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La proroga: onere della prova e presupposti per la reiterazione del regime speciale

APPLICAZIONE, PROROGA E REVOCA DEL REGIME DETENTIVO SPECIALE

4. La proroga: onere della prova e presupposti per la reiterazione del regime speciale

L'operatività del regime detentivo speciale, una volta spirato il termine di quattro anni del decreto di prima applicazione, può essere prorogata sine die80 per successivi periodi, ciascuno pari a due anni, «quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l'associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno»81.

Tale statuizione normativa, frutto dell'intervento riformatore del 2009, ha interpolato nel senso di cui sopra la previgente formulazione («purché non risulti che la capacità del detenuto o dell'internato di mantenere contatti con associazioni criminali, terroristiche o eversive sia venuta meno») in ordine alla quale erano sor-te questioni esegetiche di non poco rilievo. In particolar modo, il problema di in-terpretazione risiedeva nel fatto che il disposto legislativo ante riforma, declinato attraverso l'impiego di una condizione negativa, dava adito a dubbi (per vero piut-tosto fondati, stante il tenore letterale della norma) circa la ripartizione dell'onere della prova, non essendo chiaro se, ai fini della proroga, fosse l'autorità ammini-strativa a dover accertare la perdurante capacità del detenuto di mantenere contatti con la consorteria criminale di riferimento ovvero se incombesse all'interessato la dimostrazione del venir meno di tale capacità82.

Ciò tuttavia, v'è da segnalare come in sede giurisprudenziale, tanto la Cas-sazione quanto la Consulta avessero escluso un'inversione dell'onus probandi83,

ri-(79) Per queste ed altre indicazioni v. circolare ministeriale 9 ottobre 2003 n. 3592/6042. (80) In dottrina si è osservato come in assenza di una soglia massima il regime possa essere pro-rogato indefinitamente. Cfr. P. CORVI, Trattamento penitenziario e criminalità organizzata, cit., p. 179 e s.; M. MONTAGNA, op. cit., p. 1289.

(81) M. MARGARITELLI, op. cit., p. 780 evidenzia come nella formulazione dei presupposti legit-timanti la proroga riecheggino le parole della Corte costituzionale (ord. 417/04).

(82) Riporta tale circostanza A. DELLA BELLA, op. cit., p. 447, nt. 18.

(83) Parla di inversione dell'onere della prova Trib. Sorv. Milano, 7 ottobre 2004, in Foro ambr., 2004, p. 514 ove si legge che «il legislatore ha inteso determinare un meccanismo di proroga fon-dato sull'inversione dell'onere della prova. Spetta conseguentemente al detenuto dimostrare con prova positiva di aver stabilmente rescisso i suoi legami con l'associazione criminosa».

manendo intatto «l'obbligo di dare congrua motivazione in ordine agli elementi da cui risulti che il pericolo che il condannato abbia contatti con associazioni crimi-nali o eversive non è venuto meno»84 e spettando all'amministrazione penitenzia-ria il compito di “provare” l'esistenza delle condizioni per la proroga85.

Tale condivisibile orientamento ermeneutico è stato recepito per tabulas dal legislatore del 2009 il quale, declinando in positivo la formulazione del nuovo comma 2-bis, ha inequivocabilmente scongiurato il presagio – talora (in passato) prefigurato da alcuni interpreti86 – di una intollerabile probatio diabolica in capo al detenuto ed ha, invece, delineato un assetto normativo da cui è agevole cogliere come l'onere della prova sia posto a carico dell'amministrazione87: di talché «in-combe al Ministro, prima di disporre la proroga, verificare, con richiesta agli orga-ni investigativi, se risultino modificate le condizioorga-ni rispetto al momento della pri-ma applicazione. Ove, in esito a tali disposti accertamenti, venga comunicato che il quadro di pericolosità persiste immutato, la proroga potrà essere disposta»88.

(84) Così Corte cost., ord. 23 dicembre 2004, n. 417, cit.

(85) In giurisprudenza di legittimità, cfr., ex plurimis, Cass., Sez. I, 26 gennaio 2004, n. 8056, Madonia, in Cass. pen., 2006, p. 660; Cass., Sez. I, 4 aprile 2006, n. 15283, O., in Cass. pen., 2008, p. 4600; Cass., Sez. I, 4 marzo 2004, n. 19894, Di Martino, in Cass. pen., 2005, p. 2092; Cass., Sez. I, 22 dicembre 2004, Marchese, in Cass. pen., 2005, p. 3082. In dottrina, prima della ri-forma del 2009, v. per tutti A. BERNASCONI, op. cit., p. 299, nt. 30.

(86) Cfr. L. FILIPPI, La “novella” penitenziaria, cit., p. 32 secondo cui non è evidentemente pos-sibile offrire la prova di ciò che non sussiste, cioè l'inesistenza di collegamenti con organizzazioni criminali terroristiche o eversive. V anche G. FRIGO, L'eccezione che diventa regola, in Dir. pen.

proc., 2003, p. 415.

(87) In dottrina v. L. CESARIS, sub art. 41-bis ord. penit., 2015, cit., p. 470; C. FIORIO, La

moti-vazione del provvedimento di proroga del regime carcerario differenziato, in G. it., 2014, p. 712;

A. DELLA BELLA, op. cit., p. 453; P. CORVI, Trattamento penitenziario e criminalità organizzata, cit., p. 181. Secondo S. ARDITA, Il regime carcerario differenziato ex art. 41-bis o. p., in B. ROMANO, G. TINEBRA (a cura di), Il diritto penale della criminalità organizzata, Milano, 2013, p. 359 «le disposizioni sulla proroga prevedono non una inversione, ma una “ripartizione” dell'onere della prova. Spetta infatti al ministro della giustizia, in sede di prima applicazione, provare la peri-colosità di un soggetto, il vincolo con una organizzazione criminale e la sua capacità di mantenere collegamenti con l'esterno; mentre ricade sull'interessato l'onere di evidenziare il venire meno di tali collegamenti, sempre che l'Amministrazione penitenziaria non ne abbia già avuto in altro modo conoscenza».

(88) Testualmente F. FIORENTIN, Carcere duro: mano pesante sui colloqui, in Guida dir., 2009, f. 33, p. 74. Nella stessa direzione M. CANEPA, S. MERLO, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2010, p. 216. In giurisprudenza v. in tal senso Cass., Sez. I, 23 settembre 2009, n. 41316, Zagaria, in CED Cass., n. 245048 secondo cui «sussiste a carico dell'Amministrazione l'obbligo di indicare i positivi elementi che fondano il pericolo di collegamenti con l'associazione mafiosa di provenien-za e il dovere, per il Giudice della sorveglianprovenien-za, di valutare, in sede di reclamo, gli indici di perico-losità qualificata prospettati e di motivare sulla sussistenza ed effettiva permanenza delle ragioni che legittimano la sospensione del trattamento senza possibilità di inversioni dell'onere della

pro-Peraltro, prevede l'art. 41-bis ord. penit., che la reiterazione del regime speciale debba avvenire «nelle stesse forme» della prima applicazione: donde la necessità che il Ministro della giustizia segua l'iter procedimentale scandito dal comma 2-bis89, dovendo esperire l'attività istruttoria propedeutica all'acquisizione delle necessarie informative con lo scopo di valutare la permanente gravità e per-sistente attualità delle esigenze di prevenzione, riferite al gruppo criminale orga-nizzato operante all'esterno (criterio di riferimento oggettivo) nonché la perduran-te rilevanza del ruolo del soggetto all'inperduran-terno dell'associazione criminosa (criperduran-terio soggettivo)90. A tal fine, nella prassi, la Direzione Generale dei Detenuti e del Trat-tamento, organo (tra l'altro) deputato alla cura dell'istruttoria diretta all'emissione del decreto, nei sei mesi anteriori alla sua scadenza, richiede le necessarie infor-mazioni alla D.D.A. competente, alla D.N.A. ed agli organi di Polizia ed investi-gativi al fine di ottenere un articolato giudizio su entrambi i profili (oggettivo e soggettivo) sopra evidenziati, da cui dipenderà la proroga del provvedimento di applicazione e la sua “tenuta” rispetto al controllo giurisdizionale91. La bozza di va».

(89) Sul punto cfr. R. DEL COCO, op. cit., p. 208; P. CORVI, Trattamento penitenziario e

crimina-lità organizzata, cit., p. 181; L. CESARIS, sub art. 41-bis ord. penit., 2015, cit., p. 470. In giurispru-denza v. Cass., Sez. II, 22 dicembre 2004, n. 5196, Marchese, in Cass. pen., 2005, p. 3082: «In materia di proroga del regime carcerario differenziato, le condizioni della stessa vanno individuate […] attraverso il riferimento all'identità delle forme […] che richiama le modalità procedimentali dell'esercizio del potere e la necessità del decreto motivato del Ministro della giustizia».

(90) Testualmente Senato della Repubblica. XVII Legislatura. Commissione straordinaria per

la tutela e la promozione dei diritti umani, Rapporto, cit., p. 24 e s. ove si specifica che «il rigore

della norma impone di dare atto nel testo dei decreti di proroga dell'effettuazione – e delle risultan -ze – di una istruttoria il più possibile completa».

(91) In particolare, in ordine alla presenza del presupposto oggettivo relativo alla permanente gravità ed alla persistente attualità delle esigenze di prevenzione occorre verificare: se il gruppo di appartenenza sia attualmente attivo e presente sul territorio, con indicazione dei reati fine (per nu-mero e/o per episodio) riferibili al gruppo medesimo; se in concreto la potenzialità organizzativa del gruppo criminale sia venuta meno, se si sono verificati nuovi elementi da cui desumere una mi-nore operatività dello stesso, anche in riferimento al ruolo ed alla situazione personale del detenu-to. Con riguardo al presupposto soggettivo relativo alla situazione personale del singolo detenuto occorre, invece, accertare: se si siano verificate sopravvenienze da cui desumere un mutamento del ruolo e della posizione del detenuto all'interno dell'organizzazione ed in particolare se lo stesso ab-bia operato condotte che si pongano in conflitto con la sua appartenenza al gruppo in posizione di vertice, ovvero se sia stato abbandonato dall'organizzazione; se il decorso del tempo trascorso in detenzione, unito ad altri fattori, abbia mutato il ruolo e la funzione del soggetto all'interno dell'or-ganizzazione. Si chiedono, poi, le seguenti ulteriori informazioni: i rapporti e le indagini tuttora in atto sul gruppo criminale di riferimento del detenuto, nei limiti consentiti dal segreto investigativo; gli esiti delle indagini patrimoniali sul tenore di vita della sua famiglia e sulle fonti di reddito che possono giustificarlo, al fine di dimostrare l'eventuale finanziamento da parte della cosca di

appar-decreto ministeriale così predisposta viene poi presentata al Guardasigilli per la firma.

Come già si è visto in relazione alla fase applicativa del “carcere duro”, si ripropone qui, in maniera altrettanto preoccupante, il problema dell'esclusione del detenuto da tale sequenza procedimentale poiché la giurisprudenza – anche con ri-ferimento all'iter di proroga – nega l'ostensione al medesimo del materiale infor-mativo e investigativo, nonché l'applicabilità dell'art. 7 l. 241/90, con relativa im-possibilità per l'interessato di partecipare al procedimento92. Le perplessità verso questa impostazione sono peraltro destinate ad infittirsi in considerazione del fatto che gli organi investigativi coinvolti nella fase istruttoria sono portatori di un inte-resse contrapposto a quello del detenuto e potrebbe quindi apparire inverosimile che tali soggetti forniscano dati comprovanti il venir meno delle esigenze di pre-venzione93.

Nondimeno, come precisato in più occasioni tanto dalla giurisprudenza (sia di legittimità che costituzionale) quanto dalla dottrina, l'amministrazione non può ritenersi esonerata dal dover individuare ed indicare nel decreto di proroga gli elementi dai quali è desumibile la persistente capacità del detenuto di allacciare tenenza che costituisce prova dei collegamenti attuali col gruppo criminale; la conduzione da parte di parenti o affini di attività economiche e/o imprenditoriali; se vi siano latitanti della medesima organizzazione; ovvero se l'organizzazione d'appartenenza abbia comunque esponenti che si trovi-no in stato di libertà; ogni altro elemento, anche privo di rilevanza penale e dei requisiti di validità processuale (annotazioni, relazioni di servizio), ma tuttavia idoneo a rivelare i rapporti del detenu-to – anche per il tramite della famiglia – con il gruppo criminale di appartenenza. In questi termini

Senato della Repubblica. XVII Legislatura. Commissione straordinaria per la tutela e la promo-zione dei diritti umani, Rapporto, cit., p. 25 e s.

(92) Sul punto v. Cass., Sez. I, 10 gennaio 2005, n. 2660, in F. it., 2005, f. 2, p. 184: «in relazio-ne alla proroga del decreto ministeriale applicativo del regime di sospensiorelazio-ne delle regole di tratta-mento penitenziario, non comportano nullità né la mancata comunicazione all'interessato dell'av-vio del procedimento amministrativo, né l'omessa ostensione al medesimo del materiale informati-vo e investigatiinformati-vo, né l'assenza di parere del p.m. quando risultino acquisiti i pareri della direzione distrettuale e della direzione nazionale antimafia, dato che le garanzie del contraddittorio e del di -ritto di difesa sono destinate a dispiegarsi compiutamente nel procedimento giurisdizionale che si instaura davanti al tribunale di sorveglianza a seguito della proposizione del reclamo». Cass., Sez. I, 10 gennaio 2005, n. 2658., S., in Cass. pen., 2006, p. 1109; Trib. Sorv. Torino, 19 marzo 2004, in

Giur. merito, 2004, p. 1152: «Il Ministro, nell'adottare il decreto di proroga del regime di cui

al-l'art. 41 bis ord. penit. non è tenuto a depositare le informative sulle quali tale misura si fonda». (93) Trib. Sorv. Napoli, 14 marzo 2003, in Dir. e giust., 2003, f. 18, p. 89 evidenzia come sia im-probabile che gli organi investigativi forniscano elementi da cui risulti che la capacità del detenuto di mantenere contatti con associazioni criminali è venuta meno. In dottrina, perviene alla medesi-ma conclusione C. SASSI, op. cit., p. 148.

rapporti con la consorteria criminale di riferimento94. Si è in particolar modo sot-tolineato come, alla stregua di quanto avviene in sede di prima applicazione, an-che i provvedimenti ministeriali di reiterazione del regime speciale debbano reca-re «una autonoma congrua motivazione in ordine alla permanenza attuale dei peri-coli per l'ordine e la sicurezza che [l'applicazione del 41-bis mira] a prevenire, non potendosi ammettere semplici proroghe immotivate del regime differenziato, né motivazioni apparenti o stereotipe, inidonee a giustificare in termini di attualità le misure disposte»95. Peraltro, autorevole dottrina ha sottolineato come tale obbligo costituisca «un presupposto ineludibile del provvedimento di proroga»96 giacché la motivazione rappresenta il momento di sintesi degli argomenti che sono sottesi al decreto ministeriale, ed il suo articolato dà conto, al soggetto che è sottoposto al (94) P. CORVI, Trattamento penitenziario e criminalità organizzata, cit., p. 182. V. anche L. FILIPPI, Proroga del regime di cui all'art. 41 bis ord. penit. e «giudicato di sorveglianza», in G. it., 2005, p. 1061.

(95) Così Cass., Sez. III, 27 luglio 1999, n. 2698, G.F., in CED Cass., n.214351. Cfr. Corte cost., 5 dicembre 1997, n. 376, cit. secondo cui « ogni provvedimento di proroga delle misure do-vrà recare una autonoma congrua motivazione in ordine alla permanenza attuale dei pericoli per l’ordine e la sicurezza che le misure medesime mirano a prevenire: non possono ammettersi sem-plici proroghe immotivate del regime differenziato, né motivazioni apparenti o stereotipe, inidonee a giustificare in termini di attualità le misure disposte». Nella medesima direzione v. ex plurimis Cass., Sez. I, 26 gennaio 2004, n. 4599, Zara, cit.; Cass., Sez. I, 22 dicembre 1995, Furnari, in

Cass. pen., 1996, p. 1969; Cass., Sez. I, 14 novembre 2003, Mazzitelli, in Cass. pen., 2004, p.

3403; Cass., Sez. I, 19 ottobre 2005, n. 41717, in CED Cass., n. 232889; Cass., Sez. I, 4 marzo 2004, n. 19894, in Dir. e giust., 2004, f. 41, p. 110: «È manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 41 bis, comma 2 bis, l. n. 354/75 (cd. “ordinamento penitenziario”), posta in relazione agli art. 3, 13, 27 e 111 Cost., nella parte in cui prevede la prorogabilità del provvedimento di sospensione delle regole di trattamento adottato dal ministro della giustizia "purché non risulti" che i contatti con le associazioni criminali siano venuti meno, atteso che detta previsione non comporta alcuna inversione, a carico del detenuto, dell'onere di provare l'avvenuta cessazione della sua capacità di mantenere contatti con associazioni criminali, terroristiche o eversive, in quanto anche per i decreti di proroga si richiede un'autonoma e congrua motivazione, sindacabile dal giudice in sede di recla-mo, in ordine all'attuale esistenza del pericolo per l'ordine e la sicurezza derivante dalla persistenza di vincoli con la criminalità organizzata». Inoltre v. Trib. Sorv. Napoli, 28 febbraio 2005, in Giur.

merito, 2006, p. 416. V. tuttavia Cass., Sez. I, 26 gennaio2004, n. 8056, Madonia, cit.: «la

possibi-lità di reiterare il provvedimento applicativo del regime speciale anche solo sulla circostanza che non risulti che la capacità del detenuto di avere contatti con l'esterno sia venuta meno, non vuol dire affatto che la reiterazione può avvenire in maniera automatica e immotivata. Al contrario, ri-mane intatto l'obbligo del giudice di individuare ed evidenziare gli elementi da cui “risulti” che il pericolo che il condannato abbia contatti con associazioni criminali o eversive non è venuto meno. […] Tutt'al più, si potrà ritenere che sussista a carico dell'interessato un onere di allegazione degli elementi di fatto da cui sia possibile dedurre che la capacità di mantenere i collegamenti con l'e-sterno sia venuta meno; ma su tali allegazioni il giudice avrà comunque l'obbligo di esprimere mo-tivatamente il proprio giudizio».

(96) In questi termini si esprime S. ARDITA, La costituzionalità del 41-bis e l'obbligo di

“carcere duro”, della congruità delle ragioni che giustificano la reiterazione dello stesso97.

Ai fini della proroga del regime detentivo speciale, il thema probandum è costituito non dall'attualità di collegamenti tra il detenuto e la compagine mafiosa operante sul territorio (come invece richiesto in sede di prima applicazione) quan-to piutquan-tosquan-to dalla capacità del medesimo di riallacciare quei legami con l'associa-zione criminale che il 41-bis mira ad interdire98. La prima ipotesi, infatti, è stata decisamente respinta dalla dottrina – oltre che a chiare lettere dal legislatore – poi-ché si risolverebbe in un'assurda contraddizione postulando, per la proroga del re-gime speciale, il fallimento di fatto del medesimo, e ciò in quanto l'attualità dei contatti criminosi può darsi soltanto qualora l'istituto non sortisca i suoi effetti99. La soluzione al contrario accolta dal disposto normativo, vale a dire la seconda so-pra citata, se da un lato risulta assai più corretta e verosimile della prima, dall'altro finisce per prospettare a carico del Ministro una valutazione particolarmente com-plessa, sottintendendo una prognosi di pericolosità sociale fondata su un giudizio presuntivo circa la «capacità di mantenere collegamenti», attitudine soggettiva tut-t'altro che “tangibile”.

Cionondimeno, secondo la giurisprudenza di legittimità, «ai fini della pro-roga della sospensione dell'applicazione delle regole di trattamento nei confronti dei soggetti condannati per taluno dei delitti menzionati dall'art. 41 bis, comma se-condo, legge 26 luglio 1975 n. 354, la sussistenza di collegamenti con un'associa-zione criminale, terroristica o eversiva, richiesta dalla norma, non deve essere di-mostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa es-(97) Per questa considerazione v. S. ARDITA, Sulla permanenza dell'interesse ad impugnare, cit., p. 2298.

(98) Sulla differenza tra l'oggetto della prova in sede di prima applicazione ed il thema

proban-dum ai fini della proroga cfr. F. FIORENTIN, Esecuzione penale e misure alternative alla detenzione.

Normativa e giurisprudenza ragionata, Milano, 2013, p. 455; A. BERNASCONI, op. cit., p. 299; P. CORVI, Trattamento penitenziario e criminalità organizzata, cit., p. 180. In giurisprudenza Cass., Sez. I, 7 dicembre 2007, n. 47445, inedita distingue i «meno rigorosi criteri valutativi di cui al comma 2 bis, ult. parte, implicanti la mera capacità (ovvero la potenziale attitudine) del detenuto di mantenere contatti con associazioni criminale» rispetto «ai più rigorosi criteri di cui al comma 2, alla cui stregua occorre l'effettivo accertamento di elementi tali da far ritenere la sussistenza (ov-vero la concreta esistenza ed attualità) di collegamenti con un'associazione criminale».

(99) Sul punto cfr. diffusamente V. GREVI, In tema di presupposti per la proroga del regime

sere ragionevolmente ritenuta probabile sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti»100.

5. Segue. La perdurante capacità di mantenere collegamenti con l'orga-nizzazione criminale

Spirato il termine di efficacia del decreto di prima applicazione (o di pro-roga) del “carcere duro”, il Ministro della giustizia, nel decidere se prorogare (o ri-prorogare) la sospensione delle ordinarie regole del trattamento, può trovarsi di fronte a non meno di tre differenti situazioni. a) Sono emersi nuovi elementi (si pensi, a titolo esemplificativo, a recenti incriminazioni, a tentativi di aggirare il “carcere duro”, ecc.) che dimostrano la perdurante capacità del detenuto di allac-ciare rapporti con il gruppo criminale di riferimento: in questo caso il Guardasigil-li potrà adeguatamente motivare la reiterazione del regime speciale a carico del soggetto in vinculis allegando le sopravvenute circostanze comprovanti l'attuale esigenza di prevenzione nonché, eventualmente, confermando quelle che, a suo tempo, avevano giustificato l'applicazione dell'istituto. b) Sono emersi nuovi ele-menti tali da dimostrare il venir meno della capacità del detenuto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata: il che può avvenire, ad esempio, nel caso in cui il tale soggetto decida di collaborare con la giustizia, venga estromesso (“posato”) dall'associazione mafiosa o simili. È evidente come in questi casi il Mi-nistro non reitererà ulteriormente l'applicazione del “carcere duro” – qualora que-sta non sia già que-stata revocata – essendone venute meno le esigenze. c) Non sono (100) Così Cass., Sez. I, 6 febbraio 2015, n. 18791, C., in CED Cass., n. 263508. Nella stessa direzione Cass., Sez. I, 28 settembre 2005, n. 39760, Emmanuello, in CED Cass., n. 232684; Cass., Sez. I, 29 ottobre 2004, n. 46013, P.G. in proc. Foriglio, in CED Cass., n. 230136. In dottri-na v. S. ARDITA, La costituzionalità del 41-bis e l'obbligo di motivazione della proroga, cit., p. 1562 secondo cui l'applicazione delle misure di prevenzione non deve risentire delle categorie pro-prie del giudizio di cognizione. «L'equazione prova-punizione, ed il doveroso formalismo che ne discende, non appartiene neanche per un po' a questa categoria di procedimenti, che riconoscono la loro ragion d'essere nel binomio pericolo-prevenzione affatto diverso per presupposti di partenza e finalità di applicazione». Cfr. anche V. MACRÌ, op. cit., p. 12: «Come in ogni misura di prevenzio-ne, gli elementi di prova richiesti hanno carattere indiziario, e sono fondati essenzialmente sulla comprovata appartenenza del soggetto ad associazione di tipo mafioso (o terroristico ed eversivo),

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