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Ambienti annessi 147

Nel documento I luoghi di culto mitraico di Ostia (pagine 147-152)

Nella storia più recente degli studi archeologici sulla religione romana, si è colta l’importanza di indagare anche le aree limitrofe ai templi veri e propri per comprendere ogni azione degli attori del culto, attraverso l’occupazione dello spazio secondo le declinazioni dell’architettura e del deposito votivo534.

Nel caso dei mitrei, il riconoscimento del luogo di culto si rivela come un processo semplificato perché mediato da una serie di peculiarità che li rendono più identificabili di altri spazi cultuali535 meno connotati e individuabili solo dalla presenza di signa o di altari. Le difficoltà

del culto di Mitra sono invece nell’identificazione di stanze o annessi, utilizzabili per il corretto svolgimento di rituali e celebrazioni. Ciò dipende dal problema, più volte citato, legato al gran numero di mitrei rinvenuti prima dell’avvento dello scavo archeologico scientifico536 e di cui

Ostia, prevalentemente portata alla luce durante il ventennio fascista, ne è l’esempio più eclatante.

L’esame dei luoghi di culto di Mitra in una prospettiva topografica ha ricevuto tentativi più organici per i mitrei venuti alla luce negli ultimi trenta anni. È stato quindi possibile avere

534 Esemplificativo in questo senso è il seminario di Archeologia del Sacro dedicato al tema “Lo spazio del ‘sacro’:

ambienti e gesti del rito” tenuto a Trieste nell’ottobre 2014, i cui atti sono stati raccolti in FONTANA – MURGIA

2016.

535 VAN HAEPEREN 2019, 95.

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indicazioni più ampie e varie dell’organizzazione e dell’occupazione dello spazio da parte degli attori del culto.

Alcune riflessioni hanno però coinvolto anche alcuni mitrei di Roma, come quelli di Santa Prisca e della Basilica di San Clemente che presentano una planimetria complessa537.

Per quanto riguarda il caso ostiense, ribadita ancora una volta la difficoltà di lettura di contesti archeologici scavati senza approccio stratigrafico, possiamo procedere con una lettura topografica. Se per alcuni casi sappiamo che la stanza cultuale era accessibile solo attraverso l’ingresso, senza alcun collegamento diretto ad altri ambienti, in altre occasioni possiamo riconoscere con certezza un vestibolo o anticamera. Un terzo gruppo, data la difficile lettura delle strutture edilizie e delle informazioni d’archivio, si trova in una posizione di totale ipotesi. Tale tentativo analitico deve tenere conto del fatto che non ci sono indicatori strutturali o di cultura materiale che chiariscano la funzione delle stanze adiacenti alla sala di culto. Si procede, sostanzialmente, sull’esame dei rapporti di reciprocità tra i diversi ambienti. In alcuni casi, è possibile fare delle ipotesi su alcuni indicatori, come la presenza di fonti di acqua, a suggerire una pertinenza di un vano al mitreo (p.e. mitrei della Planta Pedis e di Lucrezio Menandro). I mitrei delle Sette Porte e della Casa di Diana appaiono pienamente inseriti in un ambiente di un edificio, occupando rispettivamente una singola cella di un piccolo horreum polifunzionale e due stanze del piano terra di un caseggiato a vocazione artigianale. In entrambi i casi non sono presenti segni di accesso alle stanze adiacenti. Nel caso del mitreo della Casa di Diana, un passaggio all’ambiente attiguo sul lato ovest è stato opportunamente murato durante le operazioni di adattamento per l’impianto del luogo di culto.

La questione è se fosse effettivamente possibile esaurire tutte le necessità relative al rituale in una singola stanza. Per il mitreo delle Sette Porte, Melega ha recentemente proposto che le altre due celle sullo stesso lato dell’edificio fossero ambienti pertinenti al mitreo, insieme a una parte posteriore alla stanza centrale con la quale mantiene un passaggio diretto538. È però difficile

pensare che si mantenesse una piena percorribilità nel corridoio che divide in due l’edificio, per permettere l’accesso alle sale dirimpetto ai presunti ambienti mitraici. E soprattutto non ci

537 Un’analisi comparata di diverse strutture mitraiche è stata presentata in via preliminare da Schatzmann, che

ipotizza una categorizzazione degli ambienti in base alla necessità di adempiere ad alcune funzioni (SCHATZMANN

2004) e che tenta di individuare nello specifico gli spazi per l’iniziazione e il banchetto. Per Ostia, invece, un lavoro di riconoscimento di ambienti annessi è stato fatto da WHITE (2012), secondo una lettura degli edifici che è poco condivisibile sia per gli aspetti funzionali, sia per quelli cronologici/di fase. Recentissima è la tesi di dottorato di MELEGA (2019) che presenta dal punto di vista grafico le possibili pertinenze.

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sono indicatori di nessun genere riguardo la funzione di suddetti annessi. Sappiamo comunque che a un certo punto della vita del caseggiato, una di queste celle è stata probabilmente adibita a taberna, perché una soglia è stata sostituita539. La grossa incertezza riguardo al mitreo delle

Sette Porte è data dala presenza di un ingresso in asse con la parete di fondo, che appare di solito mediata da un’anticamera540. In questo senso, potrebbe essere possibile che, pensando

alle modalità di installazione e di isolamento dei mitrei ostiensi, tutto questo edificio fosse dedicato alle attività della comunità che si è raccolta intorno al luogo di culto. Tale ipotesi sembra corrispondere a una logica basata sul confronto, ma è difficile da sostenere. Inoltre, l’ubicazione a ridosso di un’area della città scarsamente indagata non ci permette di procedere con ulteriori ipotesi.

Per il mitreo della Casa di Diana abbiamo più informazioni a nostra disposizione. Sebbene non conosciamo la funzione di ciascuna stanza, sappiamo che nella fase coeva al mitreo, questo piano terra ospitava una stalla e che mantiene in funzione la latrina sul lato del caseggiato541.

Probabilmente alcune attività del mitreo sfruttavano le strutture presenti in questo settore del caseggiato.

Un gruppo di mitrei sembra invece mantenere le stesse caratteristiche di rapporto spaziale con altri ambienti. Si tratta dei mitrei, di Felicissimo, di Fructosus, dei Serpenti, delle Terme di Mitra, presso Porta Romana, della Planta pedis e del Palazzo Imperiale. In questi esempi l’accesso al mitreo è mediato da un’anticamera. Nel caso del mitreo di Felicissimo, l’ingresso avveniva dal lato nord e verosimilmente da un ambiente con funzione vestibolare. Considerata la precaria situazione delle strutture è difficile capire bene la scansione degli spazi di questo edificio, ma dall’analisi della planimetria e degli alzati conservati è possibile che questo pianterreno fosse formato da una serie di navate.

Discorso analogo può essere fatto per il mitreo di Fructosus, il quale come tempio collegiale si trova inserito in un contesto in cui ogni ambiente può essere utilizzato e reso accessibile agli attori del culto. Una sala a nord-est è stata interpretata da Hermansen come possibile cucina542.

Il mitreo dei Serpenti ha un ampio ambiente antistante l’ingresso dal quale è possibile che venisse collegato alla sala adiacente.

539 GIRRI 1956;RICKMAN 1971,60-1;SCHOEVAERT 2018, 85. 540 Vedi paragrafo 4.2 sull’analisi degli accessi.

541 MARINUCCI 2013. 542 HERMANSEN 1981, 62.

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In tutti gli altri casi abbiamo, oltre al rapporto diretto con un vestibolo, anche delle porte poste in settori dei mitrei che permettevano un collegamento con altre stanze. Il mitreo delle Terme di Mitra, per esempio, mantiene attivi i passaggi della rete di ambienti di servizio di questo livello sotterraneo del complesso termale, conservando un’apertura presso la parete di fondo. In modo analogo, il mitreo presso Porta Romana mantiene attivo un accesso sul lato ovest a ridosso della parete di fondo che lo collega all’ampia sala adiacente. Per il mitreo della Planta

Pedis il discorso è più complesso, perché se è stato possibile ricostruire una stanza vestibolare

che occupava la parte terminale della via del Serapide, non sono chiari i rapporti con le navate adiacenti alla sala di culto.

Nel mitreo del Palazzo Imperiale troviamo un accesso mediato da stanze precedenti la sala di culto e non sappiamo se fosse esistito un passaggio diretto nello spazio adiacente al thronum, che in caso avrebbe collegato il mitreo direttamente con il cortile.

Questi luoghi di culto sono rappresentativi di una tipologia di sala con accesso mediato da vestibolo. L’unico fattore di riconoscimento degli annessi rimane legato alla funzione dell’edificio ospitante. Nel caso di sedi collegiali possiamo dedurre che tutti gli ambienti siano potenzialmente coinvolti, ma in assenza di ulteriori indicatori archeologici non siamo in grado di attribuire una funzione specifica.

Per i restanti mitrei non abbiamo sufficiente supporto documentario per poter procedere a un’analisi coerente. Nei casi del cd. Sabazeo e del mitreo Aldobrandini l’assenza di scavi completi compromette qualsiasi lettura funzionale degli ambienti adiacenti. Per il primo dei due però, la posizione laterale dell’ingresso induce a pensare che la cella degli horrea adiacente al mitreo sul lato sud, avesse una funzione di vestibolo.

Il mitreo delle Pareti Dipinte, analogamente a quanto suggerito per quello delle Sette Porte e quello della Casa di Diana, sembra essere inserito in un contesto produttivo per il quale di può dedurre la possibilità di utilizzo degli ambienti di questo caseggiato.

La lettura delle planimetrie dei restanti luoghi di culto, mitrei di Lucrezio Menandro e degli Animali, apre alcuni dubbi sulla loro effettiva struttura. Nel primo caso abbiamo un problema di conservazione degli alzati in riferimento allo spazio che convoglia verso l’ingresso, che già per gli scavatori si è rivelato di difficile comprensione. Inoltre è possibile che fosse presente anche un diverso percorso di accesso che avrebbe previsto l’utilizzo di alcuni ambienti, tra tutti

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quello con un bacino per l’acqua543. Si aggiunge anche l’ipotesi poco condivisibile, che uno

dei lati a ridosso della parete di fondo non fosse uno spazio di movimento intorno all’altare, ma mantenuto aperto544.

Il mitreo degli Animali è caratterizzato da un percorso di accesso abbastanza articolato. Più difficile invece è ricostruire i rapporti con l’ambiente retrostante la parete di fondo (fig. 48, ambiente 10, sul lato nord). Considerato l’attuale stato conservativo delle strutture murarie e la ricerca d’archivio, non è stato possibile comprendere se ci fosse un collegamento diretto che quindi avrebbe dotato il mitreo, che appare in posizione isolata rispetto all’insula, di pertinenze. Il mitreo delle Sette Sfere ha una storia edilizia resa ancora più complessa dai vari interventi di scavo e di restauro. Recenti studi sull’area hanno dimostrato come il mitreo fosse pertinente all’area sacra dei Quattro Tempietti Repubblicani e non alla domus adiacente545. A oggi non è

possibile comprendere quali ambienti e quali strutture potessero essere messi al servizio del luogo di culto mitraico546.

Nell’analisi degli ambienti annessi si intrecciano due incognite del culto di Mitra, sia a Ostia sia nel resto dell’Impero: la scarsa conoscenza del rituale e la limitata percezione degli spazi esterni alla sala di culto.

Una modalità di analisi delle stanze contigue ai mitrei, basata sull’individuazioni di ambienti adatti alle cerimonie di cui è stato possibile dedurre l’esistenza, è stata quella utilizzata anche da Schatzmann. Partendo dal presupposto che in questi ambienti venissero ospitati i banchetti o le iniziazioni, ha provato a riconoscere la presenza di queste sale in alcuni mitrei di area provinciale e di Roma. Lo studioso si è basato principalmente sulle tipologie di reperti ritrovati, dal materiale fittile a strumenti in metallo o complementi d’arredo lignei e resti osteologici547.

Sebbene l’approccio sia condivisibile, tranne in rari casi in cui lo scavo ha restituito materiali utili a definirne una funzione, l’identificazione di ambienti e funzioni è indiziaria. Tale genericità si ritrova anche nella letteratura recente, in cui si utilizzano diffusamente termini inadatti e dal vasto significato. Un esempio è l’uso del termine apparatorium per indicare un ambiente esterno all’aula di culto, al quale sono attribuite le generiche attività di preparazione

543 Vedi anche MELEGA 2019, 359 (tav. VII). 544 OOME 2007, 244 nt. 10.

545 Vedi VAN HAEPEREN 2011, 118 con bibliografia precedente.

546 Si ricorda che l’area è sottoposta a cantiere e dunque non è stato possibile procedere con ulteriori analisi

autoptiche o di rilievo.

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e allestimento degli attori e dei riti e spesso usato come sinonimo di “sacrestia” mutuando il termine dagli ambienti cristiani e di riflesso anche la funzione.

Oltre alla difficoltà di riconoscimento e di interpretazione si deve considerare la differenza tra mitrei costruiti ex novo e quelli ricavati adattando ambienti preesistenti, che a Ostia è la norma. Dobbiamo supporre in questo caso delle dinamiche “locali”? È verosimile che gli attori del culto abbiano supplito ad alcune carenze o problematiche adattandosi a un contesto urbano. Per avere una risposta a questo quesito sarebbe interessante confrontare i dati derivati da un’accurata analisi topografica di una città come Roma, anche se possiamo notare che nell’Urbe coesistono esempi di mitrei di grandi dimensioni con vari ambienti e altri di dimensioni inferiori. Nel caso di Ostia potrebbe risultare produttivo indagare le aree limitrofe ai mitrei ostiensi per riconoscere tracce di attività cultuali.

Nel documento I luoghi di culto mitraico di Ostia (pagine 147-152)