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La disciplina dei colloqui de visu e l'alternativa della corrispondenza telefonica

CONTENUTO E CONSEGUENZE DEL REGIME DETENTIVO SPECIALE

5. La disciplina dei colloqui de visu e l'alternativa della corrispondenza telefonica

L'art. 41-bis comma 2-quater lett. b) ord. penit. sottopone i colloqui visivi ad una disciplina speciale particolarmente restrittiva a ragion del fatto che essi rappresentano senza dubbio il più significativo canale di collegamento tra il dete-nuto e la società esterna ed, in quanto tali, possono potenzialmente costituire un'occasione (o, volendo, un diritto da adoperare surrettiziamente) per mantenere quei contatti con la criminalità organizzata che il regime differenziato si prefigge di impedire59. Di talché, evidenti esigenze di prevenzione, hanno spinto il legisla-tore a predisporre serie limitazioni all'istituto dei confronti face to face con lo sco-po di impedire che le persone libere e, soprattutto, quelle legate al detenuto da un vincolo di parentela possano svolgere compiti d'intermediazione ovvero adoperar-si ad anello di congiunzione con il sodalizio criminale di riferimento60.

Per quanto concerne i colloqui de visu con familiari o conviventi61, la di-sposizione da ultimo citata, così come interpolata dalla novella del 200962, ne limi-ta drasticamente la frequenza in «uno al mese»63, in luogo della precedente e più flessibile determinazione in un numero «non inferiore [ad] uno e non superiore a due»64. Essi si svolgono «ad intervalli di tempo regolari» ed hanno «la durata mas-(59) In questo senso F. FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della vita penitenziaria, cit., p. 5. In giurisprudenza v., per analoghe considerazioni, Cass., Sez. I, 4 giugno 2014, n. 35488, M.G., in

Cass. pen., 2014, p. 4239.

(60) Così G. MASTROPASQUA, I colloqui visivi con figli e nipoti minorenni della persona

sottopo-sta al regime penitenziario differenziato ex art. 41 bis legge 26 luglio 1975 n. 354, in Dir. famiglia,

2014, f. 1, p. 238.

(61) Ai sensi dell'art. 18 ord. penit., infatti, «particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari».

(62) Cfr. Senato della Repubblica. XVI Legislatura. Relazione al disegno di legge recante

«Di-sposizioni in materia di sicurezza pubblica», stampato n. 733-A, p. 6 e s., reperibile al sito www.-senato.it che manifesta l'intento di «rendere ancor più difficile ai detenuti – in particolare ai

condannati per il reato di associazione mafiosa – la possibilità di mantenere collegamenti con le asso -ciazioni criminali di appartenenza: sono a tal fine ridotti i colloqui tra detenuti e famiglie, sia per-sonali sia telefonici».

(63) In via ordinaria, l'art. 37 comma 8 reg. esec. prevede che «i detenuti e gli internati usufrui-scono di sei colloqui al mese. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei delitti previsti dal primo periodo del primo comma dell'articolo 4-bis della legge e per i quali si applichi il divieto di benefici ivi previsto, il numero di colloqui non può essere superiore a quattro al mese».

(64) Come testimonia S. ARDITA, Il regime detentivo speciale, cit., p. 212, durante la vigenza della versione ante riforma esigenze di uniformità di trattamento avevano suggerito di fissare, con i vari decreti applicativi, un solo colloquio mensile per tutti i detenuti sottoposti al 41-bis. Soltanto in casi eccezionali venivano concessi due colloqui mensili.

sima di un'ora»65, come previsto in via ordinaria66.

La Suprema Corte si è di recente pronunciata in merito alla questione mol-to discussa circa la possibilità per i soggetti nei cui confronti è applicamol-to il “carce-re duro” di cumula“carce-re le o“carce-re di visita rimaste inutilizzate, come generalmente con-sentito a sensi dell'art. 37 comma 10 reg. esec.67. In particolare, la Cassazione – smentendo la diversa prassi amministrativa68 – ha affermato che «in assenza di specifiche disposizioni ministeriali, anche per i detenuti sottoposti al regime spe-ciale […] valgono le regole generali previste dall'ordinamento penitenziario non oggetto di sospensione» sicché «ove non espletato il colloquio mensile di un'ora con i familiari, qualora questi siano residenti in un comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto, deve essere riconosciuta a tali detenuti, ai sensi [della dispo-sizione regolamentare da ultimo menzionata], la possibilità di fruire […] di un colloquio prolungato sino a due ore»69.

(65) Gli Stati generali dell'esecuzione penale hanno avanzato la proposta di dilatare la durata del colloquio sino a due ore. V. Stati generali dell'esecuzione penale, Tavolo 2 – Vita detentiva,

re-sponsabilizzazione, circuiti e sicurezza, cit., p. 18 e s.

(66) Infatti, in mancanza di un'espressa indicazione da parte dell'art. 41-bis comma 2-quater ord. penit., si applica, anche in subiecta materia, l'art. 37 comma 10 reg. esec. a mente del quale «il colloquio ha la durata massima di un'ora. In considerazione di eccezionali circostanze, è consentito di prolungare la durata del colloquio con i congiunti o i conviventi». Sull'applicabilità di questa di-sposizione anche ai detenuti sottoposti al “carcere duro”, ove non previsto diversamente dal prov-vedimento ministeriale, v., per tutte, Cass., Sez. I, 12 dicembre 2014, n. 3115, V.L., in Dir. e giust., 23 gennaio 2015.

(67) Ai sensi dell'art. 37 comma 10 reg. esec. «in considerazione di eccezionali circostanze, è consentito di prolungare la durata del colloquio con i congiunti o i conviventi. Il colloquio con i congiunti o conviventi è comunque prolungato sino a due ore quando i medesimi risiedono in un comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto, se nella settimana precedente il detenuto o l'in-ternato non ha fruito di alcun colloquio e se le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consento-no».

(68) Per questa prassi v., in chiave critica, CPT/Inf (2010) 12, p. 35 ove si può leggere: «the

harmful effects of the lack of genuine human contact with fellow prisoners and staff were aggrava-ted by the way in which contact with the outside world was regulaaggrava-ted, particularly with families, first and foremost children. Most prisoners were entitled to only one hour of visits per month, un-der closed conditions, and they were prohibited from accumulating unused visiting time».

(69) Così Cass., Sez. I, 17 settembre 2014, n. 38073, G.G., in Dir. e giust., 18 settembre 2014. In senso analogo Cass., Sez. I, 12 dicembre 2014, n. 3115, V.L., cit.; Cass., Sez. I, 30 giugno 2014, n. 52545, O.P., Dir. e giust., 19 dicembre 2014; Cass., Sez. I, 26 novembre 2013, n. 49726, Min. giu-st. in proc. Catello, in CED Cass., n. 258421; Cass, Sez. I, 26 novembre 2013, Min. giugiu-st. in proc. Dell'Aquila, in CED Cass., n. 258764; Cass., Sez. I, 4 giugno 2014, n. 35488, M.G., in Cass. pen., 2014, p. 4239. In dottrina cfr. L. CESARIS, sub art. 41-bis ord. penit., 2015, cit., p. 459 e s. ed, in particolare, C. LARA, Prime aperture nel regime di rigore: il prolungamento del colloquio mensile

per il detenuto ex art. 41 bis ord. penit., in Proc. pen. giust., 2015, f. 2, p. 78 e ss.; A. FERRETTI,

Possibile il prolungamento dell'orario del colloquio familiare anche per detenuti sottoposti al

Legislatu-Ai sensi dell'art. 41-bis comma 2-quater lett. b) ord. penit., al confronto vi-sivo con il detenuto possono essere ammessi soltanto i «famigliari o conviventi»70

vale a dire, secondo le disposizioni infra-legislative adottate dall'amministrazione, i parenti e gli affini sino al terzo grado71. La Suprema Corte, operando un bilancia-mento tra l'esigenza di tutelare la salus populi e il diritto del soggetto in vinculis alla vita familiare ed al mantenimento di relazioni con i suoi più stretti congiunti, ha riconosciuto al detenuto la possibilità di avere colloqui visivi con il figlio sotto-posto al “carcere duro” «mediante forme di comunicazione controllabili a distanza (come la videoconferenza), tali da consentire la coltivazione della relazione paren-tale e, allo stesso tempo, da impedire il compimento di comportamenti fra presen-ti, idonei a generare pericolo per la sicurezza interna dell'istituto o per quella pub-blica»72.

I colloqui de visu con persone diverse da quelle sopra citate sono, al con-trario, vietati salvo «casi eccezionali»73 determinati volta per volta dal direttore

ra. Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, Rapporto, cit., p. 66,

reperibile al sito www.senato.it ove si raccomanda «di facilitare lo svolgimento dei colloqui dei pa-renti dei detenuti e, in particolare di consentire la possibilità di cumulare le ore di colloquio non usufruite».

(70) Il generico riferimento ai «familiari o conviventi», privo di alcun criterio interpretativo che consenta di individuare le persone qualificabili come tali, differenzia l'art. 41-bis comma 2-quater lett. b) ord. penit. dall'art 14-quater comma 4 ord. penit. che, invece, parla espressamente di coniu-ge, convivente, figli, genitori e fratelli. Secondo L. CESARIS, sub art. 41-bis ord. penit., 2015, cit., p. 459 le persone ammesse al colloquio con il detenuto sottoposto al “carcere duro” andrebbero in-dividuati in questi stessi soggetti.

(71) Nella prassi, di solito, al colloquio vengano ammessi un massimo di tre familiari adulti più, eventualmente, due minori infra-dodicenni.

(72) Così Cass., Sez. I, 12 dicembre 2014, n. 7654, T., in CED Cass., n. 262417. Sul punto cfr. C. MINNELLA, Possibile il colloquio del detenuto col figlio sottoposto al carcere duro tramite

vi-deoconferenza, in Arch. nuova proc. pen., 2015, f. 1, p. 62 e ss.; A. DE FRANCESCO, Il diritto di

vi-sita non può essere precluso in maniera assoluta, in Dir. e giust., 2015, f. 6, p. 35 e ss. il quale

af-ferma che «il riferimento alle “nuove” tecnologie è affascinante, ma è indubbio che non bisognava aspettare l'epoca di internet per poter concedere ad un padre di vedere suo figlio: in fondo, permet-tere loro di vedersi dietro uno specchio o a cinque e più metri di distanza non sarebbe stato poi così arduo neppure vent'anni fa. In realtà, il principio invocato dalla Cassazione è antichissimo, come antico è l'uomo e antichi sono gli errori che egli commette. D'altra parte, non è forse vero che “non è bene che l'uomo sia solo”?».

(73) La disposizione sopra riportata è stata introdotta in occasione della riforma del 2002 e dero-ga alla precedente prassi ministeriale che invece vietava in modo assoluto i colloqui con persone diverse dai famigliari o conviventi. Sul punto v. S. ARDITA, Il regime detentivo speciale, cit., p. 100. Si noti che per i detenuti in regime ordinario, a norma dell'art. 37 comma 1 reg. esec., «i col-loqui con persone diverse dai congiunti e dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi». Posta l'eccezionalità, per i detenuti sottoposti al regime speciale, di effettuare col -loqui con i terzi, si deve ritenere che l'espressione «casi eccezionali» vada interpretata in modo più

dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorità giudiziaria competente ai sensi dell'art. 11 comma 2 ord. pe-nit.74. Sul punto, la giurisprudenza si è trovata ad affrontare casi del tutto peculiari. A titolo esemplificativo, si può osservare come la Corte di cassazione, censurando il rigetto dell'autorità amministrativa prima e del magistrato di sorveglianza poi, abbia ammesso che, «in linea di massima, non pare possibile negare ad un creden-te – ed a maggior ragione ad un creden-testimone di geova, per il quale è importancreden-te lo studio della bibbia – almeno una qualche forma di approccio con il ministro del proprio culto, al fine di poter approfondire lo studio dei testi biblici, ferma restan-do l'esigenza che il colloquio si svolga con modalità tali da assicurare l'ordine e la sicurezza dell'istituto carcerario»75. In direzione affatto diversa, la magistratura di sorveglianza, nell'affermare che il Garante regionale dei diritti dei detenuti e il soggetto in vinculis possono effettuare colloqui in senso tecnico76, ha disposto la sottoposizione degli stessi alla disciplina dettata dall'art. 41-bis ord. penit., ricono-scendo al direttore dall'istituto la possibilità di richiedere all'autorità giudiziaria competente di autorizzare, se del caso, l'effettuazione del controllo auditivo e della registrazione, impregiudicata la videosorveglianza77.

rigido rispetto all'ordinaria espressione «ragionevoli motivi». In questo senso v. G. M. NAPOLI, Il

regime penitenziario, Milano, 2012, p. 231.

(74) Dalla lettura dell'art 240 del D.lgs. 28 luglio 1989 n. 271 (recante «Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale») si può ricavare come il provvedimen-to in questione venga adottaprovvedimen-to con ordinanza dal giudice che procede ovvero, prima dell'esercizio dell'azione penale, dal giudice per le indagini preliminari. Sul punto cfr. A. BERNASCONI, op. cit., p. 303; G. M. NAPOLI, Il regime penitenziario, cit., p. 230, nt. 54.

(75) Cfr. Cass., Sez. I, 8 marzo 2011, n. 20979, D., in CED Cass., n. 250506.

(76) Nel caso di specie, infatti, la direzione dell'istituto interessato, in ossequio a quanto sancito dalla circolare 7 novembre 2013 n. 3651/6101, aveva vietato al Garante regionale di effettuare veri e propri colloqui con i detenuti.

(77) In questa direzione Trib. Sorv. Perugia, 13 novembre 2015, n. 1164, in

www.archiviopena-le.it. Sul punto v. L. CESARIS, Quali garanzie per il garante dei detenuti?, in Arch. pen. - Rivista

Web, 2016, f. 2, p. 13 secondo cui «tale decisione suscita non poche perplessità in relazione alla

previsione di sottoporre il colloquio con il garante ai controlli previsti dall'art. 41-bis ord. penit. per i familiari, e in particolare alla videosorveglianza» giacché «risulta singolare l'equiparazione del garante ai familiari seppur in relazione alle modalità di controllo: non sfugge, infatti, che si tratta di colloqui aventi finalità ben diverse, più simili quelli del garante a quelli svolti con il magi-strato di sorveglianza o con il difensore o con gli ispettori del CPT, essendo diretti a verificare la situazione detentiva e l'eventuale violazione di diritti, nonché a ricevere eventuali doglianze orali o scritte». In questo senso «sottoporre a videosorveglianza il colloquio equivale […] a una dichiara-zione di diffidenza e di sfiducia nei confronti del garante, particolarmente grave perché sta a signi-ficare che l'istituzione carceraria continua ad essere governata dalla logica del sospetto». V. anche C. SCACCINOCE, Diritto al colloquio tra Garante e detenuto: quando il potere giurisdizionale è

L'art. 41-bis comma 2-quater lett. b) ord. penit. dispone che i confronti

vi-s-à-vis si svolgano «in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di

ogget-ti». Tale statuizione è stata “tradotta”, sul piano operativo, mediante l'utilizzo di apposite sale munite di vetro divisorio a tutta altezza che tiene separati ospiti e de-tenuto, impedendo qualsiasi forma di contatto fisico78. Il chiaro ascolto reciproco degli interlocutori è garantito dall'impiego di opportuni ed idonei strumenti quali pannelli isofonici, microfoni, citofoni o altri sistemi funzionali allo scopo79. In caso di ospedalizzazione ex artt. 11 ord. penit. e 17 reg. esec., qualora non siano disponibili locali forniti di separatori, sono individuate, con ordine di servizio, le modalità atte a garantire la sicurezza ed evitare il passaggio di oggetti80.

Nonostante la tassatività della statuizione in esame, l'amministrazione pe-nitenziaria ha previsto, con circolare, che i colloqui con i figli (o con nipoti in li-nea retta81) di età inferiore ai dodici anni vengono effettuati senza mezzi divisori, in locali sottoposti a videoregistrazione (con esclusione del sonoro)82. Il confronto può essere svolto secondo queste modalità per l'intera durata dell'incontro se ad

presidio di effettività dei diritti dei detenuti e delle funzioni del Garante, in Arch. pen. - Rivista Web, 2016, f. 1, p. 1 e ss.

(78) Siffatte restrizioni, comportando la separazione fisica tra detenuto e interlocutori ed impe-dendo ogni forma di contatto, rendono difficilmente spiegabile la prassi di alcuni istituti di sotto-porre il detenuto a perquisizione manuale e con metal-detector prima e dopo la fruizione del collo-quio.

(79) Sul punto si vedano le criticità riportante dal CPT/Inf (2010) 12, p. 36. «At Novara, the

de-legation also took note of the very poor acoustics in the closed visiting facilities, and the fact that prisoners and their families were obliged to shout through the interphone to make themselves un-derstood. The CPT recommends that the sound quality in the closed visiting facilities be checked – when all the cubicles are being used simultaneously – and, if necessary, improvements be made».

(80) Per queste ed altre indicazioni v. circolare 9 ottobre 2003 n. 3592/6042.

(81) Invero, con nota 0101-91-2012, il D.A.P. ha previsto che i colloqui dei detenuti ex art.

41-bis ord. pen. possano svolgersi senza vetro divisorio anche con i nipoti (figli di figli) minori di

do-dici anni, purché gli interessati ne facciano motivata richiesta, corredandola da documentazione at-testante l'eccezionalità della situazione. È, pertanto, «legittimo il diniego, opposto alla richiesta di un detenuto sottoposto al regime [speciale], di svolgere i colloqui visivi con il nipote “ex fratre” con le stesse modalità favorevoli previste, dalle circolari ministeriali, per gli incontri con il nipote “ex filio”» giacché la decisione assunta dall'amministrazione in via generale di acconsentire ai col-loqui a “modalità mista” con i soli nipoti in linea retta introduce, nell'ambito del novero dei “fami-liari”, «una lettura estensiva che – essa stessa – appare già evolutiva rispetto allo stretto dettato normativo, del che essa concreta non già un'incisione, bensì un accrescimento della facoltà dei soggetti detenuti di coltivare le proprie esigenze affettive». Così Mag. Sorv. Udine, 10 dicembre 2015, L.P.S., in Rass. penit. crim., 2015, f. 2, p. 159.

(82) V. circolare 9 ottobre 2003 n. 3592/6042 nonché, in precedenza, circolare 20 febbraio 1998 n. 148885/4.

esso prende parte solo il minore; in caso contrario, se vi partecipano anche fami-liari adulti, la permanenza di costui a diretto contatto con il genitore in vinculis non può eccedere i dieci minuti83.

Alle evidenti esigenze umanitarie che ispirano questa prassi84 hanno sem-pre fatto da contraltare rigide cautele. Si pensi al fatto che non di rado i regola-menti interni dei vari istituti prevedono che il detenuto venga sottoposto a perqui-sizione mediante denudamento, sia all'entrata che all'uscita dalla sala; alla circo-stanza che il passaggio del minore di pochi mesi al di là del vetro non possa avve-nire in forma diretta ma solo per il tramite di un passeggino85; ovvero alla nota emessa dal D.A.P. il 18 aprile 2013 mediante la quale si precisa che, in caso di colloquio con più persone ex art. 37 comma 10 reg. esec., questo può essere effet-tuato senza mezzi divisori soltanto con il figlio o nipote infra-dodicenne, salvo il contestuale allontanamento degli altri familiari86. Tale ultima prescrizione ammini-(83) Circolare 9 ottobre 2003 n. 3592/6042 nonché, in dottrina, F. PICOZZI, I colloqui dei

detenu-ti “41-bis” con i figli e i nipodetenu-ti minori di anni dodici. La (non) inderogabile presenza del vetro di-visorio, in Rass. penit. crim., 2015, f. 2, p. 173. V., inoltre, Senato della Repubblica. XVII Legisla-tura. Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, Rapporto, cit., p.

66 ove si raccomanda di verificare la possibilità di dedicare alle visite con i minori di dodici anni un intervallo di tempo al di fuori dei 60 minuti totali riservati al colloquio con i familiari.

(84) Cfr. F. PICOZZI, I colloqui, cit., p. 172; F. FALZONE, F. PICOZZI, L'organizzazione della vita

penitenziaria, cit., p. 7; F. FIORENTIN, Regime penitenziario speciale, cit., p 198. Le stesse esigenze umanitarie hanno indotto l'amministrazione, in casi del tutto peculiari ed in presenza di particolari interessi meritevoli di tutela, a consentire ai detenuti sottoposti al regime speciale l'effettuazione di un colloquio senza mezzi divisori anche con soggetti di età superiore ai dodici anni. Cfr. Mag. Sorv. L'Aquila, 7 giugno 2013, G.T., in Rass. penit. crim., 2013, f. 2, p. 187 e s. ove viene affronta-to il caso di un detenuaffronta-to a cui è staaffronta-to concesso dal D.A.P., in via del tutaffronta-to eccezionale, la possibilità di svolgere un colloquio “aperto” con la figlia (maggiorenne) da tempo sofferente di un grave stato depressivo. Possibilità, questa, che è stata accordata anche ai detenuti in imminente pericolo di vita ovvero in occasione del matrimonio o della nascita di figli. F. FIORENTIN, Regime penitenziario

speciale, cit., p. 198.

(85) Cfr., in chiave critica, Senato della Repubblica. XVII Legislatura. Commissione

straordina-ria per la tutela e la promozione dei diritti umani, intervento del prof. M. Palma, Resoconto som-mario n. 50 del 25/06/2014, reperibile al sito www.senato.it.

(86) Sul punto v. F. PICOZZI, I colloqui, cit., p. 173; G. MASTROPASQUA, op. cit., p. 241 e s. Se-condo quanto riportato da quest'ultimo Autore, «il comandante dell'Area-sicurezza [della casa cir-condariale di Terni] con apposita disposizione di servizio del 11 giugno 2013 n. 515, al fine di de-terminare in dettaglio le modalità di svolgimento dei colloqui visivi con figli/nipoti di età inferiore a 12 anni, stabiliva che dieci minuti prima del termine del colloquio dovesse essere aperto il vetro divisorio per consentire il passaggio del minore dalla parte del genitore detenuto e che contestumente gli altri familiari dovessero uscire dalla sala-colloqui ed attendere nella sala adiacente al-l'uopo predisposta; disponeva, altresì, che il personale femminile della polizia penitenziaria doves-se provvedere a porgere il figlio/nipote minore di anni 12 al congiunto detenuto con la dovuta at-tenzione, cautela e cortesia, al fine di evitare al minore situazioni di disagio; prescriveva, infine, che, al termine del colloquio, il minore, durante il breve tragitto percorso all'uscita dalla

sala-collo-strativa ha costituito oggetto di difforme elaborazione pretoria. In particolare, la giurisprudenza di legittimità, interrogata sul punto, ha affermato che le disposizio-ni in tema di colloqui con minorendisposizio-ni «non ostacolano l'effettuazione dell'incontro,

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