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Una „agiografia di rivendicazione‟: il dossier di san Siro e sant‟Ivenzio

4. Pavia La „capitale punita'

4.4. Una „agiografia di rivendicazione‟: il dossier di san Siro e sant‟Ivenzio

Il riepilogo della storia politica e culturale della città di Pavia nei secoli VIII e IX è particolarmente necessario nel caso presente per la corretta valutazione dei testi agiografici dedicati al protovescovo ticinese, Siro. La Vita sanctorum Syri et Iventii è stata infatti alternativamente

313 Informazioni sulla successione dei vescovi pavesi possono essere estratte dalla Cronica de corporibus sanctis

civitatis ticinensis (RIS2 XI, vol. 1, Città di Castello, 1903, pp. 55-57), che fu redatta al principio del XIII secolo, e da Opicino de Canistris (cfr. De laudibus civitatis ticinensis, RIS2 XI, vol. 1, pp. 1-54).

314 Cfr. A.M.ORSELLI, La città medievale cit., p. 255, n. 7. Meno probabile è la ricostruzione di Maria Pia Billanovich che riconoscerebbe nel vescovo Donum Dei l‘ultimo presule longobardo, Teodoro, morto proprio in concomitanza con l‘assedio franco alla città nel 773-774 (cfr. M.P.BILLANOVICH, San Siro: falsificazioni, mito, storia, «Italia Medioevale e Umanistica» 29 (1986), pp. 1-54.

315 Per la concessione del monastero «della Regina» vd. Codice diplomatico parmense, I, Secolo VIII, U.BENASSI (a cura di), Parma, 1919, doc. 10. Per Santa Maria Teodote vd. CDL, ed. G.PORRO LAMBERTENGHI,n. 192, n. 253 (cfr. A.A.SETTIA, Pavia carolingia cit., p. 80).

316 Il diploma di Lotario e Ludovico II è perduto, ma non sembra esserci ragione di dubitare della sua attendibilità (cfr. A.A.SETTIA, Pavia carolingia cit., p. 80 e n. 73).

datata alla prima età carolingia (fine VIII-IX secolo),317 così come al pieno periodo longobardo (VII – VIII ante 774):318 la mancanza di precisi riferimenti al contesto nel quale l‘agiografo procedette alla compilazione del racconto rende, infatti, estremamente difficile la collocazione del testo in una forchetta temporale circoscritta. La convergenza nella Vita di tradizioni diverse, milanese ed aquileiese, possono tuttavia fornire degli indizi preziosi per formulare un‘ipotesi di datazione. Una presentazione preliminare della trama del racconto agiografico in questione è dunque fondamentale per distinguere ed analizzare i nuclei portatori di senso che strutturano il testo.

Le origini della sede episcopale pavese sono oscure: la tendenza generale è quella di ricondurre alla metà del IV secolo l'insediamento di un vescovo sottoposto all'autorità metropolitana milanese. Tempo dopo a Pavia si sentì tuttavia il bisogno di retrodatare decisamente la genesi della Chiesa locale.319 Nella compilazione agiografica a lui dedicata, il protovescovo Siro, primo organizzatore dell'ecclesia pavese, agisce in contemporaneità con alcuni dei più prestigiosi martiri dell'antichità, Gervasio, Protasio, Nazario e Celso. Condannati a morte durante l'impero di Nerone e per mano del

comes Anolino, la loro memoria fu destinata all'oblio fino al IV secolo, quando le loro spoglie

mortali furono protagoniste delle spettacolari invenzioni di sant'Ambrogio. L'esplosione del culto dedicato alle due coppie di martiri interessò non solo le diocesi suffraganee della metropoli ambrosiana, ma si estese precocemente a tutto l'Occidente latino. La collocazione cronologica delle vicende relative all'insediamento di Siro a Pavia è chiarita anche da un'altra informazione essenziale: il protovescovo ticinese fu auditor et minister di Ermagora, a sua volta allievo dell'evangelista Marco. Quest'ultimo, giunto a Roma insieme all'apostolo Pietro, auditor et interpres dell'insegnamento petrino, avrebbe compilato nella capitale imperiale il suo evangelium prima di lasciare l'Urbe per raggiungere Alessandria.

317 Il primo a circoscrivere la compilazione agiografica alla prima età carolingia fu Fedele Savio : questa datazione è stata successivamente riproposta dallo studioso tedesco Erwin Hoff, da Jean-Charles Picard, Alba Maria Orselli, Paolo Tomea, Vittorio Lanzoni e Piero Majocchi, (cfr. F.SAVIO, La leggenda di san Siro primo vescovo di Pavia, «Giornale Ligustico» 19 (1892), pp. 8-23; ID., Gli antichi vescovi d‟Italia. La Lombardia, II.2, Bergamo, 1932, pp. 321-326 ; E. HOFF, Pavia und seine Bischöfe im Mittelalter. I. Epoche: Età imperiale. Von dem Anfängendes Bistums bis 1100, Pavia, 1943, pp. 37, 71 ; J.-CH. PICARD, Le souvenir des évêques cit., pp. 645-647; A. M. ORSELLI, La Città

altomedievale e il suo santo patrono. Ancora una volta il Campione Pavese, in EADEM, L‟immaginario religioso della città medievale, pp. 309-310; P. TOMEA, Tradizione apostolica cit., pp. 534-537, 547-549 ; V. LANZANI, La Chiesa pavese cit., pp. 465-466; P.MAJOCCHI, Pavia città regia cit., pp. 42-44).

318 Cesare Prelini, il primo a pubblicare la Vita Syri, suggeriva una datazione del testo al VII secolo, mentre Francesco Lanzoni optava per l‘VIII. Questa posizione fu condivisa successivamente dallo studioso dei Longobardi, Gian Paolo Bognetti, e dal recente editore del testo agiografico, Nicholas Everett (cfr. C. PRELINI, San Siro primo vescovo e patrono della città e diocesi di Pavia. Studio storico critico, voll. 2, Pavia, 1890; F.LANZONI, Le diocesi cit., p. 985; G. P. BOGNETTI, Le origini della consacrazione del vescovo di Pavia da parte del pontefice romano e la fine

dell‟arianesimo presso i Longobardi, in Atti e memorie del IV Congresso storico lombardo, Milano, 1940, pp. 91-157;

N.EVERETT, The earliest recension cit., pp. 860-872).

319 L'edizione di riferimento della Vita sanctorum Syri et Iventii è pubblicata in N.EVERETT, The earliest recension cit., pp. 920-942.

Il riferimento a Ermagora e ai martiri milanesi radica saldamente la vita di Siro nel periodo apostolico, la cui principale caratteristica consisteva nella vocazione per l‘evangelizzazione e la fondazione di nuove ecclesiae cristiane. Le informazioni legate alla divisio apostolorum, alla missione marciana e alla relazione tra l'evangelizzatore di Aquileia e Siro sono concentrate nell'introduzione alla narrazione degli eventi che vedono protagonista il protovescovo pavese. È proprio Ermagora a dirigere Siro, insieme ad Ivenzio, verso la città di Pavia affinché vi predicasse la parola divina. Dopo una prima sosta a Verona, durante la quale il santo si esibisce in un miracolo cristomimetico (la resurrezione del figlio morto di una nobile donna), il vir domini raggiunge la città di Pavia: la sua fama lo precede e il popolo ticinese lo riceve fuori dalla città e si pone spontaneamente sotto la sua guida spirituale. In occasione del suo ingresso a Pavia, Siro profetizza il felice destino della città e la triste sorte di Aquileia condannata alla distruzione per mano pagana.

La sua predicazione a Pavia coincide con la persecuzione lanciata a Milano contro i cristiani dal

comes Anolino: Gervasio e Protasio sono condannati al carcere, mentre Nazario catturato si salva

miracolosamente dall‘annegamento. Rientrato nella città imperiale, quest‘ultimo viene ucciso insieme al giovane Celso per ordine di Nerone (54-†68). Informato degli eventi, Siro invia il suo compagno Ivenzio a Milano affinché conforti la comunità cristiana perseguitata, dia sepoltura ai corpi dei due martiri e collochi sulla loro tomba un epitaffio che rechi incise le loro gesta. Allo stesso modo è prevista la redazione di un libellum da porre nel luogo di sepoltura dei corpi di Gervasio e Protasio, una volta che essi abbiano subito il martirio. Siro profetizza dunque l‘invenzione delle reliquie dei santi quia praedestinatum est a deo viris fidelibus qui tempore

opportuno credituri sunt ob confirmandas mentes eorum sanctorum corpora revelari et honoribus atque virtutibus praefulgere.320

Giunto a Milano, Ivenzio è informato dell‘avvenuta sepoltura dei corpi di Nazario e Celso: al santo non rimane che pregare la comunità cristiana milanese di conservare, una volta che questi abbiano subito il martirio, delle particelle dei vestiti o dei corpi di Gervasio e Protasio per fargliene dono. Ivenzio riesce così a procurarsi il prezioso sangue di Nazario, raccolto in un lenzuolo di lino nel quale era stata avvolta la testa del martire. L‘ingresso della reliquia nella città di Pavia è marcato dalla performance di diversi miracoli: la comunità ticinese non può che esserne confermata nella propria fede cristiana. È intanto giunta l‘ora del martirio di Gervasio e Protasio: su domanda di Siro, una piccola porzione delle loro spoglie è amichevolmente donata al ticinensis urbis pater et doctor. La presenza a Pavia delle reliquie dei due santi milanesi si traduce ancora una volta nelle frequenti manifestazioni della virtus divina al punto che il protovescovo pavese concepisce il progetto di

edificare, appena fuori dalle mura cittadine, una basilica, primum caelestis regis vexillum, dedicata alla memoria di Gervasio e Protasio.

Proprio durante la celebrazione della messa sull‘altare intitolato ai due martiri milanesi ha luogo il miracolo più peculiare della narrazione agiografica: un ebreo, maligno instigante spiritu, si presenta per ricevere l‘eucarestia con l‘intenzione di sputarla in un letamaio. La vendetta divina non si fa attendere e la mandibola del dissacratore è colpita da paralisi: mosso a compassione dalla sofferenza dell‘ebreo, Siro estrae l‘ostia intatta dalla sua bocca. Al miracolo non può che seguire la conversione e il battesimo del giudeo. Un altro miracolo di punizione si abbatte contro un superbo, concludendosi con l‘atto di contrizione dell‘uomo e la consecutiva integrazione nella comunità cristiana nel ruolo di ministro del servizio divino.

Il protovescovo ticinese procede quindi all‘organizzazione degli ordini della Chiesa locale: Ivenzio e Pompeo sono nominati diaconi, mentre Crisanto e Fortunato sono designati presbyteri. L‘attività di Siro si dirige quindi oltre le mura della città di Pavia: il santo predica per vicos ac villas esibendosi in miracoli di guarigione e battezzando i neoconvertiti.

La pressoché totale conversione alla fede cristiana della comunità pavese salva la città dalla persecuzione pagana: Siro è solo minacciato di essere denunciato all‘imperatore per le conversioni operate e per l‘esercizio di quella magica ars che spinge gli increduli ad avere fede in Cristo. La risposta del santo vescovo si articola in una lunga professione di fede che insiste sulla vacuità degli idoli e la potenza salvifica di Dio creatore e di Cristo, verus homo e verus deus. Convinti dalla perorazione di Siro, i minacciosi pagani si convertono e domandano al santo di amministrare loro il battesimo e di integrarli all‘ecclesia.

La predicazione del protovescovo pavese si dirige nuovamente verso le città vicine: a Brescia, Siro è protagonista di un miracoloso esorcismo che lo vede trionfare nella disputa con il demone abitante nel corpo del puerulus Eustasio, mentre a Lodi la virtus divina operante per mano del santo rende la vista ad un cieco. Di ritorno a Pavia, Siro predice ad Ivenzio che egli sarà il terzo vescovo della città e alla veneranda età di 112 anni viene infine richiamato al Creatore. Il suo corpo è sepolto nella basilica dedicata ai santi Gervasio e Protasio.

Al breve episcopato di Pompeo, succede, come predetto, Ivenzio. Il santo, credendosi indegno di un tale compito, lascia di nascosto Ticinum per recarsi a Lodi: è qui ritrovato dal popolo pavese e riportato con la forza a Pavia. La sua figura si contraddistingue per alcuni tratti ascetici (frequenti digiuni e veglie) e per la speciale protezione accordata a vedove e bambini. Proprio una vedova è protetta dal santo contro il suo creditore-usuriere che pretendeva il rimborso di una somma doppia rispetto al prestito elargito. La virtus del santo agisce anche sugli elementi naturali e, grazie ad

un‘invocazione di Ivenzio alle acque del Ticino, un esattore scampato all‘annegamento riesce a recuperare i proventi del fisco inabissatisi nel fiume. La missione evangelizzatrice di Ivenzio lo porta, dunque, a Milano, dove il vescovo pavese si impone sulla folla minacciosa grazie al miracoloso intervento della grandine: atterrita e confusa dalla furia degli elementi provocata da Ivenzio, la turba chiede grazia al santo e si converte. Il vescovo procede dunque al battesimo ed organizza la comunità milanese secondo gli ordini ecclesiastici (clerum et sacerdotium ordinans). Ivenzio rientra, infine, a Pavia e il suo ingresso in città è occasione per la manifestazione delle sue capacità taumaturgiche: la semplice imposizione del signum crucis guarisce una donna affetta da paralisi. L‘agiografo fornisce, dunque, un‘indicazione cronologica dichiarando che in quel tempo l‘imperatore Vespasiano aveva incaricato Porfirio, prefetto della città di Roma, di inserire in una lista tutti i cristiani che incontrava per sottoporli a giudizio. Giunto a Pavia, Porfirio si appresta ad entrare armata manu nella basilica di San Nazario, dove Ivenzio sta celebrando la messa. Le minacciose intenzioni del prefetto e dei suoi accompagnatori sono immediatamente vanificate dall‘intervento divino: il demonio impadronitosi di Porfirio crea una sanguinosa rissa all‘entrata della basilica impedendo l‘ingresso ai persecutori. Terminata la messa e testimone dell‘accaduto, il santo si raccoglie in preghiera, circondato dal populum dei, per implorare il perdono della stultitia del prefetto e dei suoi compagni. Ancora una volta la virtus divina si manifesta tramite la furia degli elementi naturali: un terremoto e l‘apparizione di fiamme nel cielo accompagnano l‘esaudimento dell‘orazione. Tornati in sé, i persecutori si convertono al Dio dei cristiani e Porfirio promette di abbandonare la religione pagana così come di non adempiere gli ordini imperiali. I persecutori sono battezzati e una nuova messa è celebrata dal santo al cospetto dei neoconvertiti. Il giorno successivo Porfirio è richiamato al Signore, mentre gli altri tornano alle proprie abitazioni. Torna, per la seconda volta nel testo, il paragone con il profeta biblico Eliseo, discepolo di Elia così come Ivenzio lo era stato di Siro. L‘agiografo ricorda nuovamente il ruolo avuto dal vescovo pavese nell‘organizzazione per ordini dell‘ecclesia milanese, comunità che restò sottoposta alla autorità e alla cura pastorale di Ivenzio che a Milano si recava con frequenza. Nella basilica extramuranea edificata in onore di Nazario, ha luogo l‘ultimo miracolo narrato dalla Vita Iventii. Qui il santo soleva ritirarsi in solitudine a vegliare e pregare: proprio durante una notte di veglia la miracolosa apparizione di Siro, accompagnato dai quattro martiri milanesi, svela la prossima morte di Ivenzio. Accomiatatosi dalla sua plebs, il santo accede alla patria celeste dopo trentanove anni di episcopato. Le sue spoglie sono collocate nella basilica da lui fondata in un altare prossimo alle reliquie di Nazario.

4.4.1. La tradizione manoscritta

Nicholas Everett, nella sua recente edizione della Vita sanctorum Syri et Iventii, ha dedicato un‘importante appendice del suo saggio pubblicato in «Studi Medievali» alla presentazione dei codici ai quali è affidata la tradizione manoscritta del testo agiografico pavese.321 Allo stadio attuale delle conoscenze si tratta di 39 testimoni, dei quali due assai antichi risalenti al IX-X secolo. Il primo codice, il Vat. Lat. 5771, è stato scelto dallo studioso quale codex optimus per l‘edizione dell‘agiografia pavese, comunque indicando in apparato le varianti attestate in altri manoscritti. Tuttavia non tutti i testimoni sono stati collazionati: tra i codici non consultati spicca il secondo testimone per antichità della Vita sancti Syri, il codex sangallese Stiftsbibliothek 566 assemblato alla fine del IX o inizio del X secolo, particolarmente importante per la tradizione manoscritta di alcune agiografie della regione della Venetia et Histria, la Passio et Translatio sanctorum Firmi et

Rustici e la Passio sancti Vigilii episcopi Tridentini.

La scelta di Everett del codice vaticano come base dell‘edizione è giustificata non solo dall‘antichità del testimone in questione, ma anche dalla contiguità nello spazio tra il centro in cui il manoscritto fu allestito e la città di Pavia. Il Vat. Lat. 5771 fu vergato a Bobbio, nel monastero fondato dall‘irlandese Colombano intorno al 612. Il cenobio intrattenne, fin dagli esordi, una stretta relazione con la monarchia longobarda e la capitale del regno, Pavia. La prossimità geografica, culturale e politica tra i due centri rendeva la fondazione monastica un destinatario particolarmente interessato a testi agiografici che avevano per protagonisti i santi fondatori della Chiesa pavese. Monastero regio sotto i Longobardi, Bobbio godette del favore dei nuovi dominatori: al cenobio è diretto il primo diploma italico di immunità di Carlo Magno e, decenni dopo, fu una delle personalità eminenti del mondo carolingio, Wala, ad essere insignita della carica abbaziale negli anni trenta del IX secolo.322 Nello scriptorium di Bobbio, insieme a Verona principale centro scrittorio dell‘Italia settentrionale, fu allestito nella seconda metà del IX secolo, o al più tardi al principio del X secolo, un passionario ordinato secondo il calendario liturgico che si apre con le passioni degli Apostoli.323 La raccolta di testi, nella struttura e contenuto testimoniati dal Vat. Lat. 5771, è certamente successiva all'VIII secolo: tra le agiografie riunite nel passionario si trovano,

321 N.EVERETT, The earliest recension cit., pp. 914-920. 322 MGH Dipl. Kar., I, n. 80, pp. 114-115.

323 Vd. A.PONCELET, Catalogus Codicum Hagiographicorum Latinorum Bibliothecae Vaticanae, Bruxelles, 1910, pp. 140-149 [Subsidia Hagiographica, 11].

infatti, la Vita Gregorii papae interpolata di Paolo Diacono (BHL 3640) e l'Inventio corporis sancti

Antonini (BHL 580) entrambe datate alla fine del IX secolo.324

Nel passionario bobbiese la Vita sanctorum Syri atque Iventii è vergata sui fogli 232r-237v della terza sezione del codice che segue al passionarium apostolorum (ff. 1-48r) e al passionarium per

circulum anni (ff. 48r-228v). Il testo agiografico ticinese si trova, dunque, nella parte del codice

vaticano che riunisce testi eterogenei dedicati a martiri e confessori, alcuni dei quali recenti, e non ordinati secondo il calendario liturgico.325 L'anniversario della morte del santo è fissato al 9 dicembre: nello stesso giorno venivano, così, lette le due Vitae di Siro e Ivenzio malgrado il terzo vescovo pavese godesse di un proprio peculiare dies natalis, l'8 febbraio.

Nel manoscritto sangallese Stiftsbibliothek 566, l'indice dei testi contenuti nel codice, posto in apertura, colloca erroneamente l'anniversario di Siro al 12 settembre. La data coincide, e probabilmente non è un caso, con l'indicazione fornita da Floro nel suo Martyrologium:

II Idus Septembris

Apud urbem Ticinum, quae et Papiae dicitur, sanctorum confessorum Syri et Iventii qui a beato Hermagora Aquileiensi pontifice, discipulo sancti Marci evangelistae, ad praefatam urbem directi, primi illic evangelium praedicantes et magnis virtutibus ac miraculis coruscantes, etiam vicinas urbes, Veronensem scilicet et Brixenam et Laudensem divinis operibus illustrarunt. Sicque in pontificali honore fundata et confirmata fide credentium populorum glorioso fine quieverunt in pace.326

La prima redazione del martirologio di Floro, nella quale furono menzionati Siro e Ivenzio, deve essere ricondotta agli anni trenta del IX secolo: è questa la prova più precisa per l'individuazione di un termine ante quem per il testo. L'errore commesso da Floro nell'indicazione del dies natalis di Siro, rivela l'ovvia estraneità del diacono lionese nei confronti della tradizione liturgica pavese: contrariamente alla Vita Iventii – nella quale era indicata la data d'anniversario del santo –, il testo dedicato al protovescovo di Pavia non forniva alcuna indicazione sul giorno della migratio ad

Dominum di Siro. Floro fu costretto, così, a rivolgersi alla massima autorità nel campo, il Martyrologium Hieronymianum che al 12 settembre ricordava:

324 Sui due testi in questione vd. L.CASTALDI, Nuovi testimoni della Vita Gregorii di Paolo Diacono (BHL 3639), in

Paolo Diacono. Uno scrittore tra tradizione longobarda cit., pp. 75-126, in particolare vedi pp. 75-77; L.CANETTI, Gloriosa civitas. Culto dei santi e società cittadina a Piacenza nel Medioevo, Bologna, 1993, pp. 45-49.

325 Cfr. P.CHIESA, Le Versioni latine della «Passio sanctae Febroniae» cit., pp. 48-49. 326 FLORUS DIACONUS LUGDUNENSIS,Martyrologium, ed. J.DUBOIS e G.RENAUD, p. 167.

In Pamphilia natale Siri. In Sicilia civitate Catena Eupli et Serapionis episcopi. Romae natale

sanctorum Proti Sanctini Ippoliti. Nicomedia Ammoni. In Asia Diofili Matronae Teclae virginis Heracli. Et alibi Eusebi episcopi. Lugduno beati Sacerdotis episcopi. Agustiduno civitate

Evanti episcopi.327

In uno stesso giorno Floro trovava menzionato un Siro martire e un episcopus Evantus, il cui nome dovette ricordargli quello del vescovo Ivenzio. È possibile che il chierico lionese avesse fra le mani solo la Vita sancti Syri, dunque BHL 7976, senza la sua appendice dedicata ad Ivenzio (BHL 4619). Questo spiegherebbe, in effetti, l'omissione della data dell'8 febbraio per l'anniversario di Ivenzio, sebbene Floro indichi chiaramente ―glorioso fine quieverunt in pace‖, utilizzando un plurale che lascerebbe supporre la conoscenza di entrambi i racconti agiografici. È pur vero che la personalità di Siro soverchia largamente quella di Ivenzio: probabilmente il giorno di commemorazione del protovescovo tendeva ad inglobare, e ciò pressoché in modo costante nei codici allestiti lontano da Pavia, anche l'anniversario del suo terzo successore.

Interessante è l'analoga attribuzione al 12 settembre, attestata nel codice di San Gallo e nel martirologio di Floro: purtroppo non è dato sapere se essa sia da considerare una conseguenza dell'affermazione della compilazione agiografica del diacono lionese o sia semplicemente da imputare ad un identico, ma autonomo, procedimento di individuazione del dies natalis tramite il ricorso al Martyrologium Hieronymianum. Ciò che è possibile affermare si riduce ad una banale constatazione: la Vita sanctorum Syri et Iventii non giunse nelle mani di Floro, e in quelle del