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MAGNESIA SUL MAEANDRO

MP 18 L'agorà di Magnesia al Maeandro

99 provengono due esemplari di statue femminili del tipo c.d. Pudicitia91. Le statue, oltre ad essere

riconducibili alla medesima tipologia (II), sono straordinariamente somiglianti anche dal punto di vista stilistico, benchè l’una (catalogo nr. 13) sia consistentemente più piccola dell’altra (catalogo nr. 14): si tratta in effetti di oggetti di notevole qualità artistica, riscontrabile in particolare nell’accuratissima e ricca resa del panneggio. Lo stato di conservazione è piuttosto buono in entrambi i casi, benchè la statua nr. 13 risulti danneggiata per quanto riguarda le mani oltre che per via della mancanza del volto ritratto che tuttavia, sulla base di quanto possiamo riscontrare nell’esemplare gemello, doveva essere piuttosto idealizzato; la statua 14, invece, manca completamente del braccio destro e della mano sinistra ma risulta in ogni caso perfettamente leggibile nel complesso. La datazione dei due pezzi oscilla tra la gli ultimi decenni del II sec. a.C. ed i primi di quello successivo, con forse una leggera priorità della statua 13: l’orizzonte cronologico coincide dunque perfettamente con quello complessivo della tipologia di riferimento.

L’esiguità dei dati contenuti nelle relazioni di scavo e nelle pubblicazioni relative a questi ritrovamenti sono purtroppo impediscono di poter precedere ad una ricostruzione anche elementare di quello che doveva essere l’originaria collocazione ed il contesto generale relativi alle due statue. Vale tuttavia la pena ricordarne l’esistenza che attesta in questa città una diffusione del tipo piuttosto Pudicitia importante già a partire dalla tarda età ellenistica e con una destinazione, questo lo possiamo affermare con certezza, di natura onoraria. Manca, questo è vero, qualsiasi elemento relativo all’identificazione dei soggetti effigiati o all’occasione della dedica. Tuttavia non è difficile ipotizzare, data soprattutto la collocazione all’interno del complesso del pritaneo, che si trattasse di due donne appartenenti al ceto aristocratico o comunque dirigente di Magnesia, onorate per aver contribuito in qualche maniera, attraverso opere di evergetismo, l’assunzione di cariche sacerdotali o civili, allo sviluppo della vita politica della loro città. In mancanza di elementi ulteriori in merito è difficile spingersi più oltre.

Lungo il portico orientale dall’agorà si aprono invece i monumentali propilei, attraverso i quali è possibile accedere al santuario della dea cacciatrice. Sul lato opposto della piazza, giusto al centro della stoà occidentale e precisamente di fronte al grande propylon dell’Artemision, si apre uno spazio di dimesioni piuttosto importanti (5 x 8m: in realtà se paragonato con gli ambienti che si susseguono in serie lungo i porticato – probabilmente botteghe o ergasteria – risulta solo di poco più grande), affacciato sulla piazza con una architettura dorica composta di due pilastri alle pareti e due colonne centrali92. L’ambiente ha restituito ben cinque statue, di cui tre statue ritratto femminili e due

immagini di Atena: proprio il rinvenimento di questi ultimi due esemplari ha indotto i primi scavatori alla deduzione che questo spazio fosse consacrato alla dea. La stanza venne quindi definita come c.d. santuario di Atena, anche se in realtà una destinazione cultuale non risulta con sicurezza accertabile: la presenza insieme con i simulacri della dea delle statue di altre donne non smentisce di per sé (pur in

91 Vedi catalogo, nr. 13 e 14.

100 assenza di una dedica specifica di queste ultime alla divinità) l’identificazione dello spazio quale piccolo sacello. Il fatto è che, anche in questo caso, ci troviamo di fronte al quella cronica lacunosità della documentazione di scavo relativa a quest’area del sito che abbiamo già riscontrato in precedenza: le esplorazioni archeologiche furone d’altra parte condotte nell’inverno del 1890/91 secondo gli standard dell’epoca, e denotano quindi la scarsa attenzione riservata ai contesti comune ad altre indagini coeve.

La ricostruzione di quella che doveva essere la situazione originaria dell’ambiente e della collocazione esatta delle statue è dunque perlopiù frutto di ipotesi, per quanto verosimili. Gli elementi a tal fine ad ogni modo non mancano: il c.d. santuario di Atena ha infatti restituito tutte e cinque le basi relative alla statue sopra menzionate, tre delle quali recano iscrizioni estremamente rilevanti ai fini della comprensione generale del contesto oltre che della natura delle dediche.

Al centro della parete di fondo doveva essere posizionata una base piuttosto ampia, che con grande probabilità doveva ospitare la più alta delle due statue di Atena: era questa dunque l’immagine di culto di questo piccolo santuario e pertanto l’elemento cardine dell’organizzazione spaziale dell’ambiente. Davanti ad essa era collocato un tavolino marmoreo con gambe in forma di protome leonina.

Le statue femminili, due donne adulte ed una giovane fanciulla, sono quelle che sicuramente erano connesse alle basi con iscrizione: in virtù soprattutto della dimesione di queste basi e dell’ipotesi che in generale la loro posizione dovesse seguire un criterio di simmetria, si è ipotizzato che le due donne dovessero essere collocate i lati della porta d’ingresso aperta nella parete occidentale del sacello. Ai lati del simulacro principale dovevano trovare invece posto tanto la figura di fanciulla quanto la più piccola delle statue d’Atena: è possibile, secondo alcune ricostruzioni93 che queste due volgessero le

spalle alla base al centro della parete orientale.

Le statue ritratto, pur erette ciascuna su di una base propria e rappresentando ciascuna un soggetto diverso, facevano parte di un unico gruppo e costituivano una unità: per esse siamo in grado di ricostruire soggetti, committenti, destinatari e occasione della dedica nonché una precisa datazione di quest’ultima. Su questo punto tornerò più avanti. Due delle statue in questione possono essere ricondotte alla tipologia c.d. Pudicitia: si tratta al catalogo delle nr. 64 e nr. 109.

La nr. 64, realizzata in marmo grigio-bianco a grana intermedia, è alta in totale 212 cm (seza plinto 200 cm); manca della mano sinistra e di entrambe le punte dei piedi che, come spesso accade, dovevano essere lavorate separatamente. Lo schema di impostazione generale è quello proprio della tipologia II, per cui la figura poggia sulla gamba destra portando la sinistra, leggermente flessa, all’indietro e verso l’esterno; il braccio sinistro è poggiato in grembo e portato al fianco opposto, il braccio destro è alzato verso il volto e sale diagonalmente. È questo un punto piuttosto rilevante di differenza rispetto alla norma propria della tipologia di riferimento, la quale prevede che il braccio sia levato in maniera parallela all’asse della figura così che la mano vada a stringere delicatamente il velo

101 poco al di sopra della spalla della donna. In questo caso invece la mano sinistra, che pure risulta perduta, era portata probabilmente ad afferrare il manto all’incirca alla base del mento. L’himation riveste la donna fino al ginocchio e ne ricopre il capo. Caratteristico è il modo in cui esso si avvolge intorno all’avambraccio sinistro per ricadere con un lungo lembo verso il basso. Il volto della figura, probabilmento un ritratto idealizzato, è oggi perduto e rimpiazzato con una copia di quello della statua 109. In generale sono moltissime le analogie, tanto dal punto di vista tiplogico quanto dal punto di vista stilistico, che accomunano questo esemplare ai due rinvenuti nell’area del pritaneo: non fosse per la variatio relativa all’impostazione del braccio destro, si potrebbe parlare di sovrapponibilità quasi totale.

Leggermente diverso è il caso della statua nr. 109, realizzata in pietra analoga alla nr. 64 e leggermente più grande di questa. L’impostazione della figura è esattamente speculare a quella dell’esemplare sopra descritto: poggia sulla gamba sinistra, mentre la destra è leggermente flessa e portata all’indietro. Entrambe le gambe sono ben nascoste da una veste, un chitone lungo e piuttosto pesante che ricopre la figura fino ai piedi di cui dovevano sporgere le punte, oggi perdute; il ginocchio della gamba flessa si intravede appena. Sopra il chitone la donna veste l’himation che le vela il capo e scende fino al ginocchio. Per quanto riguarda gli arti superiori, il braccio destro è poggiato in grembo e portato al fianco opposto, il braccio sinistro è alzato verso il volto e sale diagonalmente. La mano sinistra, oggi perduta, era portata probabilmente alla base del mento, a stringere un lembo del velo. Il volto ritratto, inserito separatamente, presenta i capelli raccolti in piccole ciocche e tirati all’indietro. Il quadro generale è insomma quello proprio della tipologia che ho classificato come V, di cui l’esemplare in questione costituisce l’unica attestazione per quanto riguarda la statuaria: si tratta, come si è detto nei capitoli precedenti, di un tipo non dissimile dal IV, che se ne distingue però per via dell’impostazione del braccio sinistro che, anziché salire verso il volto in modo parallelo all’asse della figura, incrocia sul petto portando la mano all’incirca alla base del mento.

Insomma le due statue sono impostate in maniera del tutto speculare e simmetrica, per cui al braccio levato dell’una corrisponde quello opposto dell’altra ed alla gamba d’appoggio della prima corrisponde nella seconda quella flessa e portata all’indietro. Questo non costituisce certo una novità per quanto riguarda la tipologia Pudicitia: abbiamo visto come nel corso della fase ellenistica del tipo si diffondano una serie piuttosto numeronsa di varianti, le quali si distinguono principalmente proprio in base a criteri di questo genere: ed abbiamo notato come, per quanto riguarda i rilievi funerari ellenistici, la scelta dell’una o dell’altra sotto-tipologia da impiegare fosse guidata spesso da considerazioni relative all’insieme complessivo della raffigurazione che si voleva realizzare: laddove infatti la figura femminile di Pudicitia fosse in relazione con altri soggetti, l’organizzazione del gruppo veniva solitamente posta in essere avendo cura di salvaguardare i criteri di simmetria e di rispondenza dei volumi.

102 Il caso del c.d. santuario di Atena nell’agorà di Magnesia

costituisce un esempio di come considerazioni analoghe fossero tenute in debito conto anche per quanto riguarda la plastica a tutto tondo: se infatti è valida la ricostruzione che ho riportato poco sopra, le due statue dovevano collocarsi ai due lati dell’ingresso del sacello. Ebbene, è evidente che in una situazione di questo tipo l’una dovesse costituire il pendant dell’altra, così da comporre un perfetto equilibrio simmetrico: all’esemplare della tipologia V fu quindi fatto corrispondere, al lato opposto dell’apertura, quello della tipologia II, per di più nella variante con braccio inclinato, in modo che l’equilibrio tra i due oggetti risultasse quasi perfetto.

Accanto ai due esemplari della tipologia c.d. Pudicitia, lo si è detto, venne rinvenuta una terza statua femminile panneggiata raffigurante una giovine. Questa figura di fanciulla, collocata a lato del basamento centrale, è di dimesioni piuttosto contenute (120 cm circa) ed in effetti era verosimilmente acomplementare alla più piccola delle statue di Atena posizionata sul lato opposto della medesima base. L’impostazione della statua è di per sé originale e pochissimo diffusa, benchè pienamente inseribile all’interno dell’insieme di tipologie femminili tardo ellenistiche di

cui anche la Pudicitia fa parte: lo schema risulta attestato in solamente quattro esemplari dei quali oltre a quello in oggetto, altri due provengono da Magnesia (dal teatro e dal Pritaneo) ed un quarto invece da Pergamo. Si trattava dunque con estrema probabilità di una tipologia locale, se non addirittura cittadina, con circolazione assai limitata, forse anche perché destinata ad un genere di soggetti invero di per sé poco diffusi94. Un chitone lungo fino ai piedi rivestiva la figura: anche in

questo caso ad esso era sovrapposto un pesante mantello che andava ad avvolgere completamente entrambe le braccia della giovine: il braccio destro era disteso sul fianco, quello sinistro flesso e portato in avanti verso l’osservatore, in un modo che tuttavia è difficile ricostruire dal momento che risulta mancante in entrambi gli esemplari di mia conoscenza. A differenza di quanto avviene nei casi di statue raffiguranti donne adulte, il capo rimaneva scoperto.

Fin qui per quanto riguarda la composizione generale dell’insieme, come si è visto, ben calcolata. Veniamo ora ad un aspetto cruciale nell’analisi di questo contesto. Cinque statue, si è detto, di cui due raffiguranti Atena e tre figure femminili: cosa accomuna queste ultime? Il fatto che tutte e tre siano state dedicate nella medesima occasione (se non contemporaneamente, per lo meno in relazione ad

94 Si veda Eule 2001, pag. 49 ss.

F 1 - Statua di fanciulla proveniente dal c.d.