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La narrazione eroicomica

2 Il genere misto De' ragguagli di Parnaso e della Secchia rapita

4.2 La narrazione eroicomica

Voi buona gente che con lieta ciera mi siete stati intenti ad ascoltare, crediate che l'istoria è bella e vera; ma io non l'ho saputa raccontare. Paruta vi saria d'altra maniera vaga e leggiadra, s'io sapea cantare; ma vaglia il buon voler, s'altro non lice, e chi la leggerà viva felice.

(S. R., XII, 79)

Tassoni a conclusione del suo poema sembra dirci che, a parte tutte le interpretazioni critiche possibili e i relativi significati satirici, morali, politici, estetici riscontrabili, ha voluto raccontarci una storia vera, con tutto il lucianesimo insito in questa allusione.

493 A. Tassoni, Lettere, cit., vol. I, num. 422, p. 363.

494 Il significato di zerbino è da far risalire al personaggio dell’Orlando Furioso: “Non è un sì bello in tante altre persone: / natura il

fece, e poi roppe la stampa.” (O. F., X, 84). Cfr. GDLI: “Zerbino, sm. Giovane galante, che conduce una vita frivola, che ha modi leziosi, affettati, zerbinotto.” Vol. XXI, p. 1070.

145 Leggendo la critica contemporanea appare proprio questa l'imputazione che viene posta al poema eroicomico tassoniano, cioè la sua capacità o meno di raccontare una storia.495 Infatti la maggior parte degli studiosi ritiene che la sua narrazione sia un pretesto

per giocare capricciosamente su topoi, stereotipi, archetipi, tessere, sovrapposti gli uni agli altri con un processo tipico di accumulazione barocca.496

Tassoni, a mio avviso, sarebbe stato un Cervantes o un Rabelais per qualsiasi nazione, cioè l'iniziatore della stagione delle grandi narrazioni realistiche, "romanzesche",497

pluridiscorsive, moderne, ma per la critica italiana sembra restare il demolitore del poema epico e l'inventore di quella combinazione di versi eroici e di trouvailles burlesche che con "cambio secco"498 o con una caduta sul distico finale499 tende a far sorridere i lettori.

Anche ammettendo questa interpretazione, un passo ulteriore dovrebbe essere quello di ricercare i modelli comici e eroi-satir-comici, che possono legittimare o far comprendere la dialogicità semantica e discorsiva di quello stile giullaresco.

A questo riguardo, appare sorprendente la pervasività di un giudizio critico sul meccanismo narrativo della Secchia rapita500 del critico Giovanni Pozzi, espresso in un

articolo del 1987, ripreso dalla maggior parte dei critici tassoniani contemporanei.501 Nel

suo articolo, dopo aver elogiato l'accuratezza teorica con la quale Tasso costruisce la sua macchina narrativa, in merito al poema tassoniano afferma:

La Secchia ha un'importanza eccezionale nella letteratura italiana, al di là della sua qualità intrinseca, come caso esemplare. Introduce un nuovo genere letterario e chiude la vicenda straordinaria del poema narrativo, insieme al Marino: una vicenda gloriosa, che non ha riscontri in Europa. Iniziata con Pulci e Boiardo, ha come punti supremi Ariosto e Tasso, ma con Marino e Tassoni si estingue.502

495 Un esempio di una possibile analisi strutturale pre-strutturalista ce lo fornisce Umberto Ronca, che dopo aver riassunto il poema

afferma: "Questo il sunto del poema: dal quale si capisce bene come l'azione unica, essenziale; sia costituita da' numerosi fatti d'arme cagionati dal rapimento d'una Secchia, e diretti alla difesa da una parte e al racquisto dall'altra della medesima. Tuttociò che non fa parte intrinseca della ininterrotta serie di preparativi di guerra, di scaramuccie, d'assedi, di battaglie campali intese a definir la questione, è tutta parte episodica. Il poema va diviso in quattro parti distinte, che rappresentano quattro momenti essenziali nello svolgimento della favola; cioè A) in un proemio o protasi, in cui si determina il motivo di tutta l'azione, il rapimento cioè della Secchia (C. I); B) quindi, andate a vuoto le trattative di accordo, in una parte centrale (C. II-VIII) costituita da' preparativi di guerra e dai fatti d'arme principali; C) in seguito a che, concordata una tregua di dieci giorni, l'azione s'arresta, e si hanno gli episodi di Scarpinello, del conte di Culagna e di Titta (IX-X-XI); D) finché all'ultimo, spirato il termine della tregua, si riprende l'azione principale, che si risolve in una catastrofe mirabilmente proporzionata alla natura del poema (C. XII)". U. Ronca, Studio critico, Tip. B. Punturo, Caltanissetta 1884, p. 21.

496 In controtendenza lo studioso Arbizzoni afferma: "Il poema eroicomico di Tassoni non intende parodiare l'epica, ma creare un

dialettico contrappunto, una "variazione" nei confronti dell'epica, secondo anche quella moderna propensione ad arricchire il catalogo dei generi letterari per via di contaminazione e conseguente reciproca allusione. [...] L'esplicita motivazione del poema eroicomico del Tassoni consiste nella moderna progettualità di un nuovo genere attraverso il quale trovare corrispondenza con l'antieroica contemporaneità, in dialettica con il poema eroico, che anch'esso, nella sua multiformità (e anche nella linea del sacro), sotto la scorza dell'eroica solennità, può essere interprete, seppur in maniera più occulta, di moderne inquietudini e contraddizioni. Certo agli occhi del Tassoni, non era più attuale la possibilità che il poema eroico potesse farsi tramite di una forte parènesi capace di incidere sulla storia contemporanea (come era nel progetto tassiano); e l'eroicomico poteva apparire il solo verosimile compatibile con l'antieroica contemporaneità, che continuamente si affaccia a riscontro della storicità della vicenda narrata". G. Arbizzoni, «Poema nuovo e secondo l'arte»: l'eroicomico secentesco, in Gli "irregolari nella letteratura, Atti del convegno di Catania 31 ottbre-2novembre 2005, Salerno editrice, Roma 2007, pp. 193-224, in particolare, pp. 204-208.

497 In questo caso, come in tutto il capitolo, si intenderà il termine romanzesco in chiave bachtiniana, cioè un tipo di narrazione

realistica, dialogica, alle sue origini fortemente compromessa con il comico, il basso-corporeo, l'ideologia naturalistica popolare e contadina. Cfr. M. Bachtin, Estetica e romanzo, cit..

498 Cfr. R. Rinaldi, "Con cambio secco”. Geometrie del Tassoni, in Rinascimenti. Immagini e modelli dall’arcadia a Tassoni, cit.. 499 La poca, a mio avviso, esemplarità di questo tipo di struttura stilistica dell'ottava tassoniana per spiegare lo stile del poema è

analizzata nel paragrafo Un Pensiero rivelatore di poetica, in questa tesi.

500 G. Pozzi, Narrazione e non narrazione nell'"Adone" e nella "Secchia rapita", «Nuova Secondaria», IV, 1987, pp. 24-29. 501 Cfr, Lettura della Secchia rapita, a c. di Davide Conrieri e Pasquale Guaragnella, Argo, 2016.

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Tassoni come Marino diventa il demolitore del "poema narrativo" e della sua "gloriosa" tradizione italiana. Pozzi, grande studioso di Marino, così spiega la demolizione barocca della narrazione nell'Adone:

Se la narrazione è una macchina congegnata i cui ingranaggi producono effetti adeguati, Marino costruisce macchine inutili, che si muovono ma non producono effetti.503

La storia è fuori dal racconto, ed il racconto è a sua volta fuori dalla vita. Per questo il poeta ideale [...] vive su un'isoletta lacustre al centro di un'isola marina, beato con la sua Lilla. Manco a dirlo, è un autoritratto.504

Il critico oltre a riscontrare una immobilità di fondo all'interno della narrazione che ne inficia il movimento causale, individua nella separatezza del poeta e nella mancanza di "storia", e quindi di realtà effettuale, la causa della "non narrazione" marinista.

Per quanto riguarda la Secchia il critico scrive:

Se Marino costruisce macchine inutili, Tassoni costruisce macchine che s'inceppano o che impazziscono, producendo mostri.505

Ciò che viene imputata alla struttura narrativa eroicomica è la non causalità di alcuni eventi che s'"inceppano" o la sproporzione e l'assurdità degli effetti non congruenti alle cause che "impazziscono". Bisognerebbe però precisare che quando un congegno si inceppa, non funziona; se qualcosa impazzisce non segue ciò che è ragionevole che segua, e infine se qualcosa produce dei mostri, bisognerebbe chiedersi se il "fine" come direbbe Aristotele e l'intenzionalità di colui che ha creato tale macchina, sia stata quella o un'altra. Questa affermazione critica sembra scontrarsi con le interpretazioni che riscontrano in Tassoni una precisione da "orologiaio"506, un'attenzione teorica al limite della pedanteria

e una coesione testuale congruente alla materia narrata.

La "non narratività" del poema viene rilevata fin dal titolo da Pozzi:

Il titolo del Tassoni, "Secchia rapita", cade sulla favola principale, ma sul principio, non sulla conclusione. E' il contrario dell'esempio famoso del Tasso: Gerusalemme liberata, che cade sulla fine. Il titolo del Tasso mette in valore la rimozione del danno, quella del Tassoni, il principio del danno. Il titolo del Tasso sottolinea il concetto-base della mutazione in positivo (dal male al bene) che è tipico di ogni epopea. Il titolo del Tassoni esalta il non racconto, cioè la non mutazione nascosta sotto le apparenze del racconto.507

Partendo proprio da questa interpretazione sul titolo, possiamo fare una riflessione narratologica sul diverso approccio causale nella fabula del poema tra Tasso e Tassoni: mentre per Tasso vi è un processo teleologico, cioè l'azione risolutrice "la liberazione di Gerusalemme" spiega ed esalta la narrazione in maniera retrospettiva donandole un senso ideale e fatale, così come era avvenuto per L'Italia liberata dai Goti di Trissino; in

503 Ivi, p. 27.

504 Ibid.. 505 Ivi, p. 29.

506 Cfr. R. Rinaldi, "Con cambio secco”. Geometrie del Tassoni, in Rinascimenti. Immagini e modelli dall’arcadia a Tassoni, cit.. 507 G. Pozzi, Narrazione e non narrazione nell'"Adone" e nella "Secchia rapita", cit., p. 29.

147 Tassoni l'azione complicante muove la narrazione e le fornisce un altro tipo di senso naturalistico, performativo,508 effettuale e satirico. Infatti potremmo rilevare come sia

l'azione complicante e non l'azione risolutrice ad esaltare narratologicamente l'azione

trasformatrice, cosa ben compresa da Ariosto che intitolò il suo poema L'Orlando furioso

e non "L'Orlando rinsavito".

Questo differente approccio nel titolo, finalistico quello tassiano e trissiniano, causale-paradossale quello tassoniano, spiega anche la diversa visione filosofica ed estetica dei tre poeti, quella di Tasso e Trissino metafisico-aristotelica e quella di Tassoni telesiana e critico-aristotelica.509 Per il filosofo Tassoni le dinamiche naturali non possono

essere spiegate da cause esterne a tale meccanismo, escludendo così a priori l'elemento metafisico e finalistico. Infatti nel I Quesito del Libro Secondo de' Pensieri Tassoni scrive:

Aristotele dell'ottavo libro de' Naturali principii si sforza di provare con diverse ragioni per via del moto che sia necessario venire ad un primo motore immmobile, separato e perpetuo. E questi la comune tiene che sia Dio, che, separato da' cieli, sovrasta e dà legge a tutti i cieli. E non ha dubbio che senza Dio né il cielo né qual si voglia cosa dell'universo si muove. [...] Ma perché questo è il principio che considerano il teologo e 'l metafisico e noi, favellando naturalmente de' globi celesti, corpi naturali, ricerchiamo la

prossima, naturale e immediata cagione de' moti loro [...] Che dove Aristotele disse che il moto cagionava

il calore, noi diciamo che questo è per accidente; ma che per natura il calore cagiona il moto.510

In questo Pensiero Tassoni afferma che, ciò che è analizzabile e argomentabile (e quindi narrabile) è il processo naturale con le proprie connessioni causali, e che la finalità o causalità divina esterna a tale meccanismo è materia teologica e metafisica.511

Tale approccio filosofico ci fa luce anche sul processo causale naturalistico del poema eroicomico focalizzato sul "calore". Dopo una descrizione della primavera, ha inizio la narrazione con questo tipo di causalità: "quando il calor de la stagion novella, / che movea i grilli a saltellar ne' prati, / mosse improvisamente una procella / di Bolognesi a' loro insulti usati." (S. R., I, 7, vv. 1-4). Siamo ovviamente agli antipodi della narrazione teleologica tassiana o trissiniana in cui lo sguardo divinoguida dall'alto la liberazione di Gerusalemme o dell'Italia,512 donandole un senso fatale; vediamo in comparazione le

cause che muovono le tre narrazioni:

508 Sulla visione etica e politica, relativa e performativa, del classicismo italiano, si veda A. Quondam, Forma del vivere. L'etica del

gentiluomo e i moralisti italiani, cit..

509 Nel Quisito XXXV Se in filosofia si possa ad Aristotele contraddire, così Tassoni rivendica l'originalità e i modelli della sua

filosofia: "Ma se detratte l'eresie, i tre primi autori furono da principio dagli aristotelisti beffeggiati e burlati, ora ben sono conosciuti da chi gl'intende e gli scritti di Pietro Ramo in Francia sono in grandissimo prezzo e quelli del Cardano, tutto che armati più tosto in apparenza che d'armi sicure contra Aristotele, pur sono desiderati dalla curiosità de' lettori. E già Telesio ha cominciato a far setta e i telesiani s'odono nominar per le scuole, aderendovi particolarmente i Calabresi suoi. Però chi sa che, se pure in vita sarò burlato, non mi succeda dopo morte lo stesso? E che i Modanesi miei, come non cedono a' Calabresi d'acutezza né di bellezza d'ingegno, così non imitino il loro esempio in sostentar e difendere quelle opinioni che nella città loro avranno avuto principio?". A. Tassoni, Pensieri e scritti preparatori, cit., p. 838.

510 Ivi, p. 409.

511 La persistenza di questo tipo di ideologia rinascimentale relativistica è ben espressa da un Ricordo di Guicciardini: "E filosofi e

teologi e tutti gli altri che scrutano le cose sopra natura o che non si veggono, dicono molte pazzie: perché in effetto gli uomini sono al buio delle cose, e questa indagazione ha servito e serve più a esercitare gli ingegni che a trovare la verità". F, Guicciardini, Ricordi, Salerno editrice, Roma 1990, Ricordo 125, p. 95.

512 "Ma soprattutto risulta parallela la distribuzione delle sequenze fondanti dell'edificio epico. Classico topos di matrice omerica, il

"prologo in cielo" è il disvelamento del piano provvidenziale che struttura il testo: precede l'azione e ne definisce preventivamente i destini, conferendo all'epica la sua caratteristica struttura prolettica, scandita dalla reiterata enfasi sul fine ultimo. Nell'Italia esso rappresenta l'istituzione di un fuoco fisso sul racconto che è quello dell'«occhio divino che vede il tutto» in cui è sussunta l'unità

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Del celeste Monton già il sol uscito saettava co' rai le nubi algenti, parean stellati i campi e 'l ciel fiorito, e su 'l tranquillo mar dormíeno i venti; sol Zefiro ondeggiar facea su 'l lito l'erbetta molle e i fior vaghi e ridenti, e s'udian gli usignuoli al primo albore e gli asini cantar versi d'amore: quando il calor de la stagion novella, che movea i grilli a saltellar ne' prati, mosse improvisamente una procella di Bolognesi a' loro insulti usati. Sotto due capi a depredar la bella riviera del Panaro usciro armati, passaro il fiume a guazzo, e la mattina giunse a Modana il grido e la ruina. (S. R., I, 6-7)

E 'l fine omai di quel piovoso inverno, che fea l'arme cessar, lunge non era; quando da l'alto soglio il Padre eterno, ch'è ne la parte piú del ciel sincera, e quanto è da le stelle al basso inferno, tanto è piú in su de la stellata spera,

gli occhi in giú volse, e in un sol punto [e in una]

vista mirò ciò ch'in sé il mondo aduna. (G. L., I, 7)

L'altissimo Signor che 'l ciel governa si stava un dì fra le beate genti risguardando i negozi de' mortali, quando un'alma Virtù, che Providenza da voi si chiama, sospirando disse: O caro padre mio, da cui dipende ogni opra che si fa là giuso in terra, non vi muove pietà quando mirate che la misera Italia già tant'anni vive suggetta ne le man de' Gotti? (I. L. G., I,)513

La controprova di questo approccio causale-terreno tassoniano, che supera le differenze di genere, è riscontrabile nel poema epico incompiuto dell'Oceano, che dimostra come per il poeta modenese persino l'azione eroica sia motivata da un'istanza terrena e non divina. Il poema si apre infatti, dopo la consueta descrizione temporale primaverile ed aurorale, con il discorso di Cristoforo Colombo - nuovo Ulisse - che pone le "motivazioni" di quel viaggio, quindi la causa prima della narrazione: "Oscura abbiamo e neghittosa vita / fin qui dormito; or s'incomincia l'ora / che fuor de la vulgare nebbia infinita / usciamo al dì lucente. Ecco l'aurora. / Questa via ch'altri mai non ha più trita / vi conduco a solcar del mondo fuora, / acciò che fuor de la comune schiera / uscite meco a fama eterna e vera." (Oceano, I, 6).

Parlare quindi in questo caso di svuotamento eroico nel poema eroicomico, mi sembra riduttivo, se non inappropriato, poiché è riscontrabile un diverso atteggiamento filosofico sulla realtà che produce un differente modo di narrare e dare senso alle causalità e alla storia, nonché un dissimile intento politico e ideologico che spiegheremo con più ampiezza in altra sezione: Tasso vuole esaltare la guerra dei cristiani uniti contro gli infedeli514 in linea con l'ideologia controriformistica e la battaglia di Lepanto; Trissino la

liberazione d'Italia per mano di Giustiniano in linea con l'occupazione italiana e la restaurazione imperiale di Carlo V;515 Tassoni vuole porre l'accento sulla mancanza di

coesione e di intento ideologico nelle lotte fratricide italiane passate e contemporanee, simboleggiate da cause endemiche e pretestuose come un rapimento di un oggetto inutile, e il posizionamento improduttivo e interessato della Chiesa e dell'impero, in linea con le sue scritture politiche.

d'azione. [...] All'apertura della Liberata assistiamo alla medesima scena, con il «Padre del Cielo» che interviene a tutelare il corpo cristiano (e dunque il testo) dalle minacce di disgregazione (I, 7-11); tuttavia, l'occhio divino contempla non solo il fine, ma anche l"errore", non solo la norma ma anche la sua devianza, con significative conseguenze sul piano delle strategie testuali". S. Zatti, L'ombra del Tasso, Mondadori, Milano 1996, p. 91-92.

513 Per comodità cito i versi del poema dall'edizione online della Biblioteca italiana. G. Trissino, L'Italia liberata dai Goti,

http://ww2.bibliotecaitaliana.it/xtf/view?docId=bibit001420/bibit001420.xml.

514 "Quando il Dio cristiano si volge a contemplare i crociati sparsi in Palestina, egli dispone di una simile visione panoramica che

consente di abbracciare ogni cosa "in un sol punto e in una sola vista", ovvero di comprendere la varietà come unità". S. Zatti, L'ombra del Tasso, cit., p. 93.

515 "Il progetto del poema eroico manifesta, in ultima analisi, una volontà di controllo genuinamente politico su ciò che appare

nell'anarchia e nel disordine indisciplinato delle due forme. Il sogno trissiniano di restaurazione del racconto omerico insegue infatti, come vedremo, l'analoga restaurazione di un sogno arcaico, di marca neo-ghibellina, che vedeva in Carlo V, dedicatario del poema, il fantasma riformatore di un'Europa nuovamente unita e pacificata: era insomma la sintesi anacronistica di vecchia feudalità e moderno assolutismo". Ivi, p. 79.

149 Come scrive Tassoni nel paragone tra la Milizia antica e moderna, Capitolo XI del X

Libro de' Pensieri:

Intorno alla guerra le cose principali che si considerano sono: la giustizia della causa; l'esperienza, il valore e la fortuna de' capitani; la disciplina e bravura de' soldati; l'arte nell'accamparsi e marciare; l'ordine nello schierarsi in battaglia; la pratica nel maneggiare armate per mare; l'astuzia nel valersi di stratagemi e vantaggi; la qualità delle armi e delle macchine offensive e difensive; la maniera dell'oppugnare e difendere, e la copia delle munizioni e vittuaglie e danari da mantener gli eserciti.516

La giustizia della causa è il primo e più importante motore qualificante delle azioni guerresche. Giustizia moderna delle guerre che il filosofo Tassoni così sarcasticamente liquida:

Lascio la ragion delle guerre percioché i nostri principi, essendo cristiani e timorati di Dio, non si dee credere che le muovano mai se non giustamente.517

Se volessimo continuare nel raffronto ideologico tra Trissino, Tasso e Tassoni e comprendere l'originalità tassoniana, dovremmo riportare anche un paio di Pensieri del modenese sulla legittimazione politica e religiosa della guerra per uccidere e saccheggiare e sull'importanza concessa al desiderio di ricchezza come sprone all'azione guerresca: il primo è il Quisito XXVIII Perché gli antichi non cambattessero per la religione, come

fanno i moderni, il secondo è il XXXVIII Se i danari siano il nervo della guerra, dell'VIII Libro. Nel primo vi è una superba analisi sociologica che ancora oggi potrebbe avere una

valenza educativa:

Ma ne' tempi nostri infinite sono le sette che non discordano in un membro particolare, ma nell'essenza e nel fondamento: ateisti, giudei, maomettani, idolatri, luterani, ariani, seguaci d'Alì e di Bubacher, interpreti e fondatori di leggi nuove e contrarie e distruttive l'una dell'altre. Sì che non è maraviglia se per questo vengono all'armi; e tanto maggiormente che da un lato la religione nostra cattolica tiene per fede di far cosa accettissima a Dio distruggendo le sette e dall'altro i Maomettani non solamente credono questo, ma hanno per precetto nell'Alcorano loro di saccheggiare e soggiogare e uccidere tutti coloro che alla sua falsa legge non crederanno e di fargli o creder per forza o pagar loro tributo; dove fra le sette degli antichi non c'è memoria che fosse tal credenza né tal precetto, giudicando eglino tutte le religioni comunque in apparenza ridicolose avessero i loro principii su qualche ragione fondati e fossero tutte generalmente grate ed accette a Dio. [...] Ma in effetto il punto consiste nell'essere oggidì le religioni distruttive l'una dell'altra,