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Ai fini dell’adozione del sistema monistico nelle realtà di gruppo, occorrerebbe peraltro riconsiderare il limite che tanto il codice civile (art 2399) quanto il Testo

sui controlli intern

8. Ai fini dell’adozione del sistema monistico nelle realtà di gruppo, occorrerebbe peraltro riconsiderare il limite che tanto il codice civile (art 2399) quanto il Testo

Unico della Finanza (art. 148, comma 3) sembrano porre, in termini de iure condito difficilmente superabili, alla assunzione della carica di sindaco della controllante da parte di chi rivesta la carica di amministratore di società controllate, introducendo un’espressa deroga per quei consiglieri che, proprio nella loro veste di non executive

independent directors, vengano a far parte del comitato per il controllo della

gestione. E ciò dovrebbe valere naturalmente anche per l’ipotesi simmetrica, consentendo ai componenti dell’organo di controllo del sistema monistico della

holding di assumere la veste di sindaco nelle controllate.

Al riguardo merita qui di essere richiamata la previsione di cui all’art. 37, comma 1, lett. d), del Regolamento Consob di attuazione concernente la disciplina dei mercati. Tale disposizione, come noto, ravvisa nella costituzione «di un comitato di controllo interno composto da amministratori indipendenti» il presupposto per l’ammissione alla (e il mantenimento della) quotazione delle s.p.a. soggette all’attività di direzione e coordinamento, soggiungendo che, in tale ipotesi, devono essere

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Atti dei seminari celebrativi per i 40 anni dall’istituzione della Consob

Amministrazione e controllo nelle società quotate

interamente composti da amministratori indipendenti, ove istituiti, «anche gli altri comitati raccomandati da codici di comportamento in materia di governo societario promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria». La stessa disposizione ha cura di precisare la nozione di amministratore indipendente, ai fini delle previsioni in esame, richiedendo il «possesso dei requisiti di indipendenza previsti dall’articolo 148, comma 3, del Testo unico e degli eventuali ulteriori requisiti individuati nelle procedure previste dall’articolo 4 del regolamento adottato con delibera n. 17221 del 12 marzo 2010 in materia di operazioni con parti correlate o previsti da normative di settore eventualmente applicabili in ragione dell’attività svolta dalla società», nonché degli ulteriori requisiti di indipendenza previsti dal «codice di comportamento promosso da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria», al quale la società dichiari di aderire, ai sensi dell’art. 123-bis, comma 2, TUF. La norma precisa altresì – ed è questo il punto che si intende qui sottolineare – che comunque «non possono essere qualificati

amministratori indipendenti coloro che ricoprono la carica di amministratore nella società o nell’ente che esercita attività di direzione e coordinamento o nelle società quotate controllate da tale società o ente».

Ora, tale disposizione, se trasposta meccanicamente al modello monistico, sembrerebbe impedire, almeno ad una prima lettura, la partecipazione di uno stesso amministratore al comitato per il controllo sulla gestione di più società del medesimo gruppo; e ciò a differenza di quanto avviene per i sindaci, rispetto ai quali non soltanto non è dato constatare alcuna preclusione, ma è anzi sollecitata, come ricordato, la compresenza dei medesimi componenti negli organi di controllo di più società del gruppo. Il condizionale è tuttavia d’obbligo, potendosi fondatamente prospettare una diversa soluzione interpretativa che distingua la peculiare posizione dei componenti degli organi di controllo in tutti i sistemi di amministrazione e controllo, e dunque anche degli amministratori indipendenti e non esecutivi membri del comitato per il controllo sulla gestione, con riferimento ai quali l’incompatibilità andrebbe selettivamente riferita alla partecipazione come «normali» consiglieri di amministrazione o di gestione (anche non esecutivi) nella società holding o in altre società da questa controllate; mentre l’assunzione della carica di componente del comitato per il controllo sulla gestione, al pari di quella di sindaco e di consigliere di sorveglianza, non determinerebbe profili d’incompatibilità.

In questo quadro la citata norma regolamentare verrebbe a rivestire – per il profilo in esame, come per gli ulteriori requisiti di composizione ivi previsti in ordine all’organo di amministrazione e ai suoi comitati – una portata del tutto eccezionale, in quanto tale riferibile unicamente alla peculiare ipotesi delle società quotate sottoposte ad attività di direzione e coordinamento; in tal modo offrendo un importante argomento a contrario a sostegno della tesi che riconosce la piena legittimità della nomina di uno stesso soggetto ad amministratore indipendente tanto nella controllante quanto nella controllata ogni qualvolta quest’ultima non sia una società quotata soggetta a direzione e coordinamento.

Ed è quest’ultima l’interpretazione accolta anche dalla Consob in una importante Comunicazione, relativa ad un quesito sulla definizione di amministratore

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Amministrazione e controllo nelle società quotate

indipendente, nella quale si afferma che, «alla luce della ratio della disciplina», mentre non potrebbe «essere qualificato come amministratore indipendente della quotata colui che ricopra la carica di amministratore esecutivo in una delle società del gruppo» (sia tratti di controllante, di controllate o di società soggette a comune controllo), «al contrario, non comprometterebbe l’indipendenza la circostanza che l’amministratore indipendente della quotata svolga il ruolo di amministratore indipendente in altre società del gruppo»; sulla base di tali premesse, l’autorità di vigilanza perviene linearmente alla conclusione che «la definizione di amministratore indipendente prevista dal combinato disposto degli articoli 147-ter, comma 4, e 148, comma 3, del TUF, consent[e] la nomina di un amministratore indipendente di una quotata come amministratore indipendente in una o più controllate della quotata senza che ciò determini di per sé la perdita dell’indipendenza», purché la pluralità di incarichi non sia tale da configurare quei «rapporti di natura patrimoniale» con la società o le società del gruppo «che ne compromettano l’indipendenza», previsti dal medesimo art. 148, comma 3, TUF (Comunicazione Consob n. DEM/10046789 del 20 maggio 2010).

Lungo questa linea evolutiva si potrebbe andare oltre, giungendo a rico- noscere la compatibilità tra amministratori indipendenti componenti del comitato per il controllo sulla gestione e sindaci o consiglieri di sorveglianza di società del medesimo gruppo. Se tale passaggio sembra presupporre un intervento normativo, va ancora posto in risalto che già oggi le norme del Regolamento Emittenti dedicate agli «organi di amministrazione e controllo» equiparano i componenti del comitato per il controllo sulla gestione ai sindaci in relazione alla disciplina del cumulo degli incarichi dei componenti degli organi di controllo: in tal senso si esprime in particolare l’art. 144-duodecies, comma 1, lett. a), Regolamento Emittenti, ai sensi del quale per componente dell’organo di controllo s’intende, nel sistema monistico, «il componente (…) del comitato di controllo sulla gestione». Dall’equiparazione discende il corollario che l’assunzione della carica di componente del comitato per il controllo sulla gestione è preclusa a chi ricopra la medesima carica – ovvero quella di sindaco o consigliere di sorveglianza – in cinque emittenti; mentre lo stesso componente non può assumere altri incarichi di amministrazione e di controllo in società di capitali oltre le soglie massime determinate dal modello di calcolo contemplato dallo stesso Regolamento (art. 144-terdecies).

9.

Nell’auspicata prospettiva sin qui delineata si potrebbe valutare sin d’ora in

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