5. Venetia et Histria.L‟agiografia come materiale sussidiario alla risoluzione della lite per il patriarcato tra Aquileia e Grado
5.6. La reazione veneziano-gradese
Al destino di Grado era legato indissolubilmente quello dell‘emergente ducato di Venezia e la fiorente città lagunare non poteva accettare il drastico ridimensionamento del patriarcato gradese deciso a Mantova. L‘inizio del IX secolo vedeva un sempre più accentuato accentramento della popolazione nell‘area di Rialto: proprio ai primi decenni del secolo può essere infatti ricondotta la costruzione del palatium Rivoalti e l‘organizzazione di una cancelleria che poté infine dar voce al ducato veneziano, muto fino ad allora per lo studioso di oggi.496 Grado, nella quale erano già stati
493 Concilium Mantuanum, MGH Concilia Aevi Karolini, II, p. 589: Negare non possum, quia ego et paene omnes
sciunt, Aquileiam civitatem prima et metropolim esse et a beato Marco et Hermacora in Christi fide fundatam.
494 In una lettera diretta dagli imperatori Ludovico il Pio e Lotario al patriarca Venerio leggiamo: in litteris sanctitatis
tuae, quas nobis per missum tuum Tiberium misisti, scriptum reperimus, quod tu, secundum nostram iussionem, propter contentionem tuam et Maxentii patriarchae firmandam Romam venisti. Sed quia Maxentius eodem tempore illuc non venit et propter eius absentiam dominus apostolicus nihil inde definire potuit, tu, infecto negotio, domum reversus es.
[Documenti relativi alla storia di Venezia cit., I, p. 83] 495 Documenti relativi alla storia di Venezia cit., I, pp. 91-92.
496 Per una riflessione sulla storia senza fonti scritte della Venetia lagunare per i secoli altomedievali rimando a S. GASPARRI, Venezia fra i secoli VIII e IX. Una riflessione sulle fonti, in Studi veneti offerti a Gaetano Cozzi, Venezia,
redatti almeno gli atti della sinodo del 579, doveva anch‘essa essere provvista di uno scriptorium patriarcale, dunque di un centro produttore di documenti e testi ad uso della Chiesa locale. D‘altronde papa Eugenio II aveva reso ormai obbligatoria la creazione di scuole episcopali in ogni città sede di un presule (826)497 e, verosimilmente proprio in vista del concilio mantovano, a Grado si interveniva ad hoc su uno dei paragrafi degli atti della sinodo gradense del 579, documento presentato da Tiberio ai vescovi riuniti a Mantova nell‘827. Il discorso di apertura pronunciato dal patriarca Elia venne, così, abilmente modificato inserendo un passaggio teso a dimostrare il trasferimento della dignità metropolitica da Aquileia a Grado nel momento stesso dell‘insediamento del patriarca nel castrum Gradensis498. Sempre a Grado si conservava la memoria della successione dei patriarchi aquileiesi: anche in questo caso, forse proprio in occasione della sinodo mantovana, fu redatta la prima lista episcopale per la cattedra aquileiese nel tentativo di sottolineare la continuità e la legittimità del patriarcato di Aquileia ora in castro Gradensis, sottolineando come il cambiamento della sede fisica non avesse costituito una rottura nella tradizione ecclesiastica aquileiese499. Sia Venezia che Grado erano, dunque, ormai dotate di validi centri di scrittura documentaria e letteraria. Le autorità laiche ed ecclesiastiche della laguna non esitarono a servirsene per i propri scopi politici.
La Passio sancti Helari et Tatiani (BHL 3881) – liquidata sovente dalla storiografia come un testo di bassa dignità letteraria, fortemente condizionato dagli stereotipi agiografici e dunque di nessuna importanza storica – rappresenta un ulteriore elemento per la comprensione del contenzioso tra Aquileia e Grado500. L'analisi del testo e il confronto con i suoi modelli letterari chiariscono semplicemente la sua posteriorità rispetto al nucleo 'ermagoriano' della Passio Hermagorae, senza tuttavia offrire dettagli utili alla definizione di una precisa datazione della Passio Helari. I
1992, pp. 3-18 [distribuito in formato digitale da ―Reti Medievali‖]. Sulla storia di Venezia nel periodo di nostro interesse vd. G.ORTALLI, Il ducato e la “civitas Rivoalti”: tra carolingi, bizantini e sassoni, in L.CRACCO-RUGGINI,M. PAVAN E G.CRACCO (a cura di), Storia di Venezia I Origini-Età ducale, Roma, 1992, pp. 725-790; ID., Venezia dalle
origini al Pietro II Orseolo, in P.DELOGU,A.GUILLOU,G.ORTALLI (a cura di), Longobardi e Bizantini, Torino, 1980, pp. 341-438 [Storia d'Italia diretta da G. Galasso, vol. I].
497 MGH Capitularia regum Francorum, I, n. 163.
498 Documenti relativi alla storia di Venezia cit., I, p. 8-9: Helias, primae sedis episcopus, dixit: «Karissimi fratres,
intervenientibus malis nostris, cottidie hostile perpetimur flagellum; et jam pridem ab Attila, Unnorum rege, Aquileia civitas nostra funditus destructa est, et postea, Gothorum incessu et ceterorum barbarorum quassata, vix aspirans, sed et nunc Langobardorum nefandae gentis flagella sustinere non potest. Quapropter dignum ducit mansuetudo nostra, si vestrae placet sanctitati, in hoc castro Gradensi nostra confirmare metropolim». Sancta synodus dixit: «Quae vestra proposuit beatitudo, omnes pari assensu confirmamus».
499 Le informazioni relative alla successione dei patriarchi sulla cattedra aquileiese, inserite negli atti della sinodo mantovana, furono probabilmente tratte dagli exemplaria presentati da Tiberio (cfr. J.CH.PICARD, Le souvenir des évêques cit., pp. 422-426; negli atti della sinodo mantovana, cfr. Concilium Mantuanum, MGH Concilia Aevi Karolini,
II, p. 589).
500 Pochi sono i contributi recenti sulla figura di Ilario e sul culto a lui legato. Mi limito a segnalare R.BRATOŽ, Il
Cristianesimo aquileiese prima di Costantino, Udine, 1999, in particolare pp. 195-207; S.TAVANO, Sant‟Ilario, patrono di Gorizia, in L.CICERI (a cura di), Gorizia, Udine, 1969, pp. 161-175.
sostanziosi reimpieghi dalla Passio Ananiae, l'inserimento di un prologo poco pertinente e la veloce conclusione del racconto testimoniano una stesura rapida del testo, poco preoccupata di offrire un racconto dettagliato ed originale dedicato ad un prestigioso episcopus delle origini. L'incrocio del racconto agiografico con altre fonti per la storia della Venetia della prima età carolingia può tuttavia chiarire l'origine di un testo altrimenti assai vaga. Appare evidente dalla collocazione del martirio di Ilario nell'arco temporale – la fine del III secolo fu nella memoria degli agiografi altomedievali il periodo più denso di persecuzioni e martirii – che l'agiografo non fu interessato in alcun modo a farne l'immediato successore di Ermagora, che aveva occupato il seggio episcopale aquileiese due secoli prima. La Chiesa aquileiese, nel suo ramo cividalese, venerava già un vescovo delle origini, Ermagora, il cui martirio era stato significativamente collocato nel I secolo della nostra era. La redazione di un testo così affine a quello dedicato ad Ermagora, e in un momento di poco successivo alla compilazione del nucleo originale della Passio Hermachorae, si spiega difficilmente all'interno di una stessa sede episcopale. Più sensato appare l'allestimento della Passio Helari in uno
scriptorium episcopale interessato a proporre un modello di santità analogo e concorrente a quello
ermagoriano. Tale officina agiografica potrebbe essere localizzata a Grado, che dal VII secolo in avanti fu l'agguerrito centro patriarcale concorrente contro la branca cividalese protetta dai sovrani longobardi. Ad avvalorare quest'ipotesi concorrono eloquenti indizi così come alternative fonti storiche, letterarie e documentarie. Molte le affinità tra le due Passiones: in entrambi i casi il martirio del confessor è comminato ut universi eius corrigantur exemplo501– dettaglio che non si riscontra nella Passio Ananiae – e si ripete la minaccia dei sacerdoti pagani al praeses romano poco solerte nella condanna502. Altro dettaglio condiviso è la preghiera di ringraziamento che sia Ilario che Ermagora elevano a Dio nel vedersi riuniti nel martirio con i rispettivi diaconi503. Presi
501 Passio Helari et Tatiani, ed. M.CERNO, p. 307. Cfr. Passio Hermachorae et Fortunati, ed. P.CHIESA, p. 179: Quod
si et tu in hac perseveraveris insania, in te correctionem omnium, quos ad te aggregasti faciam ut per te discant omnes veneranda numina adorare, sicut et omnes faciunt provinciae.
502 Passio Helari et Tatiani, ed. M.CERNO, pp. 319-320: Videntes haec sacerdotes idolorum, coeperunt clamare ad
Praesidem dicentes: Quid hoc fecisti? Praeceptum enim Dominorum nostrorum Imperatorum continet ut, si quis ex Christianis fuerit inventus, percunctatus puniatur; tu autem extollens te, parcere eis videris, et ecce omnes deos disperdiderunt: insuper dum eis parcis, templum destruxerunt: et noscis si haec ad Caesarem pervenerint, ad maius venies periculum.
Più violenta è la reazione dei sacerdoti pagani nella Passio Hermachorae et Fortunati, ed. P.CHIESA, p. 187: Videntes autem sacerdotes idolorum, colligentes populum incredulum unanimiter venerunt ad Sevastum praesidem cum fustibus et lapidibus clamantes et dicentes: Civitas tota perit per te, qui facis usque nunc vivere hominem qui per magicas artes populum alienat, et subvertit mentes eorum ut separentur a diis. Tolle magum, occide maleficum; sin autem nolueris, te ipsum interficiemus et illum igne consumemus.
503 Passio Helari et Tatiani, ed. M.CERNO, p. 318: Tunc praeses iussit eum retrudi in carcerem, una cum beatissimo
Helaro. Quem cum vidisset beatus Helarus, omnipotenti Deo gratias egit, quod dignatus esset eum suum facere sequipedem.
Cfr. Passio Hermachorae et Fortunati, ed. P.CHIESA, p. 187: Post aliquantos vero dies, audiens Sevastus Praeses […] iussit eum comprehendi et ferro vinctum ad carcerem duci. Quem cum vidisset sanctus Hermachoras, Domino Deo egit gratias quia dignatus est eum cum eodem martyrium suscipere.
singolarmente nessuno di questi è un elemento probante la dipendenza della Passio Helari dalla
Passio Hermagorae – ognuno di essi rappresenta infatti un topos del genere agiografico – ma è la
loro compresenza ad indicare che l‘agiografo di Ilario conosceva il racconto del martirio di Ermagora. I nomi dei persecutori, Sevasto per Ermagora e Beronio per Ilario, rimandano inoltre ad una onomastica greca, che potrebbe far pensare a una comune volontà di mettere i bizantini sotto una cattiva luce. Quest‘indizio ha a lungo suggerito un‘origine aquileiese per entrambi i testi. Il dettaglio non può costituire tuttavia una prova determinante: una forte corrente filo-carolingia era presente anche a Grado, i cui interessi per la terraferma – come abbiamo visto le diocesi istriane erano al centro della querelle – obbligavano i detentori della cattedra metropolitana ad un dialogo quanto più possibile amichevole con i nuovi conquistatori. La dipendenza della Passio Helari dalla
Passio Ananiae, traduzione di un testo greco dedicato ad un santo orientale martirizzato in Epiro,
riconduce inoltre la redazione del testo ad un‘area aperta all‘influenza greca. Il patriarcato di Grado era una Chiesa di liturgia bizantina, dunque nella sede gradese dovevano essere presenti i testi necessari allo svolgimento della vita liturgica, tra i quali non dovevano mancare le edificanti letture delle Vitae Sanctorum, una delle quali avrebbe potuto essere quella dedicata ad Anania. L'esigua tradizione manoscritta della Passio Ananiae potrebbe spiegarsi inoltre con l'estraneità di questo testo ai circuiti continentali di diffusione dei manoscritti lungo i quali si erano rapidamente diffusi i racconti agiografici dedicati ai santi aquileiesi. In questa prospettiva risulta più convincente la tesi di una redazione gradese della Passio Helari.
Giovanni Diacono nella sua Istoria Veneticorum – datata al principio dell'XI secolo – attesta inoltre la presenza delle reliquie dei due martiri Ilario e Taziano nella Cattedrale gradese di Santa Eufemia.504 E proprio nella tradizione cronachistica veneziana e gradese i corpi di Ilario e Taziano sono costantemente esplicitati nel gruppo dei corpora sanctorum che il patriarca Paolino portò con sé nel castrum di Grado fuggendo la rabies Langobardorum.505 Le suggestioni offerte dalle cronache venetiche devono essere accettate con prudenza: ognuno dei testi – la Istoria Veneticorum di Giovanni Diacono, la Chronica de patriarchis Novae Aquileiae, il Chronicon Gradense e il
Chronicon Altinate – è infatti fortemente condizionato dal momento storico che ne vide la redazione
e dalle narrazioni a carattere storico disponibili per la storia locale, tra le quali spicca la Historia
Langobardorum di Paolo Diacono. Pur restando consapevoli dei limiti di un uso di tali fonti
504La Cronaca Veneziana del Diacono Giovanni, ed. G.MONTICOLO, p. 105: Iohannes siquidem patriarcha, qui per
quattuor annorum spacia Gradensem sedem vivente pastore (= Fortunato) usurpavit, sinodali censura depositus est. Licet iniuste sedem invaderet, tamen ante sanctorum martyrum Hermachore et Fortunati, seu Hyllari et Taciani corpora, nec non et Sancti Marci capellam marmoreis columnis et tabulis honorifice choros componere studuit.
505 Cfr. Chronica de singulis patriarchis Novae Aquileiae, ed. G. MONTICOLO, p. 6; Chronicon Gradense, ed. G. MONTICOLO, p. 41; Chronicon Altinate, ed. G.FEDALTO –L.A.BERTO, pp. 206-208, 214.
narrative per la ricostruzione delle vicende che esse pretendono narrare, è innegabile la ripetuta insistenza sui nomi di Ilario e Taziano, le cui reliquie erano ritenute riposare nella perparva insula di Grado.
La Passio Helari si presenta, in conclusione, come un testo redatto in tutta rapidità, ricalcato in gran parte su un testo preesistente dal quale si discosta principalmente per sottolineare la dignità episcopale di Ilario. Il riaccendersi della rivalità tra le due sedi patriarcali, acuita dal passaggio di potere dai longobardi ai carolingi, potrebbe essere stata la ragione dell‘urgenza nella quale si venne a trovare la Chiesa gradese, sprovvista di un santo che potesse competere con il prestigio di Ermagora.
Di Ilario, secondo a sedere sulla cattedra aquileiese e martire come il suo predecessore, non esiste alcuna notizia proprio fino alla metà del IX secolo. Si ricorda per primo di lui l‘anonimo poeta, che ha tutte le probabilità di essere un gradese, che compose, tra l‘844 e l‘855, il celebre
Carmen de Aquilegia numquam restauranda:
Electum hinc Hermachoram is ad Petrum destinat, et ut presul ordinetur petit Aquilegiam ab eodem, ipse dehinc adit Alexandriam,
Factus martyr suo sacro sanguine quam dedicat, sed nec mora Fortunatus magystrum prosequitur,
Helarus sacer, deinde Tatianus socius.506
Il poema è da ascrivere ad un ambiente ostile ad Aquileia – il patriarca Massenzio è apertamente vituperato507 – ad ulteriore conferma del fervore della reazione lagunare al successo aquileiese sancito dal concilio di Mantova.
È altrettanto vero che la lista dei patriarchi di Aquileia, almeno nella sua prima stesura, è da imputare piuttosto alla sede patriarcale di Grado ed essa fu probabilmente uno dei documenti che Tiberio, oeconomus della chiesa gradese, presentò alla sinodo di Mantova e che furono giudicati
magis Aquileiensi ecclesiae quam suae pertinerent.508 Ad alimentare il legittimo dubbio sulla paternità aquileiese del testo si aggiunge la mancanza di qualsiasi riferimento al predecessore di
506 Carmen de Aquilegia, ed. E.DÜMMLER, MGH Poetae Latini Aevi Carolini, II, p. 151.
507 Carmen de Aquilegia, ed. E.DÜMMLER, p. 152: Veneficus magnum regem promissis fallacibus / tunc Karolum
Maxentius ut totam Dalmatiam / suis exorabat dictis subderet imperio.
Ilario, Ermagora, come sarebbe lecito attendersi in un racconto agiografico di area aquileiese. L‘assenza del primo confessor et martyr poco si sposa con la contemporanea ―propaganda‖ aquileiese volta a sottolineare il prestigio di Ermagora, scelto dall‘evangelista Marco a capo della Chiesa509.
Ilario è in tutto il ―santo-specchio‖ di Ermagora, ma l‘indipendenza della sua storia è conservata. La redazione della Passio fu con ogni probabilità uno dei prodotti della reazione gradese alla propaganda della sede patriarcale incentrata sulla figura di Ermagora: al più tardi nell‘827 i clerici di Grado erano venuti a conoscenza del testo agiografico dedicato ad Ermagora e, se la Passio
Helari fu prodotta in un ambiente ostile alla sede patriarcale aquileiese, non deve sorprendere il
silenzio che circonda quello che sarà poi identificato come l‘antecessore di Ilario. L‘agiografo tace quella linea diretta che avrebbe posto inevitabilmente Ilario nell‘ombra del suo più illustre predecessore.510 Un'altra possibilità si apre con i nuovi risultati sullo studio della Passio
Hermachorae: al momento della redazione della Passio Helari la lista episcopale dei patriarchi di
Aquileia non era probabilmente ancora stata compilata.
In vista del concilio mantovano il patriarcato di Grado sceglieva di affidarsi alle proprie risorse documentarie piuttosto che alla produzione letteraria, dimostrando nelle intenzioni e nei fatti l'esistenza di un archivio in funzione come luogo di conservazione e di produzione delle carte che testimoniavano e avvaloravano i diritti della Chiesa gradese. A conoscenza del legame ormai affermato da Paolo Diacono e Paolino d‘Aquileia tra l'evangelista Marco e il proto-episcopus Ermagora, ai clerici gradesi non restava che dimostrare la legittimità della propria cattedra insistendo sulla continuità della propria sede patriarcale rispetto all'antica Aquileia. È la lista dei patriarchi dalle origini al tempo presente l'impresa nella quale la pars gradensis decise di investire. Impossibile ormai negare o anche solo passare sotto silenzio la designazione di Ermagora quale primo episcopus, così Ilario, non poteva che trovare spazio come secondo presule aquileiese, malgrado lo scarto cronologico tra i due vescovi-martiri. Racconto nato sull‘onda dell'inasprimento della contesa per la primazia patriarcale a partire dal patriarcato di Paolino, la Passio Helari non fu destinata a duraturo successo: con il passare del tempo si perse il senso del testo e la mancanza di
509 La designazione di Ilario prima al diaconato e poi all‘episcopato è in entrambi i casi imputata alla sola plebs. Passio
Helari et Tatiani, ed. M.CERNO, p. 305: qui cum adhuc in iuvenilibus annis esset aetatis, raptus a populo diaconus
ordinatus est et insistente plebe post aliquantum tempus ordinatus est episcopus.
510 A conferma della tradizione gradese, nell‘XI secolo, saranno ancora dei testi legati al patriarcato lagunare a ricordarsi della coppia di martiri: la Cronica de singulis patriarchis Novae Aquileiae, la prima delle cronache redatte a Grado, distingue le reliquie di Ilario e Taziano tra i corpi santi che il patriarca aquileiese Paolino avrebbe portato con sé al momento del trasferimento della sede patriarcale da Aquileia a Grado nel VI secolo. Così in Cronica de singulis
patriarchis Novae Aquileiae, ed. G.MONTICOLO, Cronache veneziane antichissime, p. 6: Paulus […], hostile periculum non ferens, Longobardis advenientibus, cum omni thesauro ecclesie Gradus se contulerat, afferens secum corpora sanctorum martyrum Hilari et Taciani et reliquorum.
originalità del racconto lo destinarono ad una limitata diffusione, come testimonia la tradizione manoscritta511.
Il testimone dell‘opposizione contro le decisioni mantovane passava, ormai, a Venezia ed è qui che fu messa in scena la più spettacolare, e densa di conseguenze, azione liturgico-religiosa e politica che interessò la regione della Venetia et Histria nella prima metà del IX secolo. Nominalmente sotto governo bizantino, i duchi veneziani cominciavano non di meno a lasciarsi andare ad azioni tipicamente carolinge, come la fondazione e la concessione di immunità ai monasteri cittadini di recentissima fondazione. Se il sostegno alla Chiesa costituiva una consuetudine ed un‘obbligazione regia che la nuova dinastia aveva ereditato dai suoi predecessori merovingi512, allo stesso modo i duces veneziani si sentivano investiti della cura ecclesiae513. All‘819 risale il trasferimento della comunità monastica di S. Servolo presso lab cappella intitolata a Sant‘Ilario: relegati tra le paludi e in loco angusto, il monastero di S. Servolo mancava di mezzi sufficienti al sostentamento della comunità. L‘abate Giovanni decise così di rivolgersi all‘autorità ducale ottenendo, su terre ad jura proprietatis nostrae, non soltanto una nuova sistemazione provvista delle basi fondiarie necessarie allo svolgimento della vita monastica, ma anche l‘immunità dalla giurisdizione pubblica ed ecclesiastica. La scelta della regula s. Benedecti, che proprio i sovrani franchi avevano generalizzato a tutte le fondazioni monastiche, è anch‘essa un indizio della permeabilità della laguna a modelli di stampo chiaramente carolingio.514 Il ritrovamento in un Liber Capituli del monastero, datato al XII secolo,della regola di san Benedetto di Aniane (818-819 ca.) avvalora ulteriormente l'ipotesi di una scelta chiaramente influenzata dai
511 La Passio Helari è sopravvissuta in ventotto manoscritti e, dunque, in un numero non trascurabile per i testi altomedievali: il confronto con i sessantuno testimoni e la maggiore diffusione nello spazio geografico della Vita
Ermachorae permettono tuttavia di ricollocare il dato nella giusta prospettiva (Cfr. P.CHIESA, Le agiografie dei martiri triestini e aquileiesi nei manoscritti, in G.CUSCITO (a cura di), San Giusto e la tradizione martiriale tergestina, Trieste, 2005, pp. 72-74 e p. 77; IDEM, Passio Hermachorae et Fortunati, pp. 135-137).
512 Sulla politica ecclesiastica carolingia rimando a M. DE JONG, Charlemagne‟s Church, in J. STORY (a cura di),
Charlemagne: empire and society, Manchester, 2005, pp. 103-135; R.MCKITTERICK, Charlemagne, cit., in particolare pp. 292-305; J. SEMMLER, Episcopi potestas und karolingische Klosterpolitik, in A. BORST (a cura di), Mönchtum, Episkopat und Adel zur Gründungszeit des Klosters Reichenau, Sigmaringen, 1974, pp. 305-395.
513 Documenti relativi alla storia di Venezia cit., I, p. 72: Sanctarum ecclesiarum semper vigili cura oportet satagere,
maxime illis, quorum potestas eminet de omnibus, est providere consultum. […] Nos quidem Agnellus et Justinianus, per divinam gratiam Venecie provincie duces, una cum reverentissimo domino Fortunato sancte Gradensis que et Aquilegiensis ecclesie patriarcha, seu Christoforo, venerabili episcopo sancte Olivensis ecclesie, atque universis Venecie populis habitantibus plebe Christo dilecta eiusque precioso sanguine acquisita, quapropter nos pro divino
amore ac nostre anime sive parentorum nostrorum salute pari ac salubri consilio tractantes, cogitantes, cogitavimus