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Prolegomeni a La secchia rapita: letterarietà o ipertesto?

2 Il genere misto De' ragguagli di Parnaso e della Secchia rapita

2.4 Prolegomeni a La secchia rapita: letterarietà o ipertesto?

Prima di addentrarmi negli scritti tassoniani per cercare di dirimere la questione del genere letterario eroicomico che lo scrittore ha pensato e teorizzato, è a mio avviso fondamentale chiarire alcune questioni di carattere teorico e metodologico. In particolare sarebbe utile fare una precisazione in riferimento al critico Genette, che nella sua opera

Palinsesti ha dedicato ampio spazio a questa tipologia di genere, catalogandone le

possibili variazioni in rapporto alla sua idea di intertestualità e di riscrittura. Questo libro, di notevole fortuna per la critica tassoniana degli ultimi decenni ha, a mio avviso, distorto quella che è nella realtà la vera portata del genere, relegandolo negli angusti spazi della

parodia, del pastiche. La Secchia rapita non è propriamente un'opera ipertestuale così

come la definisce il teorico francese, bensì un testo che vive la letterarietà in maniera complessa, polimorfa e funzionale al messaggio civile, morale, militante del suo autore. C’è una differenza sostanziale e non eludibile tra letterarietà e ipertestualità nell'opera letteraria che la critica contemporanea dovrebbe sciogliere e problematizzare, per non banalizzarne la portata storica e la forte valenza civile e assiologica, aumentandone all'opposto l'autoreferenzialità formale.275

Genette cerca di teorizzare e di catalogare quell’ampia fascia di testi letterari che esplicitamente o implicitamente si rifanno ad uno o a più testi della tradizione. Il critico specifica, per circoscrivere il suo studio, che “Salvo eccezione, affronter[à] quindi l’ipertestualità dal suo versante più soleggiato: quello in cui la derivazione dall’ipotesto

274 Ivi, p. 1328.

275 "La realtà della conoscenza e dell'atto etico, realtà che in quanto conosciuta e valutata entra nell'oggetto estetico ed è qui sottoposta

a una concreta intuitiva unificazione, individuazione, concretizzazione, isolamento e compimento, cioè a una totale organizzazione formale artistica mediante un materiale determinato, è da noi chiamata (in pieno accordo con la terminologia tradizionale) contenuto dell'opera d'arte (più esattamente: dell'oggetto estetico). Il contenuto è un momento costitutivo necessario dell'oggetto estetico, e ad esso è correlativa la forma estetica, la quale fuori di questa correlazione non ha in generale alcun senso". M. Bachtin, Estetica e romanzo, Einaudi, Torino 2001, p. 27.

77 all’ipertesto è al tempo stesso totale (tutta un’opera B che deriva da tutta un’opera A) e più o meno ufficialmente dichiarata.”276 Questo per non cadere in una pratica critica che

porterebbe a “riversare la letteratura universale in toto nel campo dell’ipertestualità, rendendone lo studio difficilmente padroneggiabile”:277 giustissima precauzione per

un’analisi che pretende di essere scientifica e teorica, su una fenomenologia quale quella letteraria che per definizione tende a vivere di letterarietà e di un continuo e non alienabile dialogo con quella tradizione, che la definisce e circoscrive, senza però completarne le variazioni e le possibilità. La difficoltà dell'assunto genettiano è dimostrata dal passaggio dalla teorizzazione, di quelle che sono le pratiche ipertestuali, all’inserimento di singole opere d’arte all’interno dei contenitori individuati.278

Potrebbe risultare superfluo, ai fini della nostra analisi, ripercorrere tutte le tappe del critico e quindi ridefinirne i contenitori e le opere, anche perché sarebbe difficilissimo conoscere criticamente tutte le svariate opere che inserisce nella sue classificazioni; pertanto, mi limiterò a verificare quella parte dell’analisi che fa riferimento a La secchia

rapita e al genere eroicomico.

Partiamo dalla definizione di eroicomico in Palinsesti, così da seguire il metodo teorico di Genette e poi analizziamo i piccoli accenni al suo sottovalutato inventore Tassoni. A proposito del genere eroicomico Genette afferma:

Apparentemente, quindi, tutto è pronto fin dal 1674. Tutto tranne il termine d'eroicomico [...] perché la tradizione non aveva assegnato alcun termine generico (se non, molto sporadicamente, quello di parodia) a opere come la Batrachomyomachia o La secchia rapita. Ma il composto «eroico-comico» non è di sua invenzione. Esso è tratto apparentemente da Saint-Amant, che l’aveva usato per la prima volta nel 1640 per intitolare il suo Passage de Gibraltar, caprice héroï-comique. Caprice era mutuato da Tassoni, che aveva definito La secchia rapita un «capriccio spropositato, fatto per burlare i poeti moderni», e nella sua prefazione Saint-Amant si rifaceva esplicitamente a questo poema nel quale vedeva «l’eroico… mirabilmente mischiato al burlesco» (si tratta anche, per inciso, di una delle prime occorrenze francesi di questo aggettivo derivato dall’italiano «burlare», che visibilmente Saint-Amant non investe d’alcuna connotazione tecnica ma considera come un semplice equivalente di comico). Eroicomico sembra effettivamente coniato da questo autore, che lo userà anche in seguito per definire un’epistola, un’ode, e un altro capriccio: l’Albion (1644).279

Il termine eroicomico è ampiamente utilizzato da Tassoni prima che da altri autori tanto francesi quanto italiani. Il poeta modenese si vantava di essere il primo inventore di tale genere dandocene anche una prima formulazione teorica, nel paratesto della suo opera

La secchia rapita; nella sua prima edizione parigina, la quale aveva nel titolo proprio poema eroicomico e in un quesito del suo libro di Pensieri. Avremo modo in seguito di

analizzare che cosa sia l’eroicomico per Tassoni e come lo attui nella sua opera.

Genette prosegue la sua analisi del genere eroicomico arrivando a quella che per lui è la definizione più propria del genere, riprendendola da Boileau e dalla sua opera Lutrin:

276 G. Genette, Palinsesti. La letteratura al secondo grado, Einaudi, Torino 1997, p. 12. 277 Ivi, p.13.

278 "Il compito principale dell'estetica è quello di studiare l'oggetto estetico nella sua originalità, evitando di sostituirgli qualche fase

intermedia della sua attuazione. Prima di tutto si deve intendere l'oggetto estetico sinteticamente, nella sua totalità, e si deve intendere la forma come forma del contenuto e il contenuto come contenuto della forma, e si deve intendere l'originalità e la legge del loro reciproco rapporto. Solo su questa base si può tracciare la giusta direzione di una concreta analisi estetica delle singole opere". M. Bachtin, Estetica e romanzo, cit., p. 65.

78

"«poema eroicomico», [...] che consiste nel trattare in stile epico (nobile) un soggetto basso e ridicolo".280 Quanto questa definizione sia sterile e di poca o nulla applicazione

critica è facilmente verificabile: se prendiamo esempi concreti di poemi definiti o autodefiniti eroicomici, primo fra tutti la secchia rapita, ci accorgiamo che la definizione non è propria del genere bensì di un'opera, magari quella di Boileau, e all'opposto la definizione può essere valida per altri generi letterari. La secchia rapita è vero che ha grosso modo un argomento basso e uno stile elevato ma ha anche un argomento eroico, una guerra, e uno stile che è una mistura nella quale è riscontrabile sia lo stile elevato che quello basso, sia la preziosità che la volgarità, il realismo, ciò che è comune anche ad altre opere eroicomiche. Tra l'altro è lo stesso Tassoni a spiegarci nella nota Ai lettori delle

Dichiarazioni di Gaspare Salviani come questa definizione sia una cattiva interpretazione

del suo poema e del genere eroicomico:

[...] si sono ingannati alcuni che s'hanno creduto di poter fare il medesimo col cantare una materia tutta burlesca con versi gravi, o una materia tutta grave con versi burleschi.281

Ma l’incomprensione e la semplificazione del critico è forse dovuta più che altro ad una studio superficiale dell’opera che dà inizio al genere; infatti i riferimenti all’opera di Tassoni sono oltremodo generici e approssimativi, ecco uno dei pochi: “La secchia rapita (1615-17) di Alessandro Tassoni è la prima espressione moderna di questo genere. Essa racconta in stile epico una guerra immaginaria scoppiata fra Bologna e Modena per una secchia rapita, come Elena”;282 queste sono le parole che il critico spende su tale opera,

poi passa subito a parlare di Boileau. Non appare chiaro in questa breve frase neanche come abbia individuato le date 1615-17, la princeps parigina è del 1622, ma l’opera era già divulgata manoscritta dal 1618, se non da prima, e la prima attestazione della volontà dell’autore di comporla è del 1614. L’unico accenno nella frase ad una valutazione critica è quel “con stile epico” e quell’ “immaginaria” che vorrebbero definire una guerra narrata per parodiare l’Iliade o lo stile epico nella sua totalità. Quest'affermazione potrebbe risultare inappropriata per vari aspetti: 1) la guerra narrata si serve di materiale storico, infatti anche il rapimento della secchia è avvenuto; 2) Tassoni non aveva nessuna intenzione di parodiare né un autore vissuto molti anni prima di lui né lo stile epico; 3) tutte le opere letterarie, per definizione, hanno una parte immaginaria.

Ritornando alle definizioni e alle categorizzazioni di Genette, egli postula per la pratica ipertestuale 4 modi: parodia, travestimento, pastiche, caricatura. Senza soffermarci su ognuno e definirli tutti, ci limiteremo ad affermare che secondo le definizioni del critico francese la pratica ipertestuale più adatta alla Secchia è il pastiche; del resto, così ha fatto anche Giulia Bertoni, nel suo libro sulla nascita e lo sviluppo del genere eroicomico:

Il poema di Tassoni può senz'altro essere ritenuto un'opera "ipertestuale", classificabile non come

parodia, ma come pastiche (o, ancor più esattamente, come charge, variante satirica del pastiche), in quanto

280 Ivi, p. 15.

281 A. Tassoni, La secchia rapita e scritti poetici, cit., p. 613. 282 G. Genette, Palinsesti, cit., p. 153.

79 mira non a manipolare un singolo testo, ma a contraffare e reimpiegare la dinamica canonica dell'intero genere epico.283

Bisogna precisare che il pastiche o charge tra le categorie individuate è anche quello più evocativo, onnicomprensivo e meno afferrabile. Infatti, in questo ipergenere, Genette inserisce tutte quelle opere che vivono un rapporto più aperto e meno esplicito con la tradizione e gli ipotesti; il critico però, elude l'assunto posto all’inizio come fondativo dell’opera, e cioè quello di studiare la pratica ipertestuale circoscrivendola da quella che è la pratica per eccellenza della letteratura: la letterarietà. Appare inoltre paradossale sovrapporre questa tassonomia in opere del periodo classicistico in cui la composizione comica veniva auto-definita "pasticcio" e "torta", come ci ricorda il poeta cinquecentesco Caporali dopo aver visitato le cucine di Parnaso "La si cocean pasticci in picciol forno, / E qua le torte ai temperati fuochi" (Viaggio di Parnaso, Parte seconda, vv. 29-30); e le opere serie erano costituite principalmente di miele preso dai più belli e svariati fiori del giardino delle muse.

Questa breve puntualizzazione, che non vuole assolutamente essere esaustiva ed è ben cosciente dell’importanza di tante affermazioni puntuali fatte dal teorico Genette, vuole solo dimostrare che spesso un tipo di critica formalista, oltre a fondare teorie che appaiono generalizzanti, paradossalmente si riflette su alcune opere influenzandone in

secondo grado la fruizione e spesso la valutazione.