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NELLA VICENDA DELLA MIGRAZIONE DELLA TIPOLOGIA C.D PUDICITIA

MAGNESIA SUL MAEANDRO

NELLA VICENDA DELLA MIGRAZIONE DELLA TIPOLOGIA C.D PUDICITIA

«‘ἔμπορε, κατάπλευσον, ἐξελοῦ, πάντα πέπραται.’» Strabone, Geografia

Nell’anno 167 a.C. un’ambasceria ateniese giunse a Roma. Solo pochi mesi erano passati da quando sul campo di Pidna la falange aveva combattuto l’ultima sua grande battaglia ed era stata sbaragliata dalle legioni di Paolo. Il regno che era stato di Filippo e Alessandro era caduto e Perseo catturato: «i Romani non si limitarono a tagliare i muscoli e i nervi alla Macedonia. Era deciso nel Senato di rendere innocui una volta per sempre tutti gli stati ellenici, amici o nemici, riducendoli alla stessa umiliante dipendenza»157. Così pure i Rodii, che durante la guerra avevano mantenuto un contegno decisamente

ambiguo, meritarono la propria punizione; la piccola repubblica non patì tuttavia la sorte che sarebbe stata di Cartagine e Corinto, cosa che pure alcuni seguaci della nova sapientia avevano proposto in Senato, incontrando la nobile opposizione del vecchio Catone158: si decise bensì di adottare misure in

grado di minare la potenza rodiota nella sua natura mercantile, causandone un declino da cui non si sarebbe più ripresa.

Lo sviluppo di questa vicenda politica e commerciale merita di essere ricordato, almeno nelle sue linee principali, ai fini della comprensione delle questioni che andremo poi a trattare. Ecco come si svolsero i fatti: la delegazione ateniese fu ricevuta in senato, si congratulò con i vincitori per lo splendido successo e chiese di poter intercedere in favore della città di Aliarto, distrutta durante il recente conflitto, i cui cittadini esuli in Attica domandavano di poter ricostruire. Questa generosa domanda non era altro che un pretesto per avviare la conversazione159, cosicché, accantonata rapidamente la

157 Mommsen 1969, pag. 950.

158 Liv. XLV, 25.

118 perorazione della causa dei loro “protetti”, ecco che gli ambasciatori ateniesi rivelarono la ragione autentica della loro spedizione: avanzare pretese sul possesso delle isole di Lesbo e di Delo, oltre che sul territorio degli Aliarti stessi. Richieste che il governo romano riconobbe legittime160 e che scelse di

esaudire161.

In che modo questo episodio rientri all’interno della controversia tra Romani e Rodii è presto detto: non solo infatti il territorio dell’isola di Delo tornò in possesso della città di Atene162, che quivi

provvide subito ad impiantare una cleruchia, ma inoltre, proprio nell’ottica di intaccare il controllo rodio sui traffici del Mediterraneo orientale, ai suoi porti vennero concesse esenzioni fiscali tali da rendere estremamente appetibile questo scalo a quei mercanti che praticavano le rotte che dal mare Egeo e dall’Oriente si dirigevano verso l’Italia e la nuova capitale del Mondo. È evidente che questi provvedimenti, uniti alla condotta non più amichevole, sebbene non apertamente ostile, da parte romana, contribuirono in modo decisivo all’annichilimento della potenza commerciale rodiota: se si vuole prestare fede al discorso, riportato da Polibio163, con il quale Astimede, un ambasciatore della

repubblica isolana, cercò di perorare in senato la causa del proprio popolo, il volume delle entrate doganali di Rodi dovette crollare dal milione a 150 mila dracme annuali, con grave danno per la città

160 Rivendicazioni che dovevano poggiare, dal punto di vista giuridico, sul fatto che già nell’anno 197,

all’indomani cioè del primo conflitto con Filippo V, Valerio Antia aveva promesso alla metropoli attica il possesso di questi ed di altri territori. Disposizioni che non avevano poi avuto effetto, o almeno la cui attuazione era stata rimandata nel tempo (Liv. XXX, 30). Vedi Cuniberti 2011.

161 Il resoconto Polibiano: «ὅτι οἱ Ἀθηναῖοι παρεγένοντο πρεσβεύοντες τὸ μὲν πρῶτον ὑπὲρ τῆς Ἁλιαρτίων σωτηρίας, παρακουόμενοι δὲ περὶ τούτου τοῦ μέρους ἐκ μεταθέσεως διελέγοντο περὶ Δήλου καὶ Λήμνου καὶ τῆς τῶν Ἁλιαρτίων χώρας, εἰς ἑαυτοὺς ἐξαιτούμενοι τὴν κτῆσιν: εἶχον γὰρ διττὰς ἐντολάς. οἷς περὶ μὲν τῶν κατὰ Δῆλον καὶ Λῆμνον οὐκ ἄν τις ἐπιτιμήσειε διὰ τὸ καὶ πρότερον ἀντιπεποιῆσθαι τῶν νήσων τούτων, περὶ δὲ τῆς τῶν Ἁλιαρτίων χώρας εἰκότως ἄν τις καταμέμψαιτο. […] πλὴν ἥ γε σύγκλητος καὶ τὴν Δῆλον αὐτοῖς ἔδωκε καὶ τὴν Λῆμνον καὶ τὴν τῶν Ἁλιαρτίων χώραν. καὶ τὰ μὲν κατὰ τοὺς Ἀθηναίους τοιαύτην ἔσχε διάθεσιν. —» Pol. XXX, 20. Vedi Cuniberti 2011.

162 L’isola era stata perduta e riacquistata da Atene più volte nel corso degli anni: la vicenda di questi rapporti

merita di essere riassunta qui, almeno nei suoi episodi chiave; per una puntuale trattazione del tema si veda Cuniberti 2001.

 Purificazione dell’isola ad opera di Pisistrato (Hdt., I, 64).

 Ruolo dell’isola nel corso delle guerre persiane (Hdt, VI, 97-99, 118; VIII 132, 133; IX, 90, 96).

 Ruolo dell’isola nel corso della guerra del Peloponneso (Thuc. II, 8, 3; III, 29, 1; VIII, 77; 80; 86, 1).

 Lega Delio-Attica, tesoro e riunioni del sinedrio federale presso l’isola (Thuc. I, 96, 2; Diod. XII, 38, 40,

54).

 Seconda purificazione ateniese, 426 a.C.(Thuc. I, 8, 1; III, 104; Diod. XII, 58), ed espulsione degli abitanti

dall’isola (Thuc. V, 1; 32, 1; VIII, 108, 4; Diod. XII, 73).

 Defezione delle Cicladi dalla II lega navale ad opera degli spartani, la cui flotta viene però affondata da

Cabria, 376 a.C. (Diod. XV, 34, 35; Plut. Phoc. 6; Xen. Hell, V, 4, 60, 61).

 Filippo II rifiuta ai Delii la concessione di autonomia da Atene (Demosth., De cor. XVIII, 134; Plut. Vit.

dec. Orat. 849 f - 850 a.

 Antigono Monoftalmo libera l’isola e istituisce il koinon dei Nesioti, di cui Delo diventa centro.

Contemporaneamente sono sottratte ad Atene Lemno e Sciro, 314 a.C.

163 Pol. XXX, 31, 10. 12: «τὸ δὲ μέγιστον σύμπτωμα τῆς πόλεως: καταλέλυται γὰρ ἡ τοῦ λιμένος πρόσοδος ὑμῶν, Δῆλον μὲν ἀτελῆ πεποιηκότων, ἀφῃρημένων δὲ τὴν τοῦ δήμου παρρησίαν, δι᾽ ἧς καὶ τὰ κατὰ τὸν λιμένα καὶ τἄλλα πάντα τῆς πόλεως ἐτύγχανε τῆς ἁρμοζούσης προστασίας. ὅτι δὲ τοῦτ᾽ ἔστιν ἀληθὲς οὐ δυσχερὲς καταμαθεῖν: τοῦ γὰρ ἐλλιμενίου κατὰ τοὺς ἀνώτερον χρόνους εὑρίσκοντος ἑκατὸν μυριάδας δραχμῶν, νῦν ἀφῃρήκατε πεντεκαίδεκα μυριάδας, ὥστε καὶ λίαν, ὦ ἄνδρες Ῥωμαῖοι, τὴν ὑμετέραν ὀργὴν ἧφθαι τῶν κυρίων πόρων τῆς πόλεως.» Vedi Cuniberti 2011.

119 tutta. Ad avvantaggiarsi della situazione fu naturalmente la nuova cleruchia delio-ateniese che da questo momento cominciò a godere di una straordinaria floridità economica. Floridità economica che si accompagnò ad un deciso incremento demografico: se da una parte i vecchi abitanti furono allontanati164, la nuova comunità, che veniva continuamente accrescendosi, si componeva

principalmente di tre gruppi, i cleruchi, i Ῥωμαῖοι (compresi Latini ed Italici in genere) e gli Ξένοι, ovvero i greci non ateniesi (molti anche greci italioti).

Quest’ultimo punto è cruciale nel quadro del nostro discorso165: attorno all’anno 166 a.C. dovettero

giungere sull’isola i primi abitanti Romani e Italici. In maniera estremamente rapida, nel corso del II sec. a.C., benché sia ragionevole pensare che anche il numero degli altri stranieri dovesse aumentare, questa comunità acquistò una netta preponderanza di natura non solo numerica ma, in qualche modo anche di direzione politica: un episodio aiuterà a chiarire questo punto. Quando nell’anno 88 a.C. il controllo romano sull’Asia e l’Egeo collassò sotto la pressione di Mitridate e l’insurrezione della popolazione greca da quest’ultimo sobillata, Atenione innalzò in Atene il vessillo della rivolta. Ebbene, in queste gravi circostanze la cleruchia deliota scelse di non seguire la metropoli tra le braccia del sultano del Ponto ma di mantenersi fedele all’alleanza con Roma. Allorché gli eserciti di Mitridate cercarono di ridurre all’obbedienza l’isola, furono proprio i Ῥωμαῖοι, guidati da L. Orbius, a condurre le operazioni di difesa. Questi sventurati, non appena Archelao riuscì ad avere la meglio sui loro sforzi, furono passati per le armi. Appiano riferisce si trattasse di ventimila persone166: a tanto ammontava,

un’ottantina d’anni dopo la fine della terza guerra Macedonica, il numero di abitanti romani ed italici nella piccola Delo!

Vero è che la sua posizione centrale nel contesto del mar Egeo, la sua neutralità ed il suo prestigio connesso con il santuario di Apollo, avevano contribuito, già prima di questa fase, a fare di Delo un importante snodo commerciale. Inoltre la diffusa consapevolezza della precarietà dei rapporti fra Rodi e Roma rendeva insicuro ogni rapporto d’affari con la repubblica e sconsigliava investimenti in quella direzione. Tuttavia l’impennata straordinaria dei flussi di danaro e la massiccia immigrazione dalla penisola italica verso Delo sono fenomeni che, in tali proporzioni, la nuova condizione di ἀτέλεια non è, da sola, in grado di spiegare.

L’istituzione del porto franco avrà certo reso l’isola una base economicamente vantaggiosa per traffici vari; Strabone sostiene però167 che il momento determinante per le sorti mercantili di Delo fu

costituito dalla presa e dalla distruzione, nel 146 a.C., delle due grandi città fino a quel momento regine delle rotte commerciali, Cartagine e Corinto: e tuttavia afferma che già prima di quel momento la popolazione romana era predominante in Delo. È di nuovo lo stesso autore a fornire una chiave di

164 Fatto che per gli ateniesi comportò non pochi grattacapi in seguito (Pol XXXII, 17).

165 Un valido punto di riferimento in questo senso è costituito da Wilson 1966.

166 «Ἀρχέλαος ἐπιπλεύσας καὶ σίτῳ καὶ στόλῳ πολλῷ, Δῆλόν τε ἀφισταμένην ἀπὸ Ἀθηναίων καὶ ἄλλα χωρία

ἐχειρώσατο βίᾳ καὶ κράτει. κτείνας δ᾽ ἐν αὐτοῖς δισμυρίους ἄνδρας, ὧν οἱ πλέονες ἦσαν Ἰταλοί, τὰ χωρία προσεποιεῖτο τοῖς Ἀθηναίοις .» App., Mithridatica, V.28. Vedi Cuniberti 2011.

120 lettura di questo fenomeno; egli afferma168 che il traffico più ricco di questa località era niente meno

che quello degli schiavi, merce che veniva recuperata grazie al lavoro sporco portato a termine dei pirati: il numero di questi sventurati arrivava fino alle diecimila unità giornaliere.

Ora, le regole elementari del mercato ci invitano, a fronte di un’offerta tanto vasta, a volgere lo sguardo verso la domanda: e questa era costituita proprio dalle crescenti esigenze delle classi elevate romane ed italiche, le quali proprio in questi decenni vivevano una stagione di improvviso e dirompente arricchimento. È vero, per soddisfare la necessità di manodopera non specializzata le regioni occidentali costituivano sempre il bacino di approvvigionamento privilegiato; ma laddove si cercassero schiavi dotati di una qualche formazione intellettuale o tecnica diveniva necessario rivolgersi ad Oriente.

Ebbene, torniamo per un momento all’offerta: quali fattori rendevano così semplice reperire sul mercato un tale tipo di bene? Il fatto è che, nel momento in cui si decise di porre un freno alla potenza dello stato mercantile di Rodi, non si tenne conto di un fatto: che cioè questa piccola ma vigorosa repubblica costituiva nell’area non solo un elemento di equilibrio, ma anche una garanzia di sicurezza. Non appena si vide che la sua forza era ormai pesantemente indebolita, ecco che ripresero forza quelle comunità, in particolare da Creta e della Cilicia, che vivevano di scorrerie e saccheggi e che fino a quel momento erano state mantenute sotto controllo proprio dall’azione delle flotte rodie. Erano costoro ad alimentare in modo tanto copioso la tratta degli schiavi: ed era con tali personaggi che i ricchi romani concludevano i propri lucrosi affari.

Ora, il dibattito storiografico su questo punto è tuttora molto acceso: fino a che punto fosse il commercio degli schiavi ad alimentare la straordinaria prosperità di Delo e quanto invece fossero altri i fattori che ad essa contribuissero, non è ancora stato del tutto chiarito. Musti169, ad esempio, ha

parzialmente ridimensionato il fenomeno, facendo notare come anche dopo il declino della pirateria e del porto franco, le regioni Orientali abbiano proseguito a rifornire Roma di manodopera servile. È ormai evidente che il successo economico dell’isola d’Apollo fosse dovuto non ad uno solo ma ad una serie di fattori concomitanti: certo, il commercio degli schiavi doveva rientrare tra questi, ma accanto ad esso dovevano figurare probabilmente una serie d’altre attività di natura soprattutto finanziaria che andavano dal prestito di danaro fino all’assicurazione di carichi e merci lungo le rotte mercantili. Tutte quelle attività, insomma, alle quali speculatori e ricchi romani erano soliti dedicarsi in Oriente per mezzo d’intermediari. Un’istantanea significativa di quelli che dovevano essere gli interessi economici delle grandi famiglie romane gravitanti intorno a questo tipo d’investimenti ci è fornito dal buon Cicerone, il quale nel suo epistolario attesta il proprio sconcerto nel constatare come persino il

168 «καὶ γὰρ ἡλίσκοντο ῥᾳδίως, καὶ τὸ ἐμπόριον οὐ παντελῶς ἄπωθεν ἦν μέγα καὶ πολυχρήματον, ἡ Δῆλος,

δυναμένη μυριάδας ἀνδραπόδων αὐθημερὸν καὶ δέξασθαι καὶ ἀποπέμψαι, ὥστε καὶ παροιμίαν γενέσθαι διὰ τοῦτο ‘ἔμπορε, κατάπλευσον, ἐξελοῦ, πάντα πέπραται.’ αἴτιον δ᾽ ὅτι πλούσιοι γενόμενοι Ῥωμαῖοι μετὰ τὴν Καρχηδόνος καὶ Κορίνθου κατασκαφὴν οἰκετείαις ἐχρῶντο πολλαῖς: ὁρῶντες δὲ τὴν εὐπέτειαν οἱ λῃσταὶ ταύτην ἐξήνθησαν ἀθρόως, αὐτοὶ καὶ λῃζόμενοι καὶ σωματεμποροῦντες.» Strabo, XIV, V, 2. Vedi Cuniberti 2011.

121 nobile Bruto si trovasse coinvolto in prestiti ad usura nei confronti di alcune comunità greco orientali. Certo, l’aneddoto non è legato nello specifico a Delo, ma possiamo ben supporre che coloro i quali si cimentassero in tali forme di speculazione conoscessero nell’isola un importante punto di riferimento. Se a questi elementi si aggiunge l’istituzione della provincia d’Asia e la concessione alle società dei pubblicani dell’appalto della decima, con le gigantesche implicazioni economiche che ciò comportava, ecco spiegato il motivo della prosperità di Delo e dell’accorrere nell’isola di migliaia di negotiatores170

dalla penisola Italica. Che costoro agissero in proprio o impiegassero capitali altrui poco conta in questa sede. Ciò che è rilevante sottolineare è invece come la presenza massiccia ed in pianta stabile (benché non siano mancate le ipotesi di occupazione solo, per così dire, stagionale, dell’isola) di questi personaggi fosse strettamente legata alla gestione di interessi di natura economica.

Questi stranieri costituivano una comunità piuttosto eterogenea ma con un’identità definita e separata rispetto agli abitanti locali. Già gli studi di Hatzfeld171 avevano permesso di accertare, su base

epigrafica, quale fosse la precisa provenienza di questi Ῥωμαῖοι: ebbene, solo una piccola parte proveniva da Roma, dal Latium o dall’Italia centrale; la gran parte di essi era invece originaria dell’Italia meridionale, con la Campania saldamente in testa per numero d’individui.

Ad ascese improvvise però, si sa, corrispondono spesso cadute altrettanto repentine. Due eventi traumatici segnarono il corso di un declino che lo spostamento delle rotte commerciali verso i porti di Pozzuoli ed Ostia avrebbe reso, forse, comunque inevitabile: da una parte, nell’anno 88 a.C. la conquista e la distruzione dell’insediamento locale da parte dei generali della flotta pontica che incrociava nell’area agli esordi del primo conflitto mitridatico; dall’altra il saccheggio che, nel 69 a.C., l’isola ebbe a patire ad opera dei pirati, la cui audacia, ormai ai limiti della sfrontatezza, sarebbe stata di lì a poco punita. Più di ogni cosa fu però la punizione stessa di questo ed altri crimini, la campagna piratica di Pompeo Magno, a stroncare definitivamente le ambizioni di rinascita economica dell’isola: così si spezzava, una volta per tutte, quel meccanismo perverso che legava le violenze e le scorrerie nei mari orientali agli interessi economici dei ceti mercantili romani ed italici e che aveva concesso alla pirateria di prosperare, tollerata e indisturbata per quasi un secolo, sui lauti profitti del commercio di schiavi; così veniva meno però anche il ruolo dell’isola d’Apollo come fulcro di questi traffici.

Meno di un secolo durò la prosperità di Delo172. Ma è proprio questo l’intervallo di tempo ed il contesto

politico, economico e sociale che intorno all’isola e nell’isola si era formato, cui occorre ora volgere lo sguardo.

170 Per una più precisa analisi su queste figure si veda Cassola 1971.

171 Hatzfeld, Les trafiquants italiens dans l'Orient hellénique, Paris 1919.

172 La parabola è ben definita da Strabone (X, 5, 4): «τὴν μὲν οὖν Δῆλον ἔνδοξον γενομένην οὕτως ἔτι μᾶλλον

ηὔξησε κατασκαφεῖσα ὑπὸ Ῥωμαίων Κόρινθος: ἐκεῖσε γὰρ μετεχώρησαν οἱ ἔμποροι, καὶ τῆς ἀτελείας τοῦ ἱεροῦ προκαλουμένης αὐτοὺς καὶ τῆς εὐκαιρίας τοῦ λιμένος: ἐν καλῷ γὰρ κεῖται τοῖς ἐκ τῆς Ἰταλίας καὶ τῆς Ἑλλάδος εἰς τὴν Ἀσίαν πλέουσιν. […] Ἀθηναῖοί τε λαβόντες τὴν νῆσον καὶ τῶν ἱερῶν ἅμα καὶ τῶν ἐμπόρων ἐπεμελοῦντο ἱκανῶς: ἐπελθόντες δ᾽ οἱ τοῦ Μιθριδάτου στρατηγοὶ καὶ ὁ ἀποστήσας τύραννος αὐτὴν διελυμήναντο πάντα, καὶ παρέλαβον ἐρήμην οἱ Ῥωμαῖοι πάλιν τὴν νῆσον, ἀναχωρήσαντος εἰς τὴν οἰκείαν τοῦ βασιλέως, καὶ διετέλεσε μέχρι νῦν ἐνδεῶς πράττουσα. ἔχουσι δ᾽ αὐτὴν Ἀθηναῖοι.» Vedi Cuniberti 2011.

122 Per quanto riguarda l’ambito storico artistico, il periodo che va, grossomodo, dal secondo quarto del II sec. a.C. al primo quarto di I sec. a.C., coincide con quello del grande successo delle stele funerarie ellenistiche d’Asia Minore e, verosimilmente, dell’ideazione e la diffusione standardizzata di alcuni tipi, sotto-tipi e schemi iconografici destinati a grande successo nei secoli successivi.

Tra questi rientra a pieno titolo il tipo della Pudicitia. Si è osservato come un ruolo di primo piano nel processo di elaborazione, canonizzazione, produzione e impiego di questa tipologia sia da assegnare alla città di Smirne. In questa città, infatti, furono non solo prodotte ed impiegate il maggior numero di stele con tale soggetto (stando ai dati a nostra disposizione), ma qui figurano anche tutte le sotto- tipologie (II, III, IV, V e VI) all’epoca disponibili per il tipo. Alcune di esse rimarranno legate a questa città e si estingueranno con il cessare della produzione locale; altre, come nel caso della tipologia VI, saranno destinate a grandissimo successo altrove ed in seguito. Da Smirne tuttavia non risulta provenire alcun esemplare di statuaria cui i rilievi sembra dovessero in qualche modo ispirarsi; per di più, il legame unico con la stele sepolcrale potrebbe indurre a ritenere che tale tipologia, la Pudicitia, avesse una destinazione unicamente funeraria. Cosa che, come si vedrà, non è affatto.

Ora, se c’è una località che, pure in misura assai minore, possa figurare accanto a Smirne come luogo di diffusione della tipologia c.d. Pudicitia, questa è proprio l’isola di Delo, con la sua “appendice” Rineia173: si tratta di sette stele174 e ben tre statue175. Due elementi sono estremamente interessanti: il

primo riguarda l’eterogeneità dei contesti e quindi anche delle destinazioni e delle funzioni che alla medesima tipologia potevano essere affidate; il secondo riguarda invece un aspetto più formale, legato alle sotto-tipologie di Pudicitia impiegate.

Procediamo con ordine, a partire da Delo e dalla statuaria.

All’interno della casa I dell’insula III del quartiere del teatro176, furono rinvenute e riposizionate nella

posizione originaria, nel corso delle indagini condotte tra il 1904 ed il 1912 da J. Chamonard, due statue ritratto tardo ellenistiche.

173 Il taboo relativo alla sepoltura a Delo era già avvertito all’epoca dei Pisistratidi, rinnovato con la purificazione

dell’isola nel 427 («θῆκαι ὅσαι ἦσαν τῶν τεθνεώτων ἐν Δήλῳ, πάσας ἀνεῖλον, καὶ τὸ λοιπὸν προεῖπον μήτε ἐναποθνῄσκειν ἐν τῇ νήσῳ μήτε ἐντίκτειν, ἀλλ᾽ ἐς τὴν Ῥήνειαν διακομίζεσθαι.» Thuc. III. 104.2) e ancora persisteva nel corso del II e I sec. a.C.: le sepolture potevano dunque avere luogo solo nella vicina Rineia.

174 Catalogo, nr. 90; 96; 161; 162; 163; 164; 189.

175 Catalogo, nr. 16; 86; 108.

176 Il quartiere si sviluppa intorno al grande edificio adibito alle rappresentazioni teatrali estendendosi in

direzione della costa, a sud del santuario di Apollo e dell’agorà greca ed ad ovest della zona dei santuari degli dei stranieri. Tale zona, per lo più a destinazione residenziale, doveva, probabilmente, essere già abitata nel corso del III sec. a.C. ma conobbe un deciso sviluppo nel corso della seconda metà del II sec. a.C. per poi declinare nel corso della prima metà del secolo successivo. Le indagini hanno permesso di evidenziare come, in tale contesto, le insulae III e V siano le prime a venire occupate mentre risultano leggermente più tarde le insulae II, IV e VI. La casa I si trova lungo una stradina che corre quasi parallela alla grande strada del teatro, non lontana dalla casa c.d. di Dioniso. Per una descrizione puntuale della situazione archeologica del quartiere si veda Trümper 2002.

123 Si tratta di un personaggio maschile vestito di himation e di una figura femminile in schema assimilabile a quello c.d. Pudicitia. Grazie all’iscrizione che correva sul basamento comune alle due statue, entrambe acefale, è stato possibile identificare i due personaggi con Dioscuride figlio di Teodoro e Cleopatra177 figlia di Adrasto, marito e moglie, entrambi ateniesi del demo di Mirrinunte:

«Κλεοπάτρα Ἀδράστου ἐγ Μυρρινούττες θυγάτηρα τὸν ἑαυτῆς ἄνδρα Διοσκυρίδην Θεοδώρου ἐγ Μυρρινούττης ἀνατεθεικότα τοὺς δελφικοὺς τρίποδας τοὺς αργοροῦς δύε ἔν τῶι τοῦ Ἀπόλλωνος ναῶι παρ' ἑκατέραν παραστάδα, ἐπὶ Τιμάρχου ἄρχοντος Ἀθήνησιν.»178

L’iscrizione porta la data dell’arcontato di Timarco ad Atene, collocabile con sicurezza all’anno 138/7. L’occasione per l’innalzamento delle statue risulta essere stata quella della dedica di due tripodi d’argento all’interno del tempio di Apollo da parte di Dioscuride. È stato discusso se la data riportata

177 Ridgway 2000: «Her name, probably inspired by the Egyptian royal family, adds the impression of high

status.» La che Ridgway chiama in causa, sarebbe la II, figlia di Cleopatra I e Tolemeo V, regina insieme al marito/fratello a partire dal 175/5 a.C.. Del resto tale nome è ricorrente tra i discendenti di Lago. I tolemei, inoltre, erano per ragioni di carattere politico e culturale i grandi protettori di Atene contro le mire macedoni: non stupisce quindi che il nome fosse diffuso anche in Attica. Che la scelta di tal nome denoti appartenenza ad elevate classi sociali, lascio ad altri giudicare.

178 ID 1987.