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Analisi del quadro ordinamentale in materia di Performance

3.3 L’inizio del processo di riforma

Il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l’analisi delle risorse acquisite e la comparazione tra

88 i costi, quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell’organizzazione e l’efficacia, l’efficienza e l’economicità nell’attività di realizzazione degli obiettivi126.

Esso rappresenta uno dei controlli interni127 della PA italiana. L’evoluzione dei sistemi di controllo interni ha una storia lunga e, come sempre in materia di pubblica amministrazione, risale alla fine dell’Ottocento.

Il processo di rinnovamento e di cambiamento, lento ma costante nel tempo, è tuttavia recente perché, seppur stimolato dal legislatore sin dall’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, ha trovato applicazione e diffusione solo negli ultimi anni, a seguito della crisi della finanza pubblica, degli scandali nel mondo politico ed istituzionale e della precarietà dei bilanci.

Nello schema più avanti riportato (figura 7), è possibile percorrere le tappe di questo processo di rinnovamento attraverso i diversi interventi legislativi, che nel corso degli anni, seppur timidamente, hanno sollecitato l’affermazione di una visione aziendalistica della PA rispetto alla classica visione politico-istituzionale128 anche grazie ai movimenti di rinnovamento analizzati nei capitoli precedenti.

Il primo riferimento esplicito si ritrova nella legge n. 142/90, che all’art. 57 ha previsto la possibilità per gli enti locali di adottare forme di controllo interno, autonomamente configurate e disciplinate. Si tratta solo di un primo accenno, ma che configura già una “rottura” con le forme classiche di controllo “esterno”, basate su un esame preventivo e formale da parte di organismi posti al di fuori della struttura organizzativa dell’ente. Inoltre, per la prima volta viene introdotto il “principio della

126 In questo modo viene definito il controllo di gestione dall’articolo 39 della Legge 77/1995, meglio nota

come Legge Bassanini 1, che ha visto poi la sua attuazione nell’importantissimo d.lgs. n. 286/1999. Questo articolo ripercorre le tappe che hanno portato alla nascita del controllo di gestione in Italia, spiegando il significato della definizione sopra riportata e precisando quali sono le scelte progettuali che un’amministrazione pubblica deve affrontare per elaborare e dar impulso ad un controllo di gestione adeguato alle proprie esigenze.

127 Tale tipologia di controllo è stata per molti anni del tutto sconosciuta al nostro ordinamento e solo la

Legge n. 335/1976 (Contabilità delle Regioni) ha iniziato a far considerare tale aspetto. I controlli interni sull’economicità della gestione, condotti prendendo in considerazione indicatori economici, finanziari, di rendimento e di risultato, sono unanimemente considerati tra gli strumenti più efficaci per garantire il buon funzionamento amministrativo. La Legge n. 279/1997 prima (ha istituito per le amministrazioni un sistema di contabilità economica incentrato su rilevazioni per centri di costo) e il d.lgs. n. 286/1999 poi (attuazione della Legge Bassanini) hanno riaffermato e rafforzato tale tipologia di controlli riordinando i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e delle attività svolte e individuando quattro diverse aree di attività in cui articolare i controlli pubblici ed in particolare il

controllo di regolarità amministrativa e contabile, il controllo di gestione, la valutazione dei dirigenti e le attività di valutazione e controllo strategico.

128 Secondo il Borgonovi, da un punto di vista metodologico il funzionamento della PA può essere

analizzato secondo la prospettiva del sistema politico istituzionale (preposto all’elaborazione degli indirizzi strategici ed al controllo della loro effettiva realizzazione) o del sistema aziendale (preposto alla gestione delle risorse a disposizione e finalizzato al conseguimento degli obiettivi). Mentre la natura politico istituzionale delle amministrazioni pubbliche può dirsi universalmente e storicamente riconosciuta, la natura aziendale delle stesse è stata ampiamente dibattuta nel passato ed è diventata oggi

il concetto chiave delle recenti riforme del settore pubblico anche se avviate formalmente con la legge n. 142/90.

89 separazione fra poteri e responsabilità” relativi rispettivamente all’organo di indirizzo politico-amministrativo e di gestione attraverso la distinzione netta tra organi di direzione e organi di governo.

Successivamente, ha visto la luce la legge n. 241/1990 (attualmente modificata e integrata dalla legge n. 15/2005 e dalla legge n. 80/2005) la quale, nota come legge sulla trasparenza, ha obbligato le PA ad individuare al proprio interno le unità organizzative ed i soggetti responsabili dei risultati da conseguire, onde superare definitivamente il concetto di amministrazione impersonale129. Venivano affermati con forza oltre che i principi di legalità, trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa, anche i concetti di efficacia ed efficienza, rafforzando così il principio generale del buon andamento.

Successivamente, il d.lgs. n. 29/1993, oltre a ribadire il principio della gestione per obiettivi, introducendo i controlli interni alle pubbliche amministrazioni, ha imposto la costituzione di uffici di controllo interni (nuclei di valutazione), con lo scopo di valutare ma anche di indirizzare e correggere l’azione degli uffici, in funzione degli obiettivi e delle responsabilità assegnate nel rispetto dei principi di efficacia e di efficienza. Il provvedimento stabilì, inoltre, che i nuclei o servizi fossero autonomi, rispondendo unicamente agli organi di direzione politica. Di fatto, però, questo aspetto rappresentò sostanzialmente un ostacolo alla piena realizzazione dei nuovi sistemi di controllo interno considerato che non erano ancora maturate le condizioni per dare piena diffusione a tale tipo di approccio.

Inoltre, al fine di rafforzare il controllo sui bilanci, vennero introdotti i concetti di missioni e programmi tipici dell’approccio aziendalistico che vedremo ripresentarsi nel corso della trattazione. Infatti l’articolazione dei bilanci per missioni e programmi, tipica della contabilità per centri di responsabilità, era propedeutica alla rilevazione dei costi, con particolare riferimento al costo del lavoro, ed imponeva a tutte le amministrazioni l’introduzione e l’impiego di strumenti e sistemi informatici per la rilevazione delle informazioni circa il personale impiegato.

Nel 1997 fu emanata la legge n. 94, ben nota come Riforma Ciampi. Con tale intervento furono riclassificate tutte le voci del bilancio dello Stato, suddivisi nettamente i compiti e le responsabilità degli organi di indirizzo politico e quelli di governo e accorpato il Ministero del Tesoro con il Ministero del Bilancio (oggi Ministero dell’Economia e delle

129 Così la Legge 241/1990 introdusse per la prima volta tale concetto istituendo e disciplinando i nuclei

interni di valutazione preposti alla verifica dei risultati e alla definizione delle procedure e dei sistemi di

controllo sul conseguimento degli obiettivi pubblici. Tale principio fu poi ripreso dalla Legge n. 29/1993, ora sostituita dal d.lgs. n. 165/2001, la quale impose l’istituzione di tale organo presso tutte le pubbliche amministrazioni al fine di verificare l’efficacia dell’azione amministrativa, valutarne comparativamente i costi e i rendimenti e accertarsi dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione pubblica in generale.

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Finanze). Inoltre, tale intervento rafforzò la mini-riforma proposta con la legge n. 362/1988130, e dettò le basi per un vero processo di cambiamento della contabilità

pubblica verso quella privatizzazione del bilancio statale la cui trasformazione è ancora in corso131. Il processo di realizzazione dei principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, intrapreso con la legge n. 241/90, prende atto che è necessario integrare tra di loro tutte le diverse dimensioni che condizionano i risultati delle PA. Al tal fine, la legge n. 94/97, partendo dal bilancio, quale espressione economico e finanziaria dell’agire pubblico, ha voluto innescare, seppur in un contesto prematuro e caratterizzato da una forte eterogeneità, un nuovo modo di fare amministrazione introducendo principi, metodi e strumenti tipici dei sistemi di pianificazione e controllo.

130 La Legge 468/1978 mostrò ben presto tutti i suoi limiti e il disavanzo pubblico sempre meno

controllabile impose una risposta urgente. Il legislatore intervenne per porre rimedio a tale situazione con la Legge 362/1988 che prestò particolare attenzione al momento della programmazione introducendo il documento di programmazione economico-finanziaria con lo scopo principale di fissare di volta in volta e per il periodo compreso nel bilancio pluriennale gli obiettivi dell’economia pubblica con riferimento a tutti i suoi settori. Infatti, i criteri, i parametri e gli obiettivi indicati nel suddetto documento di programmazione avrebbero costituito il punto di riferimento per la formulazione del bilancio annuale di previsione, del bilancio pluriennale e della legge finanziaria. Ma l’intervento innovativo della legge n. 368/1988, però, riguardò soprattutto la Legge Finanziaria di cui fu fissato rigidamente il contenuto. Infatti, secondo la nuova disciplina, la finanziaria non poteva introdurre nuove imposte, tasse e contributi o disporre nuove o maggiori spese salvo quelle dettagliatamente disciplinate e previste dall’articolo 11 della stessa legge. Tuttavia riscontrandosi gli stessi vincoli posti dalla Costituzione all’art. 81, il legislatore introdusse lo strumento dei collegati alla manovra (interventi di modifica alla legislazione sostanziale mediante appositi disegni di legge).

131 La mini riforma del 1988 era nata come un provvedimento ponte in attesa di un intervento globale di

più vasta portata. Ecco arrivare quindi la legge 94/1997 che si mosse in linea di continuità con la Legge 468/1978 di cui sono stati modificati alcuni articoli. La legge 94/1997 innova innanzitutto l’articolazione del bilancio suddividendo il documento contabile non più in capitoli ma in unità previsionali di base (UPB). Sia i capitoli che le UPB servono di fatti allo stesso fine, cioè ad identificare l’oggetto della singola entrata o spesa. Tuttavia le UPB sono state concepite in modo da svolgere questo compito in maniera più chiara e più efficace. L’articolazione in capitoli era, infatti, troppo minuziosa, caotica e poco pratica. I capitoli erano più di 6.000 e l’oggetto della spesa o dell’entrata da essi identificato non corrispondeva ad alcuna logica. Le UPB sono state drasticamente ridotte e il loro oggetto è stato individuato avendo cura di mettere assieme entrate e spese di natura quanto più possibile omogenea. Per ogni unità previsionale di base vengono indicati:

- l’ammontare dei residui attivi e passivi determinati alla chiusura dell’esercizio precedente;

- l’ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare

(competenza);

- l’ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare ( cassa). Inoltre la legge 94/1997 ha affiancato al bilancio finanziario il budget economico. La compilazione di quest’ultimo è stata consentita dall’introduzione del Sistema di contabilità economica analitica per centri di costo. Tale sistema mette in relazione le risorse impiegate, gli obiettivi da raggiungere e le responsabilità organizzative dirigenziali, consentendo di verificare l’andamento della gestione attraverso il confronto tra i costi preventivati (budget) e quelli effettivamente sostenuti. Le componenti di tale sistema sono individuabili nel piano dei conti (che costituisce lo strumento contabile per la rilevazione economica dei costi e per il successivo controllo di gestione), nei centri di costo (che sono individuabili seguendo il principio dei centri di responsabilità amministrativa) e nei servizi erogati (che esprimono l’attività svolta dalle singole amministrazioni da cui si originano i diversi centri di costo e sulla base dei quali è possibile procedere poi alla valutazione delle stesse tramite gli indicatori di efficacia, efficienza ed economicità). Il riferimento comune a tutte le amministrazioni per gli adempimenti connessi alla sistema unico di contabilità economica è il Manuale dei principi e delle regole contabili redatto dalla Ragioneria Generale dello Stato che viene periodicamente aggiornato.

91 Figura 7: le principali riforme normative caratterizzanti il processo di aziendalizzazione.

NORMA OGGETTO

Legge 5026/1869 Contabilità e nascita del controllo interno R.D. 2440/1923 Legge di Contabilità Generale dello Stato

R.D. 827/1924 Regolamento di Contabilità Generale dello Stato Legge 468/1978 Legge di riforma del Bilancio132

Legge 362/1988 Legge di controriforma del Bilancio Legge 241/1990 Procedimento Amministrativo Legge 142/1990 Riforma dei poteri degli Enti Locali D. Lgs. 29/1993 Introduzione del controllo interno nella PA

Legge 59/1997 Legge Bassanini

Legge 94/1997 Legge di modifica del Bilancio (Legge Ciampi) D. Lgs. 286/1999 Controllo Strategico e Controllo di Gestione nella PA

Legge 208/1999 Disposizioni finanziarie e contabili

DPR 97/2003 Amministrazione e contabilità degli Enti Pubblici D. Lgs 150/2009 Produttività e Performance nelle PA

Legge 196/2009 Contabilità e Finanza Pubblica D. Lgs 91/2011 Armonizzazione dei Bilanci delle PA

D. Lgs 123/2011 Riforma dei Controlli di Regolarità Amministrativa Legge 190/2012 Repressione della Corruzione e dell’Illegalità

DCPM 2012 Piano degli Indicatori Legge 33/2013 Pubblicità e Trasparenza

132 L’art. 81 della Costituzione, fonte primaria di tutta la contabilità pubblica, recita al 3° comma “Con la

legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese” ed al 4° comma “Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”. Il 3° comma fa espresso divieto che il

Parlamento, nell’approvare la legge di bilancio, stabilisca nuovi tributi e nuove spese. Secondo alcuni autori la previsione si fonderebbe sulla natura formale della legge di bilancio, mentre per altri (Basettoni, Arleri), la ratio di tale disposizione andrebbe ricercata nella volontà espressa dal legislatore di assicurare al Parlamento la massima serenità al momento dell’approvazione del bilancio. Tale previsione costituzionale vincolava in modo anacronistico la funzione dello Stato nel porre interventi a sostegno e coordinamento delle attività economiche del Paese e per porvi rimedio intervenne la legge n. 468/1798 attraverso l’introduzione della Legge Finanziaria (detta anche legge omnibus). Seppur l’intento iniziale di tale legge era quello di assicurare un maggior rispetto dell’obbligo della copertura finanziaria, finì subito per disattendere tali aspettative in quanto divenne lo strumento per aggravare sempre più il bilancio dello Stato con nuove e maggiori spese generando deficit pubblici che ancora oggi i governi faticano a recuperare. Infatti fino al 1978 in linea di massima vi era stato un sostanziale rispetto del 3° comma dell’articolo 81 della Costituzione in quanto il momento della spesa era scisso in due fasi. Il pur pregevole intento finì presto per svilire la prassi politica e nel corso degli anni ’80 la finanziaria era caratterizzata da un unico denominatore comune rinvenibile nell’istituzione di nuove spese a carico dello Stato. Lo stesso 4° comma fortemente voluto da Einaudi, che mirava a responsabilizzare i singoli parlamentari ed a evitare la soverchia facilità della spesa pubblica, risultò essere facilmente superabile. Eppure il principio base, già previsto dalla Legge di Contabilità Generale dello Stato del 1923, era proprio quello di garantire sia maggiore responsabilità politica, sia opportune garanzie di copertura per le spese necessarie per il raggiungimento di obiettivi macroeconomici e sociali.

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3.4 Dalla Legge 94/97 (Riforma Ciampi) al Decreto 286/99

Alla legge n. 94/97 va il merito di aver chiamato in causa gli elementi essenziali della contabilità economica ai fini della rilevazione e dell’effettiva quantificazione dei costi dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni. In altre parole, attraverso la riforma della contabilità, è stato lanciato il messaggio secondo cui non era più possibile operare in condizioni di non rilevazione e misurazione delle informazioni essendo necessario quantificare gli sforzi sostenuti, in termini economici e finanziari, per realizzare i servizi erogati. Sembra iniziare, quindi, la fase del performance measurement che, seppur parzialmente, sensibilizza il management verso i concetti di costo, efficacia, efficienza e controllo, preparandoli al concetto della valutazione.

Si sviluppa gradualmente la concezione secondo cui è necessario adottare tecniche e comportamenti utili per rendere razionale e consapevole la gestione, sia per guidare le scelte dei manager verso gli obiettivi prestabiliti sia per responsabilizzare gli stessi manager sui risultati conseguiti.

La riforma della contabilità e del bilancio, quali strumenti di rilevazione dei fatti di gestione, rappresenta, pertanto, il punto di partenza di un approccio culturale più ampio che pone al centro del dibattito le questioni della pianificazione, della programmazione, della misurazione e del controllo al fine di perseguire concretamente ed in modo efficiente gli obiettivi istituzionali della PA.

Con il d.lgs. n. 286/1999 si è cercato di risolvere, almeno sul piano logico e concettuale, gli elementi di confusione provenienti dal d.lgs. n. 29/1993, avvicinando così il sistema dei controlli pubblici a logiche aziendalistiche. Infatti, con l’emanazione del decreto n. 286/1999, in attuazione anche della legge n. 59/1997 (Legge Bassanini), si prosegue nel processo di miglioramento della macchina amministrativa ampliando la portata dei principi e dei metodi provenienti dalla realtà d’impresa grazie all’innovazione quantitativa e qualitativa dei controlli.

Il decreto, diretto ad una riorganizzazione generale della pubblica amministrazione, una razionalizzazione delle risorse e una migliore efficienza dell’azione amministrativa133, individua quattro tipologie di controlli: il controllo di regolarità

133 Il decreto legislativo n. 286/1999 ha individuato ben quattro tipologie di controlli. Il controllo di

regolarità amministrativo-contabile deve garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione

amministrativa. Il controllo di gestione deve garantire e verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità della gestione, per consentire ai dirigenti di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati. La valutazione dei dirigenti, necessaria, fra l’altro, ad attivare la responsabilità dirigenziale. Infine, il controllo strategico, rappresenta un controllo a lungo termine che deve sempre necessariamente essere integrato al controllo di gestione, il cui scopo è quello di verificare, ai vari livelli, l’efficacia dell’attivazione delle strategie aziendali; esso opera anche come controllo qualitativo ed utilizza sensori esterni all’azienda/ente. Come si può ben capire, si tratta di forme di controllo molto

93 amministrativo-contabile, il controllo di gestione, la valutazione dei dirigenti ed il controllo strategico. Prende forma così il disegno di riforma della PA italiana.

Tutte le pubbliche amministrazioni, infatti, seppur nell’ambito delle rispettive autonomie, furono obbligate non solo a dotarsi di strumenti adeguati a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile) ma anche a verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione stessa al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione)134, a valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza)135 ed a valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi e altri strumenti di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti (valutazione e controllo strategico).

L’attività di valutazione e controllo strategico introduce quindi l’obbligo della verifica, da parte dei competenti organi, dell’effettiva attuazione delle scelte contenute nelle direttive e altri atti di indirizzo politico. Viene imposta, pertanto, un’attività di valutazione, preventiva, concomitante e successiva, della congruenza e/o degli eventuali scostamenti tra le missioni affidate dalle norme, gli obiettivi strategici prescelti, le azioni operative effettuate e le risorse umane, finanziarie e materiali assegnate, nonché dell’identificazione degli eventuali fattori ostativi e delle eventuali responsabilità per la mancata o parziale attuazione degli obiettivi136.

diverse (tra loro) ma che, per il tipo di funzione esercitata e per gli obiettivi che si propongono di perseguire, necessitano di essere esercitate in modo integrato, al fine di garantire il buon funzionamento dell’organizzazione. In questo lavoro viene dato maggior risalto ai sistemi di pianificazione e controllo la cui funzione, come detto, è quella di verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati.

134 Ai fini del controllo di gestione, quale sistema a supporto della funzione dirigenziale e guida della

funzione politica. Ciascuna amministrazione pubblica definisce:

a) l’unità o le unità responsabili della progettazione e della gestione del controllo di gestione; b) le unità organizzative a livello delle quali si intende misurare l’efficacia, efficienza ed economicità; c) le procedure di determinazione degli obiettivi gestionali e dei soggetti responsabili;

d) l’insieme dei prodotti e delle finalità dell’azione amministrativa;

e) le modalità di rilevazione e ripartizione dei costi tra le unità organizzative; f) l’individuazione degli obiettivi per cui i costi sono sostenuti;

g) gli indicatori specifici per misurare efficacia, efficienza ed economicità; h) la frequenza di rilevazione delle informazioni.

135 Le pubbliche amministrazioni, sulla base anche dei risultati del controllo di gestione, valutano in

coerenza a quanto stabilito al riguardo dai CCNL le prestazioni dei propri dirigenti nonché i comportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane e organizzative ad essi assegnate (competenze organizzative). La valutazione delle prestazioni e delle competenze organizzative dei dirigenti tiene particolarmente conto dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione.

136 Gli uffici e i soggetti preposti all’attività di valutazione e controllo strategico devono riferire in via

riservata agli organi di indirizzo politico, sulle risultanze delle analisi effettuate. Essi, di norma, devono supportare l’organo di indirizzo politico anche per la valutazione dei dirigenti che rispondono direttamente all’organo medesimo per il conseguimento degli obiettivi da questo assegnatigli. Nelle

94 E’ evidente come il legislatore abbia voluto dare maggiore impulso alle logiche della pianificazione e del controllo all’interno della PA, ma è altrettanto evidente come il quadro allestito risultasse ancora troppo fragile.

La breve descrizione delle principali traiettorie di modernizzazione della pubblica