MAGNESIA SUL MAEANDRO
F 1 Statua di fanciulla proveniente dal c.d santuario di Atena a Magnesia
103 uno stesso evento) e che, al netto del fatto che rappresentino tutti soggetti differenti, il destinatario ultimo dell’onorificienza sia uno solo.
Tutte, per cominciare, recano sul plinto l’iscrizone: «Ο ΔΗΜΟΣ»95, segno del carattere pubblico della
loro dedica. Ma le basi hanno restituito elementi ben più rilevanti al fine della ricostruizione di questo contesto, vale a dire tre iscrizioni che riportano puntualmente l’identità del soggetto effigiato:
Statua nr. 64: «Σοφήιαν θυγατέρα τήν Λευκίου Σοφηίου, γυναῖκαν δε Λευκίου Οὐαλεριου Λευκί ου ὑοῦ Φλάκκου τοῦ ανθυπάτου»96 Statua nr. 109: «Βαιβίαν Κοίντου Βαιβίου θυγαθέ ρα, μητέρα δέ Λευκίου Οὐαλερίου Λε[υ] κίου (ὑ)οῦ Φλάκκου τοῦ ἀνθυπά του»97
terza statua di giovine:
« Ὁ δῆμος Πῶλλαν Ουαλερίαν τὴν θυγατέρα τὴν Λευκίου Οὐα λερίου Λευκίου [ὑιῦ Φλά]κ[κ]ου
τοῦ ἀνθυπάτου»98
Insomma, tutte e tre le statue risultano raffigurare persone, Saufeia, Baebia e Polla Valeria, collegate alla stretta cerchia famigliare (moglie, madre e figlia) di ΛΕΥΚΙΟΣ ΟΥΑΛΕΡΙΟΣ ΛΕΥΚΙΟΥ ΥΟΥ ΦΛΑΚΚΟΥ, ΑΝΘΥΠΑΤΟΣ. Ma chi è questo personaggio che appare come il reale destinatario delle dediche?
Per quanto riguarda il titolo di ΑΝΘΥΠΑΤΟΣ con il quale sempre nelle iscrizioni ci si riferisce a Lucio Valerio figlio di Lucio, si tratta dell’abbreviazione corrente, a partire dalla fine del II sec. a.C., del nome completo στρατηγὸς ἀνθύπατος Ρωμαίων99, una titolatura già in uso nella metà di II sec. in Grecia e
che deve essere stata esportata in Asia a seguito dell’annessione allo stato romano: tale titolo designa i personaggi in possesso di potestà proconsolare, senza distinzione se si tratti di proconsoli, pretori o propretori; non esiste una equivalenza precisa con la carica di proconsole100, ci si riferisce
95 Kern (1900), pag. 119.
96 Kern (1900), pag. 119, nr. 145.
97 Kern (1900), pag. 119, nr. 144
98 Kern (1900), pag. 119, nr. 146.
99 Mason 1974: «By 100 B.C., ἀνθύπατος had become at least as “official” as στρατηγὸς ἀνθύπατος».
104 semplicemente ed in modo generico al governatore provinciale.101 Su questo punto si tornerà tra
breve.
Riguardo poi all’uso di onorare, da parte dei provinciali, taluni governatori tramite la dedica di statue raffiguranti la sua persona oppure membri della sua famiglia, si tratta di una consuetudine in altre situazioni attestata per l’età tardo repubblicana: si potrebbe citare il caso dei siracusani, i quali fecero erigere, sotto il governatorato di G. Licinio Verre, una statua raffigurante il propretore stesso, una raffigurante il di lui padre ed un’ultima il di lui figlio102. Che tali onori fossero attribuiti in modo
spontaneo dalle comunità, è una questione che potrebbe essere, come in effetti è stata, a lungo dibattuta, ma che in definitiva rimane insolubile: è evidente che in qualche modo questo tipo di onorificenze costituissero una delle tante forme di adulazione nei confronti dell’autorità romana, ma è altrettanto vero che alle volte tali omaggi potessero anche essere ben meritati, benché il caso di Verre dimostri chiaramente come simili attestazioni non siano affatto di per sé legate ad effettive pratiche di buon governo da parte dell’autorità onorata. Questo ragionamento ci tornerà utile in seguito.
Ma chi era dunque questo Lucio Valerio di cui le iscrizioni di Magnesia parlano? Gli studiosi hanno a lungo dibattuto sulla questione pur senza riuscire a giungere ad un punto d’accordo comune. Possiamo dire che l’elenco dei candidati in questo senso è ridotto a tre personalità, tutti di nome C. Valerio Flacco e tutti in qualche modo legati alla gestione della provincia d’Asia.
Il primo di costoro è L. Valerio Flacco103, figlio di C. Valerio Flacco104, personaggio quest’ultimo
piuttosto oscuro, vissuto in epoca graccana e che non risulta aver rivestito magistrature di rilievo. Il fratello di Lucio, C. Valerio Flacco105, omonimo del padre, rivestì il consolato nell’anno 93 a.C..
Proconsole in Spagna l’anno successivo, sotto il governo della rivoluzione106 C. Valerio fu inviato in
qualità di governatore nelle Gallie, dalle quali fece ritorno dopo esser stato acclamato imperator (83 a.C.) ed essere passato in campo sillano. È probabile inoltre che con lui sia da identificare quel «Γάιον Οὐαλέριον Γαΐου υἱον Φλακκον, στρατηγόν ἀνθύπατον Ῥωμαίων», menzionato in un’iscrizione proveniente da Claros107: questo attesta che anch’egli fu, in un periodo che non siamo in grado di
101 Pinkwart 1973, pag. 152. Questa affermazione è stata messa in dubbio da Coarelli 1981 e sarà discussa in
seguito.
102 Cic. In Verrem, II 145-161. «Etenim sic considerate. Syracusana civitas, ut eam potissimum nominem, dedit
ipsi statuam—est honos—et patri—bella haec pietatis et quaestuosa simulatio—et filio—ferri hoc potest, hunc enim puerum non oderant»
103 RE, VIII.A,1, coll. 25-30, nr. 178.
104 RE, VIII.A,1, col. 1, nr. 167.
105 RE, VIII.A,1, coll. 7-9, nr. 168.
106 Le simpatie di C. Valerio andavano in questa fase alla parte popolare. Si può in questo senso ricordare come
suo collega nel consolato fu M. Herennio, di stirpe italica e quindi naturalmente vicino a molte delle istanze rivoluzionarie.
107 Tuchelt 1979, Klaros 01, pag. 160; Coarelli 1982, pag. 437; Canali De Rossi 2001, nr. 3.
«Ὁ δῆμος Γάιον Οὐαλέριον Γαΐου υἱον Φλακκον, στρατηγόν ἀνθύπατον Ῥωμαίων, τον πάτρωνα τῆς πόλεως, ἀρε-
105 datare con precisione, governatore d’Asia (verosimilmente propretore). Coarelli108 ha suggerito che
questa carica sarebbe stata rivestita da C. Valerio tra il 98 ed il 95 a.C..
Tornando però a L. Valerio, egli nacque all’incirca intorno all’anno del tribunato di T. Gracco (133 a.C.). Anche la sua carriera politica prese le mosse sotto la protezione del partito popolare. Grazie al sostegno dell’omonimo cugino, L. Valerio Flacco109, collega di C. Mario nell’anno del suo VI consolato
(100 a.C.), riuscì a rivestire l’edilità nell’anno 99 a.C.. Dopo aver rivestito la pretura gli venne assegnato, in un anno compreso tra il 95 ed il 90 il governatorato d’Asia (verosimilmente il 92 a.C.110).
Per l’occasione diverse città della provincia raccolsero in Tralle una consistente somma di denaro al fine di organizzare giochi e festeggiamenti in onore del nuovo governatore111: festeggiamenti che però
non poterono svolgersi a causa dei torbidi che destabilizzavano la regione nell’imminenza dello scoppio della prima guerra Mitridatica (89 a.C.)112. Münzer ha avanzato l’ipotesi che la dedica delle
statue di Magnesia sia da inquadrare proprio nell’ambito di questo tipo di onorificenze113.
L’adesione in prima persona di L. Valerio Flacco al partito rivoluzionario di Cinna e Mario si data all’anno 87 a.C. , allorché egli consegnò la città di Ostia nelle mani dello sterminatore dei Cimbri appena sbarcato sul litorale laziale. Quando, l’anno successivo, il vecchio generale «morì nel proprio letto, nel pieno possesso di quanto egli chiamava potenza e onore»114, L. Valerio fu ricompensato con il
consolato ed il comando delle operazioni d’Oriente contro Mitridate e Silla (nel frattempo dichiarato
hostis publicus). Non era destinato a fare ritorno: sbarcato in Grecia nell’estate dell’ 86 a.C., egli evitò lo
scontro con il generale degli ottimati e si diresse in Asia. Qui, nei pressi di Nicomedia, scoppiò un ammutinamento della truppa, a quanto si dice perché il comandante aveva sottratto il bottino ai soldati. A capo della rivolta si mise un compagno di Flacco, C. Flavio Frimbia, «un uomo il cui nome era
τῆς ἕνεκεν καὶ εὐνοίας τῆς εἰς αὑτον»
108 Coarelli 1982, pag. 438: Partendo dall’ovvio presupposto che la promagistratura fosse evidentemente
rivestita dopo la pretura egli afferma: «Anche se ignoriamo […] la data della pretura, è possibile precisare con una certa approssimazione il proconsolato d’Asia. Considerato il biennium di intervallo tra consolato (93 a.C.) e pretura, quest’ultima non potrà essere successiva al 96 a.C. Per la promagistratura è anche escluso il 99 a.C. (era proconsole L. Valerio Flacco, zio del Caio in questione) […] La data della pretura di C. Valerio Flacco va quindi fissata agli anni 99-96, e quella del proconsolato d’Asia tra il 98 e il 95 (gli ultimi due anni sono forse i più probabili).».
109 RE, VIII.A,1, coll. 22-25, nr. 176.
110 Coarelli 1982 fa giustamente notare come il fatto che il fratello C. Valerio avesse rivestito il consolato
nell’anno precedente possa avere agevolato in modo decisivo L. Valerio nell’ottenere una provincia tanto ambita.
111 Fatto questo non del tutto inconsueto se si pensi ai Marcellia, ai Mucia o ai Verria menzionati nelle Verrine
(Cic. In Verrem, 2,2,51-52): «At vero praeclarum diem illis reposuisti Verria ut agerent, et ut ad eum diem quae sacris epulisque opus essent in compluris annos locarentur!». Un onore simile era toccato anche al predecessore di Flacco in Asia, Q. Mucio Scevola.
112 Giochi che avrebbero dovuto svolgersi a scadenza quadriennale e con rotazione di sede. (Maselli 2000, pag.
176, nota 109).
113 RE, VIII.A,1, coll. 28, nr. 178: «[…], und daß in Asia die entsprechenden Ehren in zwei Nachbarstädten
bewilligt wurden, die Statuen für Mutter, Frau und Tochter in Magnesia und das Fest inTralles.»
106 diventato proverbiale in Roma come quello di un perfetto demagogo»115: il generale venne deposto e
poco dopo assassinato.
L’accompagnava nella sfortunata spedizione il figlio, anch’egli L. Valerio Flacco116, il secondo dei
candidati a poter essere identificati col personaggio di cui le iscrizioni di Magnesia fanno menzione. Nato intorno all’anno 103 a.C., il giovane Flacco deve essere rimasto per qualche tempo in Asia dopo la morte del padre. A differenza di quest’ultimo, «né soldato né capitano»117 e «generale incapace»118, il
figlio intraprese una carriera di valido «homo militaris»119. Tra l’83 e l’81 a.C. lo troviamo in Gallia a
servire sotto le insegne del già menzionato zio C. Valerio. Poco dopo, nel 78, seguì, in qualità di
tribunus militum, il proconsole P. Servilio Vatia in Cilicia. Tra il 70 ed il 69 fu questore di M. Pupio
Pisone Frugi in una delle due provincie si Spagna. Ancora, nell’anno successivo, fu legato di Q. Metello (il futuro Cretico) e rivestì un ruolo importante nella campagna per l’assoggettamento dell’isola di Creta tra il 68 ed il 67 a.C.. La posizione raggiunta e la considerazione di cui doveva godere in materia bellica risultano ulteriormente chiarificate dal fatto che egli, nell’anno 66, figura come legato tra i primissimi collaboratori di G. Pompeo Magno nel corso della terza guerra Mitridatica120.
Insomma, come sostenne Cicerone: «quod se tribunum militum, quod quaestorem, quod legatum imperatoribus clarissimis, exercitibus ornatissimis, provinciis gravissimis dignum suis maioribus praestitit.»121 L’anno 63 a.C. fu un anno importante per la Repubblica e per Valerio Flacco che allora
rivestiva la pretura: l’anno di quella che è passata alla storia come la “congiura di Catilina”. In questa vicenda Flacco ebbe un ruolo di protagonista: fu lui, insieme al collega Gaio Pontino, ad organizzare, su suggerimento del console Cicerone, quella celebre falsa imboscata agli ambasciatori allobrogi che, la notte tra il 2 ed il 3 dicembre, portò al definitivo disvelamento della congiura ed all’arresto dei catilinari rimasti in città122. Quest’atto di valore e l’aver contribuito alla «salvezza della patria» valsero
a L. Valerio Flacco la propretura in Asia per l’anno successivo. È proprio in questo periodo, nel 62 a.C., che potrebbero essere state dedicate le statue di Magnesia in onore dei membri femminili della sua famiglia: questa tesi è stata sostenuta da Kern123 e, più recentemente, da Pinkwart124.
115 Mommsen 1969, vol. II, pag. 357.
116 RE, VIII.A,1, coll. 30-36, nr. 179.
117 Mommsen 1969, pag. 381.
118 Mommsen 1969, pag. 357.
119 Sall. Cat, 45.2.
120 I rapporti con Pompeo si guasteranno in seguito per motivi sconosciuti.
121 Cic. Pro Flacco, 101. Il riferimento ai maiores è innanzitutto naturalmente rivolto a quel Valerio Publicola che
fu promotore della cacciata dei re nel 509 a.C.
122 Si veda Cic. In Catilinam, III, 4-6; Sall. Cat, 45. «O nox illa, quae paene aeternas huic Urbis tenebras attulisti,
cum Galli ad bellum, Catilina ad urbem, coniurati ad ferrum et flammam vocabantur, cum ego te, Flacce, coelum noctemque contestans, flens flentem obtestabar, cum tuae fidei optimae et spectantissimae salutem urbis et civium commendabam! Tum tu, Flacce, praetor communis exitii nuntios cepisti, ut inclusam in litteris rei publicae pestem deprehendisti, tu periculorum indicia, tu salutis auxilia ad me et ad senatum attulisti. Quae tibi tum gratiae sunt actae, quae ab senatu, quae ab bonis omnibus!» (Cic. Pro Flacco, 102).
123 Kern 1900, pag. 119.
107 Ma il polverone politico sollevato la notte del dicembre 63 non si era ancora posato: una volta fatto ritorno in patria Flacco fu sottoposto, nell’anno 59 a.C. ad un processo con l’incriminazione de
repetundiis per fatti relativi proprio alla sua gestione della provincia d’Asia125. In questa occasione
l’imputato fu difeso, oltre che da Q. Ortensio Ortalo, dal console del 63 in persona, con un’orazione pervenutaci sotto il nome di Pro Flacco. «Naturalmente il bersaglio non era l’ex governatore ma il collaboratore di Cicerone. […] È evidente che in tali circostanze i termini dell’accusa contavano ben poco. Si trattava di politica generale e della lotta sempre viva contro elementi faziosi che consideravano la violenza come mezzo per governare.»126 Il dibattimento terminò con l’assoluzione
dell’imputato e tuttavia mise fine alla sua carriera politica che non venne mai coronata dal consolato. Dopo aver rivestito ancora qualche incarico minore127, L. Valerio Flacco morì intorno all’anno 54.
Coarelli128 preferisce identificare il personaggio noto dalle epigrafi di Magnesia con una terza figura,
menzionata di sfuggita poco sopra, e cioè con quel L. Valerio Flacco console nell’anno 100 a.C. ed omonimo cugino di L. Valerio Flacco padre. La parentela tra i due rami della famiglia Valeria cui i due appartenevano deriverebbe dalla comune discendenza da L. Valerio Flacco, console nell’anno 195 a.C.. Questo L. Valerio Flacco, mariano di ferro, anzi, secondo la definizione di Rutilio Rufo «ὑπηρέτην μᾶλλον ἢ συνάρχοντα» dell’arpinate, sarebbe stato proconsole d’Asia nell’anno successivo al suo consolato, vale a dire nel 99 a.C.129.
Le notizie sul suo conto non sono moltissime: si sa però che nell’anno 97 a.C. dovette avere rivestito la censura e che in un momento imprecisato pare abbia avuto un cambiamento radicale d’indirizzo politico, tanto che lo ritroviamo, durante il governo della restaurazione di Silla, nella veste di magister
equitum del dictator. Non risulta aver ricoperto incarichi di rilievo dopo quest’ultimo. Sappiamo morì
prima dell’anno 63 a.C. e probabilmente che dovette aver raggiunto una veneranda età130.
I dati fin qui elencati dimostrano non solo una assidua frequentazione delle provincie d’Oriente e grecofone da parte di molti membri dei Valerii Flacci, ma anzi un rapporto del tutto particolare con la provincia d’Asia e con alcune sue città: tra il 99 a.C. ed il 62 a.C., ben quattro membri di questa famiglia risultano aver rivestito la carica di governatore in questa regione: L. Valerio Flacco, proconsole nel 99 a.C.; C. Valerio Flacco, propretore tra il 98 ed il 95 a.C.; L. Valerio Flacco padre, proconsole nel 92 a.C. ed in seguito comandante della guerra in Asia nell’ 86 a.C.; L. Valerio Flacco figlio, propretore nel 62 a.C..
125 È singolare che una delle accuse mossagli riguardi proprio l’essersi appropriato di quei fondi che le città
d’Asia avevano accantonato in Tralle per onorare l’arrivo di suo padre come governatore e che da allora non erano ma state spesi, salvo essere impiegati dalla città per operazioni finanziarie.
126 Grimal 1996, pag. 176. Il contesto politico di questo episodio giudiziario è riassumibile nel progressivo venir
meno del consenso comune intorno all’operato di Cicerone nei confronti dei catilinari: sviluppo che passò attraverso l’eliminazione per via giudiziaria di alcune figure che all’epoca avevano collaborato con il console (in
primis G. Antonio Ibrida) e che culminerà, solo pochi mesi dopo il processo a Flacco, con l’esilio dell’oratore.
127 Nel 58 a.C. seguì come legato il console L. Pisone Caesonino in Macedonia.
128 Tuchelt Coarelli 1982, pag. 435-451.
129 Questo dettaglio è ripreso anche in Mastrocinque 1999, tuttavia non risulta in RE, VIII.A,1, coll. 22-25, nr. 176.
108 Non solo: le iscrizioni di Magnesia, unite a quella citata proveniente da Claros, (a cui occorre aggiungere una seconda131, sempre dalla medesima località ed una terza di cui si dirà a breve),
attestano l’esistenza di un vero e proprio rapporto di patronato (e non si può essere più espliciti di così, «τὸν πάτρωνα» viene sempre chiamato il personaggio in questione) tra queste città ed i Valerii Flacci.
È fuori di dubbio pertanto che anche il caso delle epigrafi e delle statue di Magnesia debba esser letto all’interno di una cornice di rapporti di questo tipo: il complesso scambio di onori e tutela che doveva intercorrere tra i patrocinati e la persona del patrono.
Riguardo alla questione dell’identificazione del personaggio menzionato a Magnesia, si è visto come diversi studiosi abbiano propeso per differenti identificazioni: Coarelli per il governatore del 99, Münzer per il governatore del 92 a.C., Kern e Pinkwart per quello del 62.
In primo luogo mi sembrerebbe vada scartata l’identificazione di Münzer, il quale soprassiede in modo (si licet) troppo frettoloso al fatto che il Lucio Valerio da lui preso in questione non sia affatto figlio di un Lucio bensì di un Caio, Caio Valerio Flacco. Difficilmente può essere stato commesso un errore tanto grossolano nel quadro di una dedica che riguardava un personaggio la cui famiglia doveva essere già da tempo nota in Oriente ed in occasione della sua personale presenza in Asia e probabilmente in città. Veniamo ora all’ipotesi formulata da Coarelli il quale propende per l’«identificazione obbligata» con il console dell’anno 100 a.C.: essa si basa principalmente su tre elementi, tutti miranti, più che a confermare l’identificazione del personaggio onorato a Magnesia con quello che si vorrebbe proporre, a smentire la possibilità che possa trattarsi del pretore del 63 a.C. (la premessa di base è naturalmente l’esclusione a priori del governatore del 92 a.C., per le stesse ragioni addotte qui poc’anzi).
Il primo argomento è relativo al nome della carica di governatore riportata nelle iscrizioni di Magnesia, cioè ἀνθύπατος. Egli afferma che tale titolo non potesse essere attribuito a personaggi privi della potestà proconsolare, quale a suo dire sarebbe stato L. Valerio Flacco figlio. Costui avrebbe pertanto governato l’Asia nella sola qualità di pretore132: di propretore, in realtà, dal momento che è sicuro che
il suo mandato a Roma terminò nell’anno 63 a.C.. Coarelli sostiene, rifacendosi alle osservazioni di
131 Tuchelt 1979, Klaros 02, pag. 161; Coarelli 1982, pag. 437, Canali De Rossi 2001, nr. 4.
Questa terza iscrizione si riferisce evidentemente a L. Valerio Flacco padre e deve essere relativa ad un monumento dedicato nel corso del suo governatorato nel 92 a.C., piuttosto che all’epoca del suo ritorno nell’anno 86 a.C.. «Ὁ δῆμος Λεύ[κιον] Οὐαλέριον Φαΐου υἱὸν Φλ[άκκον], στρατηγὸν ἀνθύπατον [Ῥωμαί]ων, τὸν πάτρωνα τῆς πόλεως ἀρετῆς ἕνεκεν και εὐνοίας τῆς εἰς ἑαυτὸν ἀνέθηκεν.»
132 Le fonti che egli cita a sostegno di questa tesi sono le seguenti: Cic, Pro Flacco, 31: «Flacco praetore»; 43:
«praetore Flacco»; Schol. Bob. Pag. 127 s.: «praetor»; Caes., B.C., III, 53.2: «In eo fuit numero Valerius Flaccus, L. filius, eius qui praetor Asiam obtinuerat.»
109 Kern e di Chapot133, come tale dicitura fosse del tutto inadeguata a definire un individuo che non
avesse mai rivestito il consolato, al punto di ritenere «sconcertante» una eventuale sua attribuzione al governatore del 62 a.C..
Per la verità tale titolo è attestato già in fase tardo repubblicana (per esempio nel caso del governatorato di Quinto Cicerone) in relazione non solo a proconsoli, ma anche a praetores pro
consule134 e perfino tribuni militum consulari potestate135. Ed in effetti il governatore provinciale delle
provicie dove maggiore era l’impegno militare fu sempre ed a tutti gli effetti, nell’ambito del proprio mandato e della propria area di competenza, in possesso, quand’anche non avesse ricoperto il consolato, dell’autorità e dei poteri proconsolari136: tanto che in epoca imperiale si affermerà anche in
contesti ufficiali la titolatura di proconsul in relazione a governatori di provincie senatorie di per sé non consolari.
Si trattasse di iscrizioni riportanti decreti ufficiali dell’autorità romana le osservazioni di Coarelli a questo proposito potrebbero essere prese in maggior considerazione. Ma in questo caso non bisogna dimenticare che si tratta di onori decretati dai governati: non sarebbe dunque possibile ipotizzare una progressiva estensione del termine a partire da una perfetta rispondenza con la carica di proconsole per arrivare ad una più generale identificazione con il governatore della provincia (fosse esso proconsole, pretore con potestà proconsolare o, come nel caso ipotizzato da Coarelli, semplicemente pretore)? Agli occhi dei provinciali, abituati, anche nel caso di datazione più alta, da almeno una generazione al rapporto con l’autorità romana, queste differenze dovevano risultare certamente piuttosto sfumate e l’equivalenza governatore - ἀνθύπατος ormai automatica.
Ma c’è un’ultima osservazione che permette di invalidare in maniera definitiva l’ipotesi di Coarelli relativa a questo punto. Tale osservazione verte sull’analisi di un’altra iscrizione, proveniente anche in questo caso da Claros, che menziona ancora una volta un Lucio Valerio Flacco nel modo seguente:
«Ὁ δῆμος Λεύκιον Οὐαλέριον Λευκίου υἱὸν Φλάκκον τόν ἀνθύπατον πάτρωνα διὰ προγόνων ὄντα τῆς πόλεως ἡμῶν ἀρετῆς ἕ- νεκεν και εὐνοίας τῆς εἰς ἑαυ- τὸν ἀνέθηκεν.»137
133 Kern 1904 nr. 144, 145, 146; Chapot, La province romaine proconsulaire d’Asie, Paris 1904, pag. 318, nt. 2.
134 Vedi Mason 1974, pp. 21-22: «1: proconsul […]; 2: proconsularis […]; 3: consulari potestate […]».
135 Mason 1974, pag. 105.
136 Segenni 2015, pp. 26-27: «Fondamento del potere dei governatori era l’imperium, attribuito ai consoli,
pretori, propretori, proconsoli, che operavano nella provincia di competenza. Nelle provincie veniva attivata la componente militare (imperium militae) dell’imperium consolare […]. Nelle provincie in cui più forte era l’impegno militare, l’imperium consolare venne attribuito anche a governatori di rango pretorio.»