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Mitreo di Porta Romana (II ii, 5) 65

Nel documento I luoghi di culto mitraico di Ostia (pagine 65-70)

Questo mitreo, scavato da Paribeni nel 1919231, si trova nei pressi di Porta Romana, a ovest dei

Magazzini Repubblicani (II ii, 1-2) e a sud delle Terme dei Cisiari (II ii, 3), mentre a ovest ci sono gli Horrea Antoniniani (II ii, 7) (fig. 24). La struttura è scarsamente conservata: attualmente sono riconoscibili gli alzati dei quattro muri perimetrali e le colmate di terra che ricoprono i due podia laterali. I due muri lunghi, a cui sono addossate le banchine, sono in opera laterizia, il lato breve verso nord è in opus reticulatum. Il lato sud, dove c’era la parete di fondo, è in reticolata nella parte ovest, mentre al centro c’è un inserto in laterizi nel punto corrispondente a una nicchia esterna. Nella parte est è stata usata l’opera listata per tamponare un’apertura che serviva da collegamento tra questo ambiente e il sacello retrostante. Il rapporto di questo ambiente con il sacello sul decumano massimo (II ii, 4) sembra rimanere però attivo nonostante questa chiusura. Sul lato ovest, a ridosso della parete di fondo del mitreo, sembra essere rimasta in uso una porta che lo collegava all’ambiente al vano con pavimento musivo policromo pertinente al sacello. Secondo Becatti c’era un’altra porta, sempre lungo la parete ovest, ma verso nord che immetteva nel mitreo direttamente dalla piccola strada che divide il mitreo dagli Horrea Antoniani e che termina nell’ambiente absidato del sacello232. Dalla

visione della pianta della regio II da Ostia I, si nota però che questa porta ha un’apertura minima e sembra non rendere possibile il passaggio (fig. 29). Anche all’esame autoptico, nonostante la cattiva conservazione delle strutture, non si può dire con certezza che questa apertura nella muratura fosse funzionale al passaggio233. La banchina su questo lato si

estendeva comunque rispettando lo spazio delle due aperture lungo questa parete (fig. 25). Per la porta di collegamento all’ambiente con il mosaico policrono, data la differenza quota del piano di calpestio tra questo e il mitreo, erano stati predisposti dei gradini, di cui Becatti riporta lo stato di rovina234; oggi non sono più visibili. Il podio sul lato est invece si estendeva per tutta

la lunghezza, arrivando fino al muro perimetrale a nord e terminando a sud all’altezza della porta di collegamento con la sala allungata sul lato opposto. Verso la parete di fondo erano

231 BECATTI 1954,45-6;CIMRM238;BAKKER 1994;BOLLMANN 1998,95-7;STEUERNAGEL 2004,99;PAVOLINI

2006a, 56; MARCHESINI 2012-13, 272-78; MELEGA 2017-18, 70-76, 243-48; VAN HAEPEREN 2019; VAN

HAEPEREN, Ostia. Chapelle et mithraeum de la Porta Romana (II, II, 5) https://books.openedition.org/cdf/6351.

232 BECATTI 1954, 45.

233 Le misure, per quanto intuitive e basate sull’attuale livello di conservazione delle murature sono di circa 120

cm per l’apertura attuale, ma lo spazio tra la fine della banchina ovest che ne delimita il passaggio su quel lato e lo stipite opposto è di soli 50 cm (vedi fig. 29).

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predisposti dei gradini per la salita sui podia. Negli anni 50, sulla fronte delle banchine, erano visibili due nicchiette, una per ciascun lato. Sempre nella parte sud del mitreo, Becatti parla di resti di fondazioni di un altare conservati per pochi centimetri. Riporta che la fronte dell’altare era rettangolare e in aggetto.

Sul lato opposto c’era l’ingresso principale, con una pavimentazione in formelle quadrate di marmo giallo o portasanta. In marmo doveva essere anche uno zoccolo che correva lungo le pareti e i podia. Sempre nei pressi dell’ingresso, in posizione centrale e probabilmente simmetrica all’altare, era una vaschetta quadrangolare in marmo costruita con lastre di reimpiego. Una di queste lastre, trovata spezzata in due frammenti e databile al 205 d.C. (data consolare) è inscritta235:

Locus adsignatus a Callis[[to]], / Aug(usti) lib(erto), proc(uratore), / cultorib(us) Larum et imaginum / dominorum nostrorum / invictissimorum Augustor(um) / praediorum Rusticelianorum / ad sollemnes dies confre/quentandos, curante Maxi/miano, Au̅g(usti)

n̅(ostri) verna, vilico / eorundem praediorum, sicut / litteris ab eodem Callisto / emissis continetur. Dedic(atus) / Kal(endis) Iunis, Imp(eratore) Antonino Pio / Felic(e) Aug(usto) II co(n)s̅(ule). / Exemplum libelli. / Callistus Maximiano. [L]ibellum datum mihi a cu[l]/[t]oribus Larum Aug(ustorum) at te misi. / [O]portuerat te in tam religi/[os]am rem ipse etiam omne(m)/ solli/[ci]tudine(m) adhibuisse ut locus/ [o]lim consacratus confre/q]uentetur pro salute domi/[n]orum nn. Augg., quod vel nu[nc] / [e]tiam volentibus cultoribus / [f]acere intervenire cura, ut s[i]/[n]e recrasti <nati>one mundetur.

Ne consegue che il reimpiego nel mitreo deve essere avvenuto in un momento successivo e quindi in pieno III secolo, a meno che la sistemazione della vaschetta e della pavimentazione siano pertinenti a una seconda fase del luogo di culto. Becatti, per l’uso del marmo nella pavimentazione, ha proposto una datazione analoga236.

Questa sala del mitreo era dunque accessibile da due lati. Ci sembra di poter affermare l’impossibilità che l’apertura sul muro ovest, verso il lato breve a nord, possa essere servita come ingresso al mitreo, soprattutto per le dimensioni estremamente limitate del passaggio237.

235CIL XIV 4570 = AE 1922, 0093 = EDR072871 (R. Marchesini), vedi anche CÉBEILLAC-GERVASONI, ZEVI,

CALDELLI 2006, 194-5, n°51.

236 BECATTI 1954, 45. 237 Vedi supra.

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Rimangono quindi due soluzioni: dal muro ovest attraverso il sacello che affaccia sul decumano massimo o da quella che potremmo definire “entrata principale” sul lato nord. Attraverso quest’ultima si giunge a un ambiente di forma quadrangolare e che è collegato da una soglia alla stradina che divide il mitreo dai Magazzini Repubblicani. In quest’ultimo caso, è probabile che l’ingresso al luogo di culto avvenisse da questa stanza direttamente collegata all’esterno. Vi si può riconoscere una funzione di vestibolo, che isola il mitreo da un contatto diretto con il resto del tessuto urbano (figg. 26-27). Due piccole strutture inoltre sono poste all’ingresso del mitreo vero e proprio, come riportato nella pianta del settore in Scavi di Ostia I, purtroppo attualmente scarsamente intuibili (fig. 28). Si doveva trattare verosimilmente di una sorta di piccola fabbrica, di cui non è possibile ricostruire l’alzato, che si estendeva per tutta la parte est del muro nord. In pratica, doveva estendersi dall’ingresso al muro perimetrale, con una larghezza di poco superiore a quella della banchina di sinistra. Una struttura di non facile comprensione che forse serviva per delimitare anche a livello visuale l’interno del mitreo, quando si entrava nella stanza vestibolare. Una situazione analoga, di cui è possibile immaginare lo stesso tipo di funzione, è presente davanti all’ingresso del mitreo di Lucrezio Menandro. Qui, analoghi accorgimenti in muratura sembrano limitare la visione della parte più sacra del luogo di culto. Simile nella possibile interpretazione funzionale, ma differenti nell’apprestamento tecnologico, sono anche i muretti aggettanti verso l’interno e l’esterno del mitreo della Planta Pedis.

Rispetto al rapporto con il sacello preesistente (II ii, 4), non possediamo molte informazioni. È costituito da un piccolo vano rettangolare con mosaico geometrico, direttamente a sud del mitreo e con il quale ha in comune il muro di fondo. Su questa parete era inserita una nicchia con intonaco rosso. Questo ambiente era collegato a una sala allungata, a ovest del mitreo, pavimentata con un mosaico policromo. Blake e Meiggs considerano il pavimento uno dei primi esempi di policromia musiva ostiense, databile all’età adrianea o di Antonino Pio238,

mentre Becatti lo data alla metà del III secolo239. Quest’ultimo ritiene che questo ambiente sia

contestuale al mitreo per via della muratura rozza di costruzione dell’abside, ma è più probabile che si tratti di un rimaneggiamento successivo alla fase originaria del sacello.

238 MEIGGS 1973, 451;BLAKE 1973, 126. 239 BECATTI 1961, 44-5.

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Una lettura topografica dell’area non è di facile approccio. A est dell’edificio che stiamo analizzando sorgevano i Magazzini Repubblicani, una delle prime costruzioni presso Porta Romana e all’interno dell’area pubblica dei Cippi di Caninio. Considerate le varie fasi strutturali che hanno interessato questo complesso, è difficile stabilirne datazioni e funzioni. Sembra probabile, in età adrianea, il corpo centrale di questi magazzini è stato convertito in impianto termale – le Terme dei Cisiarii (II ii, 3) – perdendo il suo carattere commerciale. In età antonina, la costruzione del Portico del Tetto Spiovente con annesse tabernae, restituisce a questo primo tratto del decumano un aspetto monumentale, disegnando la passeggiata che inizia subito dopo la struttura in cui più tardi verrà impiantato il mitreo.

L’edificio del mitreo è dotato di tre sale: un piccolo sacello, un ambiente di forma allungata con pavimento musivo policromo e una terza stanza nella quale, a un certo punto del III secolo, viene installato il tempio mitraico. Questa costruzione porta a un’occupazione della strada che correva perpendicolare al decumano e fiancheggiava i cd. Magazzini Repubblicani, interrompendone il traffico240.

Tale chiusura deve essere avvenuta contestualmente a una concessione o un’autorizzazione di occupazione o sfruttamento di uno spazio pubblico. La planimetria di questo edificio sembra riflettere quello di una sede collegiale, con il sacello e la sala rettangolare mosaicata, che poteva fungere da luogo di riunione241. In un secondo momento, Mitra si deve essere affiancato o aver

sostituito, la divinità tutelare di questa associazione.

Interessante è la collocazione di questo edificio nell’area pubblica delimitata dai cosiddetti Cippi di Caninio, dal nome del pretore che decise interdire uno spazio da lasciare all’uso pubblico presso la riva del Tevere. Proprio a causa della prossimità al fiume, fino alla metà del I secolo a.C., quest’area è stata lasciata libera da costruzioni, probabilmente per permettere le operazioni di sbarco e scarico del porto fluviale242. Non sappiamo quale statuto giuridico

avessero poi gli edifici sorti in questo settore che comprendeva gran parte della regio II. Forse lo spazio è continuato a essere ager publicus e concesso a gruppi o a istituzioni per attività legate alle necessità della collettività. In questo senso si deve pensare all’eventualità che questo edificio fosse stata una concessione a un collegium, secondo una prassi che ritroviamo nella

240 BOLLMANN 1998, 295; STEUERNAGEL 2004, 99; PAVOLINI 2006a, 56.

241 BOLLMANN 1998, 295; BOLLMANN 2001, fig. 1; STEUERNAGEL 2004, 99; PAVOLINI 2006a, 56; VAN HAEPEREN

2019, 89-90.

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stessa Ostia ma anche altrove243. Come abbiamo visto, anche l’impianto architettonico sembra

accogliere l’ipotesi che si tratti di una sede collegiale244.

Un’iscrizione, incisa su lastra di reimpiego della vaschetta presso l’ingresso, parla di una concessione di un locus per il culto dei Lari e imaginum dominorum nostrorum Augustorum, probabilmente destinato ai lavoratori dei Praedia Rusticeliana. I praedia che sappiamo di proprietà imperiale245, attualmente non sono collocabili. Sappiamo di alcuni possedimenti della

famiglia a Roma, ma non a Ostia246. La loro presenza sul territorio ostiense è però probabile,

perché conosciamo un corpus traiectus Rusticeli, uno dei collegi di battellieri fluviali. In ogni modo, la dinamica del reimpiego non ci permette di avanzare ipotesi sull’originaria collocazione di questa lastra e la sua pertinenza a un luogo specifico.

243 Per citare alcuni esempi: Ostia abbiamo la concessione del locus per il corpus pistorium (AE 1996, 309), a

Pozzuoli (AE 1999, 453). Sempre da Ostia è la concessione della crypta di un palatium a un sacerdote di Mitra, da parte di un liberto imperiale (CIL XIV 66 = ILS 4227 = EDR143958 (R. Marchesini)) e dell’altare nel sacello dei sacomarii presso il Piazzale delle Corporazioni (CIL XIV 51 = AE 1987, 0175 = EDR163029 (R. Marchesini)).

244 Vedi supra.

245 MEIGGS 1973, 333; CÉBEILLAC-GERVASONI, CALDELLI, ZEVI 2006, 194-5, n°51.

246 Un ritrovamento di un loro sepolcro sul Monte Testaccio attesta che i Rusticeli avessero un fondo in quella

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