2 Il genere misto De' ragguagli di Parnaso e della Secchia rapita
3.3 Castrati e castranti: alla scuola di Muret
Seguendo nei Ragguagli la dorsale lipsiana analizziamo un altro personaggio che possiamo ritenere speculare al fiammingo, vale a dire il francese Marc-Antoine Muret: anch'egli tra i "pedanti, gli epistolari e i commentatori" della generazione di Lipsio, di cui era amico e corrispondente; anch'egli "oltramontano" e tra l'altro anch'egli tacitista443 oltre
che insigne oratore e grande studioso di Terenzio.444
Il francese viene nominato per la prima volta nel Ragguaglio LXXXVI della Centuria
Prima, analizzato nel paragrafo precedente in riferimento a Lipsio che ne è il protagonista.
La funzione di Mureto nel ragguaglio è solo di rappresentante tacitista insieme a Mercereo, Beato Renano e Fulvio Orsino: i quattro denunciano per pura invidia l'idolatria di Lipsio nei confronti di Tacito, anche se ipocritamente la mascherano come una giusta vendetta scaturita dall'indignazione della precedente accusa dello stesso Lipsio a Tacito. A Mureto viene dedicato un intero ragguaglio l'LXXXVIII della Centuria seconda che, in qualche modo, possiamo ritenere speculare445 a quello lipsiano dove appare per la
prima volta. I nuclei tematici del ragguaglio risultano essere due: l'esaltazione della
consta che principi anco sopra le penne libere degli istorici si sono arrogati tanta autorità, che non permettano che di essi si pubblichi cosa, ancorché vera, che non sia di loro intiera soddisfazione; pretensione che dagli scritti altrui talmente ha sbandita la verità istorica, che, per le obscene adulazioni con le quali i moderni principi vogliono essere adulati, gl'ingegni grandi dei nostri migliori virtuosi essendo apaventati, l'importantissimo carico di scrivere l'istorie, solo riserbato ai più scelti letterari, con ignominia grande del secolo presente e infinito danno dell'etadi future, oggi si vede capitato in mano di gente ignorantissima; [...]". TRAIANO BOCCALINI, cit., p. 235.
442 Cfr. L. Melosi, Lettura di ragguaglio III, 15, in Traiano Boccalini, Ragguagli di Parnaso, Testi scelti e studi, a cura di Laura
Melosi, Eum, Macerata 2013, pp. 129-134. In riferimento al Ragguaglio sull'attentato di Salviati a Boccaccio, giustamente afferma la studiosa: "Malgrado l'intavolatura solenne, la storia è chiaramente rappresentata come un atto criminale, una violenza privata. [...] Per capire bisogna sapere, in realtà, che per Boccaccio si deve intendere qui il Decamerone, e per le «molte ferite» con le quali egli fu talmente deturpato e lacerato che i suoi ammiratori non potevano riconoscerlo, si deve intendere una nuova stampa del capolavoro del certaldese [...]". Pp. 132-133.
443 Molto probabilmente Boccalini conobbe Mureto a Roma poco prima della sua morte avvenuta nel 1584. Scrive infatti nei
Commentarii: "Opportunos magnis conatibus transitus rerum [Hist. I 21]. Confessava Marc'Antonio Moretto che queste parole di Tacito erano difficili ad intendersi, e avendo sopra il senso d'esse udito il parere d'uomini letteratissimi nella corte di Roma, non ne trovò mai alcuno che gli desse intiera soddisfazione". TRAIANO BOCCALINI, cit., p. 1597. Il riferimento viene citato in G. Baldassarri, I tempi della scrittura nei Comentarii a Tacito, in Traiano Boccalini tra satira e politica, cit., pp. 181-200, in particolare p. 185n..
444 Ricordiamo che in gioventù Boccalini scrisse una traduzione dell'Eunuco di Terenzio.
445 Sull'attenzione boccalinina alla coesione strutturale e stilistica dell'opera e su alcune simmetrie tra i Ragguagli e le Centurie si
veda, I. Pini, Simmetria e opposizione nelle due centurie dei Ragguagli di Parnaso, in Traiano Boccalini tra satira e politica, cit., pp. 125-141. Dice giustamente la studiosa: "Queste costruzioni in parallelo, a volte rovesciate, fanno parte del complesso gioco di specchi che è alla base dei Ragguagli e che costituisce una caratteristica fondamentale della letteratura paradossale. Essi caso per caso, hanno la funzione di porre in evidenza alcune tematiche diffratte, di moltiplicare le angolazioni, di intessere richiami puntuali all'interno della linearità spezzata del discorso. Credo, inoltre, che questa strategia compositiva serva ad illuminare vicendevolmente il significato degli avvisi e a suggerire nuove possibili interpretazioni". Ivi, p. 141.
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capacità politica e della figura di Enrico IV e, ancora una volta, la messa in ridicolo di un pedante "oltramontano". Mentre Enrico IV diventa un tacitista in azione,446 ancora una
volta un tacitista letterato interpreta moralmente e senechianamente un'operazione schiettamente politica.447 Anche in questo caso l'accusa che viene fatta è quella di non
comprendere le dinamiche politiche perché Apollo dice: "Ben si conosce [...] o virtuoso francese, che solo hai lettere da grammatico".448 Come nel ragguaglio su Lipsio anche
questo ha una parola tematica stoica, "clemenza", nell'altro era "costanza" e in entrambi si annuncia un'orazione che non avverrà mai. Ma a differenza del Ragguaglio su Lipsio in cui Apollo esalta la "costanza" del fiammingo, in questo caso invece, smaschera la falsa "clemenza" dell'azione di Enrico.
L'accostamento-contrapposizione della decisione di Apollo nei due ragguagli speculari è sigillata da sintagmi ripetuti: "il mio e il tuo Tacito" del ragguaglio di Lipsio, in cui Apollo condivide il precetto morale-politico della "costanza" diventa "il mio e il tuo Enrico" in quello su Mureto, in cui Apollo rigetta l'interpretazione morale della "clemenza" in Enrico IV; quasi a riprova di ciò che era intuibile, e cioè che nel caso di Lipsio Boccalini non approvi la decisione di Apollo di condividere la dimostrazione di subordinazione da parte del fiammingo.
Sintetizzando possiamo dire che i due ragguagli sono tra loro legati specularmente sotto l'insegna del precetto politico tacitiano di utilizzare il perdono come arma politica e al contempo sono entrambi una messa in ridicolo di un tipo di interpretazione tacitista colorata senechianamente e stoicamente come "costanza" e "clemenza".
Mureto è coprotagonista anche del saporitissimo Ragguaglio LXXII della Centuria
Terza: Apollo sospende la cerimonia dell'ammissione in Parnaso del padre Francesco Benci e, pregato dalle serenissime Muse, ordina ch'egli venga scacciato.449 Francesco
Benci è un umanista italiano, allievo di Mureto e corrispondente ed amico di Lipsio, oltre che curatore di varie edizione di classici latini.450 Il Ragguaglio rappresenta la "cavalcata-
trionfo" carnevalesca dell'erudito italiano e l'altrettanto carnevalesca incoronazione e detronizzazione di Mureto.
La prima sequenza rappresenta come abbiamo detto la cavalcata trionfale del letterato: il sarcasmo nascosto della rappresentazione ci permette di far luce anche su altre sezioni dei Ragguagli precedentemente analizzati. Benci viene presentato in Parnaso grazie a due meriti: i suoi studi ("gli scritti locubratissimi del quale con vive voci e vivi suffragi furono approvatissimi da tutto il sacro collegio dei letterati") e i suoi meriti di oratore ("gli fu subito assegnato il luogo tra i più famosi oratori latini dell'età moderna"). Il primo merito è letteralmente una ripresa della prima presentazione di Lipsio in Parnaso
446 Enrico IV sembra seguire proprio l'esempio di Tacito nel Ragguaglio LXXXVI di cui è protagonista Lipsio: "Tacito conoscendo
quanta riputazione altrui arrechi la prontezza del facil perdono, con magnanimità degna di senator romano non solo al Lipsio liberamente condonò l'ingiuria ricevuta, ma [...] caramente lo ringraziò dell'occasione che li porgeva di fare acquisto di quella gloria che altrui arreca il sinceramente scordarsi l'ingiurie ricevute". TRAIANO BOCCALINI, cit., p. 325.
447 "Perché non avendo, la politica, teorica da potersi far di essa una gramatica che altrui insegni l'altre di ben governare gli stati, tutta
stava posta nella pratica; della quale quei che non l'avevano appresa nelle secretarìe de' prencipi grandi e ne' consigli di stato, per non farsi ridicoli al mondo, quando dicono e scrivono cose degne di staffilate, non dovevano mai ragionarne". Ragguaglio LXXXVI, Cent. I. Ivi, p. 283.
448 Ivi, p. 574. 449 Ivi, pp. 741-742.
131 "Giusto Lipsio, uomo fiammingo, gli scritti lucubratissimi del quale tanta fragranza rendevano in Parnaso"; il secondo merito è in linea con il suo maestro Mureto che viene descritto nel ragguaglio ad egli dedicato come "famoso letterato e grande orator francese". Segue a questa rappresentazione di Benci metà lipsiana e metà muretiana, una frecciata sarcastica ai gesuiti di cui era un esponente:
[...] la cavalcata, che si preparava per accompagnarlo alla real sala dell'audienza, di numero e di qualità di personaggi era straordinaria451, ognuno venne in chiara cognizione, le scuole de' padri Gesuiti esser
fecondissimo seminario di letterati moderni, e quel famoso cavallo troiano, dal quale del continuo si veggono uscir incliti eroi in tutte le arti liberali [..].452
Il focus polemico del frammento è tutto nel sintagma "cavallo troiano" che rappresenta la strategia subdola dell'erudizione dei gesuiti, più volte al centro della polemica politica e letteraria di Boccalini.
L'elezione di Benci in Parnaso viene assistita dal maestro Mureto "per aversi nella sua scuola allevato così segnalato virtuoso". Segue l'entrata trionfale di Mureto:
[...] in mezzo il fòro, in un trono molto rilevato e sotto un ricco baldacchino fu posto nella seggia curule, con il latoclavo romano di broccato, dove dai maestri delle cerimonie a nome delle serenissime muse veniva incensato con la mirra sabea.453
Il cerimoniale viene descritto con attenzione erudita, in linea con il personaggio e con il suo specchio, Lipsio, il quale nel Somnium cerca di recuperare i "prisci et non vulgari ritus"454: "ricco baldacchino", "seggia curiale", "latoclavo romano di broccato"; si
conclude con l'incensamento fatto fare dalle muse con la "mirra sabea". Questa conclusione non può che carnevalizzare l'intera sequenza. Possiamo infatti ritenerla anche un'allusione alla femminilizzazione di Ercole ad opera di Ofale, ripresa da grandi poeti italiani455 e da un lunga tradizione pittorica, narrata nella tragedia di Seneca, Ercole sul Monte Eta:
Hospes Timoli Lydiam fovit nurum et amore captus ad leves sedit colos, tenerum feroci stamen intorquens manu. Nempe illa cervix spolia deposuit ferae crinemque mitra pressit et famulus stetit, hirtam Sabaea marcidus myrrha comam: ubique caluit, sed leui caluit face.456
451 Allo stesso modo si presenta la cavalcata trionfale di Lipsio: "La cavalcata fu notabile, perché i letterati di tutte le scienze in numero
molto grande favorirono quel virtuoso porporando [...]". TRAIANO BOCCALINI, cit., p. 133.
452 Ivi, p. 742. 453 Ibid..
454 G. Lipsio, Satyra Menippaea. Somnium. Lusus in nostri aeui criticos, cit., p. 3.
455 Tasso pone l'episodio come emblema figurativo, nel palazzo di Armida, quasi una mise en abyme, dell'avventura amorosa di
Rinaldo: "Mirasi qui fra le meonie ancelle / Favoleggiar con la conocchia Alcide: / Se l'inferno espugnò, resse le stelle / Or torce il fuso; Amor se 'l guarda, e ride. Mirasi Jole con la destra imbelle / Per ischerno trattar l'ermi omicide; E 'n dosso ha il cuoio del leon, che sembra / Ruvido troppo a sì tenere membra." (G. L., XVI, 3).
456 Seneca, Hercules Oetaeus, vv. 371-377. Riporto la traduzione moderna: "Ospite del Tmolo, egli blandì la giovane Lidia e per
amore si assise alla leggera conocchia, intrecciando con la terribile mano il filo inumidito dalla sua saliva. Certo la sua cervice si spogliò della pelle della belva ed egli poggiò una mitra sui capelli e stette in piedi da servo, con l'irta chioma impregnata di mirra arabica: dovunque s'infiammò, ma s'infiammo sempre d'un tenue fuoco". Seneca, Tutte le opere, Newton Compton Editori, Roma 2015.
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L'allusione alla femminilizzazione di Mureto ha un duplice bersaglio, da un lato vuole colpire l'omosessualità del letterato, dall'altro ancora una volta vuole ridicolizzare la superficialità politica con la quale questi letterati interpretano il proprio tempo. La carnevalizzazione457 dell'incoronazione riprende una modalità trionfale romana, i carmina triumphalia, nella quale i soldati potevano, senza pena di essere condannati,
ridicolizzare il proprio comandante.458 L'esempio più notevole è quello di Cesare
raccontato da Svetonio in cui si fa allusione proprio alla sua omosessualità: Gallias Caesar subegit, Nicomedes Caesarem:
ecce Caesar nunc triumphat qui subegit Gallias, Nicomedes non triumphat qui subegit Caesarem.459
Ritornando alla struttura del ragguaglio è possibile notare come il riferimento alla "mirra sabea" spezzi la narrazione in due parti: la prima falsamente elogiativa e la seconda derisoria e sprezzante. Infatti così prosegue il ragguaglio:
E già la pompa della solenne cavalcata era arrivata tant'oltre, che le accademie d'Italia con la famosa zucca degli Intronati, dalla quale con stupor grande di ognuno perpetuamente si vedevano uscir uomini grandemente salati, eran giunte nel fòro Massimo, quando l'infelice Moreto, d'ordine espresso di Sua Maestà, fu fatto scender dal trono, il quale, pieno di confusione e vergogna, privatamente se ne ritornò a casa, e nel medesimo istante comandò Apollo che la cavalcata ritornasse indietro e che il padre Benci andasse per i fatti suoi e quanto prima sgombrasse da tutta la giurisdizione di Parnaso.460
Il riferimento alle accademie d'Italia e in particolare all'accademia degli Intronati è una sferzata contro un tipo di atteggiamento "oltramontano" e gesuitico e al tempo stesso un'esaltazione di una tradizione italiana, "uomini grandemente salati", tra i quali vi è l'autore stesso, che con due semplici parole "mirra sabea" ha distrutto l'intera scenografia trionfale dei due pedanti. Il riferimento particolare agli Intronati e al sale dell'allusione oscena stigmatizzano l'omosessualità di Mureto: quella accademia era caratterizzata dall'attenzione al sesso femminile e all'amore eterosessuale come ce lo descrive Boccalini stesso nei ragguagli XIV e il XXII della Centuria prima, dedicati alle accademie italiane.
Nel Ragguaglio XIV il rimedio alla corruzione delle accademie viene affidato ai "signori riformatori delle buone lettere: dove essendo eglino andati, trovarono quei
457 "E ciò si ritrova a volte anche in alcuni riti di epoca posteriore. Così, per esempio, nella Roma antica, anche nella fase statuale,
durante la cerimonia del trionfo, si celebrava e si derideva nello stesso tempo il vincitore; e la stessa cosa accadeva durante i funerali: si rimpiangeva (si celebrava) e si derideva il defunto". M. Bachtin, L' opera di Rabelais e la cultura popolare: riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Einaudi, Torino 1982, p. 9.
458 Anche Marziale testimonia la pratica: "Contigeris nostros, Caesar, si forte libellos, / terrarum dominum pone supercilium. /
Consuevere iocos vestri quoque ferre triumphi, / materiam dictis nec pudet esse ducem. / Qua Thymelen spectas derisoremque Latinum, / illa fronte precor carmina nostra legas. / Innocuos censura potest permittere lusus: / lasciva est nobis pagina, vita proba". Marziale, Epigrammaton libri, I, 4. Riporto la traduzione moderna: "Se per caso, o Cesare, ti capiteranno nelle mani i miei libretti, spiana la tua fronte padrona del mondo. Anche i vostri trionfi sono abituati a tollerare gli scherzi e il generale non si vergogna di divenire oggetto di maldicenze. Ti prego di leggere i miei carmi con quello spirito con cui ammiri Timele e quel burlone di Latino. L'ufficio di censore può permettere gli scherzi innocenti: i miei versi sono lascivi, ma la mia vita è onesta". Marziale, Epigrammi, a cura di Giuseppe Norcio, Utet, Torino 2004, I, 4.
459 Svetonio, Vita Caesaris, 49. Riporto la traduzione moderna: "Cesare ha sottomesso le Gallie, Nicomede ha sottomesso Cesare: /
Ecco, Cesare che ha sottomesso le Gallie, ora trionfa, / Nicomede che ha sottomesso Cesare, non riporta nessun trionfo". Svetonio, Vita dei Cesari, Garzanti, Milano 2010, Libro primo, Cesare, 49.
133 signori tanto occupati nel mestiere importantissimo, che perpetuamente hanno per le mani, di far delle lancie fusi [...]".461 L'allusione sessuale alla sodomia dei "riformatori"
oltre che all'inutilità della loro funzione appare evidente: "perpetuamente hanno per le mani" e "far delle lancie fusi".
Nel Ragguaglio XXII così viene descritta l'Accademia degli Intronati:
Ma poco tempo passò che alle nari di Sua Maestà giunse certo odore molto spiacevole, per lo quale comandò all'Archintronato che in tutti i modi dismettesse quella pratica: percioché si era finalmente avveduto che la vera poetica delle donne era l'aco e il fuso, e gli esercizi letterari delle dame co' virtuosi somigliavano gli scherzi e i giuochi che tra loro fanno i cani, i quali dopo brieve tempo tutti forniscono alla fine in montarsi addosso l'un l'altro.462
Alla luce di quanto detto analizziamo la conclusione del ragguaglio su Benci e Mureto:
Non è possibile credere l'ammirazione che diede a tutti i virtuosi così repentina risoluzione di Sua Maestà e il dolore che ne sentì il virtuosissimo Benci, contro il quale, sebbene aveano fatti pessimi offizi Marziale, Orazio, Terenzio, Ovidio e altri famosissimi poeti latini, nondimeno, perché questi poco furono ascoltati, si spinsero le stesse serenissime muse, le quali scapigliate comparvero avanti Sua Maestà e come forsennate, severamente percotendosi il petto, lacerandosi le gote e troncandosi le chiome, con alta voce e dirottissimi pianti chiedeano vendetta dell'ingiurie ch'erano state fatti ai loro poeti, e dissero che Benci era uno di quei moderni castrapoeti, che non solo avevano castrato Marziale, Terenzio, Orazio, il loro dilettissimo Ovidio e altri, ma che allo stesso Virgilio senza discrezione alcuna avevano tagliata tutta la
Priapea.463
La critica alla pedanteria e l'allusione sessuale sono figurate dall'eccessivo dolore delle serenissime muse che, dopo aver fatto deridere Muret con la Mirra Sabea, partecipano al lutto ("scapigliate", "percotendosi il petto", "lacerandosi le gote", "troncandosi le chiome") per la castrazione dei loro poeti-amanti. Anche questa rappresentazione vuole carnevalizzare gli antichi rituali funebri romani di cui vengono riprese le modalità sceniche delle Prefiche.
L'interpretazione allegorico-letteraria invece viene rappresentata ancora una volta dalla sovrapposizione personaggi-opere e invadenza critica-tortura corporea. Il curatore Benci aveva in qualche modo amputato le parti erotiche delle opere di Marziale, di Terenzio, di Orazio e di Ovidio. L'intero ragguaglio viene sigillato, quindi, dal taglio della
Priapea, suggerendo un rimando intertestuale, stilistico e ideologico ad uno dei più
riusciti epigrammi di Marziale: Versus scribere me parum severos nec quis praelegat in schola magister Corneli, quereris: sed hi libelli, tamquam coniugibus sui mariti, non possunt sine mentula placere. Quid si me iubeas talassionem verbis dicere non talassionis?
461 Ivi, p. 121.
462 Ragguaglio XXII, Centuria prima, I signori accademici Intronati nella loro accademia avendo ammesse le più principali poetesse
di Parnaso Apollo comanda che siano levate. Ivi, pp. 132-133.
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Quis Floralia vestit et stolatum permittit meretricibus pudorem? Lex est carminibus data haec iocosis, ne possint, nisi priuriant, iuvare. Quare deposita severitate parcas lusibus et iocis rogamus, nec castrare velis meos libellos. Gallo turpius est nihil Priapo.464