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1 4 L’ambiguità della performance nelle aziende pubbliche

1.4.3 L’ambiguità degli obiett

L’ambiguità degli obiettivi rappresenta sicuramente un ostacolo forte al raggiungimento di performance eccellenti (Drucker, 1980; Wilson, 1989) in quanto, consentendo di giustificare a livello soggettivo qualsiasi tipo di risultato, allenta la responsabilità verso il conseguimento degli obiettivi stessi. Questo problema consente alle organizzazioni pubbliche di operare senza aver un quadro chiaro degli obiettivi da

32 perseguire, i quali a loro volta, riducono notevolmente la possibilità di operare una valutazione oggettiva della performance.

La classificazione dei diversi fattori che contribuiscono a generare l’ambiguità degli obiettivi nelle pubbliche amministrazioni risulta funzionale ad una più chiara definizione degli stessi oltre che ad una migliore valutazione dei risultati.

Il monitoraggio delle condizioni di efficacia ed efficienza della gestione deve essere ancorato, come detto in precedenza, a dei parametri. Questi ultimi traggono origine dagli obiettivi di fondo della gestione esplicitati in quel processo direzionale che viene comunemente denominato “pianificazione strategica” (Brusa, 2000)41.

Gli obiettivi di fondo della gestione rappresentano, tanto nelle imprese quanto nelle amministrazioni pubbliche, il “faro che illumina” tutte le decisioni aziendali. Se il sistema di misurazione e controllo non dispone di obiettivi chiari, espliciti, condivisi e possibilmente misurabili, non è in grado di identificare i precisi indicatori di risultato con cui misurare l’efficacia e l’efficienza, e cioè non saprebbe cosa misurare e con quali priorità. In altre parole, gli obiettivi di fondo della gestione definiscono lo “spazio strategico”42 all’interno del quale l’organizzazione pubblica intende muoversi al fine di soddisfare i bisogni collettivi istituzionalmente assegnati condizionando e guidando concretamente le scelte, le azioni, le attività ed i comportamenti delle persone verso il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Di fatto gli obiettivi strategici, riferendosi ad un arco temporale di medio e lungo termine, per essere realizzati presuppongono la definizione coerente di un sistema di obiettivi e sub obiettivi di breve termine grazie ai quali poter guidare le scelte degli amministratori e monitorare i risultati. Gli equivoci si generano pertanto già a livello di mission quando le finalità dell’organizzazione sono tradotte in obiettivi generali ed in linee guida che possono dar luogo a diverse possibili interpretazioni (Scott, 1992), generando una situazione di ambiguità delle direttive (Chun, Rainey, 2006).

E’ ben intuibile l’importanza che la pianificazione strategica assuma all’interno di un qualsiasi processo di misurazione e controllo dei risultati, ma questo momento, soprattutto nelle organizzazioni pubbliche, risente dell’ambiguo rapporto tra processi politici e processi amministrativi. La questione non è nuova ed anche il new public

41 BRUSA L. (2000), Sistemi Manageriali di programmazione e controllo, Giuffrè Editore, Milano:il processo

direzionale con cui gli obiettivi sono esplicitati è la Pianificazione Strategica. Con essa si tenta di formulare in modo coerente e armonico un insieme di decisioni grazie a cui la direzione dà un volto durevole all’azienda, decidendo cosa fare e per chi e formula i piani di azione con cui dare concreta attuazione alle strategie suddette. Inoltre con la stessa si esprimono in modo chiaro e univoco a quali obiettivi le strategie ed i piani mirano e in quali tempi essi andranno realizzati. In definitiva, la pianificazione strategica è un processo direzionale che sta a monte dei sistemi di misurazione e controllo di gestione e che con quest’ultimi forma un sistema unitario più ampio normalmente definito “Pianificazione e Controllo”.

33 management ha cercato di rompere con gli schemi del passato, propugnando il rinnovamento ed il miglioramento della pubblica amministrazione attraverso la trasformazione del rapporto esistente tra il momento politico e quello amministrativo (Meneguzzo, 1995)43.

L’esercizio del potere ed il comportamento politico, l’individuazione ed il rispetto dei ruoli e delle competenze, la separazione reale tra organi di indirizzo ed organi di gestione, la percezione che gli attori del processo hanno del proprio ruolo, la neutralità e l’indipendenza dei dirigenti, la divergenza tra obiettivi di consenso ed obiettivi sociali rappresentano solo alcuni degli aspetti che contribuiscono a rendere piuttosto complessa ed ambigua la problematica e che condizionano inevitabilmente il raggiungimento di performance eccellenti. Pertanto l’ambiguità della mission è strettamente condizionata “dall’ambiguità della funzione politica”, cosa che può e deve risolversi mediante un approccio culturale che passa attraverso la costruzione di una nuova identità.

Solo quando gli organi di indirizzo politico (soggetti) e gli organi deputati al controllo (assoggettati) sapranno dare una diversa interpretazione alla propria funzione e al proprio mandato sarà possibile conseguire, anche grazie all’apporto delle logiche aziendali, un miglioramento dei livelli di performance.

Orientare il proprio ruolo verso la soddisfazione di bisogni pubblici grazie al quale gestire non solo la relazione tra soggetti-assoggettati ma anche il rapporto tra interesse personale-interesse collettivo rappresenta di per sé già elemento di buona performance. L’implementazione in ambito pubblico di processi di pianificazione strategica costituisce pertanto un momento di forte rilevanza culturale, espressione diretta di una volontà da parte dell’ente di voler identificare e sfruttare il proprio “spazio strategico” mediante una serie di scelte che comportano una consapevole definizione del ruolo che si intende svolgere attraverso gli ambiti di intervento, le formule gestionali, le filosofie organizzative e le relazioni che si intende adottare (Borgonovi, 2004).

Un altro tipo di ambiguità, strettamente collegata alla mission, è quella generata dall’esercizio della discrezionalità amministrativa. La dottrina tradizionale (Virga)

43 MELE R., STORLAZZI A. (2006), Aspetti strategici della gestione delle aziende e delle amministrazioni pubbliche,

CEDAM, Padova: La PA ha un fine determinato da raggiungere che viene indicato direttamente dalla legge o dagli organi democraticamente eletti. Le due fasi dell’indirizzo e della gestione realizzano il passaggio da condizioni generali ed astratte, che indicano fini da perseguire, all’individuazione delle scelte da applicare al caso concreto. Questo processo di precisazione del fine, palesa il potere della Pubblica Amministrazione che si giustifica perché a monte c’è una chiara segnalazione dell’organo politico. Tuttavia le disposizioni normative non sono in grado di stabilire a priori la soluzione per ogni circostanza che si possa manifestare rispetto a più alternative ugualmente possibili. Per tale motivo la pubblica amministrazione interviene con una decisione discrezionale che diviene così di per sé mezzo espressivo di scelte di parte, politiche, perché si fondano su specifici interessi.

34 definisce la discrezionalità come la facoltà da parte di chi esercita il potere di scegliere fra più comportamenti giuridicamente leciti per il soddisfacimento dell’interesse pubblico. Da tale definizione ne deriva che, accertato che la PA opera per la soddisfazione di bisogni collettivi, non sempre tali bisogni sono dettagliatamente definiti e regolamentati dal legislatore tanto da poter distinguere tra azioni vincolate ed azioni discrezionali.

Ed infatti, considerato che la legge determina il fine che la pubblica amministrazione deve realizzare, a seconda che venga lasciato o meno un margine di operatività nella scelta delle concrete modalità attuative, si è in presenza, rispettivamente di attività discrezionale o attività vincolata. Il momento “politico” della ponderazione dei vari interessi da soddisfare e la fase di scelta tra le diverse soluzioni ipotizzabili costituisce il “merito amministrativo”, di norma sottratto al sindacato giurisdizionale e soggetto solo al “sindacato politico”.

In altre parole il merito rappresenta la sfera libera dell’azione amministrativa discrezionale, ossia l’ambito nel quale la stessa, rispettati i principi dell’azione amministrativa può svolgersi senza essere soggetta al sindacato giurisdizionale e quindi a valutazione e controllo. La molteplicità degli interessi da soddisfare e l’impossibilità di poterli realizzare tutti, fornisce a chi è chiamato ad implementare le scelte (funzione politica) non solo la discrezionalità relativamente al come raggiungere determinati obiettivi, ma anche la discrezionalità su quali obiettivi perseguire, generando così un’ambiguità delle priorità (Chun, Rainey, 2006).

Il problema alla base della costruzione della teoria della discrezionalità amministrativa è proprio quello di limitare l’arbitrio nelle scelte dell’autorità, laddove la legge non definisce in modo chiaro gli interessi collettivi da soddisfare e le modalità operative mediante cui realizzarli.

E’ proprio questo spazio di libertà che genera un’ambiguità che di fatto condiziona sia il raggiungimento di performance eccellenti che la loro stessa misurazione e valutazione. L’ambiguità della mission e l’ambiguità delle priorità pertanto destabilizzano l’approccio aziendale quale unico modello mediante il quale risolvere il problema della performance nelle pubbliche amministrazioni.

Queste ultime, affiancate poi dall’ambiguità della misurazione, dall’ambiguità della valutazione e dall’ambiguità delle dimensioni di risultato, contribuiscono a formare l’ambiguità della performance o degli obiettivi all’interno del quale fattori di tipo strutturale, culturale, organizzativo e relazionale meritano la giusta considerazione nella fase di implementazione dei sistemi di misurazione e valutazione.

35 L’eterogeneità delle variabili, delle dimensioni e degli obiettivi, oltre che delle persone coinvolte all’interno delle PA, richiede pertanto un approccio integrato, sistemico, aperto che partendo dalle persone, dalla cultura e dalla professionalità miri a sollecitare percorsi di misurazione e valutazione dei risultati come sinonimo di una sempre maggiore focalizzazione verso l’interesse istituzionale e la soddisfazione dei bisogni collettivi.

La figura 3 riassume le fasi che caratterizzano il processo di realizzazione degli obiettivi di una PA e per ognuna di esse le tipologie di ambiguità che si possono generare. Ogni singola fase presenta strutturalmente forti differenze e diversi fattori di ambiguità e di criticità da analizzare di volta in volta in funzione dell’obiettivo finale da conseguire. Pertanto l’implementazione dei sistemi di misurazione e valutazione delle performance devono tener conto, in modo equilibrato ed integrato dell’impatto di ogni singola fase in termini di competenze, criticità, ambiguità ed informazioni.

Figura 3. Mappa delle ambiguità della performance.

Ambiguità della Performance

Ambiguità della Mission Ambiguità di Risultato

Ambiguità delle priorità Ambiguità della Valutazione

Ambiguità della misurazione

Fonte: elaborazione personale

Le informazioni che derivano dai processi di valutazione della performance non creano automaticamente una valore per l’organizzazione. Perché ciò avvenga è necessario che le informazioni ed il processo di valutazione siano utili per assumere delle decisioni e che le stesse siano coerenti con la finalità da perseguire. Purtroppo, in molti

Sub Obiettivi da perseguire Risorse umane e finanziarie Output conseguiti Outcome percepito Bisogni da soddisfare Impatto Finale (Performance) Pianificazione Strategica

36 casi, si è potuto costatare che la valutazione delle performance, anche quando presente, è stata raramente impiegata (Radnor, McGuire, 2004).

Sia i politici che i manager pubblici, supportati dalle ambiguità sopra descritte, direbbero che raramente può essere impiegata e le motivazioni, facilmente percepibili, sono da ricercare in due fattori essenzialmente dominanti quali la responsabilità e l’attendibilità. In altre parole, quando l’organizzazione crea informazioni viene messa in discussione la loro correttezza. Quando i fattori sono corretti, viene messo in discussione che siano adatti a rappresentare le responsabilità dell’amministrazione.

La relazione tra mission (obiettivi), esercizio del potere (decisioni), responsabilità (gestione) e valutazione delle performance (risultati) rappresenta un processo lineare all’interno del quale potrebbe circoscriversi ogni tipo di ambiguità se non fosse per le diverse interpretazioni che gli attori coinvolti in tale processo danno ad ognuno di queste fasi. La stessa valutazione delle performance genera ambiguità. Il monitoraggio delle performance di fatto consiste nel confrontare periodicamente e sistematicamente i dati della gestione con gli obiettivi definiti.

Tale confronto è finalizzato a produrre informazioni per il processo decisionale al fine di renderlo quanto più coerente possibile alle finalità da raggiungere. Il monitoraggio della performance supera la semplice fase del controllo e si estende ai momenti successivi quali l’analisi delle informazioni, la cognizione dei fatti, la comprensione degli elementi di criticità e la definizione degli interventi correttivi. Se i sistemi di misurazione e controllo non danno particolare enfasi a questa dimensione e quindi non vengono studiati per supportare i processi decisionali strategici, il controllo da essi derivante non sarà mai in grado di governare in modo efficace la performance dell’organizzazione.

La valutazione della performance si realizza nel momento in cui le informazioni riguardanti risorse, attività, processi, persone e risultati vengono interpretate in funzione degli obiettivi che l’amministrazione ha il compito di perseguire. Nel momento in cui tali obiettivi vengono generalizzati o mal interpretati, le decisioni risentono fortemente della discrezionalità dei diversi interlocutori coinvolti e dell’influenza di variabili diverse e contrastanti, la gestione non è supportata da un forte senso di responsabilità e da sistemi di misurazione e controllo efficaci, e la valutazione, qualora espletata, non assolve alla funzione di supporto della fase decisoria, si corre il rischio di compromettere il raggiungimento delle finalità dell’organizzazione oltre che la sua stessa autonomia.

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