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2. La Kompendienliteratur dopo Epicuro

2.1. Diogene di Tarso

Dell’epicureo Diogene di Tarso, vissuto probabilmente nella seconda metà del ΙΙ a.C. se si accetta l’identificazione con l’omonimo autore di Ποιητικὰ ζητήµατα,271

Diogene Laerzio ricorda delle Ἐπίλεκτοι σχολαί in almeno 20 libri272

ed un compendio di dottri- na etica, l’Ἐπιτοµὴ τῶν Ἐπικούρου ἠθικῶν δογµάτων;273

il titolo di un ulteriore scritto, forse in un solo volume (ἐν τῷ) – o, in alternativa, l’indicazione di un libro preciso dell’Epitome o delle Σχολαί – in cui era negata l’origine divina dell’ἔρως, è in lacuna.274

Per Σχολαί potrebbero intendersi lezioni di scuola o riassunti di lezioni (come ne curerà Filodemo, vd. infra 2.4).275

Il libro 1 verteva (anche) su questioni di cosmologia, sovrapponendosi alle tematiche del libro 12 Περὶ φύσεως (vd. Cap. 6, 1.2.8): lo attesta lo scolio al § 97 dell’Ad Pythoclem, che riconduce allo scritto di Diogene le spiegazioni delle eclissi solari e lunari.276

Dei libri restanti sappiamo che, almeno a partire dal quinto, vi erano trattate (anche) questioni di etica: il profilo del σοφός ideale (libro 5),277

la distinzione tra piacere in moto e piacere stabile (libro 17, da cui Diogene stral- cia più o meno letteralmente: νοουµένης δὲ ἡδονῆς τῆς τε κατὰ κίνησιν καὶ τῆς καταστηµατικῆς),278

la funzione della virtù, che è appetibile non per se stessa ma in ra- gione del piacere che procura, così come la medicina è finalizzata alla salute (libro 20).279

Anche nell’Ἐπιτοµή trovava posto la descrizione delle qualità del saggio epicu- reo.280

Diogene di Tarso rappresenta in tutta verosimiglianza la fonte principale, se non l’unica, impiegata da Diogene Laerzio per la stesura delle due sezioni di etica, piuttosto confusamente strutturate, che precedono e seguono l’Ad Menoeceum (10,117- 121. 136-138). Un uso del genere suggerisce che il Laerzio considerasse le informazioni fornite da Diogene di Tarso come fededegne e direttamente riconducibili alla parola dello Scolarca. E in effetti è probabile che Diogene attinga direttamente a Epicuro, del quale diverse opere (oltre al Περὶ φύσεως citato nello scolio: le Διαπορίαι, il Simposio, il Περὶ βίων, il Περὶ αἱρέσεως καὶ φυγῆς, il Περὶ τέλους e l’Epistola ai filosofi di Mitilene) vengono menzionate a sostegno e a integrazione delle citazioni tratte dalle Σχολαί e dall’Epitome.281

_____________

271

Dorandi 1997b, 601.

272

D.L. 10,26. 119. 136. 138 (dov’è citato il libro 20).

273

D.L. 10,118.

274

D.L. 10,118.

275

Per σχολή in questo significato cf. Arr. Epict. 4,11,35.

276 Σ Ep. Pyth. 97: τοῦτο δὲ καὶ Διογένης ὁ Ἐπικούρειος ἐν τῇ α´ τῶν Ἐπιλέκτων. 277 D.L. 10,119. 278 D.L. 10,136. 279

D.L. 10,138, dov’è aggiunta, evidentemente fuori contesto, la notazione ὃς καὶ διαγωγὴν (“modo di vita”) λέγει τὴν ἀγωγήν (“educazione”).

280

D.L. 10,118.

281

2.2. Filonide di Laodicea

Oltre che da una menzione in Apollonio di Perga, a conferma della preminenza dei suoi interessi in materia geometrica,282

e da alcune iscrizioni,283

l’epicureo Filonide, che visse tra il 220 e il 150 a.C.,284

ci è noto attraverso il βίος tràdito relativamente in buono stato dal PHerc. 1044, di possibile paternità filodemea.285

Originario di Laodicea a Mare (l’odierna città di Latakia sulla costa siriana settentrionale), dove intrattenne stretti rapporti con la corte seleucide, fu scolaro, tra gli altri, del matematico Eudemo286

e di Artemone, a sua volta commentatore di Epicuro (Vita Philon. Fr. 7 Gallo [= col. 14 As- sante]; cf. Cap. 6, 1.2.5). A Laodicea Filonide fondò una scuola, promossa e frequentata dal sovrano Demetrio I Soter (fr. 27 Gallo [= col. 41 Assante]) e visitò più volte la sede di Atene, con la quale fu in buoni rapporti.287

Preparò un commento ai libri 6 e 8 del Περὶ φύσεως (fr. 7 e fr. 13 inf.-14 Gallo [= col. 14 e 38-39 Assante]) e si prese cura di ra- dunare i libri di Epicuro (fr. 66 Gallo [= col. 24 Assante]).288

Sono da riferire alla sua at- tività di maestro le epitomi delle lettere di Epicuro, Metrodoro, Polieno ed Ermarco nominate nel fr. 14 Gallo [= col. 39 Assante, da cui è tratto il testo citato]:289

πεπόη̣κ̣ε̣ν̣ | δὲ νέοις ἀργοῖς ὠφελί|5µους καὶ τ̣ὰς ἐπιτοµὰ[ς] τ̣ῶ[ν] | ἑπιστολῶν τῶν

Ἐπι̣[κ]ού̣[ρ]ο[υ,] | Μητροδώρου, Πολυαίνου, | Ἑρµάρχου καὶ τῶν ̣ ̣ [ – – – | µω[ ̣ ̣] ̣ κ̣ατὰ γένος [ἐπι]|10σ̣τ̣ο̣[λῶν] ̣ ̣ ̣ [ ̣ ] ̣ ι̣χ̣ ̣ ̣ ̣ ̣[ – – – | – – – ] ̣ ̣ [

Ha composto poi le epitomi, utili per giovani pigri, delle epistole di Epicuro, Metrodoro, Polieno, Ermarco e delle epistole … per genere … (trad. Assante).

Se tra le ἐπιστολαί di Epicuro epitomate da Filonide rientravano, com’è assai verosimi- le, le lettere laerziane, ci troviamo di fronte ad un’epitomazione ‘di secondo grado’ – per cui non mancano esempi290

–, mentre non sussistono elementi sufficienti per dire se anche le epistole dei καθηγεµόνες fossero già delle epitomi o piuttosto testi dottrina- ri a carattere ‘monografico’. Certo è che i sommari ricavati da Filonide si rivolgevano a un uditorio preciso, i νέοι ἀργοί, giovani scarsamente motivati allo studio,291

ed erano

_____________

282

Apollon. Perg. Con. 2, praef. vol. 1 p. 192 Heiberg; cf. Fleischer 2016, 63-70.

283

Cf. Fleischer 2016, 63 n. 20.

284

Vd. Gallo 1980, 35-36; Fleischer 2016, 69-70.

285

Ed. Gallo 1980; Assante 2012 (non pubblicata). Studio bibliologico in Assante 2010. Sull’attribuzione a Filodemo Gallo 1980, 44-49; ora Assante 2012, 53-55.

286

Cf. la testimonianza di Apollonio e PHerc. 1044, fr. 25 Gallo; sulla figura di Eudemo vd. Fried/Unguru 2001, 57-61. 287 Vd. Erler 1994, 252. 288 Cf. Puglia 1988, 51-52. 289 Cf. MacGillivray 2015, 11-12; Assante 2011, 252-253. 290

Cf. Cap. 1, 1.1 e n. 15; vd. anche Verde 2013, 283. Simile l’attitudine del giurista bizantino Michele Attaliate (ca. 1022-1080), che si accinge a compendiare versioni già abbreviate dei 60 libri di Νόµιµα Βασιλικά, nella prefazione alla sua sinossi: µέλλων … πραγµατείαν ποιήσασθαι καὶ σύνοψιν ὡσανεὶ συνόψεως (corsivo mio) καὶ συντοµίας ἀκριβεστάτης ὑπόθεσιν, ἵνα προθυµοτέρους τοὺς ἀναγινώσκοντας πρὸς τὴν τῶν ἐκτεθησοµένων ἀνάγνωσιν διατεθεικὼς τὴν προκατέχουσαν τοὺς πολλοὺς ῥᾳθυµίαν διὰ τὸν κόρον τοῦ λόγου, ὡς πολέµιον ἀκοαῖς, πόῤῥω που διωθήσωµαι· δεῖν ἔγνων … .

291

raccolti (una silloge individuale per ciascun autore o un’edizione complessiva?)292

in base a criteri che il testo del papiro rivela soltanto in parte: forse una disposizione se- condo i destinatari (κατ’ ἄνδρα?), difficile dire in quale ordine:293

Körte ricorda le ἐπιστολαὶ κατὰ στοιχεῖον di cui parla Diogene (D.L. 10,30), da cui deduce – ma l’ipotesi è problematica per l’interpretazione del nesso – una successione alfabetica.294

La dispo- sizione κατ’ἄνδρα sarebbe corroborata dalla testimonianza di Seneca (Sen. ep. 99,25 [= Metrod. Fr. 34 Körte]) che cita verbatim, riportandone il titolo, dalle lettere di Metro- doro indirizzate alla sorella: Μητροδώρου ἐπιστολῶν πρὸς τὴν ἀδελφήν;295

una seconda serie doveva essere strutturata secondo il genere (κατὰ γένος),296

ossia per temi. È pos- sibile che alcune lettere comparissero, in altro ordine ed epitomate secondo un taglio differente, in entrambe le raccolte (biografico in quella κατ’ ἄνδρα primo e dottrinario in quella κατὰ γένος?).297

Se alla base delle ἐπιτοµαί stessero delle collezioni di lettere che già godevano di una qualche diffusione o se il lavoro di raccolta sia stato effettuato di prima mano da Filonide stesso (come potrebbe ben suggerire la συναγωγὴ τῶν Ἐπικούρου βυβλίων del fr. 66) è oggetto di discussione.298

Il PHerc. 176, d’incerto autore, propone diversi excerpta di lettere attribuibili a Epicuro e ai suoi allievi più stretti, in cui a una nota introduttiva sul profilo di ciascuna figura seguono stralci di corrispon- denza a mo’ di documentazione.299

L’identificazione con le ἐπιτοµαί filonidee, suggeri- ta cursoriamente da Dorandi,300

porterebbe con sé difficoltà di carattere contenutisti- co (come la corrispondenza di epicurei di cui non fa parola il PHerc. 1044) e perlome- no incertezze cronologiche (il floruit della scuola di Filonide, da collocare nella prima metà del II a.C., s’imporrebbe come terminus post quem per la datazione del papiro, che potrebbe tuttavia risalire anche all’inizio del secolo).301

A ragione, come credo, Gallo ha dubitato della possibilità di interpretare ἐπιτοµή come “estratto” o “silloge di estratti”302

(ciò ne farebbe – e a torto – un sinonimo di ἐκλογή, formato che Filodemo distingue bene, rievocandolo in un contesto pure relativo all’uso di letteratura com- pendiaria: vd. infra, 2.4) e piuttosto considera le raccolte come “veri e propri riassunti, a scopo pedagogico, per agevolare l’apprendimento della dottrina epicurea”.303

_____________ 292 Cf. Gallo 1980, 129. 293 Vd. Gallo 1980, 128 n. 20. 294

Körte 1909, 255-256. Ma vd. Crönert 1906, 175 e infra, Cap. 6, 2.1.2. Il dibattito critico è riportato da Capasso 1988a, 45 n. 43.

295

Per il testo del titolo, da alcuni espunto, vd. Reynolds 1965 ad loc. Koch Piettre 2010, 393 (ripren- dendo l’idea di Körte) pensa piuttosto ad una disposizione per autore (ossia secondo i mittenti), forse con sottosezioni organizzate per destinatari.

296

Vd. Gallo 1980, 128 n. 20. Longo Auricchio 1988, 160-163.

297

Vd. Gallo 1980, 129. 131; Koch Piettre 2010, 393-394.

298

Vd. Koch Piettre 2010, 389-394.

299

Vd. Angeli 1993b, 303. Cf. per la tipologia POxy. 76 5077 (Obbink/Schorn 2011); vd. ora sul PHerc. 176 anche Tepedino 2010; Campos Daroca/López Martínez 2010; De Sanctis 2016, 77-83.

300

Dorandi 1983, 77.

301

Angeli 1988b, 28.

302

Usener 1887, liv-lv individua nelle presunte eclogae epistularum del PHerc. 1044 una fonte degli gnomologi epicurei seriori.

303

Gallo 1980, 130. Koch Piettre 2010, 391 percorre una via mediana: “d’une part sous forme de com-

L’attività epitomatoria di Filonide mostra senza dubbio, almeno per intenti, una “profonda consonanza con gli insegnamenti del maestro”,304

ma ha luogo in un diffe- rente contesto, cui vengono a corrispondere differenti generi di scrittura. Gallo ri- chiama l’attenzione sia su una “cultura basata su compendi” che occupa sempre più spazio nel corso dell’Ellenismo (cita ad esempio l’attività del contemporaneo Eraclide Lembo)305

sia sul possibile “affievolimento della grande carica ideale e morale del pri- mo epicureismo”, laddove esigenze pedagogiche più immediate (porre rimedio all’ἀργία di allievi poco diligenti) impongono un compromesso, se non sulla qualità, perlomeno sulle modalità della παράδοσις.306

Dal compendio che incontra un allievo (si pensi a Pitocle) già disposto favorevolmente alla dottrina e integrato, di persona o a distanza, nella συνουσία della scuola, si passa all’epitome come strumento che opera ad uno stadio assai più basilare, dov’è innanzitutto necessario accattivarsi l’attenzione di un uditorio recalcitrante, foss’anche riducendo e semplificando ancora ciò che era in origine già concepito come un messaggio di facile accesso. S’intravvede qui uno svi- luppo che troverà espressione in particolar modo nell’Epicureismo romano (vd. infra, 2.5).307

2.3. Demetrio Lacone

Affascina l’ipotesi, adombrata da Puglia e ripresa di recente da Verde,308

che proprio ai compendi di Filonide (o ad opere redatte nello stesso spirito) dovessero indirizzarsi gli strali polemici di un esponente di spicco dell’Epicureismo come Demetrio Lacone. Originario di Sparta, fu attivo in tutta verosimiglianza a Mileto tra la fine del II e l’inizio del I d.C.,309

pressappoco negli stessi anni in cui Zenone di Sidone, forse di poco più anziano, tenne ad Atene lo scolarcato.310

Le sue critiche, sviluppate in un’opera a ragione definita di ‘filologia filosofica’,311

incentrata sui problemi interpretativi e te- stuali degli scritti di Epicuro e conservata tra i volumina di Ercolano, apportano un contributo sostanziale alla ricostruzione della storia dei compendi nel Κῆπος.

A metà strada tra l’esegesi critico-testuale e l’apologia della veridicità della dottrina, lo scritto tramandato dal PHerc. 1012312

s’inserisce, occupandovi un posto di non poca rilevanza, nella tradizione filologica degli Epicurei:313

Demetrio vi lavorò probabilmen- ________

cations biographiques introduisant d’autres excerpta”. Si vedano anche le osservazioni in Tepedino 2010, 39-40 e Assante 2012, 253.

304

De Sanctis 2016, 85 n. 43.

305

Gallo 1980, 130. Su Eraclide Lembo vd. Cap. 4, n. 3.

306

Cf. Koch Piettre 2010, 387; l’ombra di una valutazione storico-filosofica sul mutamento e sulla progressiva divergenza delle tendenze interne alla scuola dopo la generazione dei καθηγεµόνες si ravvi- sa, malgrado la frammentarietà del testo, in Phld. Adversus fr. 107 e col. 3 Angeli.

307

Cf. anche Verde 2013, 283: “Il caso di Filonide, quindi, potrebbe rappresentare una sorta di evolu- zione concernente le modalità̀ di trasmissione del sapere epicureo”.

308 Puglia 1988, 55; Verde 2013, 283 n. 180. 309 Vd. Puglia 1983. 310 Vd. Dorandi 1991, 51-52; Puglia 1988, 37-48. 311 Verde 2016b, 107. 312 Ed. Puglia 1988. 313 Vd. supra, n. 268.

te verso la fine del II a.C., a Mileto o forse nella biblioteca del Κῆπος ateniese.314

Scopo del libro è difendere il testo di Epicuro dalle accuse di oscurità, imprecisione termino- logica, incoerenza linguistica e concettuale e liberarlo da presunte aporie, pericolosi intralci alla ricezione del messaggio salvifico della dottrina.315

Demetrio vi si appresta facendo affidamento sullo strumentario tradizionale della filologia alessandrina (sen- za escludere l’appello all’auctoritas dei poeti – Euripide, Sofocle – e il parallelo con al- tri autori, tra cui Ippocrate), argomentando con l’interpretazione del senso di termini ed espressioni, con le ragioni dell’eufonia, con l’analisi della sintassi, con la presenza di corruttele scribali, avventurosi interventi di ‘Verschlimmbesserung’ e guasti materiali: ne deriva un discorso segnato a più riprese da una polemica aspra, diretta a oppositori in malafede, grammatici sprovveduti e, non in ultimo, maestri di pochi scrupoli e scar- sa competenza. A quest’ultima categoria è dedicato l’intero capitolo 15, che copre le col. 51-56 nell’edizione di Puglia:316

[– – – | ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]ενας. Συντοµί|[ας γὰρ στο]χ̣αζόµενοι καὶ κα|[τὰ τὴν τῶ]ν ἀκουόντων δι|[δαχὴν ἁρ]µοζόµενοι πολ|5[λάκις καὶ] τὴν παράδοσιν|[τῶν δοκο]ύ̣ντων – ὅσ̣ον [δ’] οὐ|[καὶ τὴν ε]ἰσαγωγὴν̣ ἐνα̣[λ|λάττοντε]ς ταύτηι τ̣ῆ̣[ι δι|δαχῆι] – [δει]κνύουσ[ιν] καὶ [ ̣ ̣ |10 ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣] ἀρέσκοντε[ς|τοῖς πολλο]ῖς τοῦτο ποιοῦ̣[ν|τες ̣ ̣ ̣]ν τις εικα[ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]|ρ[ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]ο σύντοµον [ ̣ ̣ ̣ ̣]|ει̣[ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]. Διόπερ ο[ὐδενὶ] |15 µὲν ἔξε̣στιν συνεκ[ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]|κα̣[ ̣ ̣ ̣ κ]α̣κο̣ῦν καὶ τὴν [τού]|τω̣[ν παράδο]σιν καὶ τὴν [εἰσ|αγωγήν], [σ]υντοµίας [γὰρ χά|ριν εἴωθε]ν ἄµφω π̣[οιεῖν],|20 [ἀκόλου]θα δὲ διὰ µ̣[ε]ι̣κ[ρῶν | πᾶς καθηγ]ητὴς ἀπο[δείξει | ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]ου[ ̣ ̣ ̣]λ̣ε̣[ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]| – – – || – – – πειστέ]|ον γάρ, ἢ̣ν ἐπὶ τοῦ προχειρο|τάτου βυβλειδίου στῶµεν, | ταῖς ἐπιγραφοµέναις Κυρί|αις δόξαις· ἐν [τ]αύταις ὁ Ἐ|5πίκουρος τὸ̣ τ̣[έλος ἡδονήν φη]|σιν, αὐτὸ το̣ῦ̣[τ’ οὐ λέγει γ’]|ἀποδείξεως [προσδεῖσθαι]|ὅταν φῆ[ι· – – –] |τοσω[ ̣]στ[– – –]|10 ̣ο[ ̣]ι̣ς[ ̣]ο̣σ̣οδ̣[ ̣ ̣]ο̣[– – – ]|ιση[ ̣ ̣ ̣ ̣] εἰσάγ̣ε̣[ι – – –]|ο̣ιλι[ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]λλ[– – –]|ν[ ̣]ρ[ ̣ ̣ ̣]ουναπ[– – –| ̣]το̣[– – –]|15[ ̣]ν̣ο̣[– – –|– – –] οὐδὲ̣ ε̣σ[– – –|– – –]ε̣θ[ ̣]ναν̣α[– – – | – – –]του[ ̣]φυ[– – – | – – –]|| ὥστ̣ε̣ µηδενὸς ἑτ̣ερογενοῦς | προσδεῖσθαι, νοο[ῦµ]ε̣ν δὲ | τέλος ἀγαθῶν καὶ τὸ οὗ παρόν|τος οὐδενὸς ὁ κεκτηµένος |5 ἑτε̣ρογενοῦς προσδ[εῖ]ται, δ̣[ι]|ὸ τ̣[έ]λος τ̣ῶν ἀγαθῶν [ἐστιν] | [ἡ ἡδο]νή, [φαµὲν] δὲ τὸ̣ [µέγισ|τ]ο̣ν [τ]ῶν κ̣α̣κ̣ῶν ἀλ[γεῖν εἶ|ν]α̣ι· τὰς ἐναντίας [διαθέ|10σεις – – –]κτ̣[ ̣ ̣ ̣]ο[– – – | – – –]ω̣ι[ ̣ ̣]ρ[– – – | – – –]ο[– – – | – – –]τ[ ̣ ̣ ̣ ̣ ̣]πα[– – – | – – –]κα[ ̣ ̣ ̣]εν̣[– – – |15 – – –]ο[ ̣ ̣ ̣]ε[– – –]

… Mirando infatti alla concisione e adattando spesso anche la tradizione delle opinioni in relazione all’insegnamento impartito agli uditori – quasi addirittura mutando l’isagoge in funzione di quest’insegnamento – essi mostrano … di far ciò per compiace- re la massa … Perciò a nessuno è lecito … guastare sia la tradizione di queste (opinioni) sia l’isagoge – a scopo di concisione si fanno di solito entrambe le cose –, ogni maestro farà invece conoscere in breve concetti coerenti … || … bisogna infatti prestar fede, se ci atteniamo al libretto sempre sotto mano, alle Massime intitolate Capitali, in queste Epi- curo dice che il fine è il piacere, ma nega che ciò abbia bisogno di dimostrazione quan- do dice: … || … [chi possiede il piacere è tale] da non aver bisogno di nulla di diverso e noi consideriamo sommo bene appunto ciò che, se c’è, fa sì che colui che lo possiede _____________

314

Vd. Puglia 1988, 90.

315

Cf. Erler 2006; Mas Torres 2018, 69.

316

In considerazione dello stato assai lacunoso delle colonne restanti, è riportato qui soltanto il te- sto delle col. 51-53.

non ha bisogno di nulla di diverso; sommo bene è perciò̀ il piacere e diciamo altresì che il più grande dei mali è provare dolore. Le opposte disposizioni dell’animo … (trad. Pu- glia).

Alcuni καθηγηταί317

mettono a repentaglio l’ortodossia della dottrina attraverso un’ipersemplificazione della παράδοσις: la composizione di breviari di filosofia per uso didattico, in sé legittimata dalla tradizione di scuola, conduce, quando miri alla conci- sione (συντοµία) ad ogni costo, a stravolgere la coerenza interna della πραγµατεία, alte- rando non soltanto il modo in cui ad essa i principianti vengono introdotti (τὴν ε]ἰσαγωγὴν̣ ἐνα̣[λ|λάττοντε]ς – a riprova di una compresenza, nei compendi di Epicuro, di funzione isagogica e funzione rammemorativa),318

ma anche la sua originaria porta- ta, conseguentemente generando incongruenze sul piano dell’esegesi.319

A ciò si ag- giunge che il fine principale della composizione di libelli siffatti risponde – accusa Demetrio – alla volontà di compiacere le attese della massa (ἀρέσκοντες τοῖς πολλοῖς).320

Per converso, un’isagoge correttamente strutturata deve insegnare in ma- niera concisa (διὰ µεικρῶν) e coerente (ἀκόλουθα), ossia deve essere accessibile e non- dimeno accurata e fedele alla dottrina che veicola. Nella colonna successiva è nomina- to un testo che ha tutta l’apparenza di un compendio (ἢν ἐπὶ τοῦ προχειρο|τάτου βυβλειδίου στῶµεν), probabilmente composto da Demetrio stesso,321

del quale viene ci- tato o parafrasato un ampio stralcio di teoria edonistica (col. 51-52). Esso ricopre la funzione di esempio positivo di epitome-isagoge, nel contempo di breve respiro e do- tata di coerenza interna (ἀκόλου]θα διὰ µ̣[ε]ι ̣κ[ρῶν, col. 51,20 Puglia).322

Demetrio dove- va avervi illustrato (a beneficio degli allievi di Mileto?) “molteplici aspetti del pensiero epicureo distinguendo quanto proveniva direttamente da Epicuro da quanto era nato da polemiche a lui successive”.323

Nel PHerc. 1013, che offre uno scritto (più tardo)324

dello stesso Demetrio con argo- menti a difesa delle tesi di Epicuro (poi ribadite da Zenone di Sidone in polemica con Posidonio) sulla magnitudo solis (cf. Ep. Pyth. 91), si legge:325

λείαν δέ τις | ἀγανα[κ]τῶν εἰ Δίωνα |5 λέγοµεν [ἐπὶ τ]οσοῦτον | ἡµαρτ[ηκέν]αι, βλε|π̣[έ]τω̣{ι}

[ὅσ’ ἐστιν] ἐν τῶι αὐ|τ[ῶ]ι βυβλειδ[ί]ω̣ι καὶ ἐ̣|[πιγ]ραφοµ[έν]ωι Ἐνχει|10ριδίωι τε[ ̣]π̣ων οὐχ

ἧτ|[τον – – –

Se uno326 se la prende troppo, perché diciamo che Dione327 in questo ha sbagliato, veda quanto è scritto nello stesso libretto intitolato anche Manuale … non di meno … (trad. Romeo).

_____________

317

Sul termine vd. Longo Auricchio 1978, 22-23.

318 Cf. Cap. 2, 3. 319 Cf. Mülke 2010, 73; MacGillivray 2015, 12-13. 320 Cf. Puglia 1988, 272-273. 321 Puglia 1986a, 47. 322 Vd. Capasso 1987, 53-54. 323 Puglia 1986a, 50. 324 Puglia 1988, 45. 325 Col. 17,3-11 Romeo.

Varie le interpretazioni tentate.328

(1) Supplendo ἐν τῶι αὐ|τ[ῶ]ι βυβλειδ[ί]ω̣ι καὶ ἐ̣|[ν τῶι ‹ἐπι›γ]ραφοµ[έν]ωι Ἐνχει|ριδίωι, Crönert pensa a due diversi scritti di Apollodoro κηποτύραννος, mentre l’integrazione alternativa (che nel senso non si discosta dal testo di Romeo) ἐν τῶι αὐ|τ[ῶ]ι βυβλειδ[ί]ω̣ι ‹τῶι› καὶ ἐ̣|[πιγ]ραφοµ[έν]ωι Ἐνχει|ριδίωι restitui- rebbe un’epitome sola, da attribuire, secondo lo studioso, a Epicuro stesso;329

(2) lo scritto che reca il titolo alternativo di Ἐγχειρίδιον (secondo il testo di Romeo) è l’opera stessa contenuta nel PHerc. 1013;330

(3) l’Ἐγχειρίδιον è nient’altro che il προχειρότατον βυβλείδιον di PHerc. 1012.331

Posto che il testo ricostruito da Romeo – sostanzialmente seguendo De Falco332

– pare preferibile ad entrambe le proposte di Crönert per ragioni di economia, è altrettanto plausibile sia che nel Manuale debba essere riconosciuto un testo di Epicuro, impossibile dire quale (nel PHerc. 1012 Demetrio cita le Κύριαι δόξαι accanto al προχειρότατον βυβλείδιον), sia che il libretto citato nel PHerc. 1012 sia ad esso identico, sia, ancora, che si tratti di un’indicazione autoreferenziale al PHerc. 1013. È un fatto, del resto, che l’opera De magnitudine solis si presentasse, se non come un manuale didattico (la specificità del tema induce forse ad escluderlo), almeno come un testo apologetico di una certa concisione, per il quale l’appellativo di βυβλείδιον non sarebbe improprio (cf. col. 22,3-5 Romeo: συντό|µως περιοδεῦσαι τὴν ἀ|5

πολογίαν).333

Ma convincono le ragioni addotte da Puglia, che argomenta a favore dell’identità tra i βυβλείδια insistendo sulla connessione forte tra ἐγχειρίδιον e l’aggettivo πρόχειρος.334

Allo stesso testo potrebbe riferirsi l’accenno nel De signis filodemeo (PHerc. 1065, col. 28,13-14 De Lacy): ἐν µὲν δὲ τῷ Δηµητρι|ακῷ σ[φ]όδρ’ ἐπιτόµως ἔκκε[ι]ται (“Nel libro di Demetrio sono trattati [scil. gli errori in cui incorrono i detrattori della σηµείωσις per analogia] in maniera assai concisa”):335

ma l’ἐπιτόµως ἔκκε[ι]ται non deve di necessità implicare la presenza di un’intera opera di profilo epitomatico se l’avverbio s’intende riferito al modo cursorio di affrontare un tema specifico in un discorso di diverso sco- po. Non escluderei quindi la possibilità che dietro al Δηµητριακόν si celi un testo diver- so dal Manuale, forse un trattato d’argomento logico, come ipotizza Romeo.336

Non impossibile, ma nemmeno positivamente dimostrabile, è una dipendenza di- retta di Sesto Empirico dall’Ἐγχειρίδιον demetriaco;337

qualora confermata, la connes-

________

326

Forse Posidonio? Vd. Romeo 1979, 25.

327

Probabilmente un nome esemplificativo a indicare un avversario generico (per altre proposte d’identificazione vd. Romeo 1979, 25).

328

Vd. Romeo 1979, 26; Broccia 1979, 14-15.

329

Crönert 1906, 114. 115 n. 516. La seconda ipotesi di Crönert è accolta da De Falco 1923, 62.

330 Philippson 1924, 326. 331 Puglia 1986a, 48. 332 De Falco 1923, 62. 333

Vd. De Sanctis 2011, 225 n. 50; Puglia 1988, 274; Angeli 1988, 41.

334

Puglia 1986a, 48-49.

335

Ed. De Lacy/De Lacy 1978. Vd. Puglia 1986a, 50 e n. 40.

336

Romeo 1988, 37-38; cf. Erler 1994, 265.

337

Puglia 1986, 51. Per il testo delle le testimonianze (n. 6-8), curate da M. Gigante, vd. Puglia 1988, 19-23.

sione consentirebbe comunque di dire di più sul testo dell’isagoge, che avrebbe in tal caso interessato soprattutto le basi della teoria del canone.338

2.4. Filodemo

Come Demetrio, Filodemo (vd. Introd., 1 e n. 4; Cap. 2, 4) fece uso egli stesso del genere compendiario e non mancò di esprimere il suo scetticismo su modelli di epitomazione che considera nocivi a un’esatta trasmissione della dottrina.

2.4.1. L’eredità di Zenone

Centrale, ma di controversa lettura, è la notizia fornita da Ambrogio tra le sue Epistole (Ep. 14,13 CSEL LXXXII 3, p. 241-242 Zelzer [= fr. 385a Us.]), in una potente invettiva an- tiedonistica. Il nome di Filodemo risulta dall’emendazione, non certa ma assai proba- bile,339

di un Filominus/Filuminus evidentemente corrotto:340

Atque hic quam alienus a vero sit, etiam hinc deprehenditur, quod voluptatem in homine deo auctore creatam adserit principaliter, sicut Philodemus eius sectator in epitomis suis disputat et huius allegat Stoicos esse auctores sententiae.

Quanto costui (scil. Epicuro) sia lontano dalla verità si evince anche dal fatto che egli attribuisce a Dio la creazione negli uomini del principio di piacere, come sostiene il suo seguace Filodemo nelle sue epitomi, adducendo gli Stoici quali iniziatori di questa tesi. A monte dell’identificazione delle epitomae Philodemi, data per scontata la rettifica del testo, l’affidabilità delle informazioni che Ambrogio riporta è turbata da due fattori: l’origine divina della ἡδονή e, prima facie ancor meno comprensibile, l’attribuzione del- la dottrina ai filosofi di parte stoica. Usener addita la prima anomalia (tralasciando l’altro problema) a un fraintendimento della fonte, in cui si parlerebbe non di ἡδονή genericamente intesa, bensì di quel particolare piacere che proviene dalla percezione dei simulacri divini.341

Spiegazione accolta da Philippson in un articolo del 1921 con l’aggiunta di un’ipotesi sulla fonte concreta di Ambrogio, individuata nel PHerc. 1077, in cui lo studioso crede di riconoscere un “Abriß … über die Götterlehre im ganzen” autonomo rispetto al trattato Περὶ εὐσεβείας;342

sulla possibile appartenenza alla stessa epitome del PHerc. 168 (che sappiamo ora contenere frammenti di uno ὑποµνηµατικόν di argomento etico da attribuire a Filodemo stesso),343

in cui compare un riferimento alla ἐκ τῶν εἰδώλων ἡδονή (col. 1,17-18 Bignone),344

Philippson non va oltre la mera men- _____________

338

Romeo 1988, 37-38.

339

Cf. Schmidt 1962, 787 e poi Obbink 1996, 79, che non escludono l’alternativa Philonides; meno dubbi gravano sulla correzione di Dimarchus in Hermarchus poco dopo (cf. Hermarch. fr. 47 Longo Au- ricchio e Longo Auricchio 1988, 170-171).

340

Vd. Zelzer 1982, 242; Liebich 1954, 116-117.

341

Usener 1887, 356.

342

Philippson 1921, 356-362; vd. anche Erler 1994, 328.

343

Vd. Del Mastro 2010; Del Mastro 2014a, 77-79; su ὑποµνηµατικόν Dorandi 2007, 71-77.

344

zione.345

La presunta consonanza con le teorie stoiche si giustificherebbe con un passo dello stesso PHerc. 1077 in cui Filodemo avrebbe rimarcato la similarità di vedute tra Cleante e καθηγεµόνες epicurei come Polieno ed Ermarco.346

In un lavoro successivo, Philippson postula le epitomae di Filodemo come Vorlage della sezione di teologia epicurea nel De natura deorum ciceroniano e ripropone la suggestione cautamente formulata anni prima sull’inclusione di PHerc. 168 tra i compendi ricordati da Ambro- gio.347

In un articolo della metà degli anni ’50, W. Liebich ha addotto argomenti alter- nativi per spiegare le apparenti incongruenze della testimonianza ambrosiana:348

Con l’avverbio principaliter, Ambrogio si riferirebbe alla πρόληψις naturale del piacere che ciascun individuo possiede dalla nascita – un’idea che non contraddice al concetto stoico della prolessi naturale del fine ultimo – e che può essere considerata ‘inviata da dio’ sulla base di un’identificazione della divinità con la φύσις stessa. La riedizione del- la prima parte del De pietate filodemeo a cura di D. Obbink ha nel frattempo dimostra- to su basi autoptiche l’appartenenza dei PHerc. 1098 (che è testimone del De pietate) e 1077 al medesimo volumen, e con ciò l’inconsistenza dell’ipotesi di Philippson.349

La requisitoria di Ambrogio dovrebbe per questo basarsi, secondo Obbink, sul Περὶ εὐσεβείας stesso, definito epitoma in ragione dell’abitudine di Filodemo (di cui dirò su- bito), di indicare alcune sue opere come ἐπιτοµαί delle lezioni del suo diretto maestro Zenone di Sidone. La notazione huius allegat Stoicos esse auctores sententiae trarrebbe origine (ed è forse la spiegazione più economica) dalla confusione del nome di quest’ultimo con lo stoico Zenone di Cizio, autore anch’egli di un Περὶ εὐσεβείας.350