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Si definisce apprendimento sociale, l’apprendimento di nuovi schemi comportamentali grazie all’influenza di un fattore sociale; oppure una modificazione di un comportamento facente già parte del repertorio comportamentale del soggetto sempre sotto l’influenza di una fattore sociale (Poli e Prato Previde, 1994).

Secondo Thorndike (fine ‘800, primi anni ‘900), questo tipo di apprendimento, si realizzava solamente nei primati e nuovi comportamenti venivano acquisiti per mezzo di un apprendimento individuale per prove ed errori, oppure grazie all’interazione tra l’ambiente ed i soggetti. Ulteriori studi, condotti in seguito, suggeriscono che quanto affermato da Thorndike non sia propriamente reale (Poli e Prato Previde, 1994).

Risulta infatti chiaro come ci siano comportamenti che è più proficuo e vantaggioso apprendere osservando comportamenti messi in atto da conspecifici o eteroepscifici (tipologie di alimenti da

ingerire, tipologie di alimenti da evitare, strategie di fuga dai predatori, ecc.). Apprendere questi tipi di comportamenti per mezzo di prove ed errori, risulta lento e scarsamente vantaggioso ed a volte, perfino pericoloso (un errore potrebbe essere fatale). Secondo alcuni Autori (Hinde e Fisher, 1951), l’apprendimento sociale consentirebbe la trasmissione di quanto appreso da una generazione ad un’altra con la possibilità che si creino della tradizioni nell’ambito del gruppo sociale di appartenenza, fenomeno che non sarebbe realizzabile nel caso di apprendimento per prove ed errori, in cui le conoscenze acquisite da un individuo, si perdono nel momento stesso in cui questo viene a mancare e dovranno essere nuovamente apprese dalle generazioni successive (Poli e Prato Previde, 1994).

In conclusione, è possibile affermare che esistono tre modalità grazie alle quali è possibile apprendere:

- la trasmissione genetica;

- l’apprendimento individuale (quello per prove ed errori ne è un esempio); - l’apprendimento sociale (Poli e Prato Previde, 1994).

Galef (1976, 1988) afferma che, l’interazione sociale, favorisce il diffondersi di modalità d’azione acquisite individualmente da un soggetto all’interno del gruppo sociale di appartenenza o all’interno di una popolazione. Ciò farà sì che, una risposta, inizialmente propria di un singolo soggetto, venga mostrata anche da altri soggetti in maniera autonoma. Ciò contribuisce a creare un’uniformità nel gruppo ed un’omogeneità nelle risposte mostrate dagli individui del gruppo stesso. In conseguenza a quanto appena affermato, è possibile dire che ogni volta in cui aumenta la diversificazione tra le risposte, non si è verificato apprendimento sociale (Poli e Prato Previde, 1994).

Come già accennato, l’apprendimento per imitazione può avvenire tra soggetti appartenenti alla stessa specie, ma anche tra soggetti appartenenti a specie differenti, ne sono un esempio i delfini che sono in grado di imitare i movimenti di foche, pinguini, tartarughe marine e pesci (Tayler e Saayman, 1973), oppure i merli indiani che sono in grado di imitare i vocalizzi dei primati (Tenaza, 1976).

L’apprendimento sociale, si manifesta più comunemente in soggetti appartenenti a specie sociali per antonomasia, cioè in quelle specie dove il grado di socialità è particolarmente elevato. Altro fattore che gioca un ruolo importante e favorisce questo tipo di apprendimento, è dato dalle cure parentali, che permetterebbero la trasmissione d’informazioni tra genitori e figli oltre a favorire comportamenti come gioco ed esplorazione che predispongono i soggetti alla scoperta di euristiche nuove che potranno, per altro, essere trasmesse alle generazioni successive (Fugazza, 2011).

L’apprendimento sociale, è più rapido rispetto alla trasmissione genetica, inoltre consente la trasmissione di informazioni nell’ambito della stessa generazione oltre a permettere a più soggetti contemporaneamente, di acquisire nuovi comportamenti (Poli e Prato Previde, 1994).

Definiamo schematicamente cosa può accadere nell’apprendimento sociale. Consideriamo M come l’individuo che funge da modello ed O come il soggetto che osserva; possono verificarsi diverse possibilità:

a) O ed M sono liberi di interagire tra di loro e si trovano contemporaneamente nello stesso ambiente;

b) O ha la possibilità di osservare M, ma non di interagire con esso e non ne condivide l’ambiente;

c) O può trovarsi nell’ambiente di M, ma solamente in tempi successivi a quest’ultimo. A questo punto, l’osservatore O, dopo aver interagito con M, potrà:

1. presentare un cambiamento nella distribuzione sia spaziale, sia temporale delle sue risposte nell’ambiente preso in considerazione;

2. mostrare un variazione negli stimoli, in grado di provocare o controllare il suo comportamento nell’ambiente;

3. evidenziare un comportamento che, prima del suo rapporto con M, non costituiva parte integrante del suo repertorio;

4. mostrare una modificazione del suo comportamento durante l’interazione con M per poi tornare agli schemi comportamentali originali;

5. apportare una modifica duratura al proprio comportamento anche in seguito all’interruzione dell’interazione con M (Poli e Prato Previde, 1994).

Nel corso degli anni si è cercato tante volte di fornire una definizione adeguata e chiara di questo tipo di apprendimento eccone alcune:

- Thorndike (1898), definì in questo modo l’imitazione: imitare significa “imparare ad eseguire un’azione osservandone l’esecuzione” (Thorndike, 1898).

- Thorpe (1963), fece una distinzione tra: facilitazione sociale (social facilitation), incentivazione localizzata dell’attenzione (local enhancement) e imitazione vera e propria (true imitation).

- Galef (1988), indicò con il termine social enhancement o incentivazione/influenza sociale, quei casi in cui le relazioni sociali influenzano la messa in atto di risposte già presenti nel repertorio comportamentale del soggetto. Inoltre l’Autore, descrisse con il termine di social

learning o apprendimento sociale, quei casi in cui la socialità favorisce l’acquisizione o

l’estinzione di una risposta inedita. Infine, con il termine di social trasmission o trasmissione sociale, definì il caso in cui un comportamento acquisito da un individuo, passi ad un altro soggetto per mezzo di una rapporto sociale (Galef, 1976).

2.15 Influenza sociale

Si definisce influenza sociale, un fenomeno che si verifica ogni volta in cui il comportamento di un individuo è influenzato da quello di un altro soggetto, senza che ci sia nessun tipo di apprendimento (Whiten e Ham, 1992).

Il fenomeno dell’influenza sociale comprende: - contagio;

- esposizione; - sostegno sociale;

- apprendimento match-dependent.

2.15.1 Contagio

Quando si ha il contagio, l’esecuzione di un comportamento da parte di un modello M, stimola l’osservatore O, a mettere in atto lo stesso modulo comportamentale senza che però avvenga apprendimento sociale (Poli e Prato Previde, 1994).

Thorpe (1963) fornisce al contagio la definizione di facilitazione sociale (social facilitation) mentre, Morgan (1900) e Washburn (1908) lo definiscono come imitazione istintiva.

Il contagio presenta caratteristiche ben precise:

- lo schema comportamentale mostrato da M è già presente nel repertorio comportamentale di O;

- il comportamento, viene mostrato da O inizialmente in presenza di altri individui che stanno eseguendo la stessa attività;

- la durata si presenta limitata nel tempo ed è strettamente legata al periodo di relazione con il modello M;

- non si verificano acquisizione e trasmissione di risposte comportamentali nuove (Poli e Prato Previde, 1994).

Esempi di contagio sono rappresentati dallo sbadiglio nell’uomo (Thorpe, 1963) o nel cane che ripropone lo sbadiglio quando vede l’uomo sbadigliare (Silva et al., 2012); o ancora l’abbaio in contemporanea dei canidi (Humphrey, 1921) ed infine il fenomeno per cui polli già sazi, in presenza di conspecifici che mangiano, riprendono a nutrirsi (McFarland, 1985).

2.15.2 Esposizione

L’esposizione sociale si verifica quando l’osservatore O, acquisisce comportamenti simili a quelli del modello M, senza però apprendere nulla da esso. L’osservatore, condivide con il modello situazioni ed ambiente e di conseguenza viene influenzato dalle stesse esperienze. L’esposizione si osserva per esempio nei soggetti giovani o inesperti che si uniscono ad un gruppo di individui più esperti e/o più anziani (Poli e Prato Previde, 1994).

2.15.3 Sostegno sociale

In questa forma di apprendimento, l’osservatore O, è in grado di acquisire nuove risposte ed è facilitato in questo, dalla presenza di M che influisce sulle sue motivazioni (Gallup, 1966).

La presenza di un soggetto della stessa specie è in grado di velocizzare l’apprendimento in quanto porta ad una riduzione di ansie e paure da parte dell’osservatore (Gardner e Engel, 1971).

2.15.4 Apprendimento matched-dependent

Questo tipo di apprendimento, si verifica in tutte quelle situazioni in cui il modello M, funge da stimolo discriminativo e favorisce la messa in atto da parte di O (osservatore) di risposte simili. La messa in atto del comportamento da parte di O, viene posta in relazione con M che è sempre presente ogni volta in cui O mostra il comportamento; ciò fa sì che si crei una relazione tra la risposta e questo stimolo che, in definitiva, è rappresentato da un altro soggetto (Poli e Prato Previde, 1994).

Miller e Dollard nel 1941, dimostrarono come due ratti, impararono a girare a destra o sinistra all’interno di un labirinto a T, basandosi sulle scelte fatte da un ratto leader.

Rinforzando l’osservatore O tutte le volte in cui eseguiva comportamenti uguali o simili a quelli del modello M, la risposta proposta da O diventava controllata da quella di M; come conseguenza della mancanza di M, che fungeva da stimolo discriminativo, il comportamento esibito da O, non veniva più proposto (Poli e Prato Previde, 1994).

Miller e Dollard, inoltre, sostenevano che la tendenza imitativa di un soggetto, si manifestasse a partire dal momento in cui veniva rinforzata. Rinforzare l’imitazione la prima volta in cui si presentava, favoriva il suo ripresentarsi in seguito, anzi fungeva da innesco per questo tipo di abilità (Poli e Prato Previde, 1994).