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Mitreo di Lucrezio Menandro (I iii, 5) 39

Nel documento I luoghi di culto mitraico di Ostia (pagine 39-46)

Il mitreo di Lucrezio Menandro è installato all'estremità orientale del caseggiato da cui prende il nome. L'edificio, in opera mista di età adrianea, è di poco posteriore alla Casa di Diana, al cui muro settentrionale si appoggia111. A ovest confina con la via dei Balconi e a est con un

corridoio in opus spicatum che prosegue, o fa parte, dell'Angiporto del Silvano e che collega la via di Diana al Tevere e che divide il nostro caseggiato dall'edificio I iii,6 di probabile funzione commerciale e dal Molino del Silvano (fig. 9).

Importante, per determinare la funzione del caseggiato nella sua fase originaria, è proprio il rapporto con il pistrinum: nel vano che occupa l'angolo sud-est del caseggiato è stato infatti ritrovato un forno che risulta simmetrico a quello posizionato nell'ambiente dell'angolo nord- ovest del Molino del Silvano. Questi due ambienti sono separati dal già citato corridoio pavimentato in spicatum, prosecuzione dell'Angiporto del Silvano. Tra il Molino e l'edificio I iii, 6 risulta esserci un piccolo corridoio (forse un ambitus) che collega la parte orientale del Caseggiato che stiamo analizzando con la via dei Molini e che viene tamponato durante la seconda fase edilizia, di cui parleremo tra poco. Un altro indicatore della connessione con il Molino del Silvano è dato dalla presenza di una pietra da macina ancora presente in uno dei vani prospicienti la via dei Balconi, tutti adibiti a tabernae. Gli ambienti che invece affacciano sull'angiporto sono probabilmente vani di servizio in relazione al grande forno. Tutto sembra rivelare che in questa fase il Caseggiato di Lucrezio Menandro fosse connesso al Caseggiato dei Molini, con il quale doveva condividere l'attività di panificazione112.

Il cambiamento di funzione dell'edificio avviene con la seconda fase (fig. 10), in età medio- antonina113, durante la quale avvengono le prime modifiche strutturali: viene chiuso l'accesso

che dalla stanza dotata di forno dava sul piazzale e si crea una sorta di piccolo cortile creato nello spazio in cui l'Angiporto del Silvano devia leggermente verso ovest e apre il vicolo verso nord. Parallelamente si costruisce un muro di materiali di pezzame vario a chiusura del corridoio verso nord. Questa chiusura è funzionale alla creazione di un due ambienti contigui

111 BECATTI 1954,17-20;CIMRM226;BAKKER 1994;PAVOLINI 2006a,87;OOME 2007;MARCHESINI 2012-13,

177-85;MELEGA 2017-18,41-5,216-21;VAN HAEPEREN 2019;VAN HAEPEREN,Ostia. Mithraeum de Ménandre (I, III, 5) (https://books.openedition.org/cdf/6559 ).

112 Vedi anche OOME 2007, 239.

113 Dall'analisi delle pitture FALZONE (2004, 60) propone una datazione tra 160-170 d.C., OOME (2007, 242) invece

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che occupano parte del corridoio e sono collegati alle stanze a ovest mediante finestre, che probabilmente in questa fase diventano porte. Il muro sud dei nuovi ambienti affaccia sul cortiletto. Questi due ambienti sono stati coperti con volta a botte impostata al di sotto della parte inferiore delle porte-finestre sulle pareti ovest per non chiudere la luce a queste stanze. Parallelamente si è creata l'esigenza di abbassare il piano di calpestio, sia negli ambienti di nuova costruzione (circa 40 cm), sia nelle stanze a ovest (fig. 10, ambienti 2,3,5). L'unica parte che ha mantenuto lo stesso livello pavimentale è quello del corridoio 6 (presente nella planimetria di Falzone), raccordato con il corridoio 5 attraverso dei gradini. I due nuovi vani sono stati interpretati come cubicula da Wirth114, l'ipotesi sembra poco verosimile per la

presenza di aperture su tre dei quattro lati e l'utilizzo dello stesso schema decorativo delle pitture della stanza 3115. Si tratta di uno schema con una zoccolatura a fondo grigio-celeste con

fasce orizzontali gialle, bordate di rosso. Al di sopra la parte centrale è composta di riquadri con fondo bianco e fasce rosse e con quadretti centrali che si sono conservati nel numero di quattro. Un quadretto sulla parete est della parte sud del mitreo ha dei piccoli uccelli vicini a una mensa e un oggetto non identificato a causa delle condizioni di conservazione, con un paesaggio sullo sfondo. Questo tema è praticamente speculare a un quadretto del settore 4b del mitreo, situato sulla parete nord. Altri due quadretti conservati sono sempre in 4b, ma lungo il muro est, e raffigurano un tempio affiancato da alberi e un uccello accanto a un cesto. Lungo l'attacco della volta a botte c'è anche una cornice di stucco, sopra la quale insiste una fascia azzurra con spicchi rossi.

Il mantenimento delle pitture durante la fase in cui i due ambienti sono stati adibiti a mitreo, possono essere interpretati secondo una lettura estremamente funzionale: i temi proposti non confliggevano con il rituale o con il culto stesso. Si potrebbe forse anche considerare la mancanza di capacità economica o di atti evergetici che avrebbero permesso una nuova decorazione pittorica per le pareti del mitreo. Un caso analogo è quello del Mitreo dei Serpenti, nel quale sono state mantenute le pitture dell'ambiente precedente, probabilmente un larario116.

Diverso è invece il caso del Mitreo delle Pareti Dipinte, nel quale a una precedente decorazione pittorica, si è sovrapposta quella a contenuto mitraico.

114 WIRTH 1934, 133. 115 FALZONE 2004, 59, nt. 16.

116 In questo caso non sappiamo se l’impianto del mitreo abbia previsto il mantenimento del larario stesso,

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Durante la seconda fase la stanza 2, ricavata attraverso la costruzione di un tramezzo di laterizi, sembra diventare l'ambiente più importante interpretato come triclinium117 o più

verosimilmente tablinum118, di cui la parte più a sud diviene lo spazio di servizio. Nell'angolo

sud-est sono state ritrovate anche due lacerti murari di difficile comprensione. Discorso analogo per le nuove stanze che occupano l'angiporto: sono ambienti di ricevimento, probabilmente collegati al tablinum119. In base all'analisi dell'apparato pittorico gli ambienti in

cui verrà installato il mitreo e il tablinum sono considerati stanze di rappresentanza, superando l'interpretazione di Wirth che riteneva che ci fosse una netta divisione tra lo spazio di pubblica destinazione riservata a 3 e quello privato rappresentato da 4a e 4b120.

Un aspetto importante di questa fase è la chiusura del passaggio tra Via di Diana e il Tevere attraverso i muri tirati su per la creazione degli ambienti 4a e 4b che sembrano essere la prima modifica intervenuta in questo vicolo. Questa chiusura ha mutato la circolazione degli isolati che si affacciano sulla via di Diana. Secondo Heres, il primo intervento sull'Angiporto del Silvano è quello relativo alle chiusure nella parte sud, con gli alzati datati secondo la tecnica muraria tra 210-235 (vedi fig. 11, per la fase severiana). In mancanza di una datazione per i muri con una tecnica mista approssimativa che andranno a costituire parte della struttura del successivo Mitreo di Lucrezio Menandro, la studiosa ipotizza che possano essere successivi, forse del terzo quarto del III secolo121. Considerando l'analisi delle pitture che decorano le

pareti dei vani interessati e di altre stanze del Caseggiato di Lucrezio Menandro, si rende necessario abbassare la datazione almeno all'età medio-antonina122.

Come si vede nell'analisi del mitreo della Casa di Diana, ulteriori modifiche sembrano aver reso l'angiporto uno spazio lavorativo interposto tra la Casa di Diana e il Caseggiato del Molino, con un abbeveratoio, fontane e nella parte più a sud un sacello.

La terza fase, quella di impianto del mitreo, vede anche modifiche estremamente interessanti nel settore meridionale che sembrano essere intimamente connesse all'impianto del luogo di culto mitraico negli ambienti di ricevimento costruiti nell'angiporto. Si costruiscono dei muri

117 OOME 2007, 239. 118 FALZONE 2004, 58-9.

119 In base all'analisi delle pitture OOME ritiene che gli ambienti 11a e 12a-b avrebbero svolto una funzione

importante di ricevimento, mentre la stanza 11 una funzione secondaria, 2007, 240.

120 WIRTH 1934, 133. 121 HERES 1991, 52.

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e una specie di esedra in 9 e 10, che quindi vengono a perdere la funzione di ambienti di passaggio del caseggiato. In 10 viene installato un balneum.

Nel tablinum si aggiunge un altro tramezzo (opus vittatum) che delimita ulteriormente lo spazio, arrivando alla creazione di un passaggio sul lato nord della stanza 6 e si chiude la porta sull'angolo est tra le stanze 2 e 3. Addossata a questa tamponatura è una piccola vasca angolare (non più visibile) di forma rettangolare di cui è stato ipotizzato l'uso rituale123. Inoltre le

aperture sulla parete ovest, vengono tamponate.

Le trasformazioni avvenute contestualmente all'impianto del mitreo suggeriscono quindi un'interruzione di reciprocità tra la parte nord e sud del caseggiato, che originariamente e anche durante il periodo antonino, risultavano speculari e collegate dai due vani centrali di acceso. Sembra quindi che il settore meridionale sia indipendente e che le modifiche strutturali possano essere connesse allo sfruttamento degli spazi in funzione del mitreo. Effettivamente la costruzione di un tramezzo in opus vittatum all'altezza della porta di accesso alla stanza 3 sembra limitare lo spazio di camminata e indirizzarlo in modo piuttosto netto, separando un settore dell’ambiente che appare limitato da un'analoga aggiunta muraria eretta dal muro sud e che si estende per un 1/3 circa della lunghezza della stanza 6. Non ci sono purtroppo ulteriori indicazioni per capire se la costruzione di questi tramezzi abbia comportato la definizione di un settore di servizio specifico. Becatti riteneva che l'ingresso al mitreo avvenisse da nord, con il superamento di un "pianerottolo" pavimentato in opus spicatum e dal quale si scendeva verso una scaletta in laterizi con tre gradini a lato della porta ricavata nel muro nord124. Questa

struttura non è di facile interpretazione: non è possibile infatti capire se il muro, in tufi di pezzatura irregolare con un ricorso orizzontale di laterizi e che si eleva per l'altezza del pianerottolo in spicatum, sia stato rasato. È evidente che appoggia però al muro perimetrale esterno del caseggiato di Lucrezio Menandro e si lega al muro di seconda fase che chiudeva il vicolo e che diventa il muro d’ingresso al mitreo (fig. 12). Sembra che però qualsiasi fosse l'altezza, sia stato sfruttato per limitare la visuale dalla parte nord verso il mitreo e che sia stato utilizzato nel tentativo di circoscrivere uno spazio funzionale a esso, come la parte vestibolare che ritroviamo in vari esempi125. Purtroppo l’assenza di scavi nell’area a nord del mitreo non

123 RICCIARDI-SCRINARI 1996, vol. 2, n° 13, p. 27. 124 BECATTI 1954, 18-20.

125 Vestiboli sono riconoscibili con certezza nei mitrei della Planta Pedis, dei Serpenti, delle Pareti Dipinte e di

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ci aiuta a capire quale fosse il contesto topografico. Però due saggi, effettuati dalla Soprintendenza di Ostia nel 1990, hanno messo in luce resti di muri in opera reticolata e vittata, più altri muri che segnalano la presenza di una strada e un sistema fognario126, che possiamo

immaginare occupare anche il settore più a nord ovest, tra il Tevere e l’isolato III della regio I. In asse con l'ingresso è la parete di fondo, che occupa il muro sud, tamponato per l'installazione del mitreo. Davanti a esso è stato collocato l'altare in muratura, rivestito di lastre marmoree e con base modanata. Sulla faccia anteriore riporta l'iscrizione127

Deo Invicto Mithrae / Diocles ob honorem / C(ai) Lucreti Menandri, / patris, / d(ono) d(edit) d(edicavit)

riguardo la dedica per il pater Lucretius Menander da parte di Diocles. Dall'analisi onomastica si può ipotizzare che il dedicante fosse uno schiavo per l'uso del solo cognomen grecanico e il

pater un liberto, anch'egli di origine grecanica128. L'iscrizione è stata datata su base

paleografica ai primi del III da Becatti e all'ultimo quarto del II secolo da Marchesini129. Sullo

stesso lato della lastra è stata praticata una fessura a forma di falce lunare, dalla quale verosimilmente doveva filtrare la luce di una lucerna posta all'interno dell'altare, come suggerisce la cavità. Si tratta di un espediente probabilmente legato all’illuminazione del mitreo durante i rituali che ritroviamo anche in altri esempi mitraici ostiensi130.

Il resto del mitreo mantiene le consuete caratteristiche con le banchine costruite in muratura e con il ripiano anteriore rivestito in laterizi, al centro delle quali sono state ricavate due nicchie sfruttando parti di anfora (fig. 13). La banchina destra non raggiunge la parete di fondo, diversamente da quella sinistra che riempie tutta la lunghezza, lasciando uno spazio libero probabile per favorire il movimento intorno all'altare131. Per l'impianto del mitreo si è scelto di

mantenere sia il mosaico pavimentale, sia le pitture, pertinenti alla fase precedente del

126 Lo scavo dei saggi effettuati negli anni 90 dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici di Ostia è ancora inedito.

L’informazione è riportata in BOETTO,BUKOWIECKI,MONTEIX,ROUSSE 2016, 185.

127 BLOCH 1953, 244, n°8; CIMRM 225. 128 MARCHESINI 2012-13, 177-79.

129 BECATTI 1954, 20; MARCHESINI 2012-13, 179.

130 Le stesse cavità atte all’alloggiamento di lucerne si ritrovano negli altari dei mitrei della Casa di Diana, delle

Sette Porte e delle Pareti Dipinte (vedi anche paragrafo 6.5).

131 OOME 2007, 244, nt. 10, ha ipotizzato che questo spazio di risulta potesse essere l'indicazione della presenza

di una porta funzionante nell'angolo sud-ovest del mitreo. In assenza di tracce della presenza di una porta, questo risparmio di spazio accanto all’altare può essere contemplato nelle dinamiche di movimento intorno all’altare che rivediamo anche in altri contesti mitraici ostiensi, in cui si prevedono passaggi verso altri ambienti o semplicemente spazi liberi.

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caseggiato (Fase 2). Il pavimento porta i segni della struttura originaria in cui un tramezzo divide i due ambienti. È ancora visibile la soglia marmorea della porta con il foro per il cardine ovest, mentre sulle pareti sono visibili le tracce del tramezzo (fig. 14). Il mosaico dell'ambiente a nord, quindi nella parte dell'ingresso al mitreo, è a fondo bianco con tessere nere, mentre quello del settore più a sud ha sempre lo sfondo bianco con schemi geometrici a ottagoni con una croce di quattro steli terminanti in foglie trilobate, o quadrati con al centro una foglia di edera, entro due fasce a tessere nere. Questo schema, che è conservato solo per la parte centrale, e occupa perciò il corridoio del mitreo, potrebbe essere stato ripetuto anche negli spazi al di sotto delle banchine in muratura.

Pensando all'articolazione dello spazio negli ambienti interni del caseggiato e all'abbassamento del piano pavimentale, parimenti a quanto fatto nel mitreo, si potrebbe ipotizzare un percorso d'accesso alternativo a quello da nord, citato prima. Il posizionamento di un tramezzo in vittata con orientamento est-ovest poteva funzionare come indicatore dello spazio da percorrere. In questo caso l'ingresso sarebbe avvenuto dalla via dei Balconi attraverso la stanza 8, a sua volta collegata alle stanze a est, attraverso il passaggio 6 (vedi fig. 15). Nell'angolo nord-est, come è stato accennato prima, è stato costruito un bacino d'acqua rettangolare, nello stesso punto in cui è stata murata una porta che comunicava con la stanza a nord (fig. 16). Il bacino, che occupa l'angolo, termina nella parte a sud nel punto in cui c'è la porta tra la stanza 5 e il vano con probabile funzione di vestibolo che occupa la parte a nord del mitreo. La presenza della piccola vasca132, purtroppo non più visibile, potrebbe essere considerato un indicatore di legame al

rituale mitraico, in base alla presenza di fonti d'acqua di vario genere che ritroviamo in vari casi presso gli ingressi dei mitrei133. A prescindere dalla possibilità che ci fosse un ingresso nel

settore est del caseggiato, possiamo però considerare le due stanze attigue al mitreo come ambienti pertinenti al luogo di culto.

Alla prima metà del IV secolo il rialzamento di livello che ha interessato la via dei Balconi, per un’altezza dai 2 ai 5 metri, dovuto allo scarico di detriti edilizi, anfore rotte e altro genere di

132 RICCIARDI -SCRINARI 1996, vol. II n°13.

133 Nel piazzale antistante il Mitreo della Planta Pedis, di cui nel capitolo dedicato discutiamo della probabile

pertinenza al mitreo, c'è un pozzo circolare (RICCIARDI -SCRINARI n°29), alla sinistra dell'ingresso al mitreo di

Felicissimo (n°52), pozzo nel cortile del mitreo delle Pareti Dipinte (n°26). Nel mitreo della Casa di Diana, alla destra dell'ingresso, c'è un dolio infilato nel pavimento. È difficile attribuire con certezza all'uso di acqua anche i cosiddetti "pozzetti rituali", da definizione di Becatti, che troviamo all'interno di alcuni mitrei ostiensi, inseriti nei pavimenti e di dimensioni abbastanza ridotte. Si tornerà sull'argomento in modo più approfondito nel paragrafo 6.5.

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rifiuti ha portato all’obliterazione dei pianterreni134. L’accesso al mitreo dalla via dei Balconi,

qualora fosse stato in uso in una fase precedente come la dislocazione architettonica della parte sud del caseggiato sembra dimostrare, sarebbe diventato inutilizzabile nel IV secolo.

L’incendio che aveva colpito nel 280 d.C. il Caseggiato dei Molini, pare avesse interessato anche il Caseggiato del Mitreo di Lucrezio Menandro135. A questo si aggiunge l’abbandono

post-incendio del Caseggiato dei Molini e dela Casa di Diana136.

È probabile che gli edifici prospicienti, almeno per quanto riguarda i piani inferiori, siano stati abbandonati e insieme alla contrazione della viabilità, deve essersi verificato un progressivo deterioramento del quartiere137.

Considerato il quadro generale della topografia limitrofa, possiamo supporre che il mitreo sia rimasto in uso fino ai primi decenni del IV secolo.

134 Il ritrovamento datante più tardo è una moneta di Massenzio, PAVOLINI 1986, nt. 72, i bolli d’anfora raccolti e

citati da Calza che ipotizza l’abbandono delle tabernae lungo la via dei Balconi sarebbe avvenuto alle fine del III secolo, si possono datare complessivamente alla metà del IV secolo.

135 CALZA 1915, 249.

136 Vedi paragrafo sul mitreo della Casa di Diana, 2.1.

137 DELAINE 1995, 94-9 ritiene che in alcuni casi, conseguentemente a una fase di abbandono, ci sia stato un

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