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5. Venetia et Histria.L‟agiografia come materiale sussidiario alla risoluzione della lite per il patriarcato tra Aquileia e Grado

5.1. Alle origini dello scisma (VI VIII secolo)

Gran parte di quanto conosciamo sullo scisma aquileiese-gradese nel VI secolo, vista l'esiguità delle fonti per i secoli VI-VIII, si riduce alle tre lettere dirette dal papa Pelagio II (579-590) al patriarca Elia nel 585-586 e alle notizie che si possono trarre dal corpus epistolare, il celebre

Registrum, di Gregorio Magno.412 La prospettiva che esse ci offrono sullo scisma è ovviamente quella dei pontefici romani, dunque un punto di vista ostile da tempo alla cattedra aquileiese che si era schierata contro la condanna dei Tre Capitoli voluta dall'imperatore Giustiniano nel 543 e ratificata successivamente, ma non senza difficoltà, da papa Vigilio (538-555). Le vicende all'origine dello scisma ci sono così tramandate da fonti narrative molto successive ai fatti: la narrazione di Paolo Diacono fissò su pergamena quella che verosimilmente era la memoria orale dei fatti relativi all'origine dello sdoppiamento del patriarcato tra Aquileia e Grado.

L'invasione longobarda dell'Italia nord-orientale nel 569 fu l'elemento scatenante la fuga dell'allora patriarca aquileiese Paolino nel castrum di Grado.413 Paolino portò con sé il tesoro della

412 Le lettere di Pelagio II sono anch'esse pubblicate in appendice nel secondo tomo degli MGH dedicato al Registrum di Gregorio Magno, vd. GREGORIUS I PAPA, Registrum epistolarum, ed. P.EWALD –L.HARTMANN, MGH Epistolae, II, pp. 442-467.

413 Per una sintesi della storia della Chiesa di Aquileia vd. G.FEDALTO, Aquileia. Una Chiesa due Patriarcati, Roma, 1999; su Aquileia tardoantica vd. C.SOTINEL, Identité civique et Christianisme. Aquilée du IIIe au VIe siècle, Roma,

Chiesa, che comprese probabilmente le reliquie dei santi, come ricordano Paolo Diacono e gli atti del concilio mantovano dell'827.414 Come ben sottolinea Paolo Cammarosano, la traslazione del tesoro della Chiesa aquileiese, insieme alla fondazione di una nuova basilica con annesso palazzo episcopale, testimonia la volontà di mantenere la continuità della sede metropolitica, che si trovava così trasferita in territorio sotto controllo bizantino, seppur vicinissima ad Aquileia. Il castrum di Grado era allora una chiesa pievana che, se prestiamo fede agli atti del concilio mantovano, fu la residenza estiva dei patriarchi nei mesi in cui la calura ad Aquileia si faceva insopportabile.415 Un

castrum, quello di Grado, che tuttavia rappresentava già un importante centro ecclesiastico: nel VI

secolo l‘isola vantava diversi edifici religiosi, tra i quali una chiesetta, individuata sotto il piano dell‘attuale basilica di Sant‘Eufemia, un battistero, la poco lontana basilica di Santa Maria iniziata già nel IV secolo e la basilica riportata alla luce dalle campagne di scavo del secolo scorso in Piazza della Vittoria.416 Non è inverosimile pensare che l‘importanza acquisita dall‘isola di Grado nel VI secolo sia in gran parte dovuta al suo ruolo di avamposto strategico bizantino durante la guerra greco-gotica. Le possibilità di difesa offerte dal castrum gradese spinsero i patriarchi di Aquileia a scegliere l‘isola, maggiormente protetta contro le incursioni longobarde sulla terraferma, come nuova residenza. La Chiesa aquileiese non decadde tuttavia di importanza, tanto che proprio a Grado fu convocato nel 579 un concilio che riunì vescovi, preti e diaconi della Venetia et Histria nell'appena consacrata basilica di Sant'Eufemia417.

Alla morte del patriarca Severo nel 607, salì sul soglio patriarcale Marciano, che resse la cattedra per poco più di tre anni.418 Nel 610 a Giovanni, neo-eletto patriarca tricapitolino, la parte avversa, appoggiata da Bisanzio, contrappose Candidiano, consacrato a Grado da tre vescovi istriani. Ebbe

2005; sulle vicende che portarono allo scisma tra Aquileia e Grado tra VI e VII secolo vd. P.CAMMAROSANO, Aquileia

e Grado nell'Alto Medioevo, in Aquileia e l'arco adriatico, Udine, 1990, pp. 129-155 [AAAd 36].

414PAULUS DIACONUS, Historia Langobardorum, ed. L.CAPO, p. 88: Aquileiensi quoque civitati eiusque populis beatus

Paulus patriarcha praeerat. Qui Langobardorum barbariem metuens, ex Aquileia ad Gradus insulam confugiit secumque omnem suae thesaurum ecclesiae deportavit. In maniera più elaborata, ma con le stesse parole nella sinodo

mantovana, cfr. Concilium Mantuanum, MGH Concilia Aevi Karolini, II, p. 585: Relatum igitur a nonnullis est in

eadem synodo, quod eo tempore, quo Longobardi Italiam invaserant, Romanam aecclesiam vir sanctissimus Benedictus papa regebat, Aquileiensi quoque civitati eiusque populo Paulus patriarcha preerat, qui, Longobardorum barbariem et immanitatem metuens, ex civitate Aquileiensi et de propria sede ad Gradus insulam, plebem suam, confugiens omnemque thesaurum et sedes sanctorum Marci et Hermachorae secum ad eamdem insulam detulit idcirco, non ut sedem aut primatum aecclesiae suaeque provintiae construeret inibi, sed ut Barbarorum rabiem possit evadere.

415 Sinodo mantovana, in Documenti relativi alla Storia di Venezia, I, p. 89: Pontifices adhuc Aquileia in civitate stantes

sexto miliario in loco, qui Gradus nuncupatur, munitionem quamdam construxerunt, in qua etiam Dei aecclesias mirifice fabricaverunt, quatinus aestivo tempore ibi degentes Aquileiae pontifices possint ardorem aestatis evadere.

416 G.BRUSIN,P.L.ZOVATTO, Monumenti paleocristiani di Aquileia e di Grado, Udine, 1957.

417 Gli atti della sinodo gradense sono pubblicati insieme a gran parte dei documenti relativi ai patriarcati di Aquileia- Cividale, Grado e al ducato di Venezia in Documenti relativi alla storia di Venezia anteriori al Mille, R.CESSI (a cura di), I, Secoli V-IX, Padova, 1942, pp. 7-13 [Testi e documenti di Storia e Letteratura latina medievale, 1].

418 Per la serie e la cronologia dei patriarchi aquileiesi, comune fino al 610 per poi dare origine a due liste episcopali concorrenti per il patriarcato di Aquileia-Cividale e Aquileia-Grado, vedi J.-CH.PICARD, Le souvenir des évêques cit., in particolare pp. 735-737.

così origine lo scisma istituzionale tra Grado e Aquileia: il patriarca Giovanni si rifugiò allora in territorio sotto controllo longobardo, prima nell'antica sede di Aquileia, poi a Cormóns, e infine a Cividale, capitale del ducato del Friuli. Gli equilibri politici così istituiti durarono senza grandi scossoni per tutto il VII secolo: il patriarca di Aquileia, installato in terra longobarda, mantenne la sua posizione in difesa dei Tre Capitoli condannati da Giustiniano, mentre il patriarca di Grado abbracciava la posizione romano-bizantina. Solo nel 698, o poco dopo, lo scisma tricapitolino si ricomponeva e per celebrare la ritrovata comunione con Roma il sovrano longobardo Cuniperto riuniva a Pavia una sinodo ricordata dal celebre Carmen de synodo ticinensi.419

È a Grado, così, che Eraclio inviò la cattedra di san Marco evidenziando con il dono la convinzione locale dell'apostolicità della Chiesa di Aquileia. Difficile sapere se la tradizione della fondazione marciana fosse già affermata o si stesse formando e radicando in quegli anni: è utile tuttavia notare che già nel VII secolo possono essere rintracciati indizi della formazione di una leggenda che tanto peso avrà nello sviluppo successivo del patriarcato aquileiese.

Nel 731 a Roma papa Gregorio III (731-741) condannava l‘eresia iconoclasta di Leone III Isaurico, incrinando la tradizionale alleanza tra Impero e Papato. I sovrani longobardi – confidando nell‘improbabilità di un forte intervento imperiale – tornarono a farsi aggressivi e nel 751 Astolfo occupò in maniera definitiva le terre dell'esarcato di Ravenna.

Orfani della difesa militare assicurata in passato dagli imperatori bizantini, i papi volsero lo sguardo oltralpe, verso l'emergente potenza franca. A Ponthion nel 754 si saldò la nuova alleanza: Pipino si impegnava a difendere, da allora in avanti, le terre e i diritti di San Pietro e ad intervenire militarmente contro i Longobardi per ottenere la restituzione dell'Esarcato e della Pentapoli. Poco più di vent'anni dopo Carlo Magno entrava a Pavia e riuniva nella sua persona la corona dei Franchi e quella dei Longobardi.