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1. Le epitomi di Epicuro

1.1. Il materiale superstite

1.1.1. Epistula ad Herodotum

1.1.1.1. Le ragioni dello scritto e il metodo d’indagine

Il corpo della prima epistola è preceduto da una praefatio che chiarisce intenzioni, funzioni e destinatari dello scritto (§ 35-37).9

Con la formula transizionale πρῶτον µὲν οὖν, chiara spia dell’intento autoriale di disporre il materiale secondo un ordine defini- to, Epicuro introduce una sezione metodologica preliminare (37-38). Affinché i singoli giudizi sugli oggetti di sensazione o le induzioni su quelli non immediatamente per- cettibili siano fondati bisogna, da una parte, risalire, in ogni espressione linguistica, alla prolessi dell’oggetto che sottostà ai termini (τὰ ὑποτεταγµένα τοῖς φθόγγοις) e alla _____________

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Arrighetti 1973, 33-157.

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Cf. Betz 1995, 78: “[O]ne can conclude that the Kyriai Doxai is one of several epitomai circulating in the Epicurean school, very similar to the epistles but different from them due to their epistolary subcat- egory”.

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Vd. Introd. Sulla tradizione medievale delle opere di Epicuro nelle Vitae di Diogene Laerzio vd. Do- randi 2009 e 2013, 1-44.

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D.L. 10,28-29: Ἃ δὲ αὐτῷ δοκεῖ ἐν αὐτοῖς (ossia negli scritti elencati nel catalogo ai parr. 27-28) ἐκθέσθαι πειράσοµαι τρεῖς ἐπιστολὰς αὐτοῦ παραθέµενος, ἐν αἷς πᾶσαν τὴν ἑαυτοῦ φιλοσοφίαν ἐπιτέτµηται· θήσοµεν δὲ καὶ τὰς Κυρίας αὐτοῦ δόξας καὶ εἴ τι ἔδοξεν ἐκλογῆς ἀξίως ἀνεφθέγχθαι, ὥστε σὲ πανταχόθεν καταµαθεῖν τὸν ἄνδρα κἂν κρίνειν εἰδέναι. Sul testo cf. Barnes 1986, 27.

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Ed. princ. Wotke/Usener 1888.

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Su datazione e destinatario vd. Verde 2010a, 65-68; cf. anche Eckstein 2004, 119-124.

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Per un’analisi delle sezioni prefatoria e conclusiva delle epistole Ad Herodotum e Ad Pythoclem vd.

quale si giunge immediatamente, senza ricorso a dimostrazioni (µηθὲν ἀποδείξεως προσδεῖσθαι); dall’altra, prestare attenzione ai dati forniti dalle sensazioni (αἰσθήσεις), dalle affezioni (πάθη) e dagli atti di applicazione deliberata (ἐπιβολή) del pensiero o di uno dei criteri di giudizio.10

Nella formulazione di enunciati sulla φύσις evidente o non evidente ai sensi, il ricorso ai criteri affettivo-sensoriali o all’induzione che su questi fa leva è coerentemente dispiegato nel corso dell’intera epistola: secondo i casi, i princìpi di ἐπιµαρτύρησις (“conferma”) o di οὐκ ἀντιµαρτύρησις (“non-smentita”) da parte degli organi di percezione guidano e legittimano la logica dell’argomentazione.11

1.1.1.2. I princìpi: atomi, vuoto, aggregati

L’ἤδη al § 38 segna il passaggio all’esposizione dei princìpi primi della φυσιολογία (la “scienza della natura”), che ricadono in parte nel dominio degli ἄδηλα, ossia dei feno- meni non immediatamente evidenti ai sensi: (1) nulla si genera dal non-essere né vi ritorna, ma il tutto è essere e in quanto tale ingenerato (38-39); (2) il tutto è composto di corpi (σώµατα) e di vuoto (κενόν). Il secondo enunciato è dimostrato per mezzo di una reductio ad absurdum (40). Dei corpi, alcuni sono semplici, altri, invece, aggregati di corpi semplici. I corpi semplici sono indivisibili (ἄτοµα) e non soggetti a mutamento (ἀµετάβλητα) in quanto rappresentano i costituenti ultimi di ciò che, entro l’essere, da essi si compone e in essi si disgrega. Il tutto (τὸ πᾶν) non ha limiti né in sé né in rela- zione ai corpi e al vuoto di cui è costituito (41-42). Le forme dei corpi semplici (σχήµατα) sono limitate ma non concepibili col pensiero.12

Il moto degli atomi, che è eterno, li sottopone a continue collisioni da cui si generano gli aggregati o corpi com- posti (43-44). Il Gelenksatz che apre il § 45 (ἡ τοσαύτη δὴ φωνή … ἐπινοίαις) chiude la parte sui princìpi basilari della scienza della natura.

1.1.1.3. Teoria della percezione ed epistemologia

Ad un breve paragrafo sui κόσµοι, che sono detti, al pari degli atomi, illimitati per nu- mero (45), succede la trattazione della ‘canonica’ o teoria della percezione (cf. sul ter- mine D.L. 10,30-31). Dai corpi promanano impronte di estrema sottigliezza (τύποι) che mantengono rispetto ai primi identità di forma.13

I τύποι si muovono in teoria ad una velocità tale da rendere inconcepibili i tempi entro i quali percorrono qualsiasi distan- za, ma gli ostacoli che incontrano possono renderne più o meno rapido il moto. Tali emanazioni hanno il nome di εἴδωλα (46-48). Gli εἴδωλα si generano nell’ambiente alla velocità del pensiero, talora anche indipendentemente da determinati corpi solidi. I corpi da cui i simulacri si generano non perdono materia, ma ricevono un’ininterrotta e corrispondente compensazione di atomi. Modelli alternativi di spiegazione dei mec- canismi percettivi vengono scartati: vi si riconosce probabilmente una critica alla teo- ria democritea (49-50).14

Questioni epistemologiche occupano la parte restante del § _____________

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Sul significato di ἐπιβολή vd. Erler 1994, 135-136.

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Cf. KD 22-24.

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Cf. Verde 2010a, 103-104.

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Per un’analisi del termine vd. Lembo 1981, 18-58. Cf. anche quanto Epicuro afferma nella praefatio (§ 35) e inoltre Cap. 2, 1.3; Cap. 5, n. 7; Verde 2010a, 72; Leone 2012, 585.

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50. Posto che il vero (τὸ ἀληθές) corrisponde sempre alle nude impressioni sensoriali, nella valutazione della conferma/smentita o (nel caso degli ἄδηλα) della non-smentita da parte dei fenomeni percepiti l’errore (τὸ ψεῦδος) consiste in un’‘aggiunta’ attraverso un processo mentale che ha luogo al livello dell’opinione (δόξα) ed è perciò secondario (perché intenzionale) rispetto a quello (primario e non mediato) dell’αἴσθησις, del πάθος e dell’ἐπιβολή (50-52). La descrizione del funzionamento di udito ed olfatto in accordo coi princìpi stabiliti poco prima (52-53) conclude la sezione sulla canonica.

1.1.1.4. Proprietà degli atomi

Le uniche qualità immutabili e quindi permanenti degli atomi sono forma (σχῆµα), peso (βᾶρος) e grandezza (µέγεθος). Viene ribadito che forme e grandezze atomiche non sono da concepirsi come illimitate, a meno di non ammettere l’esistenza di atomi visibili (54-56). La natura stessa degli atomi esclude la loro divisibilità all’infinito in ul- teriori masse più piccole. L’argomentazione contro la divisibilità, la cui ammissione condurrebbe anche qui alla conseguenza assurda di atomi d’infinita grandezza, è con- dotta con elementi analoghi a quella dell’infinità del tutto, attraverso il ricorso al con- cetto di ἄκρον (cf. § 41).

I corpi visibili possiedono delle estremità (ἄκρα) che rappresentano la parte mini- ma in essi percepibile (pur essendo in realtà costituito da atomi, l’ἄκρον del corpo sen- sibile appare alla sensazione come privo di parti). La loro percezione non è scindibile dalla percezione dell’oggetto intero. La presenza di parti minime percepibili, che si trovano in ciascun corpo in un numero determinato, spiega la limitata grandezza degli aggregati e costituisce, di essa, un’unità di misura. L’infinità di grandezza è recisamen- te esclusa da Epicuro anche per gli atomi (cf. § 54). In analogia coi corpi sensibili, an- che nell’atomo sono presenti dei ‘minimi’ (ἐλάχιστα). Essi sono ‘parti’ degli atomi non nel senso della composizione (gli atomi non sono costituiti da minimi, che in sé non possono formare aggregati) ma – anche in questo caso – nel senso della funzione di limite (πέρας) alla grandezza degli atomi stessi e di unità fisiche di misura (καταµετρήµατα). Al pari delle estremità sensibili, i minimi non possono essere conce- piti indipendentemente dagli atomi (58-59).15

Alto e basso costituiscono, nell’infinito, categorie relative a un dato punto di rife- rimento in base al quale è possibile concepire il moto (60). Attraverso il vuoto e in as- senza di urti questo avviene sempre a velocità costante, rapido come il pensiero (ἅµα νοήµατι) (61); ma dentro gli aggregati gli atomi sono, benché sempre in movimento, soggetti ad urti continui: pertanto, o si muovono senza urti e in una sola direzione, ma soltanto per un tempo minimo continuo (κατὰ τὸν ἐλάχιστον συνεχῆ χρόνον), oppure in direzioni molteplici, in ragione degli urti che subiscono all’interno della σύγκρισις, in tempi osservabili con la ragione (κατὰ τοὺς λόγῳ θεωρητοὺς χρόνους). Il moto continuo dell’aggregato percepito dai sensi non è che il risultato visibile dei differenti moti ato- mici che si verificano al suo interno: inferire dalla continuità del moto percepibile la _____________

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Sulla complessa questione dei minimi nell’Epicureismo vd. Verde 2010a, 156-176; Verde 2013a (in part. p. 19-73).

continuità del moto atomico è quindi un errore dovuto all’aggiunta di un’opinione fal- lace (τὸ προσδοξαζόµενον) ai dati sensoriali (62; cf. § 50-52 e 68).16

1.1.1.5. Psicologia

La locuzione di passaggio µετὰ δὲ ταῦτα conduce, con un richiamo cursorio dei criteri di giudizio (cf. § 38), alla sezione sulla ψυχή. L’anima, come il corpo costituita da ato- mi, si compone di parti sottilissime ed è simile a un soffio (63). Essa è causa della sen- sazione grazie al corpo che la contiene e senza il quale si disperderebbe; il corpo, a sua volta, è privato delle sue facoltà percettive al disperdersi dell’anima (64-66). È falsa la convinzione di quanti considerano l’anima come qualcosa di incorporeo: incorporeo è soltanto il vuoto che non agisce né subisce ma solo consente il movimento attraverso di esso; l’anima, invece, partecipa di entrambi i caratteri (67). I διαλογίσµατα sull’anima (vd. sul termine infra, 1.2.2.1) si concludono in Ringkomposition con un rin- novato appello ai criteri rappresentati da πάθη e αἰσθήσεις e un riferimento alla fun- zione rammemorativa dell’epistola, che offre al lettore dei τύποι, “impronte” a partire dalle quali è possibile elaborare i dettagli (68).17

1.1.1.6. Proprietà stabili e proprietà accidentali

Le proprietà stabili dei corpi (τὰ συµβεβηκότα) – tra cui rientrano forma, colore, gran- dezza e peso – non sono nature a sé stanti né incorporee né inesistenti né parti costi- tuenti dei corpi, ma si accompagnano sempre ad essi definendone la natura perma- nente, ne rendono possibile la percezione e quindi la predicazione (69); gli accidenti (συµπτώµατα), al contrario, non possiedono alcuno di questi caratteri di stabilità, non legandosi permanentemente ai corpi cui afferiscono; come i συµβεβηκότα, essi non sussistono di per sé (70-71). Il tempo rappresenta un particolare tipo di accidente che è necessario concepire non sulla base di una prolessi, ma in analogia con le espressioni comuni per cui si parla di ‘molto’ o ‘poco’ tempo, ad esempio in relazione al giorno, al- la notte, al movimento o alla quiete. Il tempo può essere quindi definito come una “rappresentazione grazie alla quale pensare la durata” che viene a connettersi acciden- talmente ad altre realtà.18

Eccetto il ‘molto’ e il ‘poco’, di esso non è possibile predicare altro come se costituisse la sua essenza (72-73).19

I mondi si sono formati dall’infinito per separazione da altri aggregati; sono corrut- tibili (ma non animati) e possono assumere un numero inconcepibile di forme. Nulla contraddice alla possibilità che anche in altri mondi possano costituirsi esseri viventi e in generale realtà analoghe a quelle da noi osservabili (73-74; cf. § 45).

1.1.1.7. Progresso e origine del linguaggio

Il progresso della civiltà umana mostra che la natura può essere talvolta guidata dai πράγµατα stessi a svilupparsi in una direzione determinata: gli usi linguistici, ad esem- _____________

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In questo caso, Epicuro esclude la possibilità del ragionamento analogico dal sensibile al non- sensibile introdotto nel caso degli ἐλάχιστα.

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Vd. n. 13.

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Verde 2010a, 208.

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pio, si sono formati in origine, presso ciascun popolo e in ciascun luogo, in dipendenza diretta da sensazioni e affezioni cui hanno fatto seguito corrispondenti emissioni di suoni; in un secondo momento, per evitare ambiguità, sono state stabilite convenzio- nalmente ulteriori denominazioni. È merito dei συνειδότες (“coloro che hanno espe- rienza” delle cose) aver quindi costruito, sotto la guida necessitante dei criteri di per- cezione (ἀναγκασθέντας) o mediante applicazione del ragionamento (τῷ λογισµῷ), una terminologia adeguata a concetti prima ignoti (οὐ συνορώµενα) (75-76).

1.1.1.8. La φυσιολογία come fondamento dell’etica

I moti dei corpi celesti e i fenomeni atmosferici non traggono causa e ordine del loro verificarsi da agenti di carattere divino (ossia compiutamente felici e incorruttibili: µακαριότης µετὰ ἀφθαρσίας), né sono da considerarsi essi stessi come tali e dotati di ar- bitrio. L’attribuzione di prerogative divine a enti cui queste non competono non può che generare turbamento (τάραχος), laddove, in realtà, i corpi celesti si sono generati insieme col cosmo e ne costituiscono una parte (76-77). La scienza della natura ha come compito l’investigazione delle cause dei fenomeni. Nella comprensione dei ca- ratteri delle nature divine non è applicabile il metodo delle spiegazioni multiple (πλεοναχὸς τρόπος), ampiamente dispiegato nell’indagine sui µετέωρα nell’Ad Pytho-

clem (vd. infra, 1.1.2 e Cap. 6, 3.1.2).20

Tale metodo, che consiste nella ferma consapevo- lezza che i fenomeni celesti possono avere luogo secondo diverse cause, indipenden-

temente dall’esatta conoscenza di ciascuna di esse, è di per sé sufficiente

all’ottenimento dell’ἀταραξία, giacché procura il medesimo grado di tranquillità che si avrebbe se quegli stessi fenomeni si verificassero in ragione di un’unica causa nota (78-80). Epicuro conclude la parte dottrinaria dell’epistola riconoscendo le cause pri- marie del turbamento per l’anima nella falsa concezione della natura divina, la cui µακαριότης non ammette nulla che le sia contraria, e nella paura che l’ἀναισθησία in cui la morte consiste possa riguardarci ancora: tali timori sono dovuti a un moto irrazio- nale (ἄλογος παράστασις) che precede anche il formarsi di un’opinione sia pure fallace (81). La memoria continua (συνεχὴς µνήµη) delle dottrine principali è la via verso la li- berazione da simili timori. Il solo criterio da adottare e seguire in ogni questione che riguardi la natura è quello offerto dalle sensazioni e dalle affezioni (82; cf. § 38 e 68).

La chiusa riprende toni e contenuti della praefatio ribadendo l’utilità e il valore te- rapeutico dell’epitome a diversi livelli di avanzamento nello studio della dottrina.21

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Sul πλεοναχὸς τρόπος vd. Erler 2013; Verde 2013c; Hankinson 2013; Masi 2014b; Bakker 2016; Corsi 2017 (in part. sul πλεοναχὸς τρόπος in Diogene di Enoanda); Verde 2018a (su Lucrezio); Asmis 1984, 329. Sul termine τρόπος vd. Cap. 6, n. 222.

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