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4. Pavia La „capitale punita'

4.6. I tortuosi percorsi dell‟affermazione di un santo

L‘affermazione di Siro quale patrono di Pavia non fu un processo scontato e destinato fin da principio al successo. Come ben evidenzia Alba Maria Orselli, Ticinum possedeva già un candidato naturale a rivestire il ruolo di patronus della Chiesa pavese: Epifanio, le cui gesta erano state narrate dal suo secondo successore Ennodio, godeva di una fama che valicava ampiamente i confini della città e possedeva tutte le qualità per proporsi come efficace protettore di Pavia.409 E‘ possibile che il momento decisivo nella formazione della leggenda di Siro coincida con la conquista dell‘esenzione dall‘autorità del metropolita milanese a cavallo tra VII e VIII secolo: come efficacemente indica la Orselli «Epifanio doveva apparire l‘esponente di un mondo ecclesiastico regolato da rapporti giurisdizionali superati e che si tendeva a far cadere in oblio».410 L‘episodio della consacrazione milanese rappresentava, inoltre, uno dei particolari sui quali Ennodio si era particolarmente soffermato per evidenziare la felice sorte della oppidi ticinensis angustia alla quale era stato concesso un presule tanto prestigioso da essere invidiato persino dal popolo della città ambrosiana. La propaganda pavese, centrata sull‘autonomia di Pavia dall‘orbita milanese, non poteva appoggiarsi sul profilo di un santo così profondamente legato alla sede metropolitana. D‘altronde altri documenti letterari (Liber Pontificalis, Versum de Mediolano civitate) datati alla prima metà dell‘VIII secolo evidenziano la forte competizione esistente tra Milano e Pavia in un momento in cui Ticinum si avviava ad imporsi come vera capitale del regnum langobardorum.

La figura storica di Ivenzio, contemporaneo di Ambrogio, fondatore di una basilica nella quale riposavano le reliquie dei martiri milanesi, successore del primo vescovo evangelizzatore di Pavia – sul quale erano sopravvissute poche notizie leggendarie – si adattava con maggiore duttilità alle necessità della Chiesa pavese. Per evidenziare il primato di Pavia su Milano ad Ivenzio fu attribuita la prima organizzazione dell‘ecclesia milanese, anticipando così di tre secoli il suo episcopato. Le vicende della vita del fondatore Siro restavano, invece, ancora poco caratterizzate. A questa prima

409 A.M.ORSELLI, La città altomedievale cit., pp. 289-292. 410 Ibidem, p. 292.

fase della leggenda agiografica di Siro è possibile ricondurre la redazione dell‘Ymnus sanctorum

Syri et Iventii (BHL 7977b) tradito dal manoscritto di San Gallo (Stiftsbibliothek 566).

Nell‘arco dell‘VIII secolo si andava, però, imponendo la particolare attenzione dedicata alla storia delle origini del proprio seggio episcopale, radici tanto più prestigiose quanto più potevano esser ricondotte all‘età apostolica e ai discepoli di Cristo, tra i quali spiccava il princeps

apostolorum Pietro. Tale indirizzo era stato brillantemente inaugurato a Ravenna nel VII secolo,

quando la legittimità delle pretenzioni all‘autocefalia della Chiesa ravennate furono giustificate anche grazie al ricorso ad un testo agiografico che provava il diretto legame del fondatore della sede episcopale con l‘apostolo Pietro, dal quale Apollinare era stato investito della propria missione di evangelizzazione.411 Il successo di tale formula agiografica fu evidente sul finire di secolo quando la leggenda marciana si impose ad Aquileia trovando spazio nelle produzioni letterarie dei maggiori intellettuali italici.

Il cambio della dinastia al potere e il nuovo favore di cui Milano godeva a spese dell‘ex-capitale longobarda costringevano inoltre Pavia a riorganizzare i propri argomenti per tentare di riacquistare la perduta posizione di preminenza nella gerarchia delle città del Nord Italia. La strategia vincente per affermare non solo l‘indipendenza della sede episcopale pavese dalla cattedra ambrosiana, ma anche la superiorità di Pavia su Milano fu individuata in una convinta retro-datazione degli episcopati di Siro ed Ivenzio all‘età apostolica: i due vescovi divennero così i discepoli di Ermagora, a sua volta discepolo dell‘evangelista Marco, i cui legami con Pietro erano stati celebrati secoli addietro nell‘Historia Ecclesiastica di Eusebio-Rufino. Tale operazione permetteva di trasformare Siro ed Ivenzio in due personaggi chiave per la storia ecclesiastica di Milano stessa: contemporaneo dei martiri ambrosiani, il protovescovo pavese diventava l‘anticipatore di Ambrogio e il suo secondo successore Ivenzio il primo organizzatore della comunità cristiana di Milano, che restò sotto la sua supervisione per tutti i suoi anni di episcopato. La sintetica notitia dedicata al vescovo Pompeo suggerisce che l‘organizzazione della memoria ecclesiastica della città era un processo già avviato al punto che lo stesso agiografo non poté espungere dalla sua narrazione il poco significativo successore di Siro.

L‘accento posto sulla fondazione del seggio episcopale, sui temi dell‘evangelizzazione e sulla relazione, sebbene indiretta, di Siro con il princeps apostolorum provocarono l‘inversione di peso tra i primi due vescovi pavesi: Ivenzio divenne un prestigioso episcopus dei primi tempi cristiani della città, ma la sua figura fu spinta nel cono d‘ombra del suo pater Siro, colui che lo aveva inviato

a Milano alla ricerca delle reliquie dei martiri ambrosiani e che lo aveva designato quale suo secondo successore sulla cattedra episcopale cittadina.

L‘investimento della Chiesa pavese sulla figura di Siro fu indubbiamente coronato da successo: il santo si sarebbe, infatti, imposto come il patrono prima dell‘ecclesia Ticinensis e, secoli dopo, dell‘intera città. Il successo fu peraltro rapido: solo pochi decenni dopo le reliquie di Siro furono trasferite dalla basilica extra-muranea intitolata ai santi Gervasio e Protasio nella Cattedrale di Santo Stefano, destinata a prendere il suo nome. Il sermo compilato per narrare le vicende relative alla translatio appare marcato da necessità differenti da quelle veicolate dalla Vita sanctorum Syri et

Iventii, tra le quali il bisogno di affermazione su Milano non appare più il fine principale:

l‘operazione di traslazione divenne così l‘exemplum mirato a dimostrare la capacità d‘intercessione del santo a favore della sua comunità e la potenza divina insita nelle sue reliquie. Il fermento intellettuale che fu la conseguenza della decisione di Lotario di istituire proprio a Pavia la principale scuola del regnum, e la scelta di porre tale schola sotto la direzione del monaco irlandese Dungal, originario di Corbie, crearono indubbiamente le condizioni per la formazione di tutta una generazione di chierici pavesi perfettamente informati delle dispute teologiche e dottrinali discusse nel cuore dell‘Impero carolingio e dunque particolarmente sensibili alle tematiche più specificatamente transalpine. I risultati dell‘impronta lasciata a Pavia da Dungallo sono evidenti nella Translatio sancti Syri: le rivendicazioni politiche che avevano costituito la linfa della Vita

sanctorum Syri et Iventii si mutarono nella Translatio in rivendicazioni dottrinali in linea con la

politica anti-iconoclastica degli imperatori. Ancora una volta, la duttilità del documento agiografico dimostra come esso si sia sempre prestato alla canalizzazione ed espressione di messaggi politico- ecclesiastici spesso diretti ben al di là dei confini della città, verso città rivali nella competizione per il primato gerarchico tra centri urbani concorrenti, verso i vertici del potere, dai quali la sazione di tale primato dipendeva e verso gli eventuali scettici o eterodossi convinti che penitus nihil inter

5. Venetia et Histria.L‟agiografia come materiale sussidiario alla risoluzione