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Mitreo del cd Palazzo Imperiale (regio III) 80

Nel documento I luoghi di culto mitraico di Ostia (pagine 80-91)

Il mitreo si trova nell’ala ovest del complesso termale del cd. Palazzo Imperiale, in un ambiente adiacente a un cortile centrale, riconosciuto come palestra delle terme288. È stato scavato da

Visconti negli anni ’60 del XIX secolo. I reperti sono stati portati presso il Museo Laterano, confluito successivamente nelle collezioni del Museo Gregoriano Profano (fig. 32).

Recenti studi, basati sull’analisi paleografica delle arette iscritte, hanno portato al riconoscimento di diverse fasi del mitreo e a una loro datazione289.

Il mitreo ha la porta di ingresso sul lato sud dove, in un muro di laterizi, è stato ricavato l’accesso. Si presenta con un’apertura non assiale alla parete di fondo, costituita dal muro nord, in opera listata con ricorsi irregolari di tufelli. Qui è stata inserita un’edicola a gradini in tufelli irregolari con una sorta di podio alto circa 1 m (fig. 33). Davanti ci sono cinque gradini rivestiti di marmo che presentano tra il primo e il secondo scalino, un plinto in laterizi per un’ara in marmo cipollino con la superficie superiore leggermente incavata, con patera sul fianco sinistro e urceus su quello destro. Sulla fronte reca l’iscrizione290:

C(aius) Caelius Hermaeros, / antistes huius loci, / fecit / `sua pec(unia)´

in cui C. Caelius Hermeros dona a sue spese questa ara. Interessante è la specificazione del suo ruolo come antistes huius loci. Questo termine è stato tradizionalmente equiparato a quello di sacerdote, ma in ambito mitraico potrebbe aver assunto un significato legato al garante del luogo di culto, più che a una carica sacerdotale vera e propria, come attesta anche la specificazione di huius loci291. Tale ipotesi è nata dalla ricorrenza nelle stesse iscrizioni dei

termini di antistes e sacerdos, a indicare verosimilmente due diverse cariche.

Tornando alla descrizione di questo luogo di culto, vediamo come i lati lunghi sono definiti sul lato ovest da una muratura in reticolato con ammorsature in laterizi, su cui poggia un pilastro

288 BECATTI 1954,53-7;CIMRM250;BAKKER 1994;SPURZA 1999,129;PAVOLINI 2006a,130;WHITE 2012,459-

65;MARCHESINI 2012-13,18-54;MELEGA 2017-18,83-90,257-66;VAN HAEPEREN 2019;VAN HAEPEREN,Ostia. Mithraeum du « palais impérial » https://books.openedition.org/cdf/6565.

289 MARCHESINI 2013.

290 CIL XIV 57 = ILS 4201a = EDR143929 (R. Marchesini).

291 MITTHOF 1992, 279-81. Sullo specifico caso del mitreo del Palazzo Imperiale vedi anche MARCHESINI 2013,

426-7, che riscontra come l’espressione huius loci sia attesta in altri casi a seguito di pater (AE 1980, 49 e 50), di sacerdos (CIL VI 738; CIL VI 417 = 30762 = EDR079307 (S. Evangelisti); AE 1964, 97), di isiacus (CIL, XIV 352 = ILS 6149 (2) = SIRIS 536 (3) = EDR164814 (R. Marchesini)) e di patronus (AE 1938, 61 = AE 1940, 75; AE 1940, 76).

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in mattoni all’altezza della metà della lunghezza verso l’ingresso. Nel muro opposto invece cinque pilastri in laterizi sono stati chiusi da una muratura in laterizio che poggia su un muretto in tufelli. All’epoca in cui scrive Becatti, solo l’alzato tra il primo e il secondo pilastro (partendo da sud) risultava parzialmente conservato. In questa sezione è stato possibile riconoscere, a circa 2,20 m di altezza, l’apertura di una finestra. Nell’angolo sud-est dell’ambiente si imposta una piccola edicola con nicchia quadrata e voltata a botte, nella quale sono state ritrovate diverse lucerne292. Per gli altri intercolumni le evidenze sono scarse. Tra il terzo e il quarto

pilastro, la tamponatura era avvenuta con un muretto in scaglie di tufo più stretto della larghezza dei pilastri. Verosimilmente lo stesso doveva essere anche per lo spazio tra secondo e terzo pilastro. Nella pianta pubblicata di Visca, l’ultimo degli intercolumni appare indefinito293. Anche in assenza di tracce archeologiche, l’apertura sembra difficile da ipotizzare

perché prospiciente il cortile e quindi completamente accessibile. Nella stessa Ostia ci sono esempi in cui, sulla parete di fondo che ospita l’altare o i signa, rimane uno spazio o un accesso verso un vano confinante294.

Tracce di intonaco testimoniano che le pareti dovevano essere dipinte di rosso.

Lungo i lati lunghi, si attestavano due banchine in muratura, non conservate, con due gradini sul lato sud per la salita, al centro delle quali simmetricamente erano poste due nicchie ad abside.

Si può supporre che queste piccole absidi ospitassero le due basette di statuette dei dadofori con rappresentazione in rilievo di Cautes la prima e di Cautopates la seconda, recanti le dediche di C. Caelius Hermeros sul fronte, urceus e patera sui lati.

292 Attualmente irreperibili, come l’altro materiale dello scavo di Visconti è confluito prima al Museo Laterano e

poi nel Museo Gregoriano Profano. Una di queste lucerne recava il bollo di Annius Serapiodorus, attivo a Ostia tra il 180 e il 250 d.C. Lucerne bollate sono state ritrovate durante lo scavo della Casa di Diana.

293 BECATTI 1954, 55.

294 Nel mitreo degli Animali, sulla base del confronto tra le varie piante, è possibile che ci fosse un collegamento

tra la parete di fondo del sacello e l’ambiente retrostante. Sempre dietro la parete di fondo anche nel mitreo delle Terme di Mithra abbiamo una porta che conduceva agli altri vani di servizio dell’impianto termale. Sul lato destro accanto al thronum del mitreo della Planta Pedis abbiamo invece un possibile passaggio, attraverso gradini non conservati, con la navata adiacente. Una porta di collegamento con l’ambiente adiacente è stata mantenuta anche sul lato destro all’altezza della parete di fondo del mitreo di Porta Romana. Non sappiamo se effettivamente questi collegamenti possano essere testimonianza di ambienti annessi al luogo di culto per lo svolgimento di funzioni connesse al rituale o di mansioni legate all’organizzazione e alla manutenzione dei mitrei. In altri casi, sempre a ridosso dell’edicola o del thronum abbiamo degli spazi forse connessi alla necessità di movimento in quel settore del sacello: il mitreo di Lucrezio Menandro ha la banchina di destra che si arresta all’altezza dell’altare lasciando uno spazio libero tra l’altare e il muro perimetrale. Uno spazio di movimento o di passaggio è possibile anche nel mitreo dei Serpenti, dove i due podia non occupano la lunghezza della stanza ma si arrestano simmetricamente prima del thronum.

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Un riesame autoptico da parte di Marchesini ha portato a interessanti informazioni sulla datazione del mitreo e le varie fasi del tempio295. Le due iscrizioni:

fronte:

«C(aius) Caelius» / «Ermeros, ant»/«istes huius lo»/«ci, fecit sua» / «pec(unia)» lato sinistro:

Posite XV K(alendas) / Febrarias / Q(uinto) Iunio Rus/tico, / L(ucio) Plautiọ / Aquilinọ / co(n)s(ulibus) 296.

«C(aius) Caelius» / «Ermeros, ant»/«istes huius lo»/«ci, fecit sua» / «pec(unia»297

attestano un intervento finanziario non specificato da parte di Hermeros, probabilmente le due basette, che si qualifica anche in questo caso come antistes huius loci.

Le iscrizioni frontali sarebbero state incise dopo l’erasione di una precedente iscrizione, testimoniando un riutilizzo sempre all’interno dello stesso contesto, delle due basette. Queste potevano avere originariamente avuto una funzione di arette, come sembra attestare anche il posizionamento approssimativo dei plinti delle statue dei dadofori negli incassi298. In una prima

fase i due monumenti avrebbero avuto la funzioni di piccoli altari, con la decorazione a rilievo di urceus e patera sui lati e di Cautes o Cautopates sulla fronte. Prima dell’intervento epigrafico di Hermeros ci sarebbero state, nello spazio soprastante CIL XIV 58 e CIL XIV 59, altre due iscrizioni, forse sempre del dedicante poi erase. In un secondo momento, le due arette sarebbero state riutilizzate come basi per le statue dei dadofori, ripetendo il soggetto iconografico rappresentato. Sempre pertinente alla fase originaria delle are sarebbe l’iscrizione sul lato di

CIL XIV 58, perché bisognerebbe altrimenti supporre che una seconda fase di questo mitreo

sia del 162 d.C. secondo la data consolare che ci restituisce l’iscrizione. Secondo Becatti, il 162 corrisponde all’anno di impianto299, mentre il pavimento musivo appartiene a una fase

successiva, databile secondo lo stile del mosaico tra la fine del II secolo e gli inizi del III secolo300. L’apertura di alcuni saggi di scavo nel mitreo da parte della Soprintendenza di Ostia

295 MARCHESINI 2013.

296 CIL XIV 58 = ILS 4201b = CIMRM 254 - 255 = EDR143930 (R. Marchesini). 297 CIL XIV 59 = ILS 4201c CIMRM 254 - 255 = EDR143932 (R. Marchesini). 298 MARCHESINI 2013, 429.

299 BECATTI 1954, 57. 300 BECATTI 1961, 64-85.

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negli anni Sessanta301 ha portato alla luce due fasi pavimentali in terra battuta precedenti il

mosaico, da cui proviene l’iscrizione302

Soli Invict(o) Mit(hrae) d(ono) d(edit) L(ucius) Agrius Calendio.

Il dedicante, forse un liberto o discendente di liberti di origine africana303, avrebbe donato il

mosaico del nuovo pavimento del mitreo, tra l’età commodiana e quella severiana. Precedenti a questo mosaico devono essere perciò i due piani pavimentali, testimoniando almeno tre diversi interventi all’interno del luogo di culto.

Sulla base di queste evidenze archeologiche, la datazione del mitreo suggerita da Spurza tra la fine del II e gli inizi del III secolo per il primo impianto, con i rifacimenti successivi nel corso del III, non può essere accolta. Risulta dirimente la scoperta di Marchesini sul reimpiego delle arette, di cui la data consolare del 162 d.C.304 sta a indicare l’utilizzo originario dell’ara. Deve

essere considerato il terminus post quem per tutti gli interventi successivi, quali quelli di

Hermeros entro la fine del II secolo305 e quello di Calendio per il pavimento musivo entro i

primi decenni del secolo successivo306.

La datazione tradizionale per il mitreo all’età di Marco Aurelio dimostrata in modo convincente da Marchesini, ci permette di procedere solo per ipotesi all’analisi del contesto topografico. Secondo Spurza sono riconoscibili tre fasi, di cui la prima contraddistinta dalla presenza di

horrea preesistenti alle fabbriche di I secolo d.C. In epoca antonina, un complesso con al centro

del progetto il balneum è riconducibile a membri della famiglia imperiale. Nella terza fase, il complesso termale viene defunzionalizzato e si costruisce il mitreo nell’ala est, presso la

301 Materiale in corso di pubblicazione; vedi MARCHESINI 2013, 431. 302 CIL XIV 56 = ILS 4200 = CIMRM 250 = EDR143928 (R. Marchesini).

303 I personaggi ostiensi con il cognomen Calendio sono di solito di origine africana, vedi LICORDARI 1977, 243;

MARCHESINI 2012-2013, 18-23.

304 CIL XIV 58.

305 MARCHESINI 2012-13, 53.

306 Durante lo scavo di Visconti sono stati rinvenuti all’interno del mitreo anche una testa di giovinetto con berretto

frigio in marmo (pario?), forse Mitra o un dadoforo; un’altra testa, di tipo Helios con lavorazione della testa per l’inserimento di un berretto frigio e una statuetta di Cautopates, abbigliato alla solita con mantello, corta tunica e anassiridi e la consueta fiaccola abbassata nella mano destra. Attualmente questi materiali sono confluiti nella collezione del Museo Gregoriano Profano dei Musei Vaticani. Sono irreperibili invece una testa frammentaria con mano, sempre frammentaria con pugnale e tracce di rosso, una protome leonina, due piramidi tronco-coniche in tufo.

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palestra. A questo punto, l’edificio assume un carattere tale che per Spurza potrebbe trattarsi di una sede collegiale307.

Ritornando però sulla seconda fase del complesso, è stata ritrovata una fistula recante il nome Matidia, attribuita a Vibia Matidia, cognata di Adriano308. Secondo Spurza si tratterebbe di un

gesto evergetico della donna che avrebbe finanziato un balneum pubblico309. Zevi partendo da

questo ritrovamento ha ipotizzato che il ruolo di Matidia non fosse di finanziatrice, ma bensì di proprietaria di questo fondo, che sarebbe poi confluito nel patrimonium principis310. Una

volta nel demanio imperiale è possibile che queste proprietà venissero destinate all’uso pubblico o cedute previa vendita. Nel primo caso, in cui si deve riconoscere la pubblica utilità, rientra la casistica di assegnazioni a istituzioni come i collegia311.

Anche in base al ritrovamento di sculture riconducibili a membri della famiglia imperiale312,

sembra credibile che il complesso facesse riferimento all’imperatore. È difficile però poter affermare che si trattasse di una sede collegiale sulla base di lettura spaziale che non è caratteristica esclusiva di questa tipologia architettonica. In questo senso la presenza di segni del culto non può essere dirimente. Un luogo di culto come il mitreo è utilizzato a Ostia come spazio sacro anche in contesti collegiali313, ma non esclusivamente.

Un dato a sfavore dell’interpretazione collegiale di questo complesso è quella riconosciuta da Spurza stessa nell’assenza di attestazioni epigrafiche in questo senso. Da sottolineare che l’ampio dossier epigrafico proveniente dal mitreo, analizzato in due occasioni da Marchesini, non ha a sua volta restituito nessun riferimento a corpora e collegia314.

307 SPURZA 1999, 136-37, l’assenza di epigrafi che sostengano l’ipotesi di un caseggiato a destinazione collegiale,

ha fatto mantenere la studiosa su posizioni di dubbio.

308 CIL XIV 7737, 1978, 2005. 309 SPURZA 1999, 133-34. 310 ZEVI in SPURZA 1999, 142.

311 A Ostia abbiamo il caso su cui ci siamo già soffermati dell’adsignatio di un locus al corpus pistorum e sempre

di un locus ma dei praedia Rusticeliana oramai di proprietà imperiale (vedi rispettivamente pp. 29-30 e 61-62).

312 Si ipotizza che nei pressi sorgesse il vero palatium imperiale (vd. GRANIERI 2008).

313 Si vedano il mitreo di Fructosus e il mitreo di Porta Romana e le riflessioni sui mitrei Aldobrandini e di

Felicissimo.

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2. 10. Mitreo delle Pareti Dipinte (III i, 6)

Il mitreo delle Pareti Dipinte è installato all'interno di un edificio che affaccia a est su Via della Foce, confinante con il cosiddetto mercato (III i, 7) a nord, la Basilica Cristiana (III i, 4) a ovest e le Terme della basilica (III i, 2-3) a sud315 (fig. 34). L'edificio nasce come domus con peristilio

di età repubblicana (II sec. a.C.). L'impianto originario è in opus incertum con il colonnato del peristilio in rocchi di tufo e di opera reticolata e pavimentato in spicatum.

È stato rimaneggiato dal periodo augusteo in avanti. Sono riconoscibili due momenti edilizi principali. Il primo è imperniato sul tablinum, nel quale si interviene sul lato ovest, con l'inserimento di specchi di reticolata e con la sostituzione delle colonne con pilastri di laterizio. Successivamente avviene l'installazione del mitreo nella parte nord-est dell'edificio, con l'occupazione del vano a nord del tablinum e del lato settentrionale del peristilio. Nella stessa fase, grossi cambiamenti hanno interessato anche la parte orientale, che viene divisa da tramezzi in opus listatum. Si crea un lungo corridoio che dall'ingresso su Via della Foce attraversa l'ala meridionale della struttura e porta al piccolo cortile che è il risultato della chiusura degli intercolumni dell'ala est del peristilio.

Una volta entrati da Via della Foce, l'accesso al mitreo prevedeva il passaggio di una porta nell'angolo sud-est per entrare nel cortile.

L'architettura del mitreo (fig. 35) sintetizza tutte le fasi edilizie dell'edificio nel quale è inglobato. La parete nord è quella perimetrale di costruzione originaria in opera incerta, quella ovest è a specchi di reticulatum e quella a est incorpora un pilastro laterizio con capitello in tufo pertinente al peristilio. Su questa parete si imposta anche l'ingresso, secondo il percorso descritto poco sopra. L'ultima parete è la più recente: è in opus listatum e corre lungo il lato meridionale, inglobando una colonna dell'ala nord del peristilio. Presenta inoltre una porta con una soglia di travertino, chiusa in un momento successivo.

Muri preesistenti sono anche quelli che dividono in due i podia, che come di consueto sono addossati alle pareti lunghe316. Per quanto riguarda la banchina sud, il muro divisorio è

pertinente a una testata dell'originario tablinum della domus e quella del podio opposto è in

opus reticulatum. Entrambe sono state tagliate per essere sfruttate come ante divisorie dei

315BECATTI 1954,59-68;CIMRM264;BAKKER 1994;PAVOLINI 2006a,144-45;MARCHESINI 2012-13,199-224;

MELEGA 2017-18,91-9,267-74;VAN HAEPEREN 2019;VAN HAEPEREN,Ostia. Mithraeum des Parois peintes (III, I, 6) https://books.openedition.org/cdf/6571.

316 Ne risulta che il mitreo è diviso in due sezioni, di cui quella più interna misura circa 8 m e quella più esterna

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podi317. Sporgono di circa 1 m all'altezza dell'ambulacro del peristilio e non ingombrano lo

spazio intermedio tra le due banchine che è di circa 4 m in entrambe i vani. Quindi questa prima sezione del mitreo – una sorta di vestibolo? – è stata ricavata nell'ala nord del peristilio. In questo punto di raccordo tra i due vani del mitreo sono state ricavate due nicchie, rivestite di marmo nella parte inferiore. Sempre accanto alle ante divisorie sono stati predisposti i due gradini per la salita sulle banchine, che per il podio di sinistra sembrano però essere stati aboliti in un secondo momento.

Altre due piccole nicchie si trovano a circa metà della lunghezza delle banchine e sono ricoperte in stucco. Sono state ricavate nella muratura dei podia, a loro volta ricoperti da una cortina in opera listata di tufelli e laterizi, stuccata nella sezione interna del mitreo, mentre in quella esterna il rivestimento è perduto. Un'altra differenza tra i due vani è che in quello interno il pavimento del corridoio centrale è ricoperto di tessere di travertino, mentre è assente nella sezione esterna.

La parete di fondo del mitreo, sul lato ovest, è obliqua perché sfrutta il muro perimetrale della

domus. Con l’inserimento del thronus, costruito in muratura e in opus listatum, si è però

riempito lo spazio per pareggiare la differenza di profondità dell’aula.

Quindi l'altare è del tipo a gradoni. Sulla superficie del primo ripiano, c’è una piccola lastra di marmo bianco reimpiegata nel rivestimento in cipollino di una piccola nicchia. Su questa lastra c’è un'iscrizione che è stata considerata di contesto mitraico318 per la menzione di una dedica

del thronus:

Soli [---] / L(ucius) Sempronius [---] / thronum [---] / (vacat) S[-ca.2-]+[.] [---] / ---?

Nella lacuna che segue la menzione di Sol doveva essere inserita la denominazione di Invicto

Mithrae. Se possiamo essere abbastanza certi del contesto cultuale di appartenenza di questa

iscrizione, è interessante capire se la dedica proviene dal mitreo delle Pareti Dipinte o è originaria di un altro luogo di culto mitraico. Secondo Becatti, seguito da Squarciapino, sarebbe plausibile che questa lastra fosse pertinente alla dedica del thronus originario. Sarebbe stata successivamente reimpiegata nel rifacimento dell'altare a gradoni, testimoniandone un

317 BECATTI 1954, 59.

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intervento di restauro in una seconda fase319. Marchesini invece ritiene che la lastra non faccia

parte di una seconda fase del thronus. La centralità del posizionamento e la creazione della nicchia al di sopra, con l'inserimento di un mortarium nella muratura, indicherebbero la contemporaneità di messa in opera e quindi una progettazione unitaria320.

Un'altra iscrizione reimpiegata nell'altare proviene dallo stipite nord, nel quale è stato murato un frammento di epistilio marmoreo che recita321:

[---A]ugusti C+[---]/ [---]doti l(---) V[---]/ [---]ato de sua pe[cunia?---].

Becatti e Vermaseren ricostruiscono l'iscrizione inserendola nel contesto di ritrovamento e quindi quello mitraico, ipotizzando un [SACER]DOTI e PE[CUNIA]322. Recenti

approfondimenti hanno però collegato questa iscrizione ad altri frammenti, pertinenti alla costruzione del Macellum ostiense323.

All'interno del mitreo sono state trovate due piccole basi inscritte, di cui non conosciamo con esattezza le dinamiche di giacitura e di ritrovamento324. La prima, trapezoidale, in marmo

bianco, con zoccolo e modanatura, ha un foro sulla parte superiore per l'alloggiamento di un perno e reca un'iscrizione sulla faccia posteriore325:

C(aius) Cae/lius E[r]/meros (!), / antis/tes h[ui]/us loc[i], / fecit / s(ua) p(ecunia)

Non ci sono indicazioni sull'intervento promosso dal dedicante, né abbiamo la specificazione della divinità. Però, oltre alla ricorrenza del termine antistes, diffusa in ambito mitraico326, il

319 BECATTI 1954,68,SQUARCIAPINO 1962, 47. Secondo Becatti l'eventualità del reimpiego "interno" allo stesso

mitreo, troverebbe un caso analogo nel mitreo della Planta Pedis, nel quale venne reimpiegata come rivestimento un'iscrizione dedicata dal sacerdote Florius Hermadio (BECATTI 1954, 82, CIMRM 273).

320 MARCHESINI 2012-13, 221.

321 BECATTI 1954, 60; CIMRM 265; MARCHESINI 2012-13, 212-14. 322. BECATTI 1954, 60; CIMRM 265.

323 MARINI RECCHIA 2014, 74 e ss.

324 Dal Giornale di Scavo del febbraio 1939: "Sul lato nord del primo tratto del Decumano vengono in luce alcuni

ambienti nei quali sono incorporate colonne laterizie e di tufo, in uno di questi sono due basse banchine lungo i lati come quelle di un mitreo. In questo vano si sono trovati due cippi marmorei frammentati di piccolissime dimensioni a piramide conca e scorniciati (?) con le iscrizioni… " per le iscrizioni vedi testo.

325 BECATTI 1954, 67; CIMRM 269; MARCHESINI 2012-13, 203-05.

326 L’antistes sembra assumere i caratteri di una carica più amministrativa e soprattutto quando il termine è seguito

dalla specificazione huius loci potrebbe definire una funzione di sovrintendente ai beni immobili. Vedi il paragrafo 5.2.

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personaggio ricorre con lo stesso epiteto in tre iscrizioni provenienti dal Mitreo del cd. Palazzo Imperiale327.

L'altra iscrizione su piccola base, o aretta, ritrovata durante lo scavo del mitreo nel 1939 recita328:

A(ulus) Aemi/lius An/toninus, / pater, / Cauti.

In essa A. Aemilius Antoninus, in qualità di pater, dedica a Cautes un oggetto non identificato. Non ci sono altre attestazioni di questo personaggio. Su base paleografica, l'iscrizione può essere datata tra la fine del II e l'inizio del III sec. d.C. 329.

Un'altra iscrizione rinvenuta durante lo sterro del mitreo è stata riportata da Marchesini nella sua tesi dottorale e collegata a un frammento ritrovato nello scavo dell'adiacente Basilica Cristiana330.

Nel documento I luoghi di culto mitraico di Ostia (pagine 80-91)