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Il proemio e le motivazioni dell'opera: dall'indignatio alla satira mascherata

2 Il genere misto De' ragguagli di Parnaso e della Secchia rapita

4.3 Il proemio e le motivazioni dell'opera: dall'indignatio alla satira mascherata

Il fatto che Tassoni nella sua prima spinta creativa abbia organizzato il suo poema geometricamente e compiutamente, dovrebbe essere studiato con attenzione per meglio comprendere le stratificazioni contenutistiche e formali che porteranno verso la complessità semantica e interpretativa del poema concluso. Ad esempio, appare non appropriata un tipo di interpretazione che pone l'intero poema a servizio di una satira municipale verso il nemico modenese del poeta: Brusantini padre o figlio539. Infatti risulta

spropositato costruire un poema di 707 ottave (questo è il numero della prima redazione) per colpire un personaggio che appare in meno di 30 ottave e in misura rilevante solo alla fine del canto della giostra. E non si può dire diversamente di altri personaggi che nella prima redazione rivestono quantitativamente più o meno la stessa portata. Neanche quella della parodia a me sembra convincente e capace di spiegare la complessità dell'operazione tassoniana. Il poeta stesso sembra risponderci commentando un luogo del poema in cui l'intertestualità epica appare evidente:

Il signor Guglielmo Mons. Agente del serenissimo Elettor di Colonia, paragonò questo luogo con quello d'Omero e Vergilio, e non gli parvero da competere: ma io so ch'l poeta non ebbe intenzione di concorrere con essi.540

Se questa fosse l'intenzione del poeta il contenuto non sarebbe altro che un pretesto per giocare con la forma epica svuotandola ideologicamente, ridicolizzandone gli stereotipi e deformandone il dettato. Ma se leggiamo solo l'incipit della prima redazione ci accorgiamo che poco di parodistico ci può essere in un attacco come:

Vorrei cantar quel memorando sdegno

che 'l fior d'Italia fe' mangiar da' cani

per una secchia d'infelice legno che tolsero ai Petroni i Gemignani. Febo, tu che raggiri entro 'l mio ingegno l'orribil guerra e gli accidenti strani, tu che sai poetar, servimi d'aio e tiemmi per le maniche del saio. 541

Vorrei cantar quel memorando sdegno ch'infiammò già ne' fieri petti umani un'infelice e vil secchia di legno che tolsero ai Petroni i Gemignani. Febo, che mi raggiri entro lo 'ngegno l'orribil guerra e gl'accidenti strani, tu che sai poetar, servimi d'aio e tiemmi per le maniche del saio. (S. R., I, 1)

538 M. Bachtin, Estetica e romanzo, cit., p. 462.

539 Dice giustamente Ronca: "Onde ove noi consideriamo in base a questi dati di fatto che fino a tutto il 1616 non era dal Tassoni

peranco stata composta quella parte della Secchia che prende più di mira il Brusantino, e neppure compresa nel disegno primo del poema, che anzi, nella concezione generale di quest'opera, que' due canti che non potè fare per la troppa fretta, dovevano essere soggetto di ben altro, cioè d'imprese diaboliche, e che quindi il presunto sfogo di vendetta contro il Brusantino, il quale avrebbe dato origine al poema, si può ridurre forse a qualche ottava quà e là interpolatamente seminata, potremo, io credo, tenere come indubitato che la composizione della Secchia si debba a una ragione molto meno individuale e assai più alta che non sia una bizza personale, uno sfogo di privata vendetta". U. Ronca, La Secchia rapita di Alessandro Tassoni, Studio critico, cit., pp. 14-15.

540 A. Tassoni, La Secchia rapita e scritti poetici, cit., p. 668. 541 Ivi, p. 163.

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Il secondo verso, poi modificato nella redazione definitiva, spicca sull'intera ottava come una possibile satira verso le guerre municipalistiche italiane, le quali hanno fatto mangiare dai cani il fior d'Italia: lo stile aspro senza cadute comiche, serve per avvicinare lo stile epico del primo verso alla realtà materiale e verosimile della narrazione. Qualora volessimo dare un timbro sarcastico542 a quel "fior d'Italia", resta il fatto che quella guerra

inutile abbia prodotto morti, e nella prima redazione questo veniva messo in evidenza, come è messo in evidenza a conclusione del poema la "campagna rasa", cioè distrutta e depredata: il timbro parodico qui sembra non avere alcuna funzione poetica anche se i versi rieccheggiano il proemio omerico. Il verso eroico iniziale attutito dal "Vorrei" sembra al servizio dello sdegno del poeta altrettanto memorabile per quella guerra inutile; così come l'invocazione ad Apollo che chiude l'ottava sembra ingentilire qualcosa di ben più sferzante. Personalmente affiancherei questi versi alla voce eroico-satirica e sarcastica di Giovenale,543 o di Dante, ingentilita dal riso beffardo e paradossale di Berni, Mauro544

o dei loro epigoni. Infatti il primo verso rievoca il sarcasmo giovenaliano della satira II: Res memoranda novis annalibus atque recenti

historia, speculum civilis sarcina belli.545

A comprova di questa suggestione, vi sono le poesie e le scritture politiche del periodo, come per esempio nella I e nella II Filippica, dove il poeta afferma:

Tutte l'altra nazioni, quante n'ha il mondo, non hanno cosa più cara della loro patria, scordandosi l'odio e l'inimicizie che regnano fra loro per unirsi a difenderla contro gl'insulti stranieri. Anzi i cani, i lupi, i leoni dell'istessa contrada, del medesimo bosco, della foresta medesima, si congiungono insieme per la difesa comune; e noi soli Italiani, diversi da tutti gli altri uomini, da tutti gli altri animali, abbandoniamo il vicino, abbandoniamo l'amico, abbandoniamo la patria per unirci con gli stranieri nemici nostri!546

542 Afferma Mazzoni nella sua Difesa che "[..] il Sarcasmo è ogni volta che alcuno con finto riso, e con simulate parole mostra di

contentarsi di quello, che gli porge sdegno, e rabbia grande". I. Mazzoni, Difesa di Dante, cit., Libro primo, p. 60.

543 L'altezza dello stile satirico giovenaliano è spiegato dallo stesso poeta: "Fingimus haec altum satura sumente coturnum / scilicet,

et finem egressi legemque priorum / grande Sophocleo carmen bacchamur hiatu, / montibus ignotum Rutulis caeloque Latino?". Riporto la traduzione moderna: "Forse ho inventato tutte queste cose, facendo calzare alla satira l'alto coturno, forse, infrangendo i limiti e la regola posta dai predecessori vado gridando, invasato da Bacco, un carme solenne degno del grande stile di Sofocle, sconosciuto ai monti dei Rutuli e al cielo latino?". Giovenale, Satire, a c. di Biagio Santorelli, Mondadori, Milano 2011, Satira 6, p. 105.

544 Come afferma Jossa: "Il poetar per burla ha ingannato anche i lettori più attenti: si tratta invece di una poesia difficile, ironica, che

fa dell'ambiguità la propria cifra stilistica e proprio per questo necessita di un'esegesi più attenta". G. Mauro D'Arcano, Terze rime, Edizione critica e commento a cura di Francesca Jossa, Vecchiarelli editore, Roma 2016, p. 15.

545 "Cosa davvero degno di nota nei novi annali e nella storia recente, che uno specchio sia stato bagaglio di una guerra civile."

Giovenale, Satire, cit., Satira 2, pp. 22-23. In riferimento ai versi che precedono quelli riportati, giustamente il commentatore Biagio Santorelli, per spiegare lo stile eroico sarcastico utilizzato da Giovenale, afferma: "Evidente dunque il biasimo che l'ironico accostamento riversa sia su questo effeminato, che sfoggia uno specchio come trofeo (mentre un tempo erano le spoglie di guerra a provare il valore militare degli eroi), sia sullo stesso Otone, che prima della battaglia decisiva impugna uno specchio (in un atteggiamento ben diverso da quello di Turno, che si scaglia contro il nemico brandendo una lancia). Ivi, p. 292. Iacopo Mazzoni indica questa satira come il modello della satira mista a cui appartiene anche il genere della Commedia dantesca: "[...] la Satira può essere, o rappresentativa, o narrativa, o mista. La rappresentativa è quella, che senza il Poeta introduce le persone, che da se stesse parlano, e si può dividere anchor ella in due specie, cioè in quella, che è fatta di persone senza nome, come è quella di Persio, e in quella, ch'ha li nomi proprij, come è la terza, e la quarta del secondo libro d'Horatio. La narrativa è quella, dove parla il Poeta solo, come è la sesta del primo libro d'Horatio. La mista è quella, nella quale il Poeta, e le persone imitate parlano, di che n'habbiamo essempio nella seconda di Iuvenale. Hora io dico, che la Satira di Dante si deve ridurre sotto a questo terzo capo delle Satire miste." I. Mazzoni, Difesa di Dante, cit., Libro secondo, p. 389. L'accostamento risulta ancora più emblematico se si ricorda che Tassoni aveva avvicinato il genere eroisatircomico del suo poema alla Commedia dantesca, in particolare al Purgatorio.

546 A. Tassoni, Annali e scritti storici e politici, Vol. I, cit., p. 219. L'impianto fortemente letterario è già presente nella Filippica stessa

che infatti riprende un Epodo di Orazio: "Quo, quo scelesti ruitis? aut cur dexteris / aptantur enses conditi? / Parumne campis atque Neptuno super / fusum est Latini sanguinis, / non ut superbas invidae Karthaginis / Romanus arces ureret, / intactus aut Britannus ut descenderet / sacra catenatus via, / sed ut secundum vota Parthorum sua / Urbs haec periret dextera? / Neque hic lupis mos nec fuit leonibus / umquam nisi in dispar feris. / Furorne caecos an rapit vis acrior / an culpa? Responsum date. / Tacent et albus ora pallor

157 Tanti disegni vani, tanti rumori d'armi, tanti fracassi d'eserciti, tanti strepiti di milioni, tante galee sul mare, tanti terzi di Spagna e d'Italia, tanti capitani famosi, tante minacce del Governatore di Milano che magnanime, che memorande prove hanno finalmente lasciato alle istorie moderne, alla posterità?547

Oppure la Scrittura fatta, si crede, dal signor Alessandro Tassoni overo dal cavaliere

Bertacchi nell’occasione della guerra seguita tra lucchesi e modenesi l’anno 1613 (1613), nella quale il tono burlesco-sarcastico serviva a censurare i Ragguagli

encomiastici circolanti intorno quella guerricciola, operazione che, come ho tentato di spiegare nel paragrafo Preistoria della Secchia rapita, anticipa la scrittura eroicomica.

Le guerre municipali e contemporanee sono memorande per infamia e per institutio politico non per institutio epico o encomiastico.

Nella seconda redazione della Secchia il verso "che 'l fior d'Italia fe' mangiar da' cani" viene sostituito con un altro eroico in linea con il primo "ch'infiammò già ne' fieri petti umani" (S. R., I, 1, v. 2), facendo perdere l'intera suggestione sdegnosa patriottica ("fior d'Italia") e la carica realistica di cui era portatore (mangiare e morte); universalizzando il sentimento "petti umani" e concentrando la sproporzione causale nel sintagma "vil secchia"(S. R., I, 1, v. 3). L'incipit in questo modo diviene uniforme e in linea con il distacco ironico tra il narratore e il narrato suggerito dall'iniziale "Vorrei",548 posto in

apertura coma spia letteraria del genere satirico:

[...] Nunc mihi paucis / Sarmenti scurrae pugnam Messique Cicirri, / Musa, velim memores et quo patre natus uterque / contullerit litis. [...]549

Se per Tassoni e per alcuni lettori del suo tempo questa sostituzione non modificava totalmente il tono sdegnoso dello scritto e la sua interpretazione, nei lettori contemporanei

inficit / mentesque perculsae stupent. / Sic est: acerba fata Romanos agunt / scelusque fraternae necis, / ut inmerentis fluxit in terram Remi / sacer nepotibus cruor". Riporto la traduzione moderna: "Dove, dove vi precipitate, o scellerati? o perché impugnate con le destre le spade, già chiuse nel fodero? Poco forse è stato sparso del sangue latino sui campi e sul mare? e quello, non perché il soldato romano desse alle fiamme le superbe torri della rivale Cartagine, o l'indomito Britanno discendesse incatenato per la via Sacra; ma perché, secondo il desiderio dei Parti, questa città perisse di sua propria mano. Ma tal costume non ebbero né i lupi né i leoni, i quali non infieriscono mai, se non con belve di diversa natura. Vi trascina dunque follia cieca, o una forza strapotente, o una colpa da espiare? Rispondete! Tacciono: e un bianco pallore si dipinge sui volti, e gli animi scossi restano stupefatti. Così è: un crudele destino perseguita i Romani e la colpa della uccisione fraterna, da quando fu sparsa a terra, maledetto per i discendenti, il sangue dell'innocente Remo". Orazio, Opere, a c. di Tito Colamarino e Domenico Bo, Utet, Torino 2008, Epodo VII, pp. 64-65.

547 A. Tassoni, Annali e scritti storici e politici, cit., p. 227.

548 Afferma Papini in nota al "Vorrei" incipitario: "Nota la mossa tutta burlesca. I poeti eroici dicono: canto-canta, dea, e simili: il

Tassoni dice vorrei cantar quasi a indicare il suo sgomento davanti a tanto soggetto". A. Tassoni, La secchia rapita di Alessandro Tassoni con commento di Pietro Papini, G. C. Sansone editore, Firenze 1912. Anche Besomi è della stessa idea: "La propositio è però formulata - con scarto rispetto alla norma - al condizionale: ironico atteggiamento che rinvia per l'opposizione «volere-sapere» (poetare) al v. 7 sai poetar e all'ultima o. del poema, XII 80, 3-8". O. Besomi, Glosse d'autore e glosse d'editore: per un commento alla «Secchia rapita», in Il commento ai testi, a c. di Ottavio Besomi, Carlo Caruso, Basel-Boston-Berlin, Birkhäuser 1992, pp. 373- 407, in particolare p. 403.

549 "Ora vorrei, o Musa, che mi ricordassi in breve la battaglia del buffone Sarmento con Messio Cicirro e, di qual padre nato, l'uno e

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ha prodotto un'interpretazione giocosa e parodica.550 Il critico Davide Cornieri551 per

esempio, in riferimento all'incipit e alle prime ottave afferma: "La facile riconoscibilità del modello è il necessario presupposto per dar risalto al capriccio della sua rielaborazione".552 Questo tipo di lettura potrebbe essere però complicata interpretando il

verso eroico "riconoscibile", al servizio del giudizio satirico e morale, rilevando come la meschinità delle azioni basse (la guerra fratricida per un secchio) e il loro corrispettivo formale (l'infrazione comica e prosastica) sia subito contrassegnata come tale, cioè "vil", non essendovi nessuna esaltazione dell'oggetto negativo tale da deformare - parodiandolo - il dettato eroico. Lo stesso vale per l'invocazione ad Apollo, a grado zero appare sicuramente burlesca e comica, come afferma Conrieri: "La figura del poeta è così investita da un lampo comico, che si fa luce piena nel finale dell'ottava, quando è rappresentata bensì come quella di un adulto per l'abito (il «saio»), ma sorretto per le maniche come un bambino da Febo in funzione di «aio». La solennità dell'ispirazione divina è degradata in una immagine comicamente sconclusionata".553 Se invece cerchiamo

di esaltare il valore polisemico dei versi, potremmo considerare anche l'invocazione come satirica, in particolare come una sferzata contro alcuni poeti o letterati guidati da qualsivoglia pregiudizio o imposizione del potere,554 oppure come una richiesta ironica

ad Apollo di alleggerire, attutire, la sua indignazione e il tono satirico conseguente. Cerchiamo di entrare più nel dettaglio: la rima aio/saio potrebbe suggerisce un possibile riferimento ideologico e politico, poiché "aio" è una parola di origine spagnola che potrebbe essere stata inserita come indizio significante. Non è peregrino ricordare che durante la stesura della prima redazione Tassoni abbia ricevuto in dono un testo del teatino Vincenzo Gilberto, il cui titolo spiega il contenuto precettivo del testo, L' Aio,

overo Gli ammaestramenti del cristiano di don Vincentio Giliberto ... Con soliloqui diuotissimi della Passione di Cristo, del Santissimo Sacramento e delle mortificazioni. Con due tauole. Nella lettera però Tassoni burla l'arcivescovo Ferrante Boschetti, colui

che ha portato in regalo il libro, perché prima di incontrarlo "s'è fermato in Fiorenza a visitare i suoi bacchettoni e le monache sante ed è arrivato con una ciera bonissima che non pare che mai si sia disciplinato".555 L'espressione satirica "tiemmi per le maniche del

saio", per altro proverbiale, è già stata utilizzata dal poeta nel libretto polemico della

Tenda Rossa:

550 Concordo perfettamente con l'interpretazione di Settembrini: "La Secchia fu scritta in tempi tristi, e il suo sorriso copre dolore

profondo; è una piacevolezza che ha qualcosa di amaro, di mordente, di crudele; è lo scherzo che aveva a fianco l'Inquisizione e lo spagnolo [...] il suo poema che pare uno scherzo è una protesta; [...] Il Tassoni, come il Pulci, l'Ariosto, il Folengo, il Cervantes, si ride della cavalleria e dei poeti che cantavano sul serio le imprese cavalleresche, se ride degli eruditi e della loro mitologia, si ride dei Cruscanti [...] non risparmia nessuno, e strapazzando gli antichi egli mira a' suoi contemporanei, che non sapevano unirsi e cacciare lo straniero, e per cagionuzze ridevoli contendevano fra loro. Egli non vuol divertire ma pungere gli uomini del suo tempo [...] Il suo poema è stato giudicato troppo leggermente, è stato considerato così in aria come un poema burlesco [...] I pedanti ne hanno lodato [...] soprattutto il grandissimo fine di deridere la mitologia. Fu bene per lui che non l'avessero capito, perché avrebbero messo il libro all'Indice e lui in prigione [...]". La citazione è presa da U. Ronca, Studio critico, cit., p. 83.

551 D. Conrieri, Canto I, in Lettura della Secchia rapita, cit., pp. 9-24. 552 Ivi, p. 9.

553 Ibid..

554 Questo tipo di lettura inoltre è in linea con la tradizione comica italiana: "La deminutio dell'io burlesco, che si professa ignorante e

capriccioso, in balia del proprio umore bizzarro, lungi dal denotare una poesia improvvisata o incolta, è funzionale al rifiuto di un codice poetico che sembra piegato dagli ipocriti poeti cortigiani essenzialmente ad inostrare e infiorare i signori". G. Mauro D'Arcano, Terze rime, cit., p. 55.

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Melamp. Voi pretendete costituir nuovi fondamenti, e farvi su nuove schiribizzate filosofie, e

trabacchelle, ov'egli studia d'imparar da tutti coloro, come da maestri primati.

Saetta. 10. E' proprio de' ragazzi scolai il credere, che niuno sappia nulla eccetto i loro maestri. Però

non mi maraviglio, che voi diciate questo, perché camminate ancora con la balia dietro, che vi tien per le

maniche del saio, e v'insegna a mettere i piedi giusto nelle pedate d'Aristotele, dandovi ad intendere, che

l'altre son trabbocchelle: e chi sà, che non vi mandino un giorno a gambe levate? "556

L'ironia dell'invocazione quindi potrebbe anche rappresentare una frecciata contro la censura, contro l'educazione alla sottomissione (ispano-cattolica),557 contro i gesuiti e gli

ordini religiosi, contro l'educazione remissiva e zerbinesca impressa ai giovani della classe dirigente italiana, causa della perdita di fierezza, di senso civico, di senso di patria e di libertà di pensiero e di espressione:

Ma voi altri avete ragione, ché se non vi serviste di questa superstizione ad offuscar gl'intelletti della gioventù, si tornerebbe a filosofare con l'antica libertà e voi correreste il rischio di perdere i salarî che vi dà il publico perché con sofisticherie difendiate la dottrina d'Aristotele e tutte le sue chimere.558

Questo tipo di satira - antispagnola e antigesuitica - è centrale anche nei Ragguagli di Boccalini, che, come proverò a dimostrare, sono fondamentali per la comprensione del poema. Ricordiamo che lo stesso Apollo nel II canto della Secchia ha "il toson del Re di Spagna",559 in linea con Caporali, che nell'Esequie di Mecenate, fa indossare alla Chienea

di Apollo una "coperta sontuosa", "Come quella, Signor, che col tributo / Manda alla Santa Sede il Re di Spagna".560

La prima ottava così contiene le due istanze della narrazione, quella politica il "memorando sdegno" per una "vil Secchia" e quella estetica "tiemmi per le maniche del saio", sotto il segno della satira militante, fornendoci quello che possiamo definire la

motivazione561 artistica562 e compositiva563 del poema. E inoltre ci rimanda a quelle

scritture che abbiamo definito anticipatrici della Secchia rapita, cioè le scritture politiche e la Tenda rossa.564

556 A. Tassoni, Tenda rossa, cit., p. 9.

557 Non è un caso che il "saio" lo ritroviamo anche indosso a Giove in una ottava poi modificata per ovvia prudenza: "Venne al fin

Giove in abito divino, / de le sue stelle nuove incoronato / e con un manto d'oro ed azzurrino / de le gemme del ciel tutto fregiato. / Le calze lunghe avra senza scappino / e 'l saio e la scrasella di broccato; / e senza rider punto o far parola / andava con sussiego a la spagnola". A. Tassoni, La secchia rapita e scritti poetici, cit., p. 1126.

558 A. Tassoni, Lettere, cit., p. 109.

559 Per comprendere il tono satirico dell'espressione si veda "Per il tosone del Re di Spagna", poesia del modenese sul carattere servile

della nobiltà italiana: "[...] / sì che dir si potrebbe, e con ragione / che dell'Italia quasi ogni signore / infermo giace nel mal di castrone". A. Tassoni, La secchia rapita e scritti poetici, cit., p. 96.

560 C. Caporali, Rime di Cesare Caporali perugino diligentemente corrette, colle osservazioni di Carli Caporali, cit., p. 257. 561 "Il sistema dei motivi di cui si compone la tematica dell'opera deve avere una certa unità estetica. Se i motivi o il complesso dei

motivi non sono sufficientemente "adatti" all'opera, se il lettore avverte un senso di insoddisfazione per i legami esistenti fra un particolare complesso di motivi e il resto dell'opera, si dice che quel complesso di motivi "sfugge" dall'opera. Se le varie parti dell'opera sono mal connesse l'una con l'altra, essa si "disgrega". Per questo l'introduzione dei singoli motivi o complessi di motivi deve essere