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Alle soglie e dintorni de La secchia rapita

2 Il genere misto De' ragguagli di Parnaso e della Secchia rapita

2.7 Alle soglie e dintorni de La secchia rapita

Durante la stesura dei primi dieci canti della Secchia e a chiusura della stessa, Tassoni ci fornisce nell'epistolario numerosi spunti di riflessione per comprendere il genere poetico che ha in mente e i reali bersagli del poema. A mio avviso, questi indizi possono essere sintetizzati in due atteggiamenti: il primo è ravvisabile in una lettera del 17 ottobre 1615 al canonico Sassi: "La vita nostra è un periodo. Mi tornano a piacer quelle cose che mi piacevano quand'io era giovane, e tanto più che mi disviano dai pensieri della trista fortuna di tutta la nazione";312 il secondo è nella lettera del 16 gennaio 1616 al Barisoni,

letterato padovano, in seguito all'invio della copia dei dieci canti conclusi: "S'io era qualche giovinotto ambizioso, V.S. mi faceva andare in gloria con le tante lodi che dà alla mia stralunata poesia della Secchia. Ma già che ha tolto a favorir lei e me, io La prego a mostrarla come cosa della mia gioventù perché temo che in questa età non m'addossi qualche nome di vecchio matto. Ben si può dire ch'io l'abbia riveduta di fresco e battezzatala io medesimo per un capriccio spropositato fatto per burlare i poeti moderni".313 Il primo atteggiamento è tutto civile e morale, e sintetizza un atteggiamento

del poeta disilluso e in qualche modo di reazione ad una visione politica e morale oramai realistica e scettica. Il secondo, invece, è prettamente letterario e prosegue un atteggiamento già presente nelle Considerazioni e nelle altre opere polemiche del modenese, nelle quali lo scrittore si pone in contrapposizione ad una visione poetica contemporanea che reputava posticcia e vacua. Il primo atteggiamento risulta militante in senso politico e morale, il secondo militante in senso poetico o addirittura antipoetico. Questi due atteggiamenti sono uno lo specchio dell'altro e si riflettono e si alimentano su una base d'ispirazione che è quella municipale, sia contro alcuni personaggi di Modena da cui si sentiva colpito nell'onore, sia contro i lucchesi e i fiorentini che nella guerricciola avevano disonorato la sua patria. I tre stimoli e i tre bersagli sono sedimentati in strati diversi, secondo ciò che Tassoni desidera mettere in risalto o nascondere: in base all'opportunità della pubblicazione (la quale troverà diverse difficoltà), in base al depistaggio della censura che segue con attenzione la possibile pubblicazione, ed in base alle dispute letterarie e politiche che si susseguono nel tempo della pubblicazione.

312 A. Tassoni, Lettere, cit., p. 225.

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L'attenzione teorica con cui il poeta si fa mediatore per spiegare e legittimare il nuovo genere poetico eroicomico è ravvisabile sia nei paratesti dell'opera sia in alcuni suoi

Pensieri.314

La prima prefazione dell'opera redatta dal poeta, e firmata con lo pseudonimo di Alessio Balbani, fu inviata all'amico Barisoni (1618-19), per una possibile stampa a Venezia che non avverrà. Il poeta finge che il manoscritto sia stato inviato ad Onorato Claretti per farlo stampare fuori dall'Italia. Il mascheramento del nome dell'autore in Androvinci Melisone viene sciolto ed esplicitato nella prefazione stessa: «L'autore fintamente nomato Androvinci Melisone significa in italiano Alessadro Tassoni, quell'istesso che ha fatto i libri de' Pensieri».315 In questo modo il prefatore collega l'opera

poetica dell'autore alla pratica scettico-paradossale dei suoi Pensieri, in un'unica immagine serio-faceta e impegnata-satirica. L'A chi legge ha la funzione di difesa dell'opera per la novità stilistica di cui è portatrice, nel contempo calca sul carattere piacevole e ludico dell'esperimento, in grado di soddisfare sia i dotti che gli idioti. Vengono nominati in maniera qualificante Berni e Pulci come precursori dell'opera sotto diverse angolazioni: il Berni per lo stile ma non per la struttura e l'invenzione, e viceversa il Pulci per il tipo di materia ma non per lo stile e il rigore. Il carattere paradossale dell'opera è insinuato nella difesa poetica contro i possibili attacchi rigoristi, dove i precetti di verosimiglianza, di unità e di decoro, vengono introiettati dalla materia paradossale dell'opera:

Ma l'autore della Secchia ha fatto poema misto nuovo e secondo l'arte, descrivendo con maniera di versi adeguata al suggetto un'azzione sola, parte eroica e parte civile, tutta intiera, fondata sopra istoria nota per fama, non particulareggiata d'alcuno e che fin dalla sua origine ebbe più del meraviglioso che l'istessa guerra troiana poi che 'l nascere una guerra così grande che armò tante città l'una contra a l'altra per ricuperare una secchia di legno ha molto più del meraviglioso che se si fossero armate per recuperare una reina, come fecero i Greci.316

Anche in questo passo, l'argomentazione porta a circoscrivere il nucleo centrale dell'opera legittimandolo nell'archetipo epico del rapimento di Elena e della guerra di Troia. Il richiamo ai letterati lettori, con la citazione di Sesto Empirico: "verificandosi il detto di Sesto Empirico che le poesie allora piacciono, quando sono chiare", ha la funzione di nobilitare il gioco paradossale con un posizionamento filosofico scettico. Allo stesso modo il richiamare l'attenzione sul suo libro de' Pensieri - all’inizio dello scritto - serviva per nobilitare il gioco attuato dall'autore: il diletto così offerto all'ozio dei letterati e allo svago dei semplici, vestito di chiarezza e di facilità, si colora di un'intenzionalità dissacrante, cinica, scettica, filosofica e civile.

La seconda prefazione,317 che è quella della princeps parigina del 1622, non ha grosse

variazioni rispetto alla prima, per il tipo di strategia tutta giocata sulla legittimazione del

314 "Il Tassoni è autorevole critico di se stesso. Le enunciazioni di poetica e i giudizi da lui formulati intorno alle proprie opere sono

parametri che forniscono valide chiavi di lettura e con i quali la filologia deve, ancora oggi, fare i conti". P. Puliatti, Introduzione a La Secchia rapita e scritti poetici, cit., p. LX.

315 Ivi, pp. 593-594. 316 Ibid..

93 genere, che viene definito per la prima volta esplicitamente eroicomico. Nella seconda parte, segue il procedimento retorico dell'excusatio propter infirmitatem,318 visto anche

nella prefazione de Ragguagli: Tassoni cerca di sminuire sia l'impegno profuso nella composizione, "(che fu una state nella sua gioventù)",319 sia la profondità del genere fatto

"per passatempo e per curiosità di vedere come riuscivano questi due stili mischiati insieme, grave e burlesco",320 evidenziando allo stesso modo di Boccalini, il merito di

essere l'iniziatore di un genere che però dovrà aspettare altre prove, per divenire compiuto ed arrivare a perfezione.321 Se è molto probabile la discendenza da Boccalini di questa

puntualizzazione di Tassoni sull'originalità e la primogenitura come excusatio, ancora più certa è la conoscenza del poeta del passo di Huerte (molti sono i riscontri con i testi del medico utilizzati come fonte per alcuni Pensieri) sull'argomento, che potrebbe essere alla base anche della concezione boccaliniana:

Colui che trova cose nuove merita particolare considerazione, perché se scopre principi degni di nota consente a quelli che lo seguiranno, partendo da questi semi, di ampliare l'arte e di attribuirle la considerazione e la stima che le convengono. Alludendo a questo Aristotele ebbe a dire che gli errori di coloro che per primi hanno dato inizio al filosofare debbono essere tenuti in gran conto; è infatti molto difficile trovare cose nuove, ed è facile, al contrario, aggiungere alti concetti a ciò che è già stato detto e trattato, pertanto i difetti del primo non meritano, per questa ragione, di essere molto criticati né, d'altra parte, merita lode chi continua il percorso già tracciato.322

La differenza tra l'abbozzo e la prima prefazione in stampa sta nella chiusura allusiva di una possibile ricezione satirica dell'opera:

Egli nel rappresentare le persone passate s'è servito di molte presenti, come i pittori, che cavano dai naturali moderni le faccie antiche, percioché è verisimile che quello che a' dì nostri veggiamo altre volte sia stato. Però, dove egli ha toccato alcun vizio, è da considerare che non sono vizi particolari, ma communi del secolo; e che, per esempio, il Conte di Culagna e Titta non sono persone determinate, ma le idee d'un codardo vanaglorioso e d'un zerbin romanesco. E tanto basti.323

Questo accenno al carattere allegorico del genere e all'utilizzo dell'anacronismo per mascherare i bersagli dell'opera, risponde sia ad un'esigenza di deviare possibili interpretazioni satiriche sincroniche ad personam, sia per insinuare una serietà morale e civile nel genere e nell'opera che è mascherata dal paradosso narrativo e dai personaggi- istrioni presi in prestito dal teatro comico e dalla commedia dell'arte del poltrone vanaglorioso e dello zerbino romanesco.

Le modalità prefatorie della Secchia sono state una delle cause del tipo di ricezione dell'opera fino ai nostri giorni; mentre Tassoni non faceva altro che puntare sulla novità e sulla giocosità del testo, i lettori del suo periodo vedevano in questa strategia una delle prove dell'ironia e del sarcasmo dell’autore, non di certo una delle prove della futilità dell'opera. Con il passare del tempo, questo atteggiamento ha perso la sua funzione di

318 Cfr. G. Genette, Soglie, cit., pp. 204-206. 319 A. Tassoni, La secchia e scritti poetici, p. 355. 320 Ibid..

321 "Or questa nuova strada, come si vede, è piaciuta communemente. All'autore basta averla inventata e messa in prova con questo

saggio. Intanto, com'è facile aggiugnere alle cose trovate, potrà forse qualch'altro, avanzarsi meglio per essa". Ivi, p. 256.

322 J. Huerte, Esame degli ingegni, a cura di Raffaele Riccio, CLUEB, Bologna 1993, p. 45. 323 A. Tassoni, La secchia e scritti poetici, p. 355.

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parafulmine alla censura e di agonismo con le altre opere del periodo, per diventare invece, suo malgrado, la spiegazione della comicità frivola e municipale dell'opera.

Interessante perché di tutt'altro tenore è la prefazione firmata Girolamo Preti, in precedenza firmata Giambattista Brugiotti, ma sempre di Tassoni, del 1625, sia perché gioca sul nuovo titolo dell'opera Secchia rapita, facendo credere che "rapita" stia a significare la rapacità con la quale i lettori aspettavano la stampa, sia per la puntualizzazione del carattere satirico dell'opera. Tra gli autori classici chiamati in causa come possibili predecessori di Tassoni ritroviamo per la prima volta due autori esplicitamente satirici e morali, cioè Seneca e Luciano:

Seneca, che fu il più grave e 'l più severo autore che giammai scrivesse fra' latini, non si sdegnò di fare un libro tutto di scherzo con cui va beffeggiando Claudio Cesare. Luciano dottissimo scrittore fra gli antichi e chiarissimo lume della greca eloquenza, in tutti i suoi libri sempre giocoso e beffardo, scherza e de' vivi e de' morti, motteggia gli eroi e gl'Iddii e finalmente fa beffe non solo ad altrui, ma anche a se stesso.324

L'importanza di questo accostamento sta proprio nel carattere modellizzante dei due scrittori, il primo politico e morale, il secondo filosofico e morale: la Secchia rapita così, qualche anno dopo la pubblicazione, inizia a esplicitare nel paratesto quello che è il nucleo centrale del suo genere e che diverrà esplicito nella definizione di genere eroicosatircomico fatta nelle Dichiarazioni di Gaspare Salviani.325 Nel procedimento

dialogico di questa prefazione, infatti, viene imputato all'autore della Secchia un eccesso di maldicenza, descrivendone le modalità con una similitudine per la nostra tesi emblematica: "cioè essere la natura de' motti cotale, ch'essi, come la pecora morde, deono così mordere l'uditore e non come 'l cane, percioché, se come cane mordesse, il motto non sarebbe motto, ma villania".326 Tale imputazione viene però difesa giocando sul carattere

universale del tipo di satira utilizzata: "Inoltre non v'ha alcuno, e per avventura alcuno non v'ebbe mai, il qual dovesse applicare a sé queste piacevolezze, le quali furon dette o per gli altri o per nessuno e per uomini finti, ma non nati".327

Per esplicitare infine, ancora in maniera più chiara la complessità del genere, il prefatore si dilunga su una spiegazione per certi versi illuminante e forse per la prima volta in linea con il tipo di genere complesso dell'opera. In chiusura del procedimento dialogico e quindi in posizione di sintesi e problematizzazione così fa parlare uno dei dialoganti:

Avvertasi, ripigliò un difensor della Secchia, che Platone in quel luogo parla di quelle antiche comedie le quali eran procedute tant'oltre nella licenza e nell'ardire, che gl'istrioni in scena nominavano altrui e mostravano a dito e questo e quello in fra gli spettatori. onde fu convenevole per ragion politica l'impor silenzio a sì fatte comedie, come dichiara Orazio e l'istesso Platone, che quivi parla solo de' comici e di que' publici cantori i quali o recitando o cantando mordevano altrui ne' teatri. Ma la Secchia, ancor che ella abbia i sali comici, non è commedia e non si rappresenta nella scena, ma si legge in su le carte e non nomina alcun presente né vivente, ma quei che furono, anzi per avventura mai non furono ne' secoli andati. E ben che soglia l'autore bene spesso usar nomi di personaggi noti e viventi, ciò fa per valersi dell'avvertimento

324 Ivi, p. 605.

325 "Il sale della satira è il condimento della comedia. Ma il poeta sfuggì di chiamare questa sua invenzione nuova di poetare

eroisatircomica, sapendo quanto il nome di satira sia odioso in questi tempi e sospetto a quelli che dominano". Ivi, p. 699.

326 Ivi, p. 605. 327 Ivi, pp. 605-606.

95 d'Aristotele, il quale insegna essere espediente al poeta introdur nelle favole nomi di personaggi non ignoti, ma o conosciuti o mentovati perché l'azione par tanto più verisimile e dal verisimile originato principalmente il diletto. In somma l'autor non ebbe mai intenzion di motteggiar chi che sia, come egli stesso si protesta, ma d'osservare il costume di Marziale, il quale ne' suoi scritti soleva parcere personis,

dicere de vitiis. E non si dimenticò il nostro poeta dell'avvertimento d'Aristotele che l'uomo civile e 'nsieme

piacevole impone a se stesso una legge nel motteggiare: che non sieno gli scherzi mordaci, ma sempre innocenti.328

La capacità di mascherare gli attacchi e di renderli universali viene sostenuta facendo leva proprio sul nuovo tipo di genere inventato dal poeta modenese: non vi è più l'istrione o il cantore che indicava al pubblico la satira ad personam, bensì la lettura su carta che porta a confondere il o i possibili bersagli della satira; inoltre, la maschera di una storia passata ed i personaggi che sono più o meno rilevanti per il bersaglio esplicito, permette di alleggerire e di rendere sociabile un testo comunque salato-salace. Il riferimento alla commedia e agli istrioni infine, ci riporta ad un tipo di strategia che Tassoni aveva già sperimentato nel libello della Tenda Rossa e che, come vedremo in un altro capitolo, arriverà a compimento ed a maturazione nell'inserimento dei due canti, nei quali sono protagonisti il Conte di Culagna e il romanesco Titta di Cola, i due istrioni della Secchia

rapita.

2.8 Un pensiero tassoniano rivelatore di poetica