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L’antro del dio 139

Nel documento I luoghi di culto mitraico di Ostia (pagine 139-143)

Quando le fonti letterarie ci parlano del luogo dedicato al dio iranico si riferiscono sempre a uno spazio legato all’immaginario della grotta.

Nella realtà archeologica abbiamo delle testimonianze diverse. A Roma per esempio i mitrei tendono a essere impiantati in luoghi sotterranei. Quando la morfologia del territorio lo ha permesso, evidentemente nelle aree non urbane, la pietra ha assunto il ruolo di elemento connotante i templi mitraici. Lo dimostrano esempi italici come Sutri in Etruria, Ponza, isola dell’arcipelago pontino o Duino in provincia di Trieste, o fuori dalla penisola a Saarbrucken, nel Land tedesco, dove i mitrei sono delle vere e proprie grotte517.

Nella colonia ostiense, l’aspetto della sotterraneità sembra declinarsi in forme particolari. L’unico mitreo impiantato in ambiente che possiamo definire pienamente ipogeo è quello delle Terme di Mitra, inserito negli ambienti di servizio del complesso termale. Questo aspetto sembra però essere ricorrente anche se in modi diversi e oggettivamente più tenui. Non si tratta di sotterraneità vera e propria, ma della ricerca di una divisione anche a livello altimetrico rispetto agli ambienti circostanti. Non possiamo essere sicuri ci fosse un tentativo architettonico di dare un senso liminare all’ingresso nello spazio sacro a Mitra, ma i dati archeologici

517 Nell’area pannonica si registra il maggior numero di testimonianze di mitrei scavati o ricavati entro grotte e

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provenienti dai mitrei ostiensi, restituiscono un quadro eterogeneo in cui la soglia di questi luoghi di culto si trova sovente a una quota minore.

Nel caso del mitreo delle Pareti Dipinte la quota dell’aula di culto è circa 1 m inferiore rispetto al piano di calpestio degli ambienti circostanti. Per raggiungere il mitreo del Palazzo Imperiale, invece si deve scendere una scala per un’altezza di circa 1 m che conduce ai due ambienti attraverso i quali si accede al mitreo vero e proprio. In ultimo c’è il mitreo di Fructosus, inserito nelle favisse di quello che doveva essere un tradizionale tempio collegiale, poi sostituito da uno spelaeum dedicato a Mitra. Questi possono essere considerati i casi in cui possiamo parlare di mitrei sotterranei e semi-sotterranei.

In altri casi la quota pavimentale dei mitrei è al di sotto dei piani di calpestio degli ambienti adiacenti, solo per decine di centimetri. In taluni casi sappiamo con certezza che l’abbassamento è preesistente l’impianto del luogo di culto. Il mitreo di Lucrezio Menandro è stato installato in due ambienti ricavati in un vicolo e collegati all’omonimo caseggiato. Nella stessa fase, alcune stanze, comprese quelle in cui sarebbe sorto il mitreo, sono state interessate da un abbassamento della quota di calpestio.

In situazioni come queste, non sempre sappiamo se siano state scelte intenzionali, se sia trattato di casualità o se l’abbassamento sia stato effettuato contestualmente all’impianto del mitreo. Nel mitreo dei Serpenti, il luogo di culto e la parte antistante l’ingresso erano raccordati dall’ambiente adiacente da un gradino di circa 25 cm, ma purtroppo non è facile capire quando si sia verificato questo dislivello.

Il mitreo di Porta Romana risulta più in basso del sacello e l’aula mosaicata, con i quali confina a sud e ovest e anche rispetto al vicolo che lo costeggia sul lato ovest. Il raccordo tra l’aula mosaicata e il mitreo avviene attraverso una porta e una serie di gradini attualmente non conservati. Anche il vicolo cieco a ovest potrebbe essere collegato al mitreo, all’altezza dell’ingresso principale, sebbene la larghezza della porta implica qualche dubbio a riguardo. La quota sembra però la stessa della strada e degli edifici a est, da dove si giunge per entrare attraverso l’accesso principale del luogo di culto.

Difficoltà di lettura derivate dallo stato di conservazione e dai limiti dell’area scavata riguardano il mitreo degli Animali, che si ritrova nella zona più bassa dell’isolato IV, ii, che segue la pendenza progressiva del terreno. Limite di lettura anche per il cd. Sabazeo, che è l’unico ambiente scavato degli horrea omonimi e che si attesta comunque a un livello inferiore

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rispetto alle immediate vicinanze, come dimostra la soglia di una porta che si trova a circa 40 cm al di sopra del pavimento del mitreo.

Il mitreo della Planta Pedis invece doveva essere a un livello di circa 10 cm più in basso rispetto all’ambiente da cui si accedeva, come si deduce dallo spoglio della documentazione fornita dagli scavatori.

Non è possibile sapere quanto sia stata rilevante l’idea della grotta nella scelta degli spazi in cui collocare i mitrei, o quanto semplicemente questi ambienti rappresentassero sempre la soluzione più isolata e nascosta.

È molto probabile che le due possibilità si equivalessero, come sembra dimostrare la collocazione topografica dei templi mitraici ostiensi e taluni accorgimenti architettonici. In effetti, nell’apparato decorativo si è cercato di ricreare l’ambiente di spelaeum, attraverso l’utilizzo di pietra pomice, corallo o la lavorazione di stucco e intonaco.

Il valore simbolico della grotta è chiaramente tradito dalla letteratura apologetica e neopitagorica. In queste fonti, il luogo di culto viene definito con una piccola variazione di termini e con descrizioni che sebbene si dimostrino eterogenee per altri aspetti, come quello del rituale, per quanto riguarda la struttura ospitante sembrano sempre mantenere una certa coerenza e un legame con l’idea della grotta e della natura. Le parole ricorrenti sono antro518,

sub rupibus antri519, più diffusamente spelaeum520. Questo termine ricorre anche in due

iscrizioni ostiensi: in un’epigrafe senza contesto ritrovata presso il teatro521, e poi citato insieme

a templum (“templum et spelaeum”), in cui con templum si dovrebbe fare riferimento alla sede collegiale degli stuppatores, all’interno della quale è stato installato il mitreo di Fructosus522.

Abbiamo anche un’unica attestazione letteraria per il termine specus523. Il termine greco

μιθρειον, da cui deriva il neologismo latino mithraeum, ci viene tramandato da Socrate Scolastico524.

Dal materiale dello scavo Petrini, abbiamo un’iscrizione che fa riferimento al mitreo come

“aedes cum pronao”525, che oltre a indicare il luogo di culto allude a uno spazio annesso.

518 IUST., Dial. C. Tryph, 70,1, COMM., Instr., I, 13. 519 STAT., Teb., I, 716-720.

520 IUST., Dial. C. Tryph, 70,1; TERT., De Cor., XV, 3-4: 3; PORPH., De Antro, 5-6:5; 20; PAUL. NOL., Carm.,

XXXII, 113-127; FIRM. MAT., De err. prof. rel., V, 1-2: 1.

521 CIL XIV 4315.

522 CIMRM 228a-b, vedi MARCHESINI 2012-13, 190-92. 523 HIERON., Ep. 107 ad Laetam, 2.

524 SOCR. SCHOL., Hist. Eccl., III, 2. 525 CIL XIV 61.

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Come abbiamo avuto modo di vedere il materiale dello scavo Petrini è stato ricondotto spesso al mitreo delle Sette Sfere, sebbene proprio la ricerca di un aedes cum pronao sembra rappresentare la prova di un’errata identificazione tra i due monumenti, perché il mitreo della

regio II sembra non mostrare tracce ineludibili di vestiboli526.

Si consideri inoltre che le parole aedes e pronaus sono degli unica dei contesti mitraici ostiensi, sebbene le attestazioni di pronai, nel senso di vestiboli e anticamere, sono quasi una regola nella città527.

Sempre da materiale ascrivibile a contesti incerti è l’iscrizione CIL XIV, 66 dagli scavi di Fagan, in cui si cita la concessione di una cripta di un palazzo528, dove con il termine crypta si

fa probabile riferimento alle stanze sotterranee di un edificio residenziale, forse imperiale, e non direttamente al luogo di culto.

Appare chiaro come il confronto tra le fonti epigrafiche e le fonti letterarie tenda a indicare il mitreo come luogo di culto che rimanda alla grotta (spelaeum e antro). Le caratteristiche di spazio buio e sotterraneo sono materialmente restituite da una serie di espedienti che tentano di ricostruire questa ambientazione. Che si tratti di pitture murarie, o la sistemazione della nicchia della parete di fondo, o l’abbassamento del piano di calpestio rispetto ai vani adiacenti, sembra che il mitreo dovesse avere questa connotazione di luogo ospitante una realtà che rimandava al mitico teatro delle imprese del dio, ovvero la grotta.

La struttura peculiare, che si distanza dalle altre tipologie di luoghi di culto e lo rende così facilmente riconoscibile, sembra riunire in un’unica soluzione tutte le componenti dell’architettura templare greco-romana: l’immagine del culto, l’altare e i vani accessori come la sala per banchetti529. Usando un linguaggio architettonico differente, ospita questi elementi

in un unico spazio, evidenziando allo stesso tempo anche delle variazioni sostanziali. Nei templi dei culti civici i signa del dio sono collocati nella cella, nella quale l’accesso è fortemente limitato se non ai ministri del culto. Nel caso del mitreo invece si configura uno

526 Abbiamo già citato l’ipotesi secondo cui sarebbero identificabili i due mitrei qualora il vestibolo del mitreo

delle Sfere possa essere rappresentato dallo spazio ricavato nel corridoio centrare dei Quattro Tempietti, che garantiva l’accesso alla sala mitraica (VAN HAEPEREN, Ostia. Mithraeum des Sept Sphères (II, VIII, 6) https://books.openedition.org/cdf/6592 ).

527 La presenza di un vano che precede il mitreo vero e proprio è attestabile in diverse forme in quasi tutti i mitrei

ostiensi, a eccezione del mitreo delle Sette Porte e del Sabazeo, e come abbiamo visto solo in chiave ipotetica per il mitreo delle Sette Sfere, in cui attualmente non è possibile ipotizzarne l’esistenza. Come sempre considerazioni del genere non sono applicabili al mitreo Aldobrandini per la parzialità dello scavo del monumento.

528 “cryptam palati concessam”. 529 ALVAR 2008, 351; SCHEID 2009, 71.

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spazio aperto, in cui quella che è la casa del dio, è aperta a tutti i fedeli. L’altro aspetto che maggiormente distanzia il culto di Mitra da quelli ancestrali è la presenza di un altare posto a ridosso dell’immagine del dio, sulla parete di fondo e non all’esterno dello spazio templare530.

Cosa possiamo dedurre da questa tipologia di architettura? Sicuramente tale connotazione riflette anche una diversa struttura rituale. Non possiamo essere certi però che si tratti di una sorta di espediente per riunire tutte le necessità di un culto all’interno di uno spazio chiuso che ne garantisca la riservatezza. Anche in caso di sacrifici, pensando alla topografia dei mitrei ostiensi, è difficile pensare di poter collocare un altare nella parte esterna antistante dell’ingresso, essendo il percorso d’accesso mediato da diversi spazi e da un diverso numero di soglie.

Nel documento I luoghi di culto mitraico di Ostia (pagine 139-143)