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2. Milano: l‟affermazione di una capitale declassata

2.1. Il declassamento di una capitale imperiale (568-774)

Elevata al rango di capitale nel 286 quando Massimiano fu incaricato, in qualità di Augusto, del governo delle province occidentali dell‘Impero, Milano si trovava al centro del palcoscenico della scena politica e culturale del mondo tardo-antico.60 La popolazione sperimentò un incremento sensibile e la città fu protagonista di un‘importante campagna di valorizzazione edilizia che culminò nella costruzione delle caratteristiche strutture di una capitale imperiale – terme, circo, palatinae

arces, horrea – e nell‘ampliamento delle mura urbiche che segneranno per tutto l‘alto medioevo i

confini di Milano. Il ruolo di capitale che la consacrava alla posizione di guida dell‘Occidente, la condannò altrettanto ad essere il bersaglio delle incursioni dei popoli barbarici che si affacciavano sul territorio italico nel IV secolo: la prima grande minaccia, rappresentata dai goti di Alarico giunti

60 Le vicende di Milano tra Antichità e Medioevo sono efficacemente presentate nei volumi della Treccani dedicati alla storia della città: vd. Storia di Milano, G.TRECCANI (diretta da), vol. I, Le origini e la città romana, Milano, 1953; Storia di Milano cit., vol. II, Dall‟invasione dei barbari all‟apogeo del governo vescovile (493-1002), Milano, 1954.

Questo paragrafo di riepilogo delle principali vicende relative alla città di Milano durante i due secoli di governo longobardo è largamente debitore della minuziosa presentazione offerta da Gian Piero Bognetti all‘interno della collana appena menzionata (G.P.BOGNETTI, Milano longobarda, in Storia di Milano cit., II, pp. 55-299, così come dell'utile discorso introduttivo di Giovanni Tabacco pronunciato al congresso spoletino dedicato a Milano altomedievale nel 1983 (G.TABACCO, Milano in età longobarda, in Milano e i Milanesi prima del Mille (VIII-X secolo). Atti del 10° Congresso Internazionale di Studio sull‟Alto Medioevo (Milano, 26-30 settembre 1983), Spoleto, 1986, pp. 17-43).

nel 402 nei pressi della città, costrinse la corte a trasferirsi nella più sicura Ravenna. Malgrado il successo di Stilicone, che riuscì a liberare Milano dalla stretta visigota, la famiglia e la burocrazia imperiale scelsero di restare nel centro adriatico, che si impose allora quale nuova capitale dell‘Impero romano d‘Occidente. Saccheggiata successivamente da Attila nel 452 e dai Burgundi nel 491, Milano è descritta da Ennodio come una città in desolazione e in rovina: i suoi abitanti l‘abbandonano e le chiese diventano riparo per bestie, mentre lo stesso vescovo Lorenzo viene fatto prigioniero.61 Le devastazioni prodotte nei lunghi decenni della guerra greco-gotica si abbatterono con violenza su Milano che fu in larga parte distrutta dalle truppe di Uraia nell‘inverno del 539 e sperimentò in seguito una gravissima carestia.62 In questa temperie fu Pavia ad imporsi quale nuovo centro militare della regione e qui si installò il governo goto. La vittoria bizantina e il recupero dei territori italici da parte dell‘Impero d‘Oriente, completato nel 556 con la caduta di Ticinum, si rivelarono una conquista effimera: solo pochi anni dopo, alla metà di settembre del 569, i Longobardi occupavano Milano segnando l‘inizio di una nuova epoca per i territori della regione

Liguria, che verrà da allora ribattezzata con il nome di Neustria.

Come era già successo davanti alle truppe di Attila, il vescovo milanese, che la tradizione identifica con Onorato (560 ca-571 ca), scelse la strada dell‘allontanamento volontario dalla città minacciata da un nuovo popolo barbarico confidando nella sua rapida dipartita, una volta completato l‘inevitabile saccheggio.63 L‘esilio dei metropoliti a Genova, città ancora sotto governo bizantino, si protrasse tuttavia per ottant‘anni e terminò soltanto quando anche il centro marittimo della Liguria cadde in mano longobarda durante il regno di Rotari, intorno al 642. Il trasferimento a Genova del vescovo milanese comportò anche la dipartita del clero della cattedrale, mentre a Milano restò quello che successivamente sarebbe stato battezzato con il nome di ‗clero decumano‘ incaricato della cura d‘anime nella città padana. I profughi residenti a Genova, peraltro dotata di un proprio vescovo cittadino, conservarono tuttavia la propria qualifica di vicari di Ambrogio, appellativo con il quale Gregorio I li definisce nel 60064 Sul finire del VI secolo Mediolanum sembra recuperare una certa importanza politica: qui, nel 591, è convocata l‘assemblea generale dei guerrieri longobardi che elevò al trono Agilulfo. Durante il suo regno, e quello di suo figlio Adaloaldo, Milano ricoprì il ruolo di centro del governo, sebbene il raduno tradizionale del popolo

61 Cfr. il sermone erroneamente attribuito a Massimo di Torino, De reparatione ecclesiae Mediolanensis, PL LVII, col. 470. I tristi tempi di Milano tra la fine del V e il principio del VI secolo sono rievocati anche nel discorso commemorativo dedicato da Ennodio al vescovo milanese Lorenzo I (489-511), cfr. ENNODIUS FELIX MAGNUS, Dictio Ennodi diaconi in natale Laurenti Mediolanensis episcopi, MGH AA, VII, pp. 1-4.

62 PROCOPIUS CESARIENSIS, De bello gothico, lib. II, 21, ed. D.COMPARETTI, II, 133-142.

63 Per una sintesi efficace della storia ecclesiastica dell‘episcopato milanese vd. M. NAVONI, Dai Longobardi ai

Carolingi, in Storia religiosa della Lombardia. Diocesi di Milano, I, Varese, 1990, pp. 83-121; J.-CH.PICARD, Le souvenir des évêques cit., pp. 74-98.

longobardo continuasse ad essere convocato a Pavia, principale centro logistico e militare del

regnum. Con Arialdo, tuttavia, che aveva scelto Pavia quale sua residenza già negli anni del suo

mandato di duca, la sede regia passò definitivamente a Ticinum, che si affermò quale capitale del regno longobardo fino all‘anno della sua caduta. Durante l‘episcopato di Costanzo (593-600) sono testimoniati alcuni fondamentali cambiamenti nella vita religiosa milanese che vedeva corretti i confini della propria competenza diocesana: in conseguenza della frattura causata dalla condanna dei Tre Capitoli, tre suffraganei della cattedra metropolitica milanese rompevano la loro comunione con Costanzo.65 Tra questi, la Chiesa di Como, verosimilmente su suggerimento della regina Teodolinda, decideva di rivolgersi per l‘ordinazione del proprio presule a Severo, patriarca di Aquileia. L‘emancipazione della diocesi comasca è definitiva e tale resterà fino ad epoca moderna.

Con la conquista della Liguria da parte dei Longobardi si rese immotivata la permanenza a Genova dell‘alto clero milanese: fu il vescovo Giovanni Buono (641-659) a prendere, infine, la decisione di rientrare a Milano. I metropoliti milanesi ritrovavano così una posizione di prossimità con il potere e potevano sperare di recuperare l‘antico ruolo di guida e di mediazione tra la Chiesa di Costantinopoli, la sede petrina e le diocesi dell‘Italia settentrionale. L‘arcivescovo Mansueto (676-685) convocò a Milano nel 679 una sinodo provinciale che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla questione monotelita in vista del concilio ecumenico che sarebbe stato riunito l‘anno successivo a Costantinopoli: è la prima volta, dalla frattura causata dallo scisma dei Tre Capitoli, che i suffraganei si riuniscono nuovamente attorno al loro metropolita. Il frutto di tale incontro fu una lettera sinodale scritta dal vescovo di Pavia Damiano e indirizzata all‘imperatore Costantino IV per confutare l‘eresia monotelita.66 Nel 680 lo stesso Mansueto presenziò al concilio convocato a Roma da papa Agatone per ratificare, alla presenza di 125 vescovi, la condanna del monotelismo. In quegli anni, però, la monarchia longobarda si legava ormai definitivamente alla città di Pavia, che emergeva quale capitale indiscussa del regnum, sancendo il maggior prestigio del presule cittadino che nel frattempo si era emancipato dall‘autorità metropolitana del detentore della cattedra ambrosiana, al quale sarebbe spettata l‘ordinazione del presule ticinese. La reazione milanese non si fece attendere: l‘appello dell‘arcivescovo Benedetto al papa Costantino restò tuttavia inascoltato e l‘episcopus Ticinensis continuò a essere ordinato dal successore dell‘apostolo Pietro.67

L‘età liutprandea si rivela anche per Mediolanum un momento d‘intesa tra il sovrano e i vertici ecclesiastici: consanguineo del re, Teodoro II (732-746) è il vescovo celebrato nel Versum de

65 Cfr. GREGORIUS I PAPA, Registrum epistolarum. Libri VIII-XIV, MGH Epistolae, vol. 1, lib. IV, n. 2 e 3.

66 J. D. MANSI, Sacrorum conciliorum, XI, coll. 203-208 ( = CPL 1170). Cfr. PAULUS DIACONUS, Historia

Langobardorum, ed. L.CAPO, Storia dei Longobardi, Milano, 1992, pp. 308-310.

67 Vd. Liber Pontificalis, ed. L.DUCHESNE,I,pp. 391-392; PAULUS DIACONUS, Historia Langobardorum, ed. L.CAPO, p. 332.

Mediolano civitate.68 Il componimento poetico è stato spesso, e verosimilmente a ragione, letto alla luce della rivalità esistente tra Milano e Pavia, in un momento che vedeva l'indiscussa supremazia di Ticinum sull'ex capitale imperiale. L'anonimo versificatore concentra i propri intenti celebrativi sull'elogio di Mediolanum metropoli religiosa, adorna di edifici sacri e protetta dai corpi di numerosi santi, dai martiri tardo-antichi al vescovo Benedetto da poco defunto. La ricchezza della città è il secondo tema centrale del Versum e il compilatore non indietreggia davanti all'esplicita affermazione del legame privilegiato tra la corona longobarda e Milano: tale intima relazione è simboleggiata dalla presenza sulla cattedra episcopale milanese di Teodoro II, parente di Liutprando. Le speranze riposte nel rex catholicus non erano, però, destinate ad essere esaudite e Milano non riuscì a strappare lo status di capitale alla vicina Pavia, così come non riuscì a ricondurre i presuli ticinesi sotto la propria autorità metropolitana.

Le notizie coeve, malgrado il momento di idillio celebrato dal Versum tra la Milano di Teodoro II e la monarchia longobarda, sono assai scarne e le uniche indicazioni sull‘arcivescovo milanese sono fornite da documenti più tardivi, tra i quali spiccano le liste episcopali e l‘epigrafe ritrovate alla fine del XIX secolo a Milano durante gli scavi nel Monasterium Auronae: secondo la fonte epigrafica Teodoro sarebbe stato condannato ingiustamente, informazione che concorda con la versione offerta dai cataloghi milanesi, ma della quale non è possibile misurare l‘attendibilità, né comprendere le ragioni della deposizione, se questa ebbe effettivamente luogo.69

I profili degli ultimi vescovi del periodo longobardo sono assai oscuri, i pochi dettagli si fondano, infatti, sulle informazioni provviste dalle liste episcopali redatte nei secoli successivi e gli stessi limiti cronologici dei loro anni di episcopato restano incerti. Al momento della caduta del regno sedeva sul seggio episcopale milanese l‘arcivescovo Tommaso (†783 ca), uomo che riuscì a stabilire rapidamente un rapporto assai stretto con Carlo Magno al punto non solo di conservare la propria cattedra episcopale, ma da candidarsi come un interlocutore privilegiato con la nuova famiglia al potere: fu lui, infatti, a battezzare nel 781 la figlia di Carlo Magno nella basilica di Sant‘Ambrogio.70 La difficile transizione dai Longobardi ai Franchi arrise indubbiamente alla città

68 Versum de Mediolano civitate, ed. G.B.PIGHI, p. 147: Totam urbem presul magnus / ornavit Theodorus, // veniens

benigne natus / de regali germine, // quem ad sedem raptat trahens / pro amore populus.

69 V. FORCELLA E. SELETTI, Iscrizioni cristiane, n. 172, pp. 175-178: Hic requiescit / Dominus Theodorus

archiepiscopus qui iniuste / fuit damnatus. Le più antiche liste episcopali milanesi sono tradite dal manoscritto C. 47. P.

I. 8 della Staatsbibliothek di Bamberga (X-XII sec.) e dal codice C. 133. Inf. della Biblioteca Ambrosiana (seconda metà XI sec,.), quest‘ultimo contenente anche il Libellus de situ civitatis Mediolani (cfr. J.-CH.PICARD. Le souvenir des évêques cit., pp. 442-444; per la lista episcopale vd. MGH SS, VIII, pp. 102-110; per il Libellus vd. RIS2, ed. A.G. COLOMBO I, 2, Bologna, 1952).

70 Annales Regni Francorum, MGH SRG in usum scholarum, VI, p. 56: et inde revertente domno Carolo rege,

Mediolanis civitate pervenit, et ibi baptizata est filia eius domna Gisola ab archiepiscopo nomine Thoma, qui et ipse eam a sacro baptismo manibus suscepit. La notizia è ripresa anche negli Annales Lobienses (MGH SS XIII, p. 229).

di Milano che riuscì non solo ad evitare ogni ridimensionamento, ma al contrario poté finalmente operare il sorpasso tanto sospirato rispetto alla concorrente Pavia che, invece, pagò per alcuni decenni il prezzo del proprio legame speciale con la monarchia longobarda e del ruolo ricoperto come centro della memoria del regnum langobardorum. Forse, proprio la rivalità secolare tra

Mediolanum e Ticinum contribuì ad orientare le preferenze del sovrano franco verso una città che

garantiva una più convinta adesione alla nuova dinastia al potere nella speranza di recuperare quella leadership perduta nei secoli di governo longobardo