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Esemplari di stele funeraria aventi per soggetto una figura di Pudicitia con indicazione di onorificenza particolare

STELE ELLENISTICHE

GT 12 Esemplari di stele funeraria aventi per soggetto una figura di Pudicitia con indicazione di onorificenza particolare

58 Vedi catalogo nr. 39.

81 La tipologia prescelta per raffigurare i soggetti, l’atteggiamento del corpo, la posizione delle braccia e della testa, la foggia della veste, tutti questi erano strumenti attraverso cui passava la comunicazione delle immagini. Non bisogna però trascurare, come sottolineato da von Hesberg, tutta la ricca varietà di attributi, assenti o quasi nelle stele classiche ma numerosissimi in quelle ellenistiche, attraverso i quali pure veniva trasmessa la rappresentazione simbolica del carattere e delle virtù dei defunti. Questo comportava una modalità di raffigurazione in cui le varie componenti contribuiscono, ciascuna per proprio conto, a veicolare una parte del messaggio generale, modalità che deve essere colta nella sua specificità. Non per caso dico “lettura”:

«Das hellenistische Relief hingegen zwingt den Betrachter zur Abstraktion, denn die Bildelemente sind aus dem sichtbaren Zusammenhang kaum verständlich. Das Bild will vielmehr in seinen Einzelheiten gleichsam wie ein Text, der in einzelne Zeichen verschlüsselt ist, gelesen sein und die Bildsyntax zerfällt in Teile, die erst assoziativ verstandesmäßig zusammengestellt werden müssen.»60

Una forma di comunicazione in qualche modo codificata dunque, che attraverso l’accostamento di significati allegorici fonda se stessa sulla condivisione tra emittente e ricevente di un vocabolario comune fatto di elementi figurativi convenzionali (un “pictorial dictionary”, secondo la definizione di Zanker61), e affida il successo dell’operazione alla capacità astrattiva dell’osservatore che viene

chiamato ad individuare il contenuto semantico generale attraverso la combinazione associativa dei vari elementi.

Un esempio concreto chiarirà meglio questo concetto di «sintassi per immagini»: si tratta del caso della stele oggi conservata presso l’Arkeoloji Müzesi di Istanbul62, monumento funerario eretto per la

defunta Menofila di Sardi63 sul finire del II sec. a.C.. Straordinaria è in questo oggetto la relazione

stretta che intercorre tra il rilievo e l’epigramma funerario che correda la stele descrivendo e spiegando quel che vi è raffigurato così da disvelarne i significati allegorici.

Si tratta di una stele con frontone ornato di una rosetta centrale e di due figure di serpenti che corrono lungo i lati spioventi. Il campo figurato è occupato da una figura femminile stante in schema c.d. Pudicitia (tipologia II), accompagnata da due piccole figure di ancelle, di cui quella di destra sembra porgere una cista. A sinistra della figura è incisa una lettera alpha. Alle spalle della donna, all’incirca all’altezza delle spalle, è una mensola che regge, da sinistra verso destra, un kalathos, un fascio di

60 Von Hesberg 1988, pag. 315.

61 Zanker 1993, pag. 214 ss..

62 Vedi catalogo nr. 39.

63 La stele con relativo epigramma, pubblicata per la prima volta da D. M. Robinson (1923), è tornata più volte

all’attenzione degli studiosi: vedi Wilamowitz 1924, pp. 10-11; Cumont 1924, pp. 26,26; Peek 1955; Pfuhl Möbius, 1977, nr.418; Ferrandini Troisi 1983 pp. 59-62; von Hesberg 1888, pp. 313-314.

82 volumina ed un giglio. Al di sopra del campo figurato, sopra il capo della donna, è rappresentata una corona e la scritta:

«ὁ δῆμος Μηνοφίλαν Ἑρμαγένου»

Al di sotto del campo figurato è la seguente iscrizione in distici elegiaci e intessuti di dorismi di origine letteraria: Κομψὰν και χαρίεσσα<ν> πέτρος δείκνυσι, τίς ἐντι; - Μουσῶν μανύει γράμματα· Μενοφίλαν. - τεῦ δ' ἕνεκεν στάλᾳ γλυπτὸν κρίνον ἠδὲ καὶ ἄλφα, βύβλος καὶ τάλαρος, τοῖς δ' ἔ(π)ι καὶ στέφανος; - ἦ σοφία<μ> μὲν βίβλος, ὁ δ' αὖ περὶ κρατὶ φορηθείς ἀρχὰν64 μανύει, μουνογόναν δὲ τὸ ἕν, εὐτάκτου δ' ἀρετᾶς τάλαρος μάνυμα, τὸ δ' ἄνθος τὰν ἀκμάν, δαίμων ἅντιν' ἐληΐσατο. - κούφα τοι κόνις ἀμφὶ πέλοι τοιῇδε θανούσῃ. αἴ, ἄγονοι δὲ γονεῖς, τοῖς ἔλιπες δάκρυα.

La pietra mostra una donna elegante e graziosa65, chi è?

Le lettere delle Muse66 lo rivelano: Menophila.

Perché sulla stele sono scolpiti un giglio e un’alpha,

un libro e un cesto, e al di sopra di questi anche una corona? Il libro indica la saggezza, ciò che cinge la sua testa

indica la carica, il numero uno indica che fu figlia unica, il cesto è indice della sua virtù ben regolata, il fiore (indica) la giovinezza, che un demone ha rapito.

La polvere sia leggera per una tale defunta; ahimé, i (tuoi) genitori (sono) senza figli; ad essi lasciasti lacrime.67

64 Menophila deve aver rivestito la stefanoforia, magistratura eponima nella città di Sardi con funzioni analoghe a

quelle dell’arconte Basileus ad Atene. La discussione su quando questo possa essere avvenuto non ha dato finora risultati definitivi: la stefanoforia sembra essere rimasta in vigore per alcuni anni anche dopo l’annessione romana dell’Asia, accanto ad una figura sacerdotale romana. Il fatto che tale carica sia stata ricoperta da una donna è un fatto raro ma non unico e attestato anche in altre città greche d’area microasiatica.

65 Riporto la traduzione italiana fedelmente per quella che è: in realtà l’integrazione del <ν> non sembra

necessaria ed è in effetti omessa da tutti gli editori e traduttori precedenti. L’aggettivo «χαρίεσσα» sarebbe benissimo riferibile a «πέτρος». Il lettore si faccia la propria opinione, particolarmente interessante mi sembra a tal proposito la traduzione in tedesco fornita da Wilamowitz 1924.

66 Ferrandini Troisi intende «Μουσῶν … γράμματα»: «le lettere delle Muse», cioè nove come sono le lettere del

nome Μενοφίλαν. Cumont invece intende «τίς ἐντι Μουσῶν;»: «qual è delle Muse?», confondendo forse la tipologia c.d. Pudicitia con cui Menofila viene raffigurata, con quella, appunto, delle Muse.

83 Il gioco del poeta che struttura i suoi versi quasi come un indovinello è molto interessante ed istruttivo proprio riguardo alla modalità allegorica con cui in raffigurazioni di questo tipo siano da leggersi i vari elementi: è evidente che gli oggetti riprodotti sulla stele, ma anche la raffigurazione stessa di Menophila, non mirino affatto a definire un’ambientazione verosimile e realistica di uno spazio o di una situazione, oppure a indicare quale fosse la figura o l’attività della defunta. Il criterio compositivo è, al contrario, essenzialmente simbolico e teso tramite il codice chiarito dall’epigramma a delineare il carattere, la condizione e le virtù della giovane defunta.

Tale forma di linguaggio, dicevamo, comporta all’interno di una comunità l’esistenza di un vocabolario comune capace di rendere funzionale il veicolo comunicativo: questo vocabolario però, proprio per la sua natura di oggetto condiviso, deve mantenersi per risultare efficace ad un livello di complessità non eccessivamente elevato, servendosi a questo scopo, un po’ per questo motivo, un po’ perché in fondo i messaggi da veicolare risultavano spesso simili, dell’iterazione dei simboli. D’altra parte il fenomeno è perfettamente spiegabile dal punto di vista sociale: le raffigurazioni su stele non riguardano mai tematiche proprie della sfera privata o personale, ma sono piuttosto strettamente legate a forme di autorappresentazione pubblica che per loro natura sono intessute entro un quadro di norme di comportamento universalmente accettato. Le forme stereotipate e riprodotte in maniera seriale sono pertanto una conseguenza di questo stato di cose: laddove massimo doveva essere il timore di venire mal compresi o di commettere errori, si preferiva mantenersi vincolati il più strettamente possibile alla convenzione imposta.

Così accade che il repertorio delle tipologie e degli “elementi accessori” risulti in generale piuttosto standardizzato oltre che in fondo non troppo ampio. Certo, questo non significa che un solo repertorio fosse diffuso in modo analogo ed omogeneo in tutte le città greche d’Asia Minore: osservando anzi rapidamente la diffusione di differenti modelli e tipologie iconografiche è evidente che singole aree o città presentino ricorrenze specifiche e tendano a privilegiane solo alcune a discapito di altre; il che può essere motivato con ragioni di carattere ideologico, alla presenza di botteghe ed artisti operanti su scala regionale o semplicemente inerenti a fenomeni di moda. All’interno di ciascuna comunità tuttavia sembra regnare un grado piuttosto alto di uniformità.

Un esempio di questa uniformità tipologica è costituito dalle raffigurazioni di personaggi maschili. Sono infatti essenzialmente tre i tipi con cui i defunti scelgono di essere raffigurati, tutti riconducibili a modelli ateniesi di secolo IV o inizio III sec. a.C. (con l’unica differenza che ora gli uomini non vestono più unicamente la clamide): due sono già stati nominati, e sono quelli di Eschine e Demostene. Il terzo, di gran lunga più diffuso, è quello che viene non a caso definito Normaltypus68, con l’unica variante che

dipende dalla posizione del braccio destro libero (popolare soprattutto in IV sec.) o avvolto nella veste (di gran lunga più diffuso sulle stele che sono qui prese in considerazione).

67 Traduzione Ferrandini Troisi 1983.

84 Discorso analogo vale per le figure di genere femminile: in questo caso anzi la standardizzazione appare, se possibile, ancora più evidente. La tipologia infatti che riveste un ruolo di gran lunga preponderante su tutte le altre è quella della Pudicitia.

Non si pensi che i monumenti dedicati a donne costituiscano un gruppo ristretto o che le figure femminili compaiano come elementi secondari su stele dedicate a defunti maschili: al contrario i dati a nostra disposizione evidenziano come moltissime siano le stele dedicate a defunte donne e come in moltissimi casi esse siano l’unico soggetto che sulla stele viene raffigurato.

Altrettanto interessante è osservare come i monumenti riservati alle donne non si differenzino affatto da quelli dedicati a defunti uomini o da quelli in cui soggetti maschili e femminili figurano appaiati. Osservando i rilievi sui quali la tipologia c.d. Pudicitia viene impiegata si nota subito come la stragrande maggioranza di questi possa essere suddiviso in due categorie numericamente quasi equivalenti: il primo gruppo, leggermente più numeroso, è costituito da rilievi con sola figura femminile; al secondo gruppo appartengono invece raffigurazioni di figura femminile accostata a figura maschile: in questi casi alla figura di Pudicitia si accompagna pressoché sempre l’uomo in schema Normaltypus con braccio avvolto nella veste. Le due figure non interagiscono mai in alcun modo e sono giustapposte proprio come statue: è inevitabile, osservando rappresentazioni di questo tipo, pensare al monumento onorario di Dioscuride e Cleopatra a Delo69, il quale certo non doveva

costituire un caso isolato. Un accostamento paratattico di questo tipo emerge anche in quei pochi casi in cui la figura in schema Pudicitia sia accompagnata da un numero superiore di figure, maschili o femminili.

GT13 - Soggetti principali delle stele con raffigurazioni di Pudicitia

85 È chiaro, soprattutto nei casi in cui la figura maschile e quella femminile sono accostati, che la caratterizzazione della figura in schema Pudicitia sia essenzialmente quella di sposa. Questo però non è vero in assoluto ed in tutti i casi, ovvero il tipo Pudicitia può essere impiegato anche su stele di donne che spose non furono: la lettura delle epigrafi che spesso accompagnano le raffigurazioni ha messo in evidenza che, pur nella preponderanza di riferimenti quali γυνὴ o μήτηρ, in alcuni monumenti70 la

defunta è designata come θυγατέρα. È per esempio il caso del già citato monumento di Menofila, morta troppo giovane per contrarre matrimonio.