5. Venetia et Histria.L‟agiografia come materiale sussidiario alla risoluzione della lite per il patriarcato tra Aquileia e Grado
5.2. Il primo periodo carolingio (fine VIII – inizio IX secolo): un fragile equilibrio
Il patriarcato di Aquileia si trovava così sulle terre dei nuovi conquistatori, mentre la zona costiera, che comprendeva Grado e l'emergente ducato di Venezia, conservava la sua autonomia. Aquileia non poteva che essere favorita dalla nuova situazione politica, ancor più quando nel 787
venne designato come patriarca il grammatico cividalese Paolino († 802), uomo personalmente legato a Carlo Magno e alla cerchia di intellettuali che si riuniva intorno al sovrano franco420. La Chiesa di Aquileia ne beneficiò indubbiamente, sebbene Paolino fosse spesso assente dalla cattedra episcopale, poiché assorbito nelle discussioni teologiche scatenate dalla posizione adozionista dei vescovi iberici Elipando di Toledo e Felice di Urgel e dalla politica iconoclasta degli imperatori bizantini.421 Nonostante la discontinua presenza, Paolino intervenne sul corpus liturgico aquileiese allineandolo alla liturgia romano-gallicana,422 ottenne per la sua sede metropolitica la libera elezione del patriarca e l'immunità,423 fu l'organizzatore e protagonista del concilio di Cividale del 796.424 Aquileia ritrovava una posizione eminente nella gerarchia delle sedi episcopali del Regno Italico insieme ad una feconda intesa con i vertici del Regno, e questo solo due decenni dopo la conquista del regno longobardo. Grado al contrario rimaneva fuori dal controllo diretto franco, sebbene in una posizione di cerniera tra le terre del Regno Italico e quelle bizantine.
L'annessione del ducato friulano dell'Istria nel 791 e del limes avaricus nel 796 consolidò il dominio franco nella regione nord-orientale riducendo sensibilmente l'area diocesana di Grado. Il patriarca gradese si vedeva così sottrarre i diritti metropolitani sull'Istria, mentre l'area di influenza di Aquileia si allargava alle antiche province del Norico e della Pannonia Superiore inglobati nell'area di controllo carolingia.
La morte di Paolino nell'802 rimescolava tuttavia le carte: nell'803 il patriarca gradese Fortunato, esponente della corrente politica filo-franca presente in città, otteneva da Carlo Magno l'immunità.425 Intanto sullo scacchiere regionale si imponeva, con sempre maggior forza, un nuovo attore politico: il ducato di Venezia, la cui giurisdizione ecclesiastica dipendeva proprio da Grado, sede metropolitana per la Venetia marittima. L'equilibrio raggiunto sotto il patriarcato di Paolino veniva intanto incrinato dalle liti per la giurisdizione patriarcale tra il patriarca di Aquileia Orso († 811) e il metropolita di Salisburgo Arnone per i confini settentrionali della diocesi di Aquileia, che Carlo Magno aveva fissato alla Drava nell'811426. Ad Orso succedeva sulla cattedra episcopale di
420 Su Paolino di Aquileia, uomo di lettere, vd. D.NORBERG, L'oeuvre poétique de Paulin d'Aquilée, Stoccolma, 1979; sul patriarcato ad Aquileia e le relazione con il sovrano carolingio vd. G.CUSCITO, Aspetti e problemi della Chiesa locale al tempo di Paolino, in XII centenario del concilio di Cividale (796-1996). Convegno storico-teologico, Udine,
1998, pp. 89-110; C.G.MOR, Aquileia e l'Occidente da Carlo Magno ad Ottone II, in Aquileia e l'Occidente, Udine, 1981, pp. 293-308 [AAAd 19]; ID., S. Paolino e Carlo Magno, in Aquileia e le Venezie nell'Alto Medioevo, Udine, 1988, pp.65-81 [AAAd 32].
421 Presente al concilio di Ratisbona nel 792 e a Francoforte del 794, fu proprio Paolino l'autore del Libellus
Sacrosyllabus Episcoporum Italiae, pamphlet diretto a confutare l'adozionismo (cfr. MGH Concilia, I, pp. 130-142).
422G.C.MENIS, Cultura in Friuli durante l'età carolingia, in Aquileia e le Venezie, p. 22. 423 MGH Dipl. Kar., t. I, n. 174-175, pp. 233-236.
424 Gli atti del concilio di Cividale sono pubblicati in MGH Concilia, I, pp. 177-195. 425 MGH Dipl. Kar., I, n. 200, p. 269-270.
Aquileia l'energico Massenzio († 838): intenzionato a riportare la sede metropolitana all'antica grandezza, il patriarca ottenne larghi favori dall'imperatore per poter procedere al restauro della basilica di Aquileia427. Il suo impegno per la città non si limitò all'ingrandimento e alla ristrutturazione architettonica della basilica, ma si rivolse verso il più ambizioso progetto di restituire finalmente al patriarcato di Aquileia tutti i suoi diritti diocesani. Sull‘esempio di Massenzio anche il patriarca Fortunato procedeva alla ricostruzione e sistemazione, nonché decorazione, degli edifici sacri di Grado, testimoniando come la rivalità per la primazia patriarcale passasse anche attraverso la promozione architettonica ed artistica della propria città episcopale.428
Gli equilibri erano tutt‘altro che definiti e le due sedi episcopali continuavano a contendersi, anche nelle titolature, il capitale riferimento alla fondazione marciana per la Chiesa d‘Aquileia. Motivo di prestigio ed onore, il riconoscimento della dedicazione dell‘Ecclesia aquileiensis a san Marco e a sant‘Ermagora, leggendari fondatori della cattedra patriarcale, costituiva un obiettivo importante all‘interno delle strategie politico-ecclesiastiche messe in campo dalle due sedi episcopali. La dedicazione marciana ed ermagoriana fu, così, alternativamente riconosciuta ai patriarchi cividalesi e gradesi: nel 792 nei diplomi redatti a favore di Paolino la ecclesia patriarcale viene definita prima in honore sanctae Dei genitricis semperque virginis Mariae vel sancti Petri
principis apostolorum sive sancti Marci constructa, poi in un secondo atto in honore sancti Petri principis apostolorum vel sancti Hermachorae martiris Christi constructa.429 Negli stessi anni persino a Venezia si affermava una forte corrente filo-franca guidata dai duces Obelerio e Beato, protagonisti anch'essi di un viaggio alla corte di Carlo Magno nell'805. Il primo decennio del IX secolo è il momento di maggior intesa tra i vertici veneziano-gradesi e Carlo Magno: Fortunato è protagonista di ripetuti viaggi oltralpe e i duces venetici manifestano una sempre più prepotente volontà di distacco dall‘orbita bizantina. Così in un diploma dell‘803 il sovrano carolingio si rivolge al patriarca gradese Fortunato definendolo sedis sancti Marci evangelistae et sancti Hermacore
episcopus.430 Il fragile equilibrio tra sovrani carolingi e Bisanzio era tuttavia destinato ad infrangersi segnando il ritorno, almeno formale, del ducato veneziano sotto l‘ala del potere bizantino e scatenando un conflitto su terra ed acque tra Pipino d‘Italia e i romani d‘Oriente. Due decenni dopo Lotario I si rivolgerà a Massenzio di Cividale, il patriarca uscito vincitore dalla sinodo mantovana, definendolo vir venerabilis Maxentius Aquilegensis ecclesie patriarcha, que est in honore sancte
427 Ibidem, I , n. 174, p. 234.
428 Sui documenti artistici di Aquileia e Grado tra Tardo Antichità e Medioevo vd. G. BRUSIN, P.L. ZOVATTO,
Monumenti paleocristiani cit.; S.TAVANO, L‟arte in Friuli al tempo di san Paolino, in Il Friuli e l‟Istria al tempo di san Paolino d‟Aquileia, G.CUSCITO (a cura di), Trieste 2003, pp. 27-56 [AAAd LV].
429 MGH Dipl. Kar., I, n. 175, p. 235. 430 Ibidem, n. 200, p. 269.
dei genetricis Marie et sancti Petri principis apostolorum seu et sancti Marci constructa.431 Appare chiaramente come per tutta la prima metà del IX secolo, e anche oltre come vedremo, l'onore di detentore della cattedra marciana ed ermagoriana fu attribuito di volta in volta al migliore interlocutore per i sovrani carolingi nell'area della Venetia et Histria: dunque prima a Paolino, poi al patriarca gradese Fortunato e di nuovo al titolare della cattedra aquileiese-cividalese Massenzio. La prossimità al sovrano carolingio costituiva indubbiamente l‘elemento decisivo per il successo delle strategie politico-ecclesiastiche dei patriarcati rivali. Paolino, Fortunato e Massenzio furono uomini che frequentarono personalmente i sovrani franchi, varcando le Alpi per presentarsi alla corte carolingia, dove tutti risedettero per periodi più o meno brevi. La presenza oltralpe – intermittente certo, ma non per questo trascurabile perché profondamente marcata e motivata dalle strategie politiche che ognuno dei patriarchi perseguiva nella regione – e le relazioni che questi patriarchi intrattennero con i vertici del potere carolingio potrebbero inoltre essere una delle spiegazioni per il rapido passaggio nelle aree centrali dell'impero dei testi agiografici relativi ai primi due episcopi aquileiesi. Questi contatti suggeriscono inoltre una certa prudenza nell'univoca attribuzione ad Aquileia-Cividale – e dunque alla branca continentale del patriarcato – del ruolo di centro diffusore dei racconti agiografici che tramandarono la memoria del martirio di Ermagora e Ilario.