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3. Platonismo

3.5. Albino, Πρόλογος

Del già citato Albino (cf. Cap. 2, 3.2), attivo nel II d.C., si conserva un testo a carattere introduttivo che doveva fungere da προλεγόµενον allo studio dei dialoghi di Platone.222

Tradito come Πρόλογος, lo scritto potrebbe costituire la parte iniziale di un più ampio sommario delle dottrine di quest’ultimo, Περὶ τῶν Πλάτωνι ἀρεσκόντων.223

Vi si trovano esposte questioni preliminari alla lettura dell’opera, secondo convenzioni che caratte- rizzeranno in seguito gran parte dell’esegesi platonica e troveranno sistematizzazione nei cosiddetti schemata isagogica:224

(1) definizione di διάλογος (Intr. 1-2); (2) carattere dei dialoghi (Intr. 3); (3) con quali dialoghi sia necessario iniziare la lettura (Intr. 4-5); (4) ordine dei dialoghi corrispondente allo sviluppo della dottrina (Intr. 6). L’ultimo editore del testo, B. Reis, ne definisce la tipologia come Vorlesungsnachschrift (una delle σχολαί di Gaio di cui Albino curò l’edizione, e forse quella iniziale?), sulla base di _____________

216

Baltes 1972, 24-25. Cf. sulla forma testuale Reis 1999, 145-155.

217

Baltes 2005c, 167.

218

Centrone 1987, 105; Dörrie/Baltes 1993, 240; Dillon 2018, 597.

219

Vd. Centrone 1987, 106.

220

Cf. Mansfeld 1994, 106.

221

Centrone 1987, 118; cf. ora anche Dillon 2018.

222 Cf. Mansfeld 1994, 58-107 e in part. p. 84-89. 223 Dörrie/Baltes 1993, 60. 238; Reis 1999, 27. 224 Vd. Reis 1999, 133-144.

elementi formali propri della lezione di scuola, quali l’espansione esplicativa di singoli princìpi enunciati sommariamente in precedenza (cf. la definizione di ‘dialogo’ nei cap. 1 e 2), l’uso della prima plurale inclusiva dell’uditorio, citazioni da Platone presu- mibilmente ex memoria.225

Appartengono certamente all’usus scolastico, e in generale ai dispositivi che facilitano l’apprendimento e la memorizzazione, anche le ricapitola- zioni a chiusura di ciascuna sezione tematica (cf. ad es. Intr. 3: ἐπεὶ οὖν ὅ τί ποτέ ἐστιν ὁ διάλογος τεθεωρήκαµεν; 4: ἐπεὶ οὖν τεθεωρήκαµεν τὴν διαφορὰν αὐτῶν ὡς πέφυκε γίγνεσθαι καὶ τοὺς χαρακτῆρας), seguite dall’indicazione sommaria dell’argomento successivo, così come i rimandi interni (Intr. 3: περὶ µὲν οὖν χαρακτήρων ἐν τοῖς ἑξῆς … εἰρήσεται).226

_____________

225

Reis 1999, 145-155.

226

Per una rassegna di testi ulteriori di scuola platonica accostabili, in parte soltanto in via ipotetica (di alcuni non si conserva che il titolo), a forme di letteratura isagogico-compendiaria, rimando a Dör- rie/Baltes 1993, 241-242; Dillon 1996a, 410-414; Baltes 2005c, 165-166.

Capitolo 5

Le costanti di genere attraverso la praefatio

epitomatoris

Μίαν µὲν γὰρ ἑκάστην βίβλον ἀναλεγοµένῳ τὴν ὑπόθεσιν συλλαβεῖν καὶ µνήµῃ καὶ γραφῇ παραδοῦναι ἀξιόλογον ἔργον ἐστὶ τῷ βουλοµένῳ· ὁµοῦ δὲ πλειόνων, καὶ τότε χρόνου µεταξὺ διαρρυέντος, εἰς ἀνάµνησιν µετὰ τοῦ ἀκριβοῦς ἐφικέσθαι οὐκ οἶµαι ῥᾴδιον εἶναι. (Phot. Bibl. p. 1B Bekker)

La sezione prefatoria che l’epitomatore talora antepone al testo (che indico come

praefatio epitomatoris)1

è spesso sede di riflessioni concernenti la funzione, i princìpi compositivi e l’interazione tra le tre costanti che caratterizzano la situazione comuni- cativa rappresentata dalla letteratura compendiaria: il testo d’origine, la mediazione dell’epitomator (che può coincidere o no con l’autore del testo-fonte), i destinatari. In certi casi le sezioni conclusive assolvono in Ringkomposition (o persino in assenza di proemio, come nel caso dell’Ἐπιδροµή di Cornuto [vd. Cap. 4, 2.2]) alla medesima fun- zione – quella di un ‘paratesto’ – e possono essere analogamente considerate luogo della voce autoriale.2

Della praefatio osserveremo ora più da vicino strutture e conte- nuti, ampliando la ricerca a testi non appartenenti alla produzione epicurea e in parte anche estranei alla letteratura filosofica in senso stretto.

I caratteri della sezione d’esordio, differentemente declinabili secondo l’occasione ed il genere, sono oggetto d’indagine già in antico.3

Nella Retorica (3,14 1414b19-28), Aristotele illustra il ruolo introduttivo svolto dal προοίµιον (per il λόγος), dal πρόλογος (per la ποίησις), dal προαύλιον (per l’αὔλησις): essi segnano il principio del discorso (ἀρχαί), sono una ὁδοποίησις per chi si appresta a parlare, a declamare, a suonare; costi- tuiscono il luogo deputato all’immediata presentazione del tema che si intende svol- _____________

1

Cf. Mommsen 1882, xx. La sezione prefatoria assume talora, più o meno marcati, i contorni della lettera dedicatoria: la variabilità dell forma non sembra comportare, tuttavia, un’alterazione della fun- zione: cf. Damiani 2019b (in corso di stampa).

2

Cf. Genette 1997, 161. 237-239; Graefenhain 1892, 35-36. È questo soprattutto il caso dell’Epistula ad

Herodotum, in cui nella parte conclusiva del testo ritornano in forma riepilogativa le linee programma-

tiche esposte all’inizio. L’ἀνακεφαλαίωσις in chiusura è, del resto, tecnica familiare a Epicuro, che nel Περὶ φύσεως se ne serve più volte (cf. Leone 2012, 47; De Sanctis 2015a; vd. Cap. 4, 2.5.2 e n. 147). La pre- senza autoriale nella letteratura tecnico-scientifica greca e latina è tematizzata in Taub/Doody 2009. Sul grado variabile di affidabilità delle indicazioni programmatiche fornite dall’autore in sede proemia- le in relazione alla loro effettiva realizzazione in corso d’opera si sofferma Fögen 2009, 65-66 (un inte- ressante esempio di discrepanza, tratto dal Corpus Hippocraticum, è citato in Wittern 1998, 32); cf. an- che, specificamente sui testi compendiari, Mülke 2010, 73-74.

3

Cf. Gärtner 2001, 410. In generale su proemi e prefazioni nella letteratura antica vd. Porqueras Mayo 1957, 21-32; Janson 1964; Santini/Scivoletto/Zurli 1990-1998; Alexander 1993; Bureau/Nicolas 2008 (in part. i contributi di Orlandini/Poccetti [pp. 237-252] e Chiron [pp. 253-268] che affrontano il tema da un punto di vista teorico-letterario).

gere (ὅ τι [γὰρ] ἂν βούληται εὐθὺ εἰπόντα ἐνδοῦναι καὶ συνάψαι, ὅπερ πάντες ποιοῦσιν), in- dicano il τέλος di ciò che si dirà (3,14 1415a22-24). Il proemio costituisce quella parte fissa del discorso (come tale verrà considerata almeno nelle trattazioni più tarde)4

che segna il primo, determinante contatto con l’uditorio.5

Quintiliano dedica l’inizio del quarto libro dell’Institutio oratoria alla teoria dell’exordium, il cui carattere sarà con- temporaneamente informativo e psicagogico (Quint. Inst. 4,1,2-5);6

lo stile sarà il più possibile piano e improntato alla chiarezza del messaggio (4,1,60), la sua lunghezza proporzionata alla materia (4,1,61: modus autem principii pro causa); la sua conclusio- ne dovrà consentire un passaggio naturale a ciò che segue (4,1,76). Le norme dell’esordio in opere storiografiche sono indicate da Luciano (Hist. Conscr. 52-54): di- versamente dall’oratoria, il proemio rinuncerà qui all’elemento dell’εὔνοια per concen- trarsi piuttosto sulla προσοχή – l’attenzione – e sull’εὐµάθεια – la facilità di compren- sione da parte del lettore; annuncerà la grandezza, la necessità, l’importanza persona- le, l’utilità (περὶ χρησίµων) di quanto si sta per esporre. Ai fini di εὐµάθεια e σαφήνεια l’autore vi indicherà le ragioni che lo inducono a scrivere (τὰς αἰτίας) e definirà per sommi capi (τὰ κεφάλαια) l’oggetto della narrazione. Riflette sulla strutturazione della

praefatio epitomatoris come particolare forma di proemio l’anonimo autore del com-

pendio della Καθολικὴ προσῳδία di Erodiano (cf. infra, 1.2.1), che indica del proemio due importanti elementi, ossia la presentazione della materia da trattare e la spiega- zione della ratio dello scritto nella forma di una rassegna critica dei contributi prece- denti:

εὐθὺς οὖν τὴν ἐν τῷ προοιµίῳ διατριβὴν περιελόντες, ἐνδεικνυµένην τὸ µέγεθος τῆς πραγµατείας, καὶ τῶν πρότερον γεγραφότων τὸ ἐνδεὲς ἐλέγχουσαν, ἐπ’ αὐτὰ ἥξοµεν τὰ πρὸς ἐπίγνωσιν τῆς ἀναλογίας κατεπείγοντα.

Passiamo quindi senz’altro, dopo aver indugiato nel proemio, che indica (1) l’estensione della materia e addita (2) ciò che manca negli scritti dei predecessori, a quanto è essen- ziale alla conoscenza dell’analogia (scil. l’analogia grammaticale).

L’analisi delle praefationes alle due epistole Ad Herodotum e Ad Pythoclem, sezioni a carattere paratestuale che pure nella loro polivalenza non si sottraggono all’adempimento della funzione principalmente informativa che spetta al proemio (utilità del testo, occasione e motivo della composizione, propositio thematis), ci ha permesso di individuare indicazioni precise sui fruitori e sulla destinazione del com- pendio di Epicuro, nonché alcune prescrizioni sui suoi tratti formali (vd. Cap. 3, 1.2- 1.5): l’epitome non è assolutamente autosufficiente rispetto alla trattazione κατὰ µέρος ma svolge, cionondimeno, un ruolo didattico e formativo proprio, non sostituibile; può essere rivolta ad allievi principianti, progrediti o perfezionati eppure non rinuncia _____________

4

Cf. [Hermog.] Inv. 1; Aps. Rh. 1.

5

Non sorprende, in tale contesto, l’esistenza di raccolte antiche di proemi (cf. Kroymann 1965, 2446; Santini/Scivoletto 1990, v): si conserva una silloge di exordia attribuiti a Demostene; Cicerone stesso (Att. 16,6,4) ammette di possedere un volumen prohoemiorum. Sui proemi adattabili a più discorsi cf. anche Quint. inst. 4,1,71.

6

a farsi portatrice di un messaggio potenzialmente indirizzato a chiunque; può essere memorizzata nella sua totalità oppure servire a richiamare, quando necessario, i punti principali del sistema senza correre il rischio di perdersi dentro i dettagli; in entrambi i casi, soccorre il lettore fornendogli i princìpi che consentono di raggiungere e mante- nere l’ἀταραξία per mezzo di una percezione lucida e razionale di quei fattori che maggiormente procurano agli uomini timore (il giudizio degli dèi, la morte, il dolore, i fenomeni naturali di cui non è possibile spiegare immediatamente la causa); la brevità del compendio, d’altro canto, è presupposto imprescindibile a tal fine (Pyth. 85: σύντοµον καῖ εὐπερίγραφον διαλογισµόν), poiché solo così esso potrà fungere da τύπος7

che si imprime nella memoria di chi legge; la scrittura vi procede per blocchi concet- tuali distinti (κεφάλαια), scandita dalla successione degli elementi (στοιχεῖα) da ap- prendere; il suo andamento segue sempre, per via implicita o esplicita, il flusso di un confronto a due tra il maestro e il suo discepolo (διαλογισµός), che resta costantemen- te presente, anche in absentia, all’attenzione di chi scrive.

Richiamati questi tratti fondamentali, allarghiamo a questo punto il campo d’osservazione alla praefatio del testo compendiario in termini generici. Diverse se- zioni esemplari ha già elencato M. Dubischar.8

Si aggiungono in questa sede alcuni al- tri testi che possono, come spero, contribuire ad illustrare il permanere attraverso i se- coli di determinate ‘costanti’.9

I passi discussi sono riprodotti integralmente in appen- dice al capitolo.