Il mitreo della Planta Pedis è stato installato all’interno di un edificio pilastrato, costruito in età adrianea in uno spazio trapezoidale lungo la via della Foce. Dal secondo decennio del II secolo d.C., questo spazio era stato progressivamente riempito con edifici che si affacciavano sulla via del Serapide, che taglia in due questo spazio trapezoidale335 (fig. 36).
In quest’area sono stati edificati due isolati (III xvii e III xviii), divisi dalla suddetta strada, che li attraversa perpendicolarmente rispetto alla via della Foce. Sul lato sud è chiusa da un edificio (horreum III xvii, 1), prima di congiungersi al cardo degli Aurighi. Il primo blocco di strutture gravita intorno al Tempio di Serapide (III xvii, 4) al quale erano collegati i due edifici attigui: il caseggiato di Bacco ed Arianna (III xvii, 5) a nord e la cd domus accanto al Serapeo a sud (III xvii, 3). A sud di quest’ultima sorge l’edificio pilastrato accanto al quale c'è l’horreum. Dall’altro lato di via del Serapide, nella parte più settentrionale, sorgono le Terme della Trinacria, la cui pertinenza al Serapeo è tuttora dibattuta. Mar, che ha scavato il settore della città negli anni 90, è convinto che si tratti di una stessa lottizzazione di terreno336, mentre Alvar,
Rubio e Lopez Barja de Quiroga ritengono che ci fossero due diverse committenze337.
L’impianto del mitreo ha sfruttato una delle navate di un edificio che era suddiviso in sei ambienti scanditi da file di pilastri perpendicolari alla via del Serapide, collegati all'adiacente edificio triclinare (III xvii, 3) a nord e all'horreum (III xvii, 1) a sud (fig. 37). Durante il periodo severiano, fase su cui avremo modo di tornare in modo più approfondito, si interrompe il collegamento della parte sud dell’edificio triclinare e le due navate settentrionali. Nonostante il pessimo stato di preservazione delle strutture è possibile provare a comprendere di quante navate fosse composta l’area del mitreo. Verosimilmente le navate alla destra e alla sinistra del mitreo dovevano far parte del luogo di culto e con una certa probabilità anche l'ultima. Sembra infatti mantenersi un collegamento con le navate adiacenti che, data la natura dello spazio a disposizione, dovevano essere parte integrante delle attività cultuali. Nello specifico, si è intervenuti sulla chiusura degli intercolumni attraverso muretti in opera listata mista.
335 BECATTI 1954,77-85;CIMRM272;BAKKER 1994;PAVOLINI 2006a,135;WHITE 2012,489-91;MARCHESINI
2012-13,225-45;MELEGA 2017-18,108-17,282-90;VAN HAEPEREN 2019;VAN HAEPEREN,Ostia. Mithraeum de la Planta Pedis (III, XVII, 2) https://books.openedition.org/cdf/6582 .
336 MAR 2001.
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Purtroppo, non ne conosciamo l’altezza, ma possiamo dedurre le funzioni in rapporto agli altri arredi presenti.
Inoltre è possibile risalire ad almeno due fasi per il mitreo, di cui la seconda sarebbe caratterizzata dall’uso del mosaico e dall’altare in muratura. Partendo dalla descrizione di Becatti, si ipotizza la presenza delle due banchine per i ricorsi di tufo che si notano a ridosso dei muretti laterali. Per quanto riguarda quella di destra, c’è un abbassamento del ripiano di circa 10 cm all’altezza del pilastro centrale338 e ci sono tracce del rivestimento marmoreo del
ripiano. Il podio di sinistra invece è peggio conservato, come anche il muretto retrostante. In ogni banchina è stata inserita una nicchia nella parte frontale, all’altezza del pilastro centrale circa. Dalla maggiore profondità della nicchia nel podium di sinistra, Becatti ha dedotto l’esistenza della kliné, di cui non c’è traccia. Considerata la misura della nicchietta, più ampia del doppio di quella opposta, potrebbe significare effettivamente la presenza dello spazio per i commensali339. Da ciò si suppone che nella banchina di destra non dovesse esserci spazio per
l’allestimento di una klinè fissa. Tale mancanza poteva essere colmata da allestimenti mobili, forse in legno.
Le nicchie fanno parte della struttura originaria del mitreo: con il pavimento musivo inserito in una seconda parte, si nota che le nicchie rimangono incassate nella superficie e che il piano pavimentale è stato innalzato di qualche centimetro.
Precedenti alla messa in opera del mitreo sembrano essere invece la porta tra l’ultimo pilastro e la parete di fondo, rasata in occasione dell’erezione del muretto laterale sinistro. Nella parete di fondo era il thronus: una nicchia in tufo di vario pezzame, che sporge con un assetto rettangolare verso l’esterno, appoggiandosi ai contrafforti degli horrea (III, vii). All’interno invece formava una specie di ferro di cavallo, grazie alle due ante laterali rivestite in marmo bianco.
Davanti alle ante c’erano due ripiani dai quali partono le banchine, su ciascuno dei quali era poggiata una basetta marmorea, di travertino a destra, di marmo a sinistra.
Becatti riporta che, a sinistra, era visibile un pezzo di intonaco giallo. Tra le due ante era inserito un altare a gradoni, in muratura (figg. 38-39). Lo scalino più alto ha una decorazione musiva, inquadrata in una fascia nera di forma rettangolare, all'interno della quale c'è una linea
338 Becatti riesce a ricostruire le dimensioni della banchina destra nell’altezza di 40 cm e larghezza di 25 cm. 339 BECATTI 1954, 77-8: la nicchia di destra è larga 42 cm, alta 35 cm e profonda 30 cm; quella di sinistra è larga
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orizzontale parallela che racchiude una teoria di angoli, creati dall'andamento regolare di una linea spezzata. Sul registro superiore, c'è un rettangolo definito da linee di tessere nere, nel quale ci sono cinque croci intervallate da rosette. Ai due lati ci sono due quadrati con croce obliqua all'interno340. Gli altri due gradini mostrano invece rivestimenti marmorei con lastre di
reimpiego, tra cui due delle iscrizioni che saranno analizzate in seguito. Reimpiegata in uno dei gradini è una lastra di marmo con iscrizione341:
Silvano / Sancto sacrum. / Hermes, / M(arci) Iuli Eunici, / (vacat) / [---]+[---?] / ---.
Il dedicante doveva essere uno schiavo di M. Iulius Eunicus, appartenente alla famiglia degli
Iulii e dato il cognomen grecanico, probabilmente un liberto. A livello onomastico, considerato
il contesto di ritrovamento, è plausibile un legame con i quattro Marcii Iulii, conliberti, che hanno dedicato due are gemelle. Di queste, una è dedicata a Serapide e ai Castori ed è stata ritrovata nel Serapeo. La seconda è dedicata a Serapide ed Ercole e proviene dalle Terme della Trinacria342. È verosimile che la collocazione originaria delle are fosse nel Serapeo.
Considerando il reimpiego della lastra pertinente a un rifacimento posteriore alla metà del III sec., come testimoniata dalla moneta di Valeriano, la dedica deve risalire a un periodo tra l'impianto in età severiana del mitreo e la seconda fase di esso. Marchesini propone una datazione al secondo quarto del III secolo, con una posteriorità su base paleografica di questa iscrizione rispetto alle altre due ritrovate nel mitreo343.
L'apparato decorativo del mitreo, almeno in base a ciò che ci ha restituito l'evidenza archeologica, è contraddistinto dall'uso del mosaico per la pavimentazione del corridoio centrale e del primo ripiano orizzontale dell'altare, di cui ho parlato poc’anzi. Entrambi sono mosaici in bianco e nero. La decorazione musiva del corridoio centrale è definita ai quattro lati da una fascia nera, come quella del ripiano del gradino dell'altare. Sullo sfondo bianco sono state inserite delle tessere di marmo portasanta. All'incirca alla metà della lunghezza c'è una fascia trasversale. A ridosso della parete est, opposta alla parete di fondo, c'è la raffigurazione della planta pedis che dà il nome al mitreo e indica l’ingresso principale. Questo soggetto decorativo era presente già nella prima fase della pavimentazione in cocciopesto del mitreo.
340 BECATTI 1961, 142, n°281.
341 BECATTI 1954, 84; CIMRM 276; MARCHESINI 2012-13,231-33.
342 AE 1998, 213; AE 1998, 215. Per la connessione tra queste iscrizioni su base onomastica vedi ZEVI 2001, 195. 343 MARCHESINI 2012-13, 604.
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Gli scavatori, nel sollevamento del piano musivo, hanno rintracciato un pavimento in cocciopesto all'interno del quale era stata inserita una formella in terracotta con un piede, sempre rivolto verso la parete di fondo. Sempre sul mosaico, presso l'angolo nord definito dalla fascia laterale e quella a metà della lunghezza, è raffigurato un serpente. Nella metà più interna del pavimento l'unico motivo presente, oltre al tessellato bianco di riempimento dello spazio, è un riquadro. Si trova a ridosso della parete di fondo e in posizione centrata. La forma e la collocazione sembrano indicare uno spazio restaurato in antico con l'inserimento di pezzi di marmo344, nel quale collocare un'ara.
Davanti alla nicchia centrale con altare, durante lo scavo è stata ritrovata un’ara in marmo bianco con cuscino e base modanati solo su tre lati. Questa particolarità ha spinto Turcan a dubitare dell’utilizzo dell’ara come supporto per la funzione sacrificale, in quanto, oltre a essere stata concepita solo per la visione frontale – la faccia posteriore non è lavorata – è assente il
foculus345.
La datazione del primo impianto si può dedurre da una lastra marmorea con iscrizione. L’epigrafe è stata ricostituita da due frammenti, rinvenuti reimpiegati come rivestimento del piano del primo gradino della scala dell'altare in muratura346. L'iscrizione347:
Pr(o) sal(ute) Aug`g´(ustorum duorum). / S(oli) I(nvicto) M(ithrae) / [L] Florius Hermadio(n), / sacerdos, s(ua) p(ecunia) f(ecit)
attesta la dedica pro salute348 imperatorum da parte del sacerdote del culto del dio Mitra Florius
Hermadio, a sue spese. Per quanto riguarda l'identificazione dei coreggenti augusti349, secondo
Becatti vi si devono riconoscere Marco Aurelio e Commodo (177-180)350. Secondo Zevi si
deve trattare di Settimio Severo e Caracalla (197-211)351. Quest'ultimo ritiene che l'impianto
344 BECATTI 1961, 142-3, n°282.
345 Turcan, nel suo lavoro dedicato agli altari mitraici, considera tali solo quelli sui quali si poteva officiare il
sacrificio. Per l’ara del mitreo in questione, vedi TURCAN 1991, 217.
346 GDS 1938-42, vol. 27.
347 BECATTI 1954, 82; CIMRM 273.
348 È l'unico caso di iscrizione da contesto mitraico pro salute da Ostia.
349 Dato il contesto di questa iscrizione, ovvero l'impianto del mitreo nella seconda metà del II d.C. e la pertinenza
più che probabile di questa alla prima fase del mitreo, perché riutilizzata durante una fase quantomeno successiva e l'analisi paleografica (Marchesini 2012-13, 228), le possibili coppie di augusti sono Marco Aurelio – Lucio Vero (161-169), Marco Aurelio e Commodo (177-180), Settimio Severo – Caracalla (197-211), Geta – Caracalla (209- 211).
350 BECATTI 1954, 82. 351 ZEVI 2001, 193.
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del mitreo sia avvenuto in età severiana, secondo quanto dimostrerebbe anche l'iscrizione sulla vera di un labrum su cui torneremo a breve352. L'identificazione di Becatti è plausibile, secondo
Marchesini, se si considera che la seconda G di Augg sembrerebbe un'aggiunta che si accorda con i tempi della nomina di Commodo come coreggente. La studiosa preferisca rimanere in una cornice cronologica più prudente tra l'ultimo quarto del II d.C. e il primo decennio del III d.C.353
Il dedicante è Florius Hermadio, sacerdote, il cui cognomen grecanico si ritrova a Ostia quasi esclusivamente in albi collegiali, relativi a personaggi di bassa estrazione sociale.
Un altro indizio epigrafico per la data di impianto del mitreo – e non solo – proviene da una dedica che corre lungo l'orlo di un labrum di marmo, ricomposto da quattro frammenti354:
[In]victo Mithrae d(onum) d(edit) M(arcus) Umbilius Criton cum Pyladen, / vili[co]355.
Abbiamo dunque la testimonianza della dedica di questo oggetto a Mitra da parte di Marcus
Umbilius Criton con Pylade. È probabile, data la rarità del gentilizio, si tratti di un liberto del
senatore M. Umbilius Maximinus356, il cui figlio era stato onorato con una base di statua nel
vicino Serapeo e al quale era stato conferito l'onore del patronato della colonia e del sacerdozio del Genius coloniae357. Alla dedica si unisce anche la figura di un vilicus di nome Pylade, il
cui nome grecanico sembra indicarne la condizione servile, probabilmente in una delle proprietà degli Umbilii358.
Un aspetto da valutare con attenzione è il possibile legame tra il Criton di questa dedica e il Kriton, autore del gruppo statuario ritrovato nel mitreo delle Terme di Mitra. Secondo Becatti,
352 ZEVI 2001, 193.
353 MARCHESINI 2012-13, 227-228. 354 BECATTI 1954,83; CIMRM 275.
355 ZEVI 2001,192 ricostruisce la parte iniziale della dedica diversamente da Marchesini: [deo in]victo Mithrae. 356 MARCHESINI 2012-13, 229-230. Esistono altre tre iscrizioni a Ostia in cui ricorre il nome del senatore, in una
delle quali è ricordato tra i patroni senatorii del collegio lenunculariorum tabulariorum auxiliarorum Ostiensium (CIL XIV 251), vedi ZEVI 2001,190-1. Un'altra testimonianza proviene da un albo collegiale (AE 2001, 622). La
terza iscrizione è frammentaria e riporta solo la citazione del nome (CIL XIV 177).
357 AE 1988, 214, (M(arco) Umbilio M(arci) f(ilio) Arn(ensi) / Maximino / Praetextato c(larissimo) p(uero)
patrono / c(oloniae) / sacerdoti Geni col(oniae) / P(ublius) Calpurnius / Princeps equo publ(ico) / omnibus honoribus functus / educator/ dedicata K(alendis) Marti(i)s / Severo et Victorino co(n)s(ulibus), dedicata nel 200 d.C. da P. Calpurnius Princeps, educator di Maximinus Praetestatus. Egli come attesta una lastra di loculo nella necropoli di Pianabella (Nuzzo 1999, 47, n° A28), è radicato a Ostia, dove ne risulta che ha probabilmente svolto la sua attività di educatore, testimoniando il legame della famiglia degli Umbilii con la città.
358BECATTI 1954,84;MARCHESINI 2012-13,230. La qualifica di vilicus senza prenome e gentilizio attesta la
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si tratta della medesima persona, scultore di origine greca, protetto dal senatore M. Umbilius
Maximinus359.
L’identificazione tra i due personaggi è però difficile da sostenere alla luce della nuova datazione proposta per il gruppo statuario del Mitreo delle Terme al I secolo d.C. avanzata da Valeri360. Infatti sappiamo per certo che il dedicante del labrum del Mitreo della Planta Pedis
è un liberto del senatore Umbilio Massimino, attivo a ridosso del III secolo. Tale rapporto ci porta a supporre che questa dedica sia avvenuta non prima dell'età severiana361.
Considerata la relazione tra la nicchia di fondo e gli horrea retrostanti (III vii), abbiamo un'altra indicazione cronologica per la costruzione del mitreo. Gli horrea non sono ancora completamente scavati ed è visibile il muro perimetrale orientale, cioè quello che dà verso la via del Serapide. Alcuni bolli laterizi datano questi magazzini al periodo traianeo/adrianeo, ma la nicchia del mitreo poggia su uno dei contrafforti che appartengono a una fase di restauro degli horrea, la cui tipologia di laterizio potrebbe indicarne il periodo severiano362.
Accettando la proposta di Zevi per la datazione della dedica del labrum, perché più pertinente al contesto ricostruito dopo le campagne guidate da Ricardo Mar tra il 1988 e il 1991 nell'area del Serapeo ostiense, si suppone che l'impianto del mitreo sia avvenuto durante l'età severiana. Questa è una fase in cui l'area in oggetto è stata interessata da numerosi interventi edilizi, tra cui alcune modifiche strettamente legate al Serapeo che ne modificano l'assetto cultuale. Mar collega a questa fase tutti gli apprestamenti e le nuove costruzioni fatte in opus vittatum. Sottolinea che l'unico intervento estraneo a questa casistica è quello della fontana semicircolare dell'edificio cd. Aula triclinare (o domus del Serapeo), che è in laterizi di reimpiego. Vari lavori vengono compiuti anche nelle terme della Trinacria, dove si rinnova l'impianto idraulico con la costruzione di nuove norie per lo sfruttamento dell'acqua di falda e si ripavimenta il
calidarium con un nuovo mosaico. Nel Caseggiato di Bacco e Arianna si arricchisce il patio
359 Becatti invece fa risalire il gruppo statuario al 160-170 d.C. e in base a ciò, per ragioni anagrafiche, il protettore
dello scultore deve essere Umbilio Massimino, patrono del collegio dei lenuncularii e non il figlio a cui è dedicata la base di statua nel Serapeo, che era fanciullo nel 200 d.C. Sempre secondo lo studioso lo scultore avrebbe firmato il gruppo del mitreo delle Terme di Mitra, e in un momento successivo, ottenuta la cittadinanza romana per intercessione del senatore Umbilius Maximinus, di cui avrebbe quindi preso prenome e gentilizio, avrebbe dedicato, probabilmente nella prima fase di impianto del mitreo della Planta Pedis, un labrum marmoreo. Per la datazione al I secolo d.C. del gruppo statuario del Mitreo delle Terme di Mitra, vedi VALERI 2004.
360 VALERI 2004. 361 ZEVI 2001, 194.
362 Per Becatti gli horrea sono del 150 d.C. come testimoniato dai bolli laterizi. Per gli interventi di restauro vedi
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con una fontana monumentale (la cd. Fonte del Nilo). Nell'horreum gli ambienti presso il lato sinistro dell'ingresso sulla via degli Aurighi, vengono trasformati in un balneum. L'aspetto che ci interessa di più è che sempre in questa fase, i mutamenti più importanti sono quelli che avvengono nell'edificio a pilastri, nella parte finale della via del Serapide. Nel primo si impianta il mitreo, mentre nello slargo di via del Serapide appaiono le prime fabbriche.
Il tempio mitraico avrebbe avuto inoltre una seconda fase in cui si sarebbe dotato dei mosaici pavimentali. Il ripiano musivo del thronum è datato da una moneta di Valeriano, ritrovata nel materiale impiegato per la costruzione o ricostruzione dell'altare e che pone come terminus
post quem il periodo tra il 253-259363.
Considerando le varie fasi di costruzione e ristrutturazione del mitreo e dello spazio limitrofo, sulla base soprattutto delle cortine murarie e dei rapporti tra le varie parti della struttura, si possono desumere alcuni dati su cui vale la pena soffermarsi (fig. 40). Nella navata che ospita il mitreo si riconosce una successione degli interventi che può darci qualche indicazione diacronica sull’utilizzo dello spazio sacro. La tamponatura degli intercolumni in opera vittata ha preceduto la predisposizione delle banchine, di cui supponiamo la presenza su entrambi i lati del mitreo.
Presso la parete di fondo, accanto all’anta destra, si riconosce forse una piccola scaletta in laterizi che permetteva di arrivare nella navata a destra del mitreo. Nella parte terminale della navata, verso i grandi horrea, era stata costruita una piccola vasca o delimitato uno spazio con andamento apparentemente parallelo ai pilastri perimetrali occidentali (figg. 38-39). A causa del pessimo stato di conservazione degli alzati e delle strutture è difficile fare ipotesi realistiche. È probabile comunque che questo spazio avesse una funzione legata al rituale o alle attività del mitreo, come anche l’intera navata.
Parallelamente all'intervento dei podia si procede con la costruzione di un muro, di cui non conosciamo l'altezza, che delimita lo spazio verso l'ingresso, superando la soglia del mitreo nella parete est ed entrando quindi nella stanza che per comodità definiamo vestibolo (fig. 41). Non è possibile sapere con certezza quanto questo muro si allungasse, ma sembra chiara la definizione dello spazio che vuole dare a chi guarda e si incammina verso il mitreo. Forse il tratto di muro nord, che si inserisce in questo ambiente di accesso, rientra in quei casi di
363 Un terminus post quem che deve essere considerato con attenzione, perché ricordiamo che la natura circolatoria
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deviazione rispetto all'asse centrale del mitreo. In queste occasioni il percorso di accesso prevede una sorta di ingresso a gomito o una piccola curva. Questo ben si accorda alla presenza di un ingresso in asse con la parete di fondo. È una variazione, comunque attestata, rispetto alle predisposizioni laterali che impediscono un ingresso e una visuale diretta della sala di culto364.
Sebbene ci siano degli spazi percorribili alla destra e alla sinistra dell'ingresso, la presenza di un indicatore, seppure simbolico, come la planta pedis sembra far convergere ogni ipotesi su un ingresso in asse. Sappiamo dalle piante di scavo di Ostia I che davanti a questo accesso, direttamente sulla via del Serapide, c'era un altro ambiente di forma irregolare e dotato di un grosso dolio, parzialmente interrato, considerato un pozzo365. Attualmente non è possibile
ricostruire il perimetro di questo ambiente, ma attraverso l’esame della documentazione d’archivio è possibile ricostruire almeno parzialmente il rapporto tra questa anticamera e il mitreo. Nella pianta di Ostia di Gismondi-Visca, questo ambiente ha un’apertura sul lato nord verso l’ingresso di via del Serapide. Nell’edizione della planimetria pubblicata su Ostia I, il perimetro di questa stanza è completamente chiuso se non nella parte di accesso al mitreo (fig. 42). Durante la ricerca nell’archivio fotografico del Parco Archeologico di Ostia Antica è stato possibile trovare una fotografia dei lavori avvenuti negli anni Cinquanta nell’area. È stato possibile riconoscere una soglia con una lastra marmorea parzialmente conservata all’epoca dello scatto. Questa indica la presenza di una porta o di un ingresso all’anticamera direttamente da via del Serapide (figg. 43-44).
Lo spoglio dei Giornali di Scavo ha permesso anche di comprendere meglio quali fossero le reali quote di alcuni ambienti. Il piano di calpestio del mitreo doveva essere inferiore di circa 10 cm rispetto a quello dell’anticamera, come si evince anche dall’altezza della soglia in marmo visibile nella foto. Il ribassamento è stato fatto durante le fasi di restauro dei mosaici del mitreo per favorire lo scolo delle acque:
Si è ultimato il restauro dei banconi e dei gradini dell’abside del Mitreo. Poiché si dovrà