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5.4 UTILIZZO DELLA TECNOLOGIA AD INFRAROSSO

5.4.3 Ambito veterinario

L’ambito veterinario più indagato per mezzo della termografia, è stato quello ippico. La termografia, ha svolto il ruolo di supporto di altri tipi di diagnostica collaterale quali: radiografie, ecografie e scintigrafie, per rilevare eventuali zoppie nel cavallo determinate da lesioni ad ossa, tendini, legamenti, articolazioni (nello specifico, capsule articolari e sinoviali) e muscoli (Figura 20) (Turner, 1991; Eddy et al., 2001).

Figura 20: Immagine termografica di arti anteriori di cavallo: notare l'arto che presenta i colori rosso, arancione e giallo che indicano un temperatura superiore a quella dell'arto controlaterale che appare blu. Ciò presumibilmente indica la presenza

di un processo infiammatorio in atto (19).

Per poter effettuare delle comparazioni corrette, ed evitare errori diagnostici, Purohit e collaboratori (1980), eseguirono delle termografie in cavalli sottoposti ad attività fisica, ciò che risultò fu un aumento della temperatura degli arti. Fondamentale fu l’accertamento che le differenze termiche tra le varie regioni dell’arto, risultavano conservate se paragonate ad un arto a riposo. Fu anche possibile mettere in evidenza una certa simmetria termica tra gli arti oggetto di termografia.

Inoltre, Weil ed i suoi collaboratori (1998), evidenziarono la necessità di sottoporre a termografia entrambi gli arti contemporaneamente, quello sano e quello colpito da un processo patologico, in modo da poter mettere in evidenza direttamente l’asimmetria termica esistente (Weil et al., 1998) Purohit ed i suoi collaboratori (1980), misero in evidenza quale fosse l’area più calda nell’arto di cavallo, tale zona risultò essere il cercine coronarico, ciò, in ragione della sua notevole vascolarizzazione.

Fenomeni patologici quali: ascessi, traumi, infiammazioni, sono responsabili di incrementi termici delle aree colpite; per contro, tessuti cicatriziali che sono scarsamente vascolarizzati e trombi sono caratterizzati da una diminuzione della temperatura (Weil et al., 1998).

Turner e collaboratori (1983), analizzando due gruppi di cavalli il primo composto da cavalli sani ed il secondo da soggetti affetti da navicolite, osservarono che, in seguito ad esercizio fisico, nel gruppo di cavalli sani era possibile rilevare un modico incremento della temperatura (0,5°C) mentre nei soggetti affetti da navicolite non si assisteva a tale incremento.

Inoltre, la termografia, si è rivelata particolarmente utile, grazie alla sua totale non-invasività, per monitorare i processi di guarigione. Man mano si assiste ad una riduzione del processo infiammatorio, è possibile documentare una notevole riduzione della temperatura dell’area colpita (Shamaa et al., 2002).

La termografia ad infrarossi viene utilizzata anche in buiatria, in particolare, per ciò che attiene le mastiti, tale tecnica, consente di mettere in evidenza i quadri di mastite sub-clinica molto precocemente rispetto alle tecniche comunemente sfruttate (Scott et al., 2000; Berry et al., 2003). Sempre in ambito buiatrico, è stato possibile, grazie alla termografia, mettere in risalto incrementi termici a livello di alcune regioni della testa (occhio e naso) e nel tronco, molti giorni prima della comparsa della sintomatologia clinica caratterizzante la BVD (Figura 21). Precisamente, la termografia, si è dimostrata più tempestiva dei normali mezzi diagnostici normalmente utilizzati (rilevamento delle proteine di fase acuta) (Houe, 1999).

Figura 21: Termografia nello stesso bovino dal momento del contagio da BVD (3).

In ambito aviare, fu condotto uno studio in un allevamento di Broiler. Tutti i soggetti dell’allevamento, furono sottoposti a termografia per cercare di rilevare eventuali differenze di temperatura a parità di condizioni di vita, età, metodiche di contenimento, clima, tipologia di allevamento. Le variazioni termiche osservate furono minime (0,5°C) e ciò condusse i ricercatori ad ipotizzare che tale tecnologia potesse essere utilizzata per rilevare eventuali stati di ipertermia in alcuni soggetti facenti parte del gruppo (Tessier et al., 2003).

Interessantissimo lo studio che ha visto la termografia protagonista di una metodica per la misurazione dello stress. Quando un animale è stressato, si attiva il suo asse ipotalamo-ipofisi- surrene, ciò determina una aumento della produzione di catecolamine e cortisolo e ciò produce un aumento della temperatura rilevabile per mezzo della termografia. La termografia, ha il vantaggio di permettere valutazioni a distanza, senza avere contatti diretti con il soggetto da testare. Il contatto diretto con l’animale, potrebbe richiedere un contenimento ed essere, esso stesso, causa di stress, contribuendo a falsare i risultati di uno studio sperimentale (Schaefer et al., 2002). Lo stesso Autore, anni prima, aveva valutato lo stress dei bovini da carne durante il trasporto sempre servendosi della termografia (Schaefer et al., 1989).

Altri studi per valutare la risposta allo stress, sono stati condotti nella specie cunicula (Lodwing et

al., 2007).

Redaelli, in uno studio condotto nel 2011, ha eseguito valutazioni termografiche per valutare lo stato di benessere di cani sfruttati per la ricerca di stupefacenti. Oltre alle indagini termografiche sono stati eseguiti prelievi ematici per valutare la presenza di neurotrasmettitori in circolo. Gli animali oggetto di studio, sono stati sottoposti anche ad un test che ha permesso di rilevare le loro caratteristiche comportamentali. I soggetti, sono stati ripresi con termocamera nel corso del test. Le regioni corporee verso le quali si sono concentrate riprese, sono state la regione perioculare, quella auricolare e la bocca. L’analisi dei dati, ha permesso di evidenziare differenze significative tra i sessi, mentre non sono risultate significative le differenze tra le prove del test e tra le aree in cui si è rilevata la temperatura. Correlando temperature e variabili comportamentali, si sono ottenute correlazioni significative, in particolare per le variabili comportamentali relative al contatto sociale,

In ogni caso, in letteratura, si considera come area più adatta per rilevare eventuali stati di stress, la zona perioculare.

Nel cavallo, è stato possibile rilevare una vasocostrizione periferica che ha permesso di rilevare una diminuzione della temperatura cutanea in caso di stress (Redaelli et al., 2011).

L’Università degli Studi di Milano sta mettendo appunto, ormai da anni, tecniche non invasive per la valutazione dello stress e dello stato di benessere negli animali da reddito e negli animali da compagnia in relazione allo stato sanitario ed alle condizioni dell’ambiente di vita, la termografia risulta soddisfare queste esigenze di ridotta invasività (Redaelli et al., 2011).

La termografia è stata sfruttata anche per mettere in evidenza incrementi di temperatura patologici a carico dello scroto nel toro. L’elevata temperatura dello scroto, è da mettere in relazione con anomalie degli spermatozoi (Lunstra et al., 1997).

La termografia ha avuto un grande incremento di utilizzo anche negli zoo e nello studio degli animali che vivono in cattività. Il vantaggio di tale tecnologia, è quello di poter osservare gli animali senza doverli catturare o anestetizzare (Garner et al., 1995).

Inoltre, la termografia è stata sfruttata per permettere di effettuare diagnosi di gravidanza in animali non convenzionali, spesso è stata utilizzata in abbinamento all’ecografia come nello studio condotto dalla Dott.ssa Durrant su un panda situato nello Zoo di San Diego. Al 48° giorno di gestazione, fu possibile osservare un’area ubicata sopra l’apparato riproduttivo, più calda. Tale area tendeva, con il passare dei giorni, ad incrementare le sue dimensioni. Scansioni eseguite attorno al 97° giorno di gestazione, misero in evidenza due strutture con temperatura più alta, localizzate ogn’una all’interno di un corno uterino. Una successiva ecografia di controllo effettuata in 134esima giornata mise in evidenza la presenza di due feti vivi che corrispondevano esattamente alle aree evidenziate per mezzo della termografia (Spady et al., 2003).

Sottoponendo a termografia cavalle gravide e non gravide e confrontando le temperature rilevate a livello dei fianchi, alcuni ricercatori, rilevarono un modico aumento della temperatura nelle cavalle gravide, il tutto indipendentemente dalle condizioni ambientali (Bowers et al., 2009).

In altri studi, furono paragonate tra loro le temperature rilevate a livello vaginale e le concentrazioni ematiche di progesterone in vacche gravide e non gravide. Nelle vacche gravide, si osservò che le concentrazioni di progesterone e le temperature erano superiori a quelle delle vacche non gravide. Per comprendere se tale aumento fosse da imputare ad un effetto termogenico del progesterone, furono inseriti dei tamponi a rilascio controllato di progesterone. Ne risultò un aumento della temperatura nei periodi di trattamento. In ogni caso non fu possibile trovare una precisa correlazione tra concentrazione di progesterone e temperatura corporea (Suthar et al., 2012).

Partendo da questo studio, Petrulli e collaboratori (2013), hanno eseguito una valutazione che ha messo in relazione la temperatura rilevata a livello dell’occhio, in femmine di grandi felidi gravide con le concentrazioni di progesterone, cortisolo e testosterone rilevati in pelo e feci. È stato preso in considerazione anche un gruppo di controllo composto da maschi e femmine non gravide, nei quali sono stati eseguite gli stessi rilievi termografici e le stesse valutazioni endocrine. I risultati di tale studio, hanno permesso di evidenziare una correlazione tra aumenti di progesterone e temperatura corporea in alcuni soggetti, in altri, hanno condotto a risultati discrepanti. È stato possibile rilevare, in base ai dati ottenuti, un aumento della durata del periodo estrale, mentre per quel che riguarda la durata della gestazione, i valori rilevati sono perfettamente concordi con quelli già presenti in

avvicinati da persone con aspetto minaccioso, vestiti con camici o equipaggiati con reti da cattura. L’area di interesse a livello della quale fu rilevata la temperatura fu quella nasale. Fu possibile osservare una diminuzione della temperatura di quest’area quando i soggetti erano sottoposti allo stimolo emotivo (Nakayama et al., 2005).

Nel 2012, Hoffmann e collaboratori, hanno condotto uno studio con la finalità di confrontare, per mezzo della termografia, le temperature misurate in diverse regioni del corpo con le temperature rettali e vaginali. Sono stati presi in considerazione un gruppo di bovini. Le zone indagate furono occhi, porzione posteriore dell’orecchio, spalla e vulva, ne risultò che le regioni che meglio si adattavano al monitoraggio della temperatura erano occhi e porzione posteriore dell’orecchio. Infatti, l’aumento della temperatura a livello della regione della testa, andava di pari passo con l’aumento della temperatura rettale.

Altre applicazioni della termografia sono volte migliorare il benessere degli animali in maniera indiretta, agendo sull’ambiente di vita o sull’alimentazione e non direttamente sull’organismo. Cassini e collaboratori nel 1993, hanno svolto uno studio sui foraggi insilati per valutare eventuali variazioni termiche e conseguenti alterazioni nei processi di maturazione.

Infine, la termografia, è stata sfruttata per valutare l’isolamento termico di alcuni allevamenti di suini. Tale tecnologia, è stata sfruttata per mettere in luce possibili dispersioni di calore responsabili di influire sul benessere animale e sulla produttività (Novarotto et al., 2003).

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MATERIALI E METODI