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La termografia ad infrarossi è una tecnica innovativa e non invasiva che consente la visualizzazione del profilo termico di un corpo senza che ci sia un reale contatto fisico con esso e senza causare danni all’operatore ed al soggetto ripreso (Redaelli et al., 2011).

La termografia, consente di ottenere immagini di un oggetto opaco alla radiazione infrarossa in tempo reale, permettendo la misurazione a distanza della temperatura superficiale del medesimo. Le immagini, vengono visualizzate in scale di colori che non corrispondono alla colorazione reale dell’oggetto, ma rappresentano temperature, precisamente ad ogni colore corrisponde una temperatura (Redaelli et al., 2011).

Le termocamere sono strumenti molto simili a telecamere, ciò che le differenzia da queste ultime sono i gruppi ottici utilizzati che sono appositamente studiati per rilevare gli infrarossi e sono realizzati in germanio, infatti, gli elementi ottici utilizzati normalmente per le videoriprese, presentano una notevole assorbenza delle lunghezze d’onda tipiche dell’infrarosso. I risultati della scansione termografica vengono riprodotti sotto forma di immagine digitale che, in seguito, potrà essere modificata per mezzo di appositi software in grado di elaborare le immagini. Le immagini termografiche vengono ricostruite sfruttando una scala cromatica nei toni del grigio ed in seguito, ad ogni gradazione di grigio viene associato un colore detto “falso colore” perché non corrisponde al colore reale dell’oggetto, ciò consente di rendere meglio evidente l’immagine (Redaelli et al., 2011).

William Herschel (1738-1822), fu colui al quale venne riconosciuta la scoperta degli infrarossi. Come molti di coloro ai quali è possibile attribuire una scoperta, egli stava cercando tutt’altro e precisamente, visto che utilizzava il telescopio per osservare il sole, era infatti l’astronomo reale di re Giorgio III, era alla ricerca di un filtro ottico da poter sfruttare nelle sue osservazioni, che potesse attenuare la luminosità del sole stesso. Nel corso della sua ricerca si accorse che, i diversi campioni di vetro colorato analizzati, possedevano capacità di filtrazione del calore del sole molto differenti (3). Alcuni campioni di vetro filtravano quantità ridotte di calore, mentre altri ne filtravano talmente tanto da rendere le lenti pericolose e capaci di recare danno agli occhi (3).

Herschel concluse che occorreva ricercare un materiale che potesse ridurre la luminosità e contemporaneamente ridurre il calore.

Di seguito Herschel, servendosi di un termometro contenente mercurio, al quale aveva annerito il bulbo per mezzo di inchiostro, volle mettere in evidenza la distribuzione visiva dell’intensità dello spettro. In altre parole, Herschel, utilizzò il termometro come rilevatore di radiazioni per valutare l’effetto termico dei vari colori dello spettro elettromagnetico. Per fare questo sfruttò il passaggio della luce attraverso un prisma di vetro, come quello utilizzato da Newton nella conduzione dei suoi esperimenti. Altri termometri, posizionati al riparo dalla luce solare, vennero utilizzati come

salire, ma i colori rilevati, non erano più compresi nella scala del visibile. Ciò lo portò a scoprire gli infrarossi e le loro lunghezze d’onda. Egli arrivò alla scoperta di quella che viene definita “lunghezza d’onda degli infrarossi”. Ad essere precisi, il termine infrarossi, fu introdotto solo successivamente alle scoperte di Herschel e precisamente 75 anni più tardi. Herschel, inizialmente, definì questa nuova porzione dello spettro elettromagnetico come “spettro termometrico”.

A conclusioni simili, era giunto nel 1777 un ricercatore italiano M. Landriani (1746-1815).

Gli esperimenti di Herschel furono contestati da molti studiosi, il vetro, come materiale costituente i prismi utilizzati negli esperimenti condotti dallo studioso, probabilmente possedeva una ridotta trasparenza nei confronti della radiazione termica. Nel 1830 un altro ricercatore italiano, Macedonio Melloni (1798-1854), scoprì che i cristalli di NaCl, che componevano il salgemma, di dimensioni sufficientemente grandi da permettere la produzione di lenti o prismi, erano particolarmente trasparenti all’infrarosso. In conseguenza di tale scoperta, nei cento anni successivi, il salgemma, costituì il principale materiale ottico sfruttato nella tecnologia ad infrarossi; solo attorno al 1930 venne soppiantato dai materiali sintetici. Melloni contribuì anche alla creazione di nuovi strumenti di rilevazione della temperatura, in particolare scoprì uno strumento di misurazione del calore con una sensibilità, molto maggiore del miglior termometro conosciuto a quel tempo (per la precisione si tratta di una sensibilità 40 volte superiore), tale strumento venne denominato termopila. Sfruttando la scoperta di Nobili della termocoppia, collegò una serie di termocoppie in sequenza creando così la termopila.

Nel 1840 grazie a Jhon Herschel, figlio di William Herschel, fu possibile ricavare la prima immagine del calore, inoltre egli riuscì ad ottenere la prima immagine riportata su carta che venne definita “termografia”.

S.P. Langley nel 1880 scoprì il bolometro, si trattava di una striscia annerita di platino che veniva collegata ad un ramo di un circuito a ponte Wheatstone. Tale striscia veniva esposta ai raggi infrarossi e veniva collegata ad un galvanometro sensibile. Questo apparecchio si dimostrò in grado di rilevare il calore emesso da una vacca ad una distanza di 400 metri.

Negli anni a seguire, in particolare nel corso della prima guerra mondiale, lo studio degli infrarossi si focalizzò prevalentemente sull’ambito militare, ciò che si cercava di ottenere era la possibilità di vedere al buio e la creazione di missile termoguidati. Le scoperte realizzate rimasero di dominio militare fino al 1950 circa, solo in seguito, la tecnologia termografica venne resa di dominio pubblico.

Inizialmente, gli studi eseguiti, si basavano su variazioni dell’idea di Langley (bolometro). Ciò che permise alla tecnologia ad infrarossi di fare un notevole passo avanti furono due scoperte fondamentali: il rilevatore di fotoni ed il convertitore di immagini. Tale convertitore rappresentò una scoperta che ricevette molta attenzione dal settore militare infatti consentiva la visone notturna. Tuttavia il convertitore d’immagini mostrava alcune limitazioni: i soggetti che si volevano evidenziare con gli infrarossi, dovevano essere illuminati per mezzo dei cosidetti “infrarossi di ricerca”, ciò annullava la capacità di poter vedere al buio senza essere visti, di conseguenza il convertitore di immagini, fu considerato di scarso interesse.

Un altro impulso notevole alla ricerca nell’ambito degli infrarossi si ebbe dopo la seconda guerra mondiale. L’idea era quella di generare sistemi che potessero consentire la visione notturna senza l’utilizzo dei raggi infrarossi di ricerca. La tecnologia si basava sul rilevatore di fotoni, grazie a

protetta dal segreto militare e solo dal 1950, fu resa disponibile anche in ambito civile per scopi scientifici o industriali (Mancuccini et al., 1998; 3)