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La preistoria della Secchia rapita

2 Il genere misto De' ragguagli di Parnaso e della Secchia rapita

2.5 La preistoria della Secchia rapita

Come è noto la prima prova che abbiamo dell'inizio della stesura della Secchia rapita è del 25 ottobre 1614, nella lettera al canonico Sassi in cui il poeta modenese chiede all'amico una cartina di Modena e dintorni.284 Possiamo dire quindi, dai documenti in

nostro possesso, che da quel mese e più o meno da quel periodo, inizia la storia del poema eroicomico tassoniano. Analizzando però gli anni precedenti a quella data, in particolar modo dalla fine del 1612, nelle sue lettere e nei suoi scritti polemici e militanti, ci appare evidente che la genesi di quella ideazione è stata lenta e complessa e che la nascita di quel genere così originale e allo stesso tempo così personale, possa essere spiegato, in parte, proprio da quella che possiamo definire la preistoria del poema.

Personalmente, porrei quattro eventi caratterizzanti per spiegare questa gestazione: due letterari, vale a dire l'uscita De' Ragguagli di Parnaso di Traiano Boccalini verso la fine del 1612 e la scrittura del libello polemico della Tenda Rossa; e due storici e complementari, la guerra del duca Carlo Emanuele di Savoia nel Monferrato con la conseguente militanza politica del poeta, e la guerricciola tra Modena e Lucca, che ha risvegliato il senso di fastidio del poeta per l'inappropriato eroismo dei suoi compaesani e, di rimando, per il suo Secolo antieroico.

283 C. Bertoni, Percorsi europei dell'eroicomico, Nistri-Lischi, Pisa 1997, p. 15.

284 "Avrei bisogno d'una tal descrizione del territorio di Modona in disegno che già fu stampata in legno. Ne ho scritto al signor Milano.

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Partiamo dagli stimoli storici: il primo riferimento alla guerricciola che stava avvenendo tra lucchesi e modenesi è in data 2 agosto 1613, in una lettera-ragguaglio indirizzata al Conte di Polonghera, con il quale qualche mese prima era iniziata una corrispondenza che aveva come oggetto l’inizio delle ostilità tra la casa Savoia e Mantova, nel Monferrato.

La guerra di Garfagnana si tenea per accomodata; ma s’intende che sia svanito l’accordo su l’aggiustarsi e i nostri, che da principio furon tenuti lenti, or sono incolpati dell’altro estremo. Dicesi che ‘l gran Duca abbia a quei confini da dieci mila uomini in armi e che alla scoperta soccorra i lucchesi di munizioni e di vittuaglie; ma qui i Fiorentini per difesa del principe loro dicono che quella gente stia armata per sospetto del signor Duca di Savoia, che minaccia di passare in Toscana o per mare o per terra. I signori Lucchesi mandano attorno scritture che magnifican le cose loro. E certo non può negarsi che non sieno molto bene capitanati e cauti in quello che fanno; ma ai nostri dove manca l’esperienza abbonda il coraggio, l’ardire serve loro d’industria e si mantengono padroni della campagna in maniera che a gusto loro hanno distrutta e disertata tutta la montagna del territorio lucchese, lasciando che gli inimici si godano i forti loro, dove sono trincerati. 285

Le notizie sulla guerricciola municipalista sono incorniciate in un contesto di corrispondenza eroico-militante, nel quale Tassoni si mostra consigliere, informatore e sostenitore dei gloriosi piani del duca Carlo Emanuele di Savoia; questo fa sì che stilisticamente e contenutisticamente tale guerra inizia a porsi come il risvolto burlesco rispetto alla più seria militanza savoiarda.

Intendo che la guerra di Garfagnana sarà finita e che i Lucchesi saranno i primi a disarmare, ma con poco guadagno de’ nostri. In effetto la lode della milizia è rara perché non è mestier d’ognuno di maneggiar eserciti e tal si crede buon generale, per essere stato quattro o cinque anni in Bruscelles, che non sarebbe neanche buon fantacino. Al signor principe di Modona certo non mancano spiriti e pensieri generosi per fare ogni grande riuscita; ma avrebbe bisogno della scuola del suocero, ché ad un principe non può incontrar peggio che apprender l’arte della milizia da persone di poca esperienza e di poca fortuna. Non hanno che fare le gesuiterie con l’essere uomo di guerra. 286

Nel giro di una settimana iniziano ad emergere le critiche ai modenesi che, seppur risultassero vincitori del conflitto con i lucchesi, comunque non risponderebbero a quell’ideale eroico, da milizia romana, che Tassoni in quel momento intravede nell’interlocutore e nell’esercito sabaudo. Critica ai modenesi che emerge in tutta la sua franchezza in un’altra missiva inviata lo stesso giorno al modenese Giuseppe Fontanelli. È ben vero che la relazione delle cose di Montetortore sarebbe stata più opportuna due mesi fa, prima che la cosa fosse stata divolgata dai nemici a vantaggio loro. Non già che veramente alcuno abbia mai detto che i Toscani cacciassero i nostri, ma dicevano bene che i nostri eran fuggiti senza esser cacciati e che per fretta aveano lasciati di molti arnesi [...].287

Segue una “eroicomica” elencazione di “arnesi”, fuori contesto rispetto alla battaglia, in stile tipicamente caporaliano, burlesco, e, vista la data, possiamo anche dire boccaliniano:

285 Ivi, num. 140, p. 99.

286 Allo stesso il 20 agosto 1613, ivi, num. 142, p. 101. 287 Lettera del 20 agosto 1613, ivi, num. 144, p. 103.

81 [...] un baullo del capitano con dentrovi due scopette, due pettini, uno specchio grande, due ventaruole, una ombrella, sei palle di sapone muschiato, uno scattolino di polvere da far bianchi i denti, un paio di guanti d’ambra, due fiaschiette: una d’acqua rosa e l’altra d’acqua di fior d’aranci, una dozina di faccioletti con le pieghe stampate, due sacchetti di spezie veneziane, una collanina falsa da portare al collo, due dozine di strenghe di Napoli, un cuscinetto di rose da tener su lo stomaco, un cartoccio di muscardini da fare odorare il fiato, un tafetà da tener sopra i panni per la polvere, una montiera d’ormesino, un paio di pianelle di veluto, due pettinatori e, per ultimo, un ferro da accomodar la barba.288

Tassoni conclude la lettera con altre frecciate sarcastiche sul poco eroismo dei modenesi, che egli - per amor di patria - vorrebbe spingere al riscatto dell’onore perduto: Orsù adesso è tempo di cancellar le macchie vecchie o d’intinger tutto il vestito nell’olio. V.S. avrà veduto il sonetto che dice:

E Modena al fuggir sempre sia pronta.

La prima volta si fuggì a Palerosa, che i Lucchesi chiamano Paurosa; la seconda si fuggì a Montetortore, che i Fiorentini chiamano Montecuniglio; guardiamoci, di grazia, da questa terza che ci preparano i Lucchesi di nuovo.[...] Chi fugge superchiato da maggior forza merita scusa; ma chi fugge senza vedere il nemico in faccia merita d’esser vestito da femmina e messo a filare, imperoché con il servirsi di nuovo di simil gente si dà materia ai vicini d’attaccarne ogni giorno le zaganelle per ridere [...].289

E' possibile notare - in questo passo - altre modalità stilistiche e contenutistiche che troveremo nella Secchia: la deformazione toponomastica, il tema della paura e della fuga.

L’ultimo di agosto del 1613 scrive al Claretti ancora della Garfagnana:

In Garfagnana sono gran genti in armi, ma pochi soldati; e quindi è che non si sentono prove da capitani, ma scorrerie da banditi. Si desertan le vigne, si tagliano gli alberi, s’abbruciano le capanne e i pagliai; ma le terre restano salve. Il signor Duca di Savoia si studia di rimettere in piedi la milizia romana e que’ poverelli si affaticano per rinovar le guerre di Bartolomeo da Bergamo, che combatteva con le ballestre.290

In questo passo è chiara l’opposizione tra la guerra del duca nel Monferrato che al poeta appare eroica (rimettere in piedi la milizia romana) e la guerricciola della Garfagnana fatta per rinovar le guerre di Bartolomeo da Bergamo, cioè le guerre per burla, quelle che in un altro scritto chiamerà per cuccagna.

Il 10 settembre 1613 scrive al modenese Giovan Battista Milani, rimproverando il comportamento tenuto dai suoi concittadini e allo stesso tempo spronandoli ad un atteggiamento eroico.

Orsù che, se tardi avete messo a Castiglione l’assedio, spero che con lo spiantarlo presto vi leverete il sopranome che v’ha messo la Corte di Roma di Scorzacastagni e che i vostri soldati, ora che hanno ripreso cuore e gustati i premî del loro ardire, non ricuseranno più ne fatica né rischio.[...] In ogni evento ricordatevi

288 Ibid.. Questa elencazione vuole satirizzare sull'antieroismo della battaglia, la quale sembra essere più un incontro tra femminette

che uno scontro tra eroi, infatti gli arnesi sono tutti di stampo femminile. Allo stesso modo Giovenale nella satira II che può ritenersi una vera e propria fonte di questo ragguaglio e dell'ideazione eroicomica scrive: "e quell'altro tiene uno specchio, trofeo di Otone l'invertito, spoglia di Attore Aurunco, con cui quello si rimirava in armi mentre ordinava di innalzare i vessilli. Cosa davvero degna di nota nei nuovi annali e nella storia recente, che uno specchio sia stato bagaglio di una guerra civile. Che impresa, degna del più grande condottiero, uccidere Galba e curarsi la pelle; che fermezza, degna del più grande cittadino, aspirare sul campo di Bebriaco al trono del Palatino, e spiaccicarsi in faccia con le dita mollica di pane, con che non fece nel regno assiro la faretrata Semiramide, e nemmeno la sventurata Cleopatra sulla nave ad Azio". Giovenale, Satire, a c. di Biagio Santorelli, Mondadori, Milano 2011, vv. 96- 109, pp. 22-23.

289 Ivi, pp. 103-104. 290 Ivi, num. 145, pp.104-105.

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di Fulvio Flacco, al quale essendo stato spedito un corriero a posta da Roma con ordine che dovesse

perdonare ai Capuani, fece decapitarli, poi lesse le lettere del senato.291

In questo exemplum militare, ricordatevi di Fluvio Flacco, vi è tutta l’ideologia eroico-storica di Tassoni, ed è facile capire cosa pensasse invece delle notizie che gli arrivavano da Modena.

Successivamente, il 25 settembre scrive al conte di Polonghera commentando la notizia della pace tra modenesi e lucchesi in seguito all’intervento spagnolo.

S’intende che sia seguito accommodamento fra i nostri e i signori Lucchesi, dopo che fu spiegata in Castiglione la bandiera reale acciò che non perissero i figliuoli legittimi di Sua Maestà. Noi siamo i bastardi. Nell’altre galee si trattano meglio i Buonavoglia che gli Sforzati; ma in questa nuova d’Italia s’una il contrario.292

Tale frammento ci rimanda ad alcuni avvenimenti del poema, ovvero: all’arrivo del nunzio pontificio (S.R., XII), che placa gli animi dei due contendenti, imponendo una pace non risolutrice; alla metafora della nave Italia che è una nave alla rovescia, carnevalesca, che ritroveremo nel canto della giostra alla rovescia (S. R., IX); al discorso che fa un modenese al nunzio:

-Il Papa è papa e noi siam poveretti, nati, cred'io, per non aver che mali; e però siam da lui negletti

e al popolo fariseo tenuti eguali. Se per tiepidità noi siam sospetti, per diffidenza voi ci fate tali;

ma se per troppo ardor, che possiam dire se non che 'l vostro giel nol può soffrire? (S. R., XII, 28)

La sintesi di questo atteggiamento disincantato e dell'appropriazione di uno stile atto a rappresentarlo, la ritroviamo nel ragguaglio burlesco-satirico Scrittura fatta, si crede,

dal signor Alessandro Tassoni overo dal cavaliere Bertacchi nell’occasione della guerra seguita tra lucchesi e modenesi l’anno 1613 (1613). Questa relazione, scritta

probabilmente poco prima della I Filippica, vuole essere una messa in burla e una risposta ai ragguagli293 a favore dei lucchesi che circolavano a Roma. La conclusione della guerra,

come già visto nella lettera, è imputata non ad una sconfitta da parte di uno dei due contendenti, bensì alla volontà degli spagnoli di tenere pacificati e asserviti i territori italiani.

L'operazione di trasformazione stilistica in chiave parodica e satirica del ragguaglio divulgato dai lucchesi è sia un avvicinamento alla successiva strategia letteraria della

Secchia rapita, sia una conseguenza del forte interesse suscitato dall'uscita De ragguagli

291 Ivi, num.147, pp. 106-107.

292 Ivi, num. 148, p. 107.

293 "I signori Lucchesi mandano attorno scritture che magnifican le cose loro. E certo non può negarsi che non sieno molto bene

capitanati e cauti in quello che fanno; ma ai nostri dove manca l’esperienza abbonda il coraggio, l’ardire serve loro d’industria e si mantengono padroni della campagna in maniera che a gusto loro hanno distrutta e disertata tutta la montagna del territorio lucchese, lasciando che gli inimici si godano i forti loro, dove son trincerati." Lettera del 2 agosto 1613 al Conte di Polonghera. A. Tassoni, Lettere, cit., n. 140, p. 99.

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di Parnaso di Boccalini. La messa alla berlina degli avvisi e dei ragguagli contemporanei

tramite una parodizzazione del linguaggio pubblicistico e la carica politica di smascheramento delle falsificazioni storiche di tali scritti, trovano nel genere inventato dal lauretano una maschera stilistica appropriata e moderna che non poteva che affascinare l'arguto e impegnato Tassoni. La sedimentazione di possibili interpretazioni e allusioni, del tipo di scrittura boccaliniana, diventa da quel momento in poi per Tassoni una strada da percorrere verso la propria qualificazione e rappresentazione artistico- poetica. L'apparente giovialità e sociabilità della satira boccaliniana, passibile di diversi strati interpretativi e gustabile in vari gradi di salacità, appare al filosofo scettico dei

Pensieri ed al censore delle lettere delle Considerazioni, come l'unica via percorribile per

esprimere pienamente il proprio livore satirico e - nel contempo - per divertirsi con le incomprensioni che la maschera burlesca avrebbe prodotto. Durante la gestazione del genere eroicomico questo ragguaglio rappresenta, quindi, da un lato un esercizio di stile, dall'altro un primo tentativo-sondaggio per vagliare la piacevolezza e l'incidenza di tale strategia letteraria sul pubblico.

Il doppio binario militante e satirico sul quale gioca il modenese in questo periodo si congiungerà nel tono oratorio-ironico della Filippica II. Da un lato quindi la sua vena satirica lo porta a deridere le vicende campanilistiche che avvengono in Garfagnana, dall’altra il suo animo eroico lo spinge ad esporsi per la guerra del Monferrato: ma con la pace del 1615 e la disillusione per la non sollevazione dell’Italia e dell’Europa, queste due istanze tendono ad unirsi in quello che diverrà il suo capolavoro eroicomico.

La prova testuale di questa genesi è oltre che nello stile comune tra questo tipo di scritture derisorie e militanti e lo stile della Secchia, anche nell'inserimento nel VII canto di una tessera interamente ripresa da questa scrittura ragguaglio:

Ne' gangheri del ciel ferma ogni stella cessa di variar gl'influssi e l'ore; cade nel mar tranquillo ogni procella, rischiara l'aria insolito splendore. Da l'alto seggio allor cosí favella de la sesta lanterna il gran Motore: - Non affrettate, o dei, de gli odii il tempo ch'ancor verrà per voi troppo per tempo. Vedete là dove d'alpestri monti

risonar fanno il cavernoso dorso la Turrita col Serchio e fra due ponti vanno ambo in fretta a mescolare il corso; due popoli fra questi arditi e pronti in fiera pugna si daran di morso, e si faran co' denti e con le mani conoscer che son veri Graffignani. O quante scorze di castagni incisi d'intorno copriran tutta la terra! quanti capi dal busto fian divisi

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in cosí cruda e sanguinosa guerra!294

Caronte lasso in trasportar gli uccisi ch'a passar Stige scenderan sotterra, bestemmierà la maledetta sorte

che gli diè in guardia il passo de la morte. Quinci in aiuto a' suoi correre armato vedrassi al monte il forte Modanese; quindi a i passi, ch'in pace avrà occupato, opporsi l'astutissimo Lucchese.

Entrar potrete allor ne lo steccato tu Mercurio e tu Alcide a le contese, e provar se piú vaglia in quella parte l'accortezza o il vigor, la forza o l'arte. Un Alfonso e un Luigi Estensi a pena d'un pel segnata mostreran la guancia, ch'a piú di mille insanguinar l'arena faranno or con la spada or con la lancia. Le squadre intere volteran la schiena dinanzi a i nuovi Paladin di Francia; e Castiglion fra le percosse mura sotto si cacherà de la paura;

pregando il conte Biglia in ginocchione che venga a far cessar quella tempesta, spiegando di Filippo il gonfalone con una spagnolissima protesta. Quivi potrete allor con piú ragione cacciarvi gli occhi e rompervi la testa: cessate intanto; e la pazzia mortale resti fra quei che fan là giú del male. - (S. R., VII, 37-42)

Se questi eventi storici possono essere ritenuti il filo conduttore guerresco e contenutistico della successiva ideazione eroicomica, l'uscita De ragguagli boccaliniani può essere ritenuto, come già accennato, lo stimolo stilistico che ha permesso a Tassoni di sperimentare questo tipo di scritture satirico-burlesche. Prima del 1612 lo stile comico- paradossale, presente nelle postille ad alcune opere, nelle Considerazioni, nella risposta all'Aromatario e nel Discorso in biasimo delle lettere non aveva quella forte coloritura cinquecentesca, bernesca, caporaliana e quindi boccaliniana, che invece da quella data diverrà una costante del poeta modenese. Da questo punto di vista, risulta emblematica la scelta di seguire e approfondire l'esempio caporaliano della Vita di Mecenate per il suo stile eroicomico, in linea con l'operazione fatta qualche anno prima da Boccalini nei suoi

Ragguagli di Parnaso, che seguono e complicano gli Avvisi del perugino.

Come prova testuale possiamo riportare: le sue lettere che acquistano questo stile solo a partire dal 1613; la Tenda Rossa che si serve di una inusuale veste burlesca da

294 "Delle spoglie non parliamo, essendo pur troppo vero che i Lucchesi ne averanno potuto portar via un carico di somaro per ciascuno

poi che, assalita all'improvviso una squadra de' nostri che se ne stavano sonnacchiosi et immobili come tanti pali fitti sotto Motrone, furno preso, svaligiati e sconfitti et in fine scorticati tutti. Gran crudeltà! Ma V. S. non pianga; anzi rida meco perché non furono uomini, ma tronchi o pedali di castagni, a' quali con gran bravura fu cavata per forza la tonica e la camiscia, o vogliam dire la scorza, in modo che, lasciati nudi belli e spogliati almeno dal mezzo in giù, se non son morti, se ne moriranno tutti certamente, se non d'altro, ben presto di paura e di freddo. Gran bravura!". A. Tassoni, Annali, cit., p. 204.

85 commedia; il ragguaglio-burlesco contro i lucchesi. Infine, la prova dell'interesse suscitato dai Ragguagli ci è data dalla continua richiesta all'amico Sassi di avere la seconda Centuria; richiesta continuata e unica nell'epistolario tassoniano.

In tal senso, potrebbe risultarci utile una breve analisi della Tenda Rossa. La strategia letteraria di questo libello polemico è indizio di una fascinazione di Tassoni verso la messa in maschera della scrittura.

Ogn'altro vi lascierebbe morire a stento: Ma già che come dite le nostre facezie rallegrano la brigata, i pari vostri non si voglion privare di questo gusto. Farete adunque ragione, che quella del Pepe sia stata la parte del Graziano; e che la mia sia quella del Trastullo suo servidore.295

Il poeta modenese si serve di Trastullo, maschera della commedia dell'arte, per rispondere colpo su colpo alla scrittura dell'avversario: la maschera del servo sciocco ha la funzione di rendere l'intero testo carnevalizzato, nel contempo ha la funzione di liberare la scrittura autoriale dai lacci dell'erudizione e di abbassare, di rimando, le pretese agonistiche del suo avversario; è ciò che abbiamo già visto nel ragguaglio-burlesco, dove l'assunto eroico-militante scende nel campo della commedia e la scrittura comica si innalza ad invettiva morale.

[...] e farò come faceva un re de' tartari, che si prendea gusto anch'egli di sventare gli otri troppo gonfiati. questi nelle sue guerre metteva la prima giornata una Tenda bianca in segno di general perdono. E se 'l nemico non si rendeva, mettea la seconda giornata una tenda rossa, ch'era indizio di morte a tutti coloro ch'avessero preso l'armi. Ma se questo poi non bastava, mettea la terza giornata una Tenda nera, che dinotava l'ultimo estrminio d'ogni età, d'ogni sesso. Gli Avvertimente del Pepe furon la tenda bianca; voi gli sprezzate: io vi presento ora la Tenda Rossa, e vò la morte di quelle sole ragioni, che saranno armate per voi da offesa, o da difesa. Le leggerezze, e le scipitezze che dire, popolo imbelle, io dono loro per questa