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2. Milano: l‟affermazione di una capitale declassata

2.2. L‟età carolingia: Milano “città ambrosiana” (774-881)

Il primo incontro tra Carlo Magno e l‘alto clero milanese non fu probabilmente esente da tensioni: una leggenda, documentata nel Sermo beati Thomae episcopi Mediolani compilato verosimilmente nel X secolo, testimonia la resistenza della Chiesa di Milano alla richiesta del sovrano franco di uniformarsi alla liturgia romana. Solo il ricorso ad un‘ordalia avrebbe dimostrato la pari dignità del rito ambrosiano permettendo alla Chiesa milanese di conservare le proprie tradizioni liturgiche.71 Superata la diffidenza del primo incontro, l‘episcopato ambrosiano trovò in Carlo Magno l‘interlocutore ideale per il rilancio della cattedra cittadina e per l‘affermazione dell‘autorità metropolitana, a lungo offuscata dalla preminenza della concorrente Pavia.

Il favore immediato che la cattedra episcopale milanese incontrò presso il nuovo sovrano franco fu probabilmente uno dei moventi che spinsero il benestante Totone da Campione a mettersi, già nel 777, sotto la protezione dell‘arcivescovo Tommaso. Come suggerisce Stefano Gasparri si trattò di una ‗scelta lungimirante‘ vista la predilezione – della quale dovevano già essere leggibili i primi segni – che tutti i re della dinastia dimostrarono per Milano ed in particolare per sant‘Ambrogio.72 La politica di valorizzazione della città trovava in Tommaso un convinto patrocinatore. Tra le iniziative promosse dal metropolita deve essere annoverato l‘impulso dato al culto dei santi locali anche attraverso la ristrutturazione di edifici sacri a questi intitolati: la basilica di San Calimero, restaurata dal‘arcivescovo Lorenzo I in età tardo-antica, fu oggetto di un importante programma di

71 Sermo beati Thomae ep. Mediolani, ed. A.G-COLOMBO, RIS2, I, 2, pp. 90-95. Sulla vicenda vd. E.CATTANEO,

Sant‟Eugenio vescovo e il rito ambrosiano, «Ricerche Storiche sulla Chiesa Ambrosiana» I (1970), pp. 30-43; ID., La tradizione e il rito ambrosiano nell‟ambiente lombardo medievale, in Ambrosius episcopus. Atti del convegno internazionale di studi ambrosiani nel XVI anniversario dell‟elevazione di sant‟Ambrogio alla cattedra episcopale (Milano, 2-7 dicembre 1974), G.LAZZATI (a cura di), II, Milano, 1976, pp. 5-47 [Studia patristica Mediolanensia, 7].

72 Il testamento di Totone è stato riedito recentemente nel volume di S.GASPARRI e C.LA ROCCA, Carte di famiglia.

Strategie, rappresentazione e memoria del gruppo familiare di Totone di Campione (721-877). Roma, 2005, pp. 323-

restauro promosso dall‘arcivescovo, come testimonia l‘epigramma mutilo dedicato al vescovo delle origini e conservato oggi nella cripta dell‘edificio.73

Come in molte altre città del regnum, alla morte di Tommaso, è un monaco probabilmente di origine franca ad essere elevato al soglio episcopale: con l‘ordinazione di Pietro (783 ca - 803 ca) la politica ecclesiastica milanese di promozione del culto di Ambrogio registrò una decisa accelerazione: già nel 784 l‘arcivescovo procedeva alla fondazione di un monastero presso la basilica ambrosiana, dove era sepolto il santo dottore milanese insieme ai martiri Gervasio e Protasio.74 Solo qualche anno dopo, nel 789, con un solenne diploma, Pietro dotava il cenobio dei beni necessari al sostegno della vita della comunità monastica, mentre venivano fissati i compiti dei monaci, tra i quali spiccava la preghiera mirata ad ottenere la protezione di Ambrogio e dei martiri da lui ‗inventati‘.75 L‘arcivescovo, che poteva vantare stretti legami con la corte di Carlo Magno e in particolar modo con l‘anglosassone Alcuino, ottenne già nel 790 un diploma da parte del sovrano franco e di suo figlio Pipino a conferma delle dotazioni del monastero insieme al riconoscimento di Ambrogio come uno dei patroni della costruzione politica carolingia.76 Il coinvolgimento dell‘arcivescovo milanese nella politica ecclesiastica carolingia è testimoniato dall‘intervento di Pietro al concilio di Francoforte del 794 e dalla confutazione, in concerto con il patriarca di Aquileia Paolino, della dottrina adozionista.77 Agli anni di episcopato di Pietro deve essere ricondotta anche la personalità di Dateo, primo arciprete della cattedrale di cui ci sia giunto il nome.78

Tra i sottoscrittori del testamento di Dateo compare il diacono Odelperto che potrebbe essere identificato con il futuro metropolita di Milano, succeduto nell‘803 all‘arcivescovo Pietro.79 Un milanese, dunque, del quale tuttavia non si sono conservate molte informazioni con l‘eccezione del

Liber de baptismo, libellum ordinato in 22 capitoli redatto in risposta all‘inchiesta lanciata da Carlo

Magno per conoscere le pratiche battesimali delle Chiese situate nei confini del suo impero. Gli

73 Il testo mutilo è pubblicato in ICUR,ed. G.B.DE ROSSI, II, p. 178.

74 Per la prima attestazione del monastero di Sant‘Ambrogio nel 784 vd. Il Museo Diplomatico dell‟Archivio di Stato di

Milano, A.R.NATALE (a cura di), I, 1, Milano, 1968, n. 28. Sulla fondazione del cenobio vd. A.AMBROSIONI, Per una

storia del monastero di S. Ambrogio, «Ricerche Storiche sulla Chiesa Ambrosiana» IX (1980), pp. 291-317; sulla storia

del monastero nei secoli IX e X vd. G. ROSSETTI, Il monastero di S. Ambrogio nei primi due secoli di vita, in Il monastero di S. Ambrogio nel Medioevo. Convegno di studi nel XII centenario: 784-1984 (Milano, 5-6 novembre 1984), Milano, 1988, pp. 20-34.

75 Il documento è pubblicato in Il Museo Diplomatico cit., n. 30.

76 Il documento di Carlo Magno è edito in Il Museo Diplomatico cit., n. 31 (= MGH Dipl. Kar. I, n. 164). 77 MGH Concilia Aevi Karolini, I, pp. 130-142.

78 Di Dateo si è conservato il celebre testamento che provvedeva all‘istituzione di un brefotrofio nei pressi della cattedrale, vd. CDL, ed. G. PORRO LAMBERTENGHI, n. 61.

79 L'attestazione nella documentazione di un Odelperto prima suddiacono nel 777, poi diacono nel 787 ed infine prete nel 789 sembra chiarire le tappe della scalata della gerarchia ecclesiastica cittadina che portò, infine, Odelperto alla cattedra episcopale (cfr. Il Museo Diplomatico cit., n. 25, 30 e CDL, ed. G.PORRO LAMBERTENGHI, n. 61).

anni di episcopato di Odelperto coincidono, in effetti, con una fase di forte ed attiva elaborazione della liturgia, come testimoniato da alcuni codici manoscritti databili al periodo in cui sedette sulla cattedra milanese.80 A questo momento storico risale, inoltre, l‘unico documento originale conservatosi per Milano per i secoli anteriori al Mille.81

A partire dall‘813 è attestato l‘arcivescovo Anselmo. La morte di Carlo Magno e le complicate vicende legate alla ribellione di Bernardo toccarono in prima persona il metropolita milanese, uno dei praeclari et nobiles viri che si schierò apertamente con il figlio illegittimo di Pipino d‘Italia.82 Condannato a morte, pena poi commutata nella reclusione a vita in monastero, Anselmo fu deposto dalla sua carica episcopale nell‘818 e, forse, rinchiuso nello stesso cenobio ambrosiano. Nessuna attestazione certa si è conservata, invece, per l‘episcopato di Bono, che sedette sulla cattedra milanese tra l‘818 e l‘822.

La documentazione sulla storia ecclesiastica di Milano comincia ad infittirsi a partire dall‘episcopato del franco Angilberto I che, tuttavia, restò in carica solo un anno (822-823). È possibile che la sua nomina fosse stata caldeggiata da Lotario stesso allo scopo di controllare l'importante sede metropolitana milanese che solo pochi anni prima era stata direttamente coinvolta nella ribellione di Bernardo.83 Al suo breve periodo deve essere ricondotta l‘inaugurazione del processo di restaurazione della cattedrale iemale di Santa Maria Maggiore nell‘area dell‘antica basilica di epoca ambrosiana accanto alla più imponente Santa Tecla, la cattedrale estiva. Nella stessa Santa Maria Maggiore, Angilberto si fece seppellire inaugurando una nuova tradizione nelle sepolture episcopali milanesi.84

L‘episcopato del suo successore, anch‘egli di probabile origine franca, Angilberto II (824-859), segna l‘apice del periodo carolingio per la città di Milano. Pur di provenienza transalpina, è assai verosimile che il nuovo arcivescovo fosse residente in città già da qualche tempo e probabilmente prossimo all'entourage del suo predecessore.85 Presente a Mantova in occasione del concilio dell‘827 in cui si risolveva, sebbene solo provvisoriamente, l‘antica querelle tra le concorrenti sedi

80 Cfr. M.FERRARI, Manoscritti e cultura, in Milano e i Milanesi cit., pp. 241-275, in particolare vd.

81 Il diploma di Odelberto risale all‘anno 806 e in esso l‘arcivescovo concedeva all‘abate di Sant‘Ambrogio Aregauso il possesso dell‘oratorium Sancti Vincentii con la clausula tuttavia che questo restasse di proprietà della Chiesa milanese e non del monastero, cfr. Il Museo Diplomatico cit., n. 38.

82 Cfr. Annales Regni Francorum, MGH SRG in usum scholarum, VI, pp. 147-148.

83 Vd. G.ROSSETTI, Società e istituzioni nel contado lombardo durante il Medioevo. Cologno Monzese, I, Secoli VIII- X, Milano, 1968, pp. 84-88.

84 J.-CH.PICARD, Le souvenir des évêques cit., pp. 94-95.

85 In questa direzione sembra di poter leggere la dichiarazione dell'arcivescovo, risalente all'859, rispetto alla discussa concessione da parte di Angilberto I al proprio vassus Lupo di alcuni beni in Cologno che appartenevano al monastero di S. Ambrogio. Angilberto II dichiarò di aver udito in quell'occasione i monaci bussare alla porta dell'episcopato per chiedere giustizia (cfr. G.ROSSETTI, Società e istituzioni nel contado lombardo cit., pp. 82, 87; Il Museo Diplomatico cit., n. 101).

episcopali di Cividale e Grado, Angilberto II è uno dei maggiori protagonisti della storia politico- ecclesiastica dell‘ex regnum langobardorum negli anni del governo italico di Lotario e nel primo periodo di regno di Ludovico II. Fu lui a convocare nell‘842 un concilio provinciale nella basilica ambrosiana, ricoprì il ruolo di missus dominicus nell‘844 e fu, infine, animatore delle quattro sinodo che si tennero a Pavia tra 845 e 855.86 Particolarmente solerte nel proprio impegno pastorale e nel programma di valorizzazione e correzione della vita monastica, Angilberto II dimostrò un grande interesse per le fondazioni cenobitiche cittadine, in modo particolare per la basilica e il monastero di Sant‘Ambrogio. La preoccupazione per il rispetto della regola benedettina portò l'arcivescovo ad intervenire ripetutamente nella scelta dell'abate del monastero, malgrado i due documenti fondatori del 789 e del 790 prevedessero che l'elezione del superiore avvenisse all'interno della famiglia monastica secondo i criteri stabiliti dalla regula Benedicti. Così il quarto abate del cenobio, Gaudenzio (835-842), che era già stato posto a capo del monastero di San Vincenzo da poco fondato dallo stesso Angilberto II, fu trasferito per volontà dell'arcivescovo nel prestigioso cenobio ambrosiano. I suoi successori furono, invece, scelti tra l'alto clero della cattedrale: si tratta dell'arciprete Rachiberto, il cui abbaziato fu di breve durata (843-844) e di Andrea (844-851) che è forse possibile identificare con l'omonimo arcidiacono che figura tra i sottoscrittori di un diploma dell'843.87 La devozione di Angilberto II per il santo doctor milanese emerge dalla documentazione epigrafica coeva, così come è evidente nell'ammirazione che ancor oggi suscita il tema iconografico scelto per l'abside della basilica ambrosiana insieme a quello inciso mirabilmente da Wolvino sul celebre altare d'oro le cui formelle illustrano episodi della vita di Ambrogio.88 L'arcivescovo franco ordinò, infatti, la ricognizione delle reliquie del santo episcopus milanese e dei martiri da lui 'inventati' che furono così tolte dai sepolcri originari per essere collocate in un'unica urna di porfido posta sotto l'altare principale della basilica.89 Al suo episcopato deve essere inoltre ricondotta la fondazione di San Vincenzo in Prato, al quale unì il cenobio di San Pietro di Mandello. Nel frattempo, nell‘836, furono ultimati i lavori nella nuova basilica di Santa Maria Maggiore che fu infine solennemente dedicata. La solerzia per l‘ordinamento della vita monastica si risolse, nell‘840 circa, nella convocazione a Milano dei monaci Leudegario e Ildemaro, probabilmente provenienti

86 Cfr. M.NAVONI, Dai Longobardi ai Carolingi cit., pp. 104-106. Angilberto II veste i panni di missus dominicus

imperatoris insieme al conte Giovanni durante il placito dell'844 nel quale venne discussa la causa intercorrente tra il

monastero di Sant'Ambrogio e Teutperto di Vimercate (cfr. I placiti del Regnum Italiae, C.MANARESI (a cura di), I, n. 48, pp. 156-160 [Fonti per la Storia d‘Italia, 92]).

87 M.TAGLIABUE, Cronotassi degli abati di S. Ambrogio nel Medioevo, in Il monastero di S. Ambrogio cit., pp. 279- 280, vd. inoltre le utili schede pp. 290-296. Per il citato diploma dell'843 vd. Il Museo diplomatico cit., n.73.

88 MGH Epist. V, p. 532;

89 Per una presentazione più esaustiva dei temi iconografici dell'altare di Wolvinio e del mosaico absidale della basilica ambrosiana vd. S. BANDERA, L'altare d'oro di Sant'Ambrogio, Milano, 1995; L'altare d'Oro di Sant'Ambrogio, C. CAPPONI (a cura di), Milano, 1996.

da Corbie. I due furono incaricati della riforma di diversi cenobi della diocesi milanese e furono successivamente ‗prestati‘ al vescovo di Brescia Ramperto per la riforma di San Faustino Maggiore. La loro carriera sembrerebbe concludersi a San Pietro di Civate, dove Leudegario fu nominato abate nell‘844.90 Angilberto II fu, poi, protagonista di diverse traslazioni di corpi santi: in particolare il trasferimento delle spoglie di san Calocero di Albenga, diocesi suffraganea di Milano, al monastero di Civate e la traslazione delle reliquie di san Quirino e Nicomede nel cenobio di San Vincenzo in Prato. I corpi dei santi giunsero tuttavia anche da Roma, come testimonia l'arrivo dei pignora dei santi Primo e Feliciano inviate dal papa e sistemate dall'arcivescovo a Leggiuno e Milano.91 L'interesse del metropolita per le reliquie di santi non toccò esclusivamente la diocesi milanese: grazie alla sua donazione, il presule di Vercelli Notingo – anch'egli un transalpino la cui carriera si dispiega principalmente sul territorio italico come nel caso di Angilberto II – riceveva le reliquie del vescovo armeno Aurelio che sarebbero state trasferite oltralpe nel monastero di Hirsau, nelle terre di proprietà della famiglia di Notingo.92

I successori di Angilberto II furono nuovamente reclutati nel clero cittadino: l‘episcopato di Tadone che sedette sulla cattedra milanese tra 860 e 868 è poco documentato,93 tuttavia in quegli anni è attestato, con la carica di arcidiacono, Ansperto, verosimilmente un ecclesiastico di estrazione locale, che succedette a Tadone nell‘868. Celebre per l‘ampio programma di rinnovamento edilizio della città di Milano, mirato agli edifici sacri e civili, Ansperto fece edificare una chiesa e un ospizio intitolati a Satiro, il fratello laico del patrono dell‘ecclesia Mediolanensis, Ambrogio. Personalmente legato a Ludovico II, il metropolita ambrosiano rivendicò con forza le spoglie dell‘imperatore carolingio morto in territorio bresciano: ottenuta la salma del sovrano, Ansperto procedette alla sua sepoltura nella basilica di Sant‘Ambrogio presso le tombe di Pipino e

90 Sul monastero di Civate e la storia delle reliquie che qui furono riunite durante l‘episcopato di Angilberto II vd. P. TOMEA, «Nunc in monasterio prefato Clavadis nostro tempore conditus requiescit». Il trasferimento di Calocero a Civate e altre traslazioni di santi nella provincia ecclesiastica di Milano e nei suoi dintorni tra VIII e X secolo, in Età romanica. Metropoli, contado, ordini monastici nell‟attuale provincia di Lecco (XI-XII secolo). Atti del convegno 6-7 giugno 2003 Varenna – Villa Monastero, C.BERTELLI (a cura di), Milano, 2006, pp. 159-189.

La presenza dei due monaci transalpini a Brescia è documentata grazie alla conservazione dell‘atto di fondazione del monastero di San Faustino Maggiore (cfr. CDL, ed. G.PORRO LAMBERTENGHI, n. 140) oltre ad essere testimoniata dal codice memoriale e liturgico di San Salvatore nel quale venivano inseriti i nomi delle personalità che avevano beneficiato la fondazione (Cfr. Der Memorial- und Liturgiecodex von San Salvatore / Santa Giulia in Brescia, MGH

Libri Memoriales et Necrologia. Nova Series, Hannover, 2000, pp. 106, 192).

91 Vd. P.FRIGERIO – S.MAZZA – P.PISONI, Il vasso Eremberto e la donazione a S. Primo di Leggiuno, «Rivista Storica Varesina» XII (1975), pp. 51-83, in particolare vedi pp. 51-58. Sulle traslazioni di reliquie promosse dall‘arcivescovo milanese Angilberto II vd. P.TOMEA, «Nunc in monasterio» cit., pp. 160-162.

92 Un racconto agiografico narra le oscure vicende della vita di Aurelio e gli avvenimenti legati al trasferimento nel cenobio ospitato nella Foresta Nera (Vita et Translatio Aurelii episcopi armeni (BHL 819), AASS Novembris IV, pp. 134-137); per una presentazione esaustiva del testo e della sua tradizione manoscritta vd. T.KLÜPPEL, Reichenauer Hagiographie zwischen Walahfrid und Berno, Sigmaringen, 1980, p. 26-42.

93 Si è tuttavia conservato un bel carmen di Sedulio che saluta in tono encomiastico il ritorno di Tadone a Milano (cfr. MGH Poetae Latini Aevi Carolini, III, p. 236).

Bernardo. Fu proprio l‘arcivescovo ambrosiano a coronare, poi, a Pavia, nell‘875, Carlo il Calvo quale nuovo re d‘Italia. Le vicende relative all‘eredità del sovrano carolingio, morto nell‘877, coinvolsero Ansperto provocando la rottura con il pontefice romano: nell‘878 il metropolita milanese veniva scomunicato e richiamato a Roma. Il rifiuto opposto all‘ingiunzione di presentarsi al cospetto di Giovanni VIII (872-882) esacerbò il contrasto che culminò nella dichiarazione di destituzione dalla carica episcopale. I provvedimenti presi dal detentore della cattedra petrina restarono, però, carta morta e Ansperto conservò il suo ufficio riuscendo, infine, a riappacificarsi con il papa nell‘881 in seguito all‘incoronazione di Carlo il Grosso: nella lettera di Giovanni VIII diretta ad Arderico, abate del monastero intitolato ai SS. Gervasio e Protasio, la Chiesa milanese veniva per la prima volta ufficialmente definita ―Ambrosiana‖, segnando l‘inizio di una nuova epoca dell‘ecclesia Mediolanensis.94

Il IX secolo fu indubbiamente un momento capitale della storia della Chiesa di Milano: l‘autorità del metropolita milanese si era sensibilmente rafforzata, così come il suo prestigio era stato decisamente accresciuto grazie al felice connubio con i sovrani franchi. Come incisivamente afferma Annamaria Ambrosioni l'arcivescovo di Milano era riuscito nell'arco del primo secolo di dominazione carolingia ad imporsi come il primo dei proceres ecclesiastici del regno.95 Tale comunione di intenti si tradusse nella promozione, anche al di là dei confini della diocesi, della riforma ecclesiastica e sociale caldeggiata dai sovrani della nuova dinastia al potere. L‘allineamento sulle posizioni promosse dai Carolingi non significò tuttavia l‘appiattimento della tradizione milanese; al contrario, proprio l‘annessione del regnum langobardorum alla nuova costruzione politica di Carlo Magno costituì l‘occasione per la presa di coscienza del proprio particolarismo, la cui origine venne identificata in Ambrogio. Un intellettuale del calibro di Walafrido Strabone avrebbe riconosciuto nell‘840 la peculiarità ecclesiastica milanese ricordando nel suo Libellus de

exordiis et incrementis quarumdam observationibus ecclesiasticis rerum come fosse stato il

vescovo Ambrogio ad organizzare non solo la liturgia della messa, ma anche quella di tutti gli altri offici, per l‟ecclesia Mediolanensis e per tutte le altre Chiese della Liguria; la tradizione da lui inaugurata sarebbe stata rispettata nei secoli fino all‘epoca presente.96

94 Vd. Registrum Iohannis VIII, MGH Epistolae, VII, n. 269: Giovanni VIII, che ricorre abitualmente alla formula

sancta Mediolanensis ecclesia, introduce nel documento l‘inedita espressione legatio ambrosianae ecclesiae per

definire la delegazione milanese che si era presentata al suo cospetto. Il pontefice romano testimonia, così, in maniera indiretta l‘affermazione di tale formula distintiva per la Chiesa di Milano.

95 A.AMBROSIONI, Gli arcivescovi cit., p. 101.

96 WALAFRIDUS STRABO, Libellus de exordiis et incrementis quarundam in observationibus ecclesiasticis rebus, MGH,

Un altro ambito è ugualmente marcato dall'innegabile successo della politica dei metropoliti milanesi: quest'ultimi riuscirono, nell'arco di un secolo, a unire tutte le componenti cittadine intorno alla figura dell'arcivescovo. Persino nel momento di maggior disgrazia, scomunicato dal papa e deposto, Ansperto fu spalleggiato dal proprio clero e dal popolo, mentre la fazione che lo avversava fu costretta ad abbandonare la diocesi.97 La coesione della città attorno ad Ansperto è efficacemente simboleggiata dalle porte chiuse di Milano, asserragliata dentro quelle mura che proprio il metropolita aveva voluto restaurare e che rimasero inesorabilmente serrate davanti agli inviati di Giovanni VIII.98 La stessa progressiva maggior partecipazione dei suffraganei della sede ambrosiana alle sinodo convocate dagli arcivescovi milanesi evidenzia il recuperato esercizio di quella giurisdizione metropolitana che era stata ridimensionata durante i secoli di dominazione longobarda.

Persino in campo culturale Milano accrebbe il proprio prestigio nel primo periodo carolingio: alcuni dei manoscritti studiati da Mirella Ferrari – tra i quali spicca il codice segnato Arch. Capitolare S. Ambr. M 15 allestito in uno scriptorium della Renania o Francia nord-orientale nel primo terzo del IX secolo e giunto a Milano entro la metà dello stesso secolo – testimoniano l'intensità dei contatti tra Milano, le regioni centrali dell'Impero e la stessa corte di Aquisgrana.99 La produzione libraria legata ai primi decenni di vita del monastero di Sant'Ambrogio appare, inoltre, sensibile a motivi tipicamente irlandesi che potrebbero indicare la presenza presso la basilica di copisti insulari.100 Tali iniziative ben si sposano con le notizie relative all'impegno per il rilancio culturale della città promosso dall'instancabile Angilberto II: l'arcivescovo si impegnò per migliorare il livello della scuola cattedrale, non esitando anche in questo caso, ad importare libri e

magistri.101 Al suo episcopato deve infatti essere ricondotta l'approdo a Milano della monumentale

dispositionem officiorum suae ecclesiae et aliis Liguribus ordinavit, quae et usque hodie in mediolanensi tenetur ecclesia.

97 L'arcidiacono Anselmo, ligio alle disposizioni papali, lottò per rendere effettiva la deposizione di Ansperto, come emerge dalla lettura delle più tardive lettere di Giovanni VIII, tuttavia la sua iniziativa non ebbe alcuna risposta da parte