3. Sulle orme del modello milanese: il caso di Brescia carolingia
3.4. Strategie episcopali di emulazione a Brescia nel IX secolo
La presentazione dei testi agiografici redatti a Brescia nell‘alto medioevo permette di sottolineare, in chiusura di capitolo, alcuni aspetti indubbiamente peculiari della produzione letteraria del primo periodo carolingio, sui quali si tornerà ulteriormente nei seguenti capitoli. Il tratto più peculiare delle strategie agiografiche del primo secolo di storia carolingia è la scelta della continuità: i santi sui quali i vescovi bresciani decisero di scommettere nel IX secolo sono tutte figure già appartenenti alla memoria cultuale locale. Particolarmente i martiri Faustino e Giovita ed il ‗vescovo delle origini‘ Filastrio furono protagonisti di un‘intensa campagna di valorizzazione: ai primi furono dedicate una basilica ed una fondazione monastica destinate ad assumere una posizione di eminenza tra le istituzioni ecclesiastiche bresciane, mentre la figura di Filastrio veniva strettamente associata alla cattedra episcopale locale presso la quale le reliquie del santo furono tumulate in seguito alla traslazione dell‘838. Entrambe le scelte riposavano sull‘esistenza di una preesistente documentazione: nel caso di Faustino e Giovita il rilancio del culto si innestava sulle attestazioni tardoantiche e sul programma agiografico intrapreso in età longobarda, mentre la valorizzazione del culto di Filastrio affondava le sue radici nella celebrazione del santo ad opera di Gaudenzio.
Il caso di Brescia si allinea sui profili tenuti dalle altre città del regnum Italiae. La scelta di una coppia martiriale e di un vescovo ben evidenzia le strategie agiografiche messe in atto nel primo secolo della dominazione carolingia: i maggiori centri episcopali italici decisero di investire in quegli anni nella valorizzazione del culto di un santo che potesse essere proposto come il degno simbolo della cattedra episcopale locale. Il rappresentante ideale fu identificato nel martire e nel
vescovo della prima era cristiana, figure che in alcuni casi si trovarono riunite nella stessa persona. La produzione agiografica di Brescia ben si allinea su tali programmi agiografici: il rimaneggiamento della leggenda dei martiri Faustino e Giovita in due differenti versioni abbreviate, redatte tra la seconda metà dell‘VIII secolo e la fine del IX, è il risultato evidente degli stimoli provocati dalle strategie messe in atto dai vertici ecclesiastici bresciani. In modo analogo, la decisione di affidare alla parola scritta la memoria degli eventi relativi al trasferimento delle reliquie di Filastrio è la coerente espressione della politica intrapresa dal più carismatico vescovo bresciano di età carolingia per la valorizzazione e la legittimazione della propria sede episcopale.
Le strategie messe in atto da Ramperto riproposero a Brescia le stesse iniziative promosse a Milano dai detentori della cattedra ambrosiana: la relazione che legò il presule bresciano ad Angilberto II fu indubbiamente un importante motivo di ispirazione e le azioni di Ramperto sembrano ripercorrere passo per passo quanto era già stato portato a termine a Milano. La vita religiosa cittadina fu, così, riorganizzata intorno a due poli complementari e fondamentali. Ai suoi anni di episcopato deve essere, infatti, ricondotta l‘emergenza della chiesa cattedrale che si affermò come il cuore pulsante della città carolingia: sulla scia delle iniziative promosse oltralpe, anche a Brescia, fu imposta la vita comune dei canonici che dovevano assicurare il corretto funzionamento della principale chiesa cittadina. La stessa liturgia offriva, poi, la possibilità di sottolineare la posizione di eminenza della cattedrale attraverso il ricorso ad un‘azione specifica, la traslazione. Il secondo polo religioso, strettamente connesso al primo e ad esso sottoposto, è il monastero cittadino: la fondazione di San Faustino Maggiore, cenobio posto sotto il controllo episcopale, fu certamente ispirata dal modello ambrosiano. Pochi decenni prima a Milano erano state portate a termine le stesse iniziative: la valorizzazione della cattedrale di Santa Maria Maggiore, intrapresa da Angilberto I e portata a termine dal suo omonimo successore, e il successo del monastero di Sant‘Ambrogio, soggetto alla giurisdizione dell‘arcivescovo, costituiscono due innegabili suggestioni tradite dalle iniziative di Ramperto. L‘impegno per la riforma monastica rientra anch‘esso tra le scelte debitrici della politica religiosa portata avanti a Milano da Angilberto II.
Il riferimento al modello ambrosiano è apparentemente ovvio: Brescia era una diocesi suffraganea di Milano e le strategie adottate presso la sede metropolitana dovevano avere un‘indubbia ripercussione nei centri episcopali compresi nella sua giurisdizione. A questa considerazione si aggiunge la valutazione del successo della politica ecclesiastica promossa dagli arcivescovi milanesi del primo secolo carolingio. L‘affermazione della città ambrosiana e i proficui rapporti che essa seppe intessere con i vertici dell‘impero costituivano la prova del raggiungimento di quegli stessi obiettivi ai quali le maggiori città del regno italico aspiravano: nella consapevolezza
del successo milanese, la scelta di Ramperto di adeguarsi a tale modello non ha niente di sorprendente. L‘appropriazione delle linee guida del programma ecclesiastico dei metropoliti ambrosiani si coniugò, a Brescia, con una chiara politica di legittimazione della sede episcopale locale che Ramperto sperava di poter portare su un piano di pari prestigio rispetto alla cattedra milanese.
La produzione agiografica si adatta perfettamente alle linee guida della storia politico- ecclesiastica bresciana. Nel caso di Brescia la frattura tra periodo longobardo ed età carolingia è particolarmente evanescente e il vero momento periodizzante può essere, invece, identificato con la salita al trono degli ultimi sovrani longobardi, Desiderio ed Ansa. Ai loro anni di regno possono, infatti, essere ricondotte le prime operazioni volte alla valorizzazione della vita religiosa locale le cui coerenti conseguenze furono sviluppate nel primo periodo carolingio.