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2. La Kompendienliteratur dopo Epicuro

2.5. Gli Epicurei romani

2.5.2. Lucrezio

Ci sono buone ragioni per credere che le intenzioni di Lucrezio si differenziassero, sul piano programmatico e fattuale, da quelle degli altri Epicurei romani.408

Se per questi ultimi Cicerone sente la necessità di sottolineare la distanza tra il suo proprio orizzon- te d’attesa e l’insoddisfacente veste letteraria dei loro scritti, egli non disdegna, d’altra parte (se riteniamo fededegna la testimonianza di Girolamo), di impegnarsi in un la- voro editoriale sul poema di Lucrezio (quos postea Cicero emendavit);409

e il giudizio

multis luminibus ingenii, multae tamen artis,410

ben lungi dall’additare un demerito di Lucrezio come poeta,411

contrasta chiaramente con il neque distincte neque distribute

neque eleganter neque ornate che egli riserva agli altri Epicurei.412

Peraltro è Lucrezio stesso a prendere posizione nei confronti della tradizione che lo precede: per la preci- sione, la ignora.413

Fieramente sostenendo il suo primato nell’introdurre una dottrina _____________ 403 Horsfall 1989, xxi. 404 Cic. Ac. 1,5. 405

Accomunano la scrittura di Nepote con quella degli Epicurei romani anche le scelte linguistiche: entrambi devono far fronte a quella che Lucrezio lamenterà come patrii sermonis egestas (vd. Cap. 1 n. 62) attraverso traduzioni esplicative per termini non latini che risulterebbero altrimenti oscuri (cf. Cic. epist. 15,16,1 e Ac.1,6; cf. Puelma 1985, 214; per Nepote, Horsfall 1989, xix; Anselm 2004, 70 e n. 9).

406 Geiger 1985, 71-72. 407 Cf. Geiger 1985, 95-96. 408 Cf. Boyancé 1963, 11; Paratore 1973, 136. 409

Hier. chron. a. Abr. 1923; vd. Silher 1897, in part. p. 49-54; Boyancé 1963, 22-24; D’Anna 1964, in part. p. 101- 106 e Paratore 1964, che entrambi considerano la versione di Girolamo come risalente a Sve- tonio; sui passi geronimiani riguardanti Lucrezio vd. Opelt 1972.

410

Cic. ad Q. fr. 2,10 = 14 Shackleton-Bailey.

411

Cf. Boyancé 1963, 24f.; Shackleton-Bailey 1980, 190-191.

412

Cic. Tusc. 2,7: est enim quoddam genus eorum qui se philosophos appellari volunt, quorum dicuntur

esse Latini sane multi libri; quos non contemno equidem, quippe quos numquam legerim; sed quia profiten- tur ipsi illi, qui eos scribunt, se neque distincte neque distribute neque eleganter neque ornate scribere, lec- tionem sine ulla delectatione neglego.

413

difficile presso un pubblico potenzialmente ostile,414

Lucrezio fa molto più che con- formarsi ad un τόπος ellenistico:415

stabilisce un programma sottolineando l’originalità della sua creazione letteraria e i nuovi destinatari cui essa è rivolta.416

Paratore ha cercato di spiegare il silenzio di Lucrezio sui predecessori sulla base di un distinguo tematico:417

se Lucrezio si concentra sulla trasmissione della parte più complessa, e basilare, della πραγµατεία, ossia fisica ed epistemologia, gli scritti di Ama- finio si limiterebbero all’etica. Ma la critica di Varrone negli Academica posteriora (1,6) si indirizza proprio alla presunta dozzinalità della fisica di Epicuro, il che lascia pensa- re che Amafinio (e con lui Catio Insubre) se ne sia in ogni caso occupato.418

L’apparente reticenza di Lucrezio dovrà essere motivata altrimenti. L’opposizione tra il volgus, che si tiene a distanza dalla dottrina del Giardino (1,945: abhorret), e il desti- natario esplicito del poema, l’inclutus Memmius (5,8), è già di per sé spia di un intento preciso riguardo alle fasce di pubblico che egli si propone di raggiungere; gli fa eco la preoccupazione di Cicerone per la diffusione incontrollata dell’Epicureismo tra il po-

pulus/multitudo. Per quanto esplicitamente destinati ad un pubblico colto, i versi di

Lucrezio presentano pur sempre caratteri chiaramente riconducibili, sul piano delle strategie comunicative, ai compendi di Epicuro.419

Dopo la morte del Fondatore, le te- stimonianze di Filonide, Demetrio e Filodemo segnano, come si è visto poco sopra, uno sviluppo interno alla tradizione della Kompendienliteratur che prende sovente la direzione di una (talora pericolosamente inaccurata) semplificazione della dottrina professata dal Maestro. Il monito di Demetrio, che denigra i divulgatori il cui scopo è unicamente ἀρέσκειν τοῖς πολλοῖς (Op. Inc. col. 51,10-11 Puglia), trova un parallelo sia nella critica ciceroniana sia nel lucreziano volgus abhorret ab hac.420

Ma non solo: co- me Demetrio, che offre egli stesso col suo βυβλείδιον un modello positivo di εἰσαγωγή, Lucrezio potrebbe essersi defilato coscientemente dalla prassi divulgativa in auge in quegli anni per produrre un controesempio di introduzione all’Epicureismo per il nuovo pubblico. Come chiunque si trovi a rielaborare un vasto corpus di dottrine, Lu- crezio deve confrontarsi con la questione della forma espositiva. La soluzione che adotta fa impiego della dizione poetica come mezzo che controbilanci, senza negarla, l’elevata complessità teorica del discorso d’origine e si sottragga, in questo modo, alla taccia di banalizzazione. Oltre ad attenersi ai princìpi stabiliti da Epicuro per la pro- duzione di compendi,421

Lucrezio ricorre ai dispositivi retorici tipici della tradizione della poesia didascalica, cercando di offrire una trattazione introduttiva alla φυσιολογία di Epicuro che (1) non si prenda carico di compiacere un vasto pubblico per mezzo di un’esposizione semplificata; (2) miri alla concisione (brevitas, συντοµία) senza sacrificarvi la chiarezza (perspicuitas, σαφήνεια); (3) possa servire nel contempo, _____________ 414 Lucr. 1,922. 5,335-337. 415 Cf. Garbarino 1973, 465. 416 Cf. Asmis 2016. 417 Paratore 1973, 149-150. 418 Cf. Sedley 2009, 39-40. 419 Vd. Damiani 2016. 420 Cf. Angeli 1988, 49; Snyder 2000, 57-59. 421 Vd. Damiani 2016, 266-273.

come gli stessi compendi di Epicuro, da testo per principianti422

e da supporto alla memoria per lettori avanzati: la scrittura in versi si presta assai meglio della prosa all’apprendimento mnemonico.423

Ma in che modo Lucrezio si serve del mezzo poetico per non tradire, da un lato, la complessità della dottrina, dall’altra renderla compren- sibile ad un pubblico di profani istruiti sì, ma pur sempre profani? Una risposta pro- viene dall’uso didattico delle similitudini. In un lavoro sulla funzione dell’analogia nel

De rerum natura, M. Garani chiarisce la struttura dei cosiddetti multi-dimensional simi- les – una sorta di estensione del rapporto di 1:1 tra comparatum e comparandum tipico

delle similitudini omeriche.424

Un esempio di tale fenomeno si trova nella sezione sulle cause del lampo all’inizio del libro 6 (173-203), che contiene diversi termini di compa- razione con lo stesso referente. Garani descrive così l’articolazione del passo:425

… the pupil is called upon to map the clouds consecutively onto mountains–caverns– cages–furnaces. More precisely, Lucretius shifts the focus away from the external ap- pearance (i.e. mountains), to the internal structure (i.e. vaulted caves), then to the agent (winds like animals in cages) and finally to the function of the container (fur- nace). At first glance, Lucretius’ multi-dimensional simile seems to violate the principle of clarity. However, while describing one single tenor by means of several different ve- hicles in alternation, the poet turns each image from being just ornamental and super- fluous into an organic part of the simile.

Nella “similitudine multidimensionale” ognuno dei termini di comparazione illustra un particolare aspetto del comparandum. Collegando ciascun aspetto della tesi princi- pale con un’immagine specifica che possa essere facilmente compresa e richiamata alla mente dal lettore, Lucrezio riesce a coniugare chiarezza ed accessibilità senza per questo dover rinunciare ai dettagli. Tuttavia, la chiarezza espressiva non dev’essere soltanto bilanciata col tentativo di preservare la complessità intrinseca della dottrina. Come Demetrio sottolinea, una buona introduzione deve anche osservare, in rapporto al discorso da cui origina, il principio di brevità (διὰ µεικρῶν). La soluzione di Lucrezio risiede nella struttura dell’argomentazione. La maggior parte delle sezioni dottrinarie del poema sono caratterizzate da un pattern riconoscibile. In principio sta l’enunciazione del principio teorico, in genere in non più di tre o quattro versi e in una forma il più possibile incisiva; segue la sezione esplicativa, in cui il principio viene illu- strato per mezzo di similitudini e/o altri tipi di argomenti. Una tecnica recentemente studiata da M. Erler, che ha interpretato l’accumulo delle prove per la mortalità dell’anima nel libro 3 come una strategia retorica che punta a convincere il lettore ‘inondandolo’ di argomenti plausibili.426

All’inizio di quella sezione, la tesi è esposta in quattro (stricto sensu in due) versi:427

_____________

422

Cf. ad es. 1,936-950; Reinhardt 2002, 292; Warren 2007, 25.

423

Cf. Arist. Rh. 1408b21-28; Ps. Scymn. Perieg. 33-35. Oltre alla forma poetica, il ricorso alla ripeti- zione risponde, in Lucrezio, a questa stessa esigenza: cf. Garani 2007, 3.

424 Garani 2007, 100. 425 Garani 2007, 104-105. Cf. Schiesaro 1990, 67. 426 Erler 2013. 427 3,417-420.

Nunc age, nativos animantibus et mortalis / esse animos animasque levis ut noscere pos- sis, / conquisita diu dulcique reperta labore / digna tua pergam disponere carmina vita.

E ora, perché tu possa conoscere che negli esseri viventi / gli animi e le anime lievi sono soggetti a nascita e a morte, / proseguirò ad esporre versi cercati a lungo e trovati / con dolce fatica, degni che ad essi si consacri la tua vita (trad. Giancotti).

Fa seguito una serie di 29 argomenti, per un totale di ca. 400 versi, che assolve allo scopo di confermare, dimostrare e corroborare la tesi. Una scelta compositiva che può ben essere dettata dall’intenzione di integrare una presentazione concisa degli ele- menti fondamentali della dottrina all’interno del discorso nonostante (o forse proprio per) l’estensione notevole del poema. L’alternanza costante tra la densità della senten-

tia e il flusso di esemplificazioni e di prove rende possibile una lettura ad almeno due

livelli, dove i versi iniziali di ciascuna sezione dottrinaria vengono a costituire, se presi separatamente, i lineamenti condensati della πραγµατεία:428

è il lettore a scegliere, sul- la base del livello delle sue conoscenze o del tipo di uso che intende fare del testo, se prestare particolare attenzione alle formule sentenziose che introducono un nuovo στοιχεῖον come strumento di memorizzazione e di ripetizione oppure intraprendere uno studio completo, come è verosimile che avvenga nel caso di una prima lettura. Epicuro aveva fondato la polivalenza comunicativa dei suoi compendi su di una teoria degli usi linguistici che prevede l’uso di ciascun termine nel suo significato primario, sì da sottrarlo sia al rischio di ambiguità sia alla necessità di fornire definizioni accesso- rie (vd. supra, 1.3.2 e 1.3.3): in questo modo, anche i principianti saranno in grado di comprendere in maniera immediata il contenuto della dottrina, mentre un lettore esperto utilizzerà il compendio per ‘riattivare’ nella memoria la catena di dimostra- zioni e l’insieme dei dettagli relativi ad un singolo elemento dottrinario (vd. supra, 1.4). Lucrezio perviene allo stesso risultato facendo leva sulle possibilità offerte dalla veste poetica: il prodotto è un’introduzione didatticamente potente destinata a guidare un pubblico di profani istruiti attraverso le principali asperità teoriche della dottrina di Epicuro. Seguendo la strada tracciata dal Fondatore, il testo di Lucrezio è allo stesso tempo rispettoso della complessità di quest’ultima, conciso e adatto a profili diversi di destinatari.

2.6. Diogene di Enoanda

Una testimonianza su un capitolo ulteriore della storia dei compendi epicurei (e con essa un imprescindibile documento sulla diffusione dell’Epicureismo nell’età dell’Impero)429

proviene da un contesto geograficamente e cronologicamente decen- trato rispetto ad Atene e ai centri campani (ma pur sempre prossima alla scuola rodie-

_____________

428

Cf. Damiani 2016, 271-272. Non è casuale che proprio questa caratteristica abbia avuto un ruolo nella formazione dei cosiddetti tituli o capitula come strumento di orientamento nella materia del poema. Vd. Butterfield 2013, 136-202; ora Deufert 2017, 178 e n. 519.

429

se), la Licia della prima metà del II d.C.:430

l’iscrizione monumentale di Enoanda (gr. Οἰνόανδα), situata presso l’odierno villaggio di İncealiler, nel distretto di Fethiye, Tur- chia sudoccidentale.431

Fu eretta su commissione dell’epicureo Diogene, facoltoso cit- tadino del luogo, e posta in tutta probabilità in un portico sull’ἀγορά. Diogene non è noto altrimenti che attraverso i suoi scritti, incisi su quegli stessi blocchi insieme ad opere di Epicuro stesso. L’epigrafe fu scoperta nell’ultimo scorcio dell’‘800 dai francesi M. Holleaux e P. Paris, che recuperarono alla luce alcuni frammenti senza, tuttavia, at- tribuirli né a Diogene né tantomeno a un’iscrizione di contenuto epicureo.432

Questa fu riconosciuta nel suo carattere peculiare solo qualche anno più tardi da G. Cousin e C. Diehl.433

Del 1897 è la prima edizione completa dei frammenti fino allora ritrovati a cu- ra di R. Heberdey e E. Kalinka.434

Dopo i lavori di William, Grilli, Chilton e Casanova,435

resta tuttora di riferimento l’edizione, con traduzione e commento, curata da M.F. Smith agli inizi degli anni ’90,436

integrata dalla parziale riedizione dei frammenti del 1996 (con maggiore spazio per i dati archeologici), dal Supplementum del 2003 (NF [= New Fragments] 126-135)437

e ora da un volume collettaneo che, in preparazione di un’edizione complessiva, raduna i testi recuperati e pubblicati separatamente fino al 2012 (NF 136-212).438

Leggibile è attualmente circa un quarto dell’intera iscrizione.439

Assai inusuale la forma che Diogene le attribuisce: colonne strette, a imitare l’andamento del volumen papiraceo; d’altro canto, affidare alla pietra la trasmissione di dottrine che troverebbero nel papiro il loro mezzo consueto di diffusione scritta è già in sé una presa di posizione sulla rilevanza del messaggio nonché un atto di consa- pevole propaganda.440

La collocazione dei testi, distribuiti su un’altezza di più di 3 me- tri e una lunghezza di circa 80,441

si può schematizzare, molto semplificando, come se- gue:442

VII-V Sulla vecchiaia

(fr. 137-179 Smith, NF 133-134. 140. 141. 163-166. 177-181. 190. 200-205. 211-212)

V: Disposizioni di Diogene ai familiari? (collocazione alternativa)

IV Lettere e scritti di Diogene

(fr. 119-124. Fr. 127+NF 174. 129-136 Smith, NF 158-160. 186-188) _____________

430

Cf. Erler 2018, 208; Canfora 1992 per un’ipotesi di retrodatazione al I a.C..

431

Smith 1993, 49.

432

Holleaux/Paris 1886; cf. Movellán Luis 2016, 16 e n. 3.

433

Vd. Cousin 1892.

434

Heberdey/Kalinka 1897.

435

William 1907; Grilli 1960; Chilton 1967 e 1971; Casanova 1984. Si veda anche Hoffman 1976.

436 Smith 1993. 437 Smith 1996 e 2003. 438 Hammerstaedt/Smith 2014. 439 Vd. Hammerstaedt 2017, 38. 440

Cf. Dorandi 2005; Movellán Luis 2016, 23-24.

441

Vd. Hammerstaedt 2017, 38.

442

La linea tripla sta in corrispondenza di quella che ora appare come una fascia rozzamente incisa, con funzione separatoria. Per una ricostruzione completa vd. Smith 1993, 78-81 e fig. 6 (p. 624ss.); cf. an- che Bachmann 2017, 17 per una ricostruzione tridimensionale della sezione iniziale dell’epigrafe.

Lettere e scritti di Epicuro

Lettera di Epicuro (?) alla madre (fr. 125-126. 128 Smith)

III Lettere di Diogene ad Antipatro e a Dionisio e [Caro] (fr. 62-75 Smith)

Massime di Diogene

(fr. 97-116 Smith, NF 130-132. 155-156. 171-173. 184-185. 197)

II Epitome (?) di fisica

(fr. 1-27 Smith, NF 126+127. 142-145. 167. 182)

Disposizioni di Diogene ai familiari? (fr. 117-118 Smith)

I Epitome di etica

(fr. 28-62 Smith, NF 128-129. 146-148. 168. 191-193. 207)

M a s s i m e d i E p i c u r o

Per ragioni evidenti di leggibilità, il modulo delle lettere cresce in ragione dell’altezza cui è posta ciascuna fascia (da 1,8 a 3 cm. Ca.). La successione effettiva di lettura rico- struita da Smith, parzialmente deviando dalla disposizione dal basso verso l’alto, vede la fisica in principio, secondo il tradizionale curriculum epicureo, seguita dall’etica,443

dalle lettere e dalle Massime di Epicuro. Seguono nell’ordine i testi restanti, tra cui il

De senectute.

2.6.1. L’iscrizione e il compendio 2.6.1.1. La Fisica

Il titolo stampato nell’editio princeps come fr. 1, di cui si leggono soltanto le due lettere NO e ΘΗ̣, è attribuito dall’editore alla Fisica (fr. 1-27) e restituito nella forma [Διογένους τοῦ Οἰ]νο|[ανδέως περὶ αἰσ]θή̣|[σεως καὶ φύσεως] | [ἐπιτοµή]; restituzione ritrattata da Smith stesso nel Supplementum a favore di [Διογένους τοῦ Οἰ]νο|[ανδέως καὶ φιλα]θη̣|[ναίου περὶ φύσεως] | [ἐπιτοµή].444

J. Hammerstaedt ha espresso dubbi sia sulla pertinenza di φιλαθήναιος in un contesto del genere sia sull’assenza di una cornice at- torno al titolo, che ci si aspetterebbe inciso in analogia con quello dell’Etica, dove la decorazione è, invece, ben visibile: il frammento andrebbe quindi preposto ad altro scritto, forse alle due epistole ad Antipatro e Dionisio (quindi prima del fr. 62) nella forma [Διογένους τοῦ Οἰ]νο|[ανδέως πρὸς µα]θη|[τὰς ἐπιστολαὶ δύο].445

Se così fosse, il ti- tolo della Fisica potrebbe essere identificato, sia pure con molti dubbi, nel NF 206 (ri- trovato nel 2012), che Smith integra exempli gratia come [Διογένους τοῦ Οἰνοανδέως περὶ φύσεως καὶ] θε̣[ῶν ἐπιτοµή]. I primi frammenti leggibili dello scritto περὶ φύσεως hanno colore polemico: vi trova posto la confutazione delle opinioni dei detrattori del- la scienza della natura (fr. 3-5) e dei fisiologi precedenti (fr. 6-7); a una sezione sugli atomi e sul flusso atomico come presupposto della sensazione sia in veglia che in son- _____________

443

Vd. Smith 1993, 84-85. Cf. fr. 43 col. 1,8-10, in cui Diogene rimanda a una γραφή precedente.

444

Smith 2003, 63-64; cf. Smith 2004.

445

no (fr. 8-10, con la critica a carico di Democrito e degli Stoici) segue la descrizione dell’origine della civiltà (fr. 11-12); Diogene prosegue soffermandosi sui fenomeni atmo- sferici (fr. 13-14) e su questioni di teologia: difesa dall’accusa di ateismo, corretta opi- nione sull’influsso degli dèi sulle cose umane e rifiuto della πρόνοια divina (fr. 15-23);446

il fr. 24 riguarda la mantica.447

2.6.1.2. L’Epitome di etica

Assai meglio conservato (e l’unico che rechi certo un riferimento alla forma dell’epitome) è il titolo dell’Etica (fr. 28 Smith), restituito nell’editio princeps come Διογένους [τοῦ Οἰνο]|ανδέως π̣[ερὶ τῶν] | παθῶν καὶ [πράξεων] vv ἐπιτοµ̣[ή], successiva- mente da Hammerstaedt dubitanter come Διογένους [τοῦ Οἰνο]|ανδέως π̣[ερὶ ψυχῆς] | παθῶν καὶ [σώµατος] vvv ἐπιτοµ[ικῶς] vvv (vel vvv ἐπιτοµ[ικά] vvv).448

Il contrasto tra il titolo, preludio a una trattazione concisa, e la realtà di una prosa in genere verbosa,449

che si diffonde spesso col tono del parlato in ampi excursus polemici,450

non fa che

confermare l’intenzione deliberata, da parte di Diogene, di porsi almeno sul piano programmatico entro la tradizione di scuola.451

I frammenti iniziali dell’Etica stabili- scono, rivelando chiaro il modello dell’Ad Menoeceum, fine e funzione della filosofia, che realizza il τέλος secondo natura e, con esso, l’εὐδαιµονία: l’iscrizione si propone come vademecum per i νέοι in vista della strada che percorreranno, come correttivo per i lettori nel pieno dell’età matura e, per chi è già vecchio, come riferimento per vi- vere bene la vita che resta (fr. 29 + NF 207); il suo messaggio è rivolto a chiunque in- tenda prestarvi attenzione con attitudine criticamente consapevole (fr. 30). Le virtù non costituiscono il fine in sé (sono gli Stoici il bersaglio polemico) – fine ultimo è il piacere (ἡδονή) – ma lo producono (sono ποιητικαὶ τοῦ τέλους: fr. 32 col. 3,7-8), in quan- to cause coincidenti con l’effetto (fr. 33 col. 8).452

La scelta dei piaceri deve sottostare a un calcolo razionale (λογισµός); implica piacere l’eliminazione degli stati emozionali negativi (il timore degli dèi, della morte e del dolore, i desideri contro natura: fr. 34- 35).453

L’anima è corporea, perciò corruttibile, ma in ogni caso sovraordinata al corpo (fr. 37-42, con una critica delle posizioni di Platone e degli Stoici e della dottrina della metempsicosi). Le passioni dell’anima (πάθη), generate dalle immagini percepite at- traverso i sensi (fr. 43), risultano di molto amplificate rispetto alla causa che le inne- sca; d’altra parte, chi non applica un calcolo preciso riterrà sempre preminente _____________

446

Per il testo di questa sezione, cui si aggiungono ora NF 167, 126, 127 e 182 a creare un’unica se- quenza continua di 16 colonne, vd. Hammerstaedt/Smith 2014, 263-270.

447

Cf. D.L. 10,135.

448

Hammerstaedt in Hammerstaedt/Smith 2014, 220; Hammerstaedt 2018, 235.

449 Cf. Hammerstaedt 2016, 264 n. 23; Hammerstaedt 2017, 34. 450 Cf. Roskam 2017; Hammerstaedt 2016, 277. 451 Cf. Hammerstaedt 2016, 272. 452

Completa ora il fr. 33 NF 128 (vd. Smith 2003, 90-98). Probabilmente da assegnare alla stessa se- zione NF 192, che riporta una critica alla concezione stoica del τέλος (vd. Hammerstaedt/Smith 2014, 150-156).

453

Del φόβος θανάτου, con riferimento alle paventate punizioni che attendono nell’Oltretomba, trat- ta anche NF 129, di incerta collocazione (vd. Smith 2003, 100-103; parte di NF 129 è stata completata da NF 146: Hammerstaedt/Smith 2014, 44-50); cf. anche NF 168 (Hammerstaedt/Smith 2014, 82-84).

l’affezione presente, sia essa nel corpo o nell’anima (fr. 44-45). Il dolore del corpo, che è in potere di ciascuno evitare in linea di principio, o conduce, se massimamente in- tenso, alla morte, che è assenza di sensazione, oppure, se sopportabile, prelude alla guarigione (fr. 46-48).454

È sbagliato indulgere ai soli piaceri del corpo trascurando quelli dell’anima (fr. 49-50); il piacere non risiede, in ogni caso, nella fama e negli ono- ri (fr. 51). Gli ultimi frammenti superstiti contengono un importante riferimento, del resto assente negli scritti conservati di Epicuro, alla παρεγκλιτικὴ κίνησις degli atomi come controparte di un meccanicismo che non lascia margini al libero arbitrio (fr. 54; cf. Lucr. 2,216-220) e uno stralcio di visione utopistica in cui Diogene immagina una nuova Καλλίπολις, paragonabile alla vita degli dèi, in cui la σοφία sia realizzata senza eccezione in tutti gli individui (fr. 56).455

2.6.1.3. Lettere e Massime

Tra le lettere indirizzate ad amici e συµφιλοσοφοῦντες (fr. 62-76) risalta per la ripropo- sizione dei τόποι epistolari di Epicuro quella ad Antipatro, da cui Diogene aveva rice- vuto la richiesta di una breve trattazione περὶ ἀπειρίας κόσµων. Seguendo l’esempio del

Gemeindebrief (vd. supra, 1.3.2), e deliberatamente riecheggiando la praefatio dell’Ad Pythoclem, Diogene prepone al corpo dello scritto un ringraziamento al destinatario

della lettera per i σηµεῖα [εὐνοίας] e per i suoi sforzi nella realizzazione di un βίος ge- nuinamente epicureo (fr. 62). Il proemio dell’epistola chiarisce in dettaglio l’occasione di composizione: Diogene si trova a Rodi per sottrarsi al rigido inverno di Enoanda (fr. 63 col. 1) e spera di rivedere presto Antipatro e i suoi φίλοι (fr. 62 col. 2); tuttavia, l’imprevedibilità degli eventi e l’età avanzata gli rendono incerto il futuro,456

onde la decisione di inviare subito in forma epistolare lo scritto richiesto. Inizia qui un excur-

sus aneddotico che giustifica la forma del testo e fa pensare, per il tono, al setting di un

dialogo platonico (fr. 63 col. 2,6-5,2):

συντυχίᾳ δὲ τοῦ πράγµα|τος ἀγαθῇ κέχρησαι· | πρὶν ἢ γὰρ ἐλθεῖν σου | τὴν ἐπιστολήν, v Θεο|10δωρίδας ὁ Λίνδιος, ἑ|ταῖρος ἡµῶν, ὃν οὐκ ἀ|γνοεῖς, ἀρχόµενος ἔτι | τοῦ φιλοσοφεῖν, τὸν || αὐτὸν ἔπρ̣α̣ττεν λό|γον. ἐναρθ̣ρότερος | δ’ οὗτος ἐγ[ε]ίνετο, διὰ | τὸ ἐν ἀµφο̣ῖ̣ν ἡµεῖν |5 παροῦσι στ̣ρ̣έφεσθαι· | αἱ γὰρ ἐξ ἀλ̣λήλων | συνκαταθ[έσ]ε̣ις τε | καὶ ἀντιφά̣[σει]ς, ἔτι δ’ ἐ|ρωτήσεις, ἀ̣κρειβεσ|10τέραν ἐπ̣[οιο]ῦ̣ντο | τοῦ ζητο[υ]µ̣ένου | τὴν ἔρε[υν]αν. v διὰ τοῦ|το οὖν, Ἀντ̣ίπατρε, | τὴν διάλε[ξ]ιν ἐκεί||νην ἀπέστειλά σοι, ἵν̣[α] | δὴ τὸ ἴσον γένηται τῷ | κἂν παρ̣ὼν αὐτός, ὁ|µοίως Θεοδωρίδᾳ, |5 τὰ µὲν ὡµολόγεις, οἷς | δ’ ἐπηπόρεις καὶ προσ|επυνθάνου. v ἔστιν | δὲ αὕτη τοιαυτηνεί τι|να τὴν ἀρχὴν ἔχουσα· |10 “ὦ Διόγενες,” v ὁ Θεο|δωρίδας εἶπεν, v “ὅτι | µὲν ἀληθές ἐστιν | τὸ Ἐπικούρῳ περὶ ἀ|πειρίας κόσµων κα||[ταβεβληµένον δόγµα] | [πιστεύω … . E in questo frangente hai avuto fortuna: difatti, prima che arrivasse la tua lettera, Teo- dorida di Lindo, un amico a te non ignoto, ancora un principiante in fatto di filosofia, si occupava della stessa questione. Ne è risultata un’articolazione migliore del problema, poiché l’abbiamo discusso e ridiscusso di persona tra di noi, e il nostro accordarci e _____________

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A questa stessa sezione potrebbe appartenere NF 137, in cui sono menzionati dei νόσοι (vd. Hammerstaedt/Smith 2014, 25-27; Hammerstaedt 2018, 307-310).

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Cf. Erler 2017, 59-65.

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contraddirci e porre domande ha reso possibile una più accurata indagine del nostro oggetto. Perciò, Antipatro, ti invio quel dialogo, in modo da fare lo stesso che se fossi presente, proprio come Teodorida, e ti trovassi d’accordo con alcuni punti e chiedessi spiegazioni in caso di dubbio. Il dialogo comincia più o meno così: “‘Diogene’, disse