere considera-to132, e ferma restando, altresì, l'esigenza di verificare «la ragionevolezza di even-tuali adattamenti o restrizioni conseguenti al bilanciamento operato dal legislato-re»133.

Stando così i termini del discorso, è proprio su quest'ultimo duplice piano che si è giocata la “partita costituzionale” delle limitazioni quantitative a colloqui con gli avvocati previste dall'art. 41-bis comma 2-quater lett. b) ord. penit. Sotto il primo profilo, infatti, si rammenti che i soggetti detenuti in regime speciale, aven-do di regola alle spalle un'ampia carriera criminale, molto spesso sono contempo-raneamente coinvolti in una pluralità di procedimenti particolarmente complessi: di talché «l'eventualità che le tre ore o i trenta minuti settimanali complessivi di colloquio risultino in concreto insufficienti a soddisfare le esigenze difensive non può, dunque, considerarsi remota o puramente congetturale», specie se la com-pressione del diritto a conferire con l'avvocato consegue «in modo automatico e indefettibile all’applicazione del regime detentivo speciale […] e lo accompagna per tutta la sua durata […] a prescindere non solo dalla natura e dalla complessità dei procedimenti giudiziari (o, amplius, contenziosi) nei quali il detenuto è (o po-trebbe essere) coinvolto e dal grado di urgenza degli interventi difensivi richiesti, ma anche dal loro numero e, quindi, dal numero dei legali patrocinanti con i quali il detenuto si debba consultare»134.

(131) Cfr., tra le altre, Corte cost., sent. 11 giugno 2009, n. 173, in www.giurcost.org; Corte cost., sent. 25 luglio 2008, n. 297, in www.giurcost.org; Corte cost., sent. 27 ottobre 2006, n. 341, in www.giurcost.org, nonché, con specifico riferimento alla materia dei colloqui dei detenuti, Corte cost., sent. 3 luglio 1997, n. 212, cit.

(132) Corte cost., sent. 4 dicembre 2009, n. 317, in www.giurcost.org. (133) Corte cost., sent. 23 novembre 1993, n. 407, in www.giurcost.org.

(134) Così Corte cost., sent. 20 giugno 2013, n. 143, cit. La Corte europea dei diritti dell'uomo, dal canto suo, in passato aveva reputato lesiva del diritto all'equo processo – tenuto conto anche della complessità della singola vicenda giudiziaria nella quale il ricorrente era coinvolto – una li-mitazione che presentava significative assonanze con quella in esame, ove in particolare erano stati consentiti all’imputato, durante il corso del processo, solo due colloqui a settimana con i propri di-fensori, della durata di un'ora l'uno. Cfr. Corte eur. dir. uomo, 12 marzo 2003, n. 46221/99, Öcalan c. Turchia.

Inoltre, sotto il profilo della ragionevolezza delle restrizioni, la Corte ha condivisibilmente osservato come, nell'eventualità che l'avvocato si presti a funge-re da tramite fra il detenuto e gli altri membri dell'organizzazione criminale, la previsione di un “tetto” quantitativo ai colloqui difensivi non sia idoneo «ad impe-dire, nemmeno parzialmente, il temuto passaggio di direttive e di informazioni tra il carcere e l'esterno, né a circoscrivere in modo realmente significativo la quantità e la natura dei messaggi che si paventano scambiabili, per il tramite dei difensori, nell'ambito dei sodalizi criminosi»135. Conclude, quindi, la Consulta che, nel caso in esame, «alla compressione – indiscutibile – del diritto di difesa indotta dalla norma censurata non corrisponde, prima facie, un paragonabile incremento della tutela del contrapposto interesse alla salvaguardia dell’ordine pubblico e della si-curezza dei cittadini»136.

L'esaustività e la persuasività delle argomentazioni offerte dalla Corte non consentono, qui, di aggiungere altro a sostegno dell'incostituzionalità dei suddetti limiti quantitativi ai confronti vis-à-vis tra detenuto e difensori: si può tuttavia as-serire quanto segue. Invero, la Consulta, precisando che la situazione che riguarda i legali è significativamente diversa rispetto a quella riscontrabile in rapporto a persone legate al recluso da vincoli parentali o affettivi ovvero a terzi non qualifi-cati, sembra escludere – in maniera peraltro condivisibile – che possa gravare a carico del patrocinante quella stessa “presunzione di compiacenza” che pende in-vece in capo ai familiari137. Ne discende, quindi, l'impossibilità di porre limitazio-ni ai colloqui difensivi che operino sic et simpliciter come quelle previste in rela-(135) Corte cost., sent. 20 giugno 2013, n. 143, cit. V., diffusamente, V. MANES, V. NAPOLEONI,

op. cit., p. 348 e s. In effetti, a norma dell'ultimo periodo del comma 2-quater lett. b) dell'art. 41bis ord. penit., ai colloqui difensivi non si applicano le limitazioni previste per i colloqui con i fa

-miliari sicché non vi è alcun impedimento fisico o alcuna forma di controllo visivo o auditivo. (136) In questi termini Corte cost., sent. 20 giugno 2013, n. 143, cit.

(137) La Corte, infatti, precisa che «i colloqui difensivi [hanno], per definizione, quali interlocu-tori “esterni” del detenuto, persone appartenenti ad un ordine professionale (quello degli avvocati), tenute al rispetto di un codice deontologico nello specifico campo dei rapporti con la giustizia e sottoposte alla vigilanza disciplinare dell'ordine di appartenenza. L'eventualità che dette persone, legate al detenuto da un rapporto di prestazione d'opera professionale, si prestino a fungere da tra -mite fra il medesimo e gli altri membri dell'organizzazione criminale, se non può essere certamente esclusa a priori, neppure può essere assunta ad una regola di esperienza, tradotta in enunciato nor-mativo: apparendo, sotto questo profilo, la situazione significativamente diversa da quella riscon-trabile in rapporto ai colloqui con persone legate al detenuto da vincoli parentali o affettivi, ovvero con terzi non qualificati». Così Corte cost., sent. 20 giugno 2013, n. 143, cit.

zione ai colloqui con i parenti o gli affini, mancando vistosamente, nella prima ipotesi, quell'id quod plerumque accidit sulla cui base assurgere a massima di esperienza la “disponibilità” degli avvocati del detenuto a prestarsi da tramite fra il detenuto medesimo e la consorteria criminale all'esterno.

Cionondimeno, il Giudice delle leggi – in modo, anche qui, assai convin-cente – non ha disconosciuto la possibilità per il legislatore di comprimere il dirit-to di difesa, sempre che a ciò corrisponda, nella logica del bilanciamendirit-to degli in-teressi, un incremento della contro-esigenza alla tutela dell'ordine e della sicurez-za pubblica cui ottempera il regime speciale. Di conseguensicurez-za, non può ritenersi a

priori illegittima qualsiasi limitazione ai colloqui difensivi ma occorre, al

contra-rio, accertare se la stessa – a differenza di quanto avveniva in virtù del disposto di cui all'art. 41-bis comma 2-quater lett. b) ord. penit. – sia funzionale ad impedire i collegamenti tra il soggetto in vinculis e l'associazione delinquenziale operante sul territorio. In altri termini, il precetto di cui all'art. 24 Cost. riconosce “dignità co-stituzionale” soltanto a quei confronti face to face tra il detenuto e i suoi legali che abbiano come unico scopo la realizzazione e l'esercizio del diritto inviolabile di difesa e che, per converso, non siano strumentalizzati per “evadere” dal “carcere duro”. D'altronde: si potrebbe mai giustificare il transito di messaggi ed informa-zioni illeciti ad opera dell'avvocato sull'assunto che la Costituzione tutela i collo-qui difensivi?

Se le cose stanno effettivamente come qui interpretate, risulta, tuttavia, dif-ficile immaginare quali restrizioni agli incontri tra detenuto e legali possano essere adottare per tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica senza intaccare quanto dispo-sto dall'art. 24 Cost., essendo in questi casi piuttodispo-sto complicato trovare un punto di equilibrio tra gli obiettivi del regime speciale e la tutela del diritto di difesa. La-sciando quest'arduo compito al legislatore, si può affermare che soltanto la deon-tologia professionale dell'avvocato garantisce il massimo soddisfacimento di en-trambe le esigenze – quella di impedire i collegamenti tra il detenuto e il consor-zio criminale all'esterno e quella di tutelare appieno il diritto di difesa –, fermo re-stando che i colloqui “patologici” rappresentano senza dubbio una percentuale de-cisamente piccola rispetto al numero totale degli stessi.

In conclusione è opportuno osservare come taluni detenuti, a seguito della pronuncia caducatoria della Consulta, abbiano avanzato istanza di revisione ex art. 630 cod. proc. pen. con riferimento alle sentenze di condanna emesse all'esito di quei procedimenti celebrati in costanza dell'operatività delle limitazioni ai collo-qui difensivi, asseverando le ricadute negative che tali prescrizioni medio tempore imposte avrebbero comportato in ordine all'effettiva possibilità di predisporre un'adeguata strategia processuale. In particolare, i richiedenti hanno posto a fon-damento della propria domanda il dictum con cui il Giudice delle leggi, interve-nendo additivamente sull'art. 630 cod. proc. pen., ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede un diverso caso di revisione al fine di

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