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5.3.1 Legge di Planck

in cui:

W

λb: emittenza energetica spettrale del corpo nero alla lunghezza d’onda λ; c: velocità della luce 3 x 108 m/s;

h: costante di Planck pari a 6,6 x 10-34 Joule sec.;

k: costante di Boltzmann pari a 1,4 x 10-23 Joule/K;

T: temperatura assoluta (K) in un corpo nero; λ: lunghezza d’onda (μm);

10-6: questo fattore viene utilizzato nella formula in quanto l’emittenza spettrale sulle curve è espressa in Watt/m2μm.

La formula di Planck appena indicata viene rappresentata anche graficamente per varie temperature, in questo caso dà origine ad un famiglia di curve (Figura 15).

Figura 15: Emittenza energetica spettrale di un corpo nero, secondo la legge di Planck, rappresentata graficamente per diverse temperature assolute. L’asse y indicato con il numero 1 rappresenta l'emittenza energetica spettrale mentre, l’asse x contrassegnato con il numero 2, rappresenta la lunghezza d'onda. Il picco di massima emissione di ogni curva, all’aumentare

della temperatura tende a spostarsi sempre di più verso sinistra, vale a dire verso lunghezze d’onda più corte (3).

Seguendo una delle curve rappresentate, si può osservare che l’emittenza spettrale in fase iniziale è pari a zero λ = 0. In seguito si assiste ad un aumento rapido, che raggiunge una lunghezza d’onda indicata con λmax che rappresenta il picco massimo. Raggiunta la lunghezza d’onda massima, la

curva si avvicina nuovamente allo zero per lunghezze d’onda elevate. Esiste una relazione di proporzionalità inversa, secondo la quale, maggiore è la temperatura, minore è la lunghezza d’onda alla quale si raggiunge il massimo (Mancuccini et al., 1998; 3).

Tale legge afferma che i colori con l’incremento della temperatura di un radiatore termico, variano dal rosso ed arrivano al giallo, passando per l’arancione.

La lunghezza d’onda dei vari colori è la stessa calcolata per

λ

max (Mancuccini et al., 1998; 3)

.

5.3.3 Legge di Stefan-Boltzmann

J. Stefan (1835-1893) e L. Boltzmann (1844-1906) effettuando un’integrazione alla formula di Planck da λ = 0 a λ = ∞ ottennero l’emittenza radiante di un corpo nero (wb).

W

b

=σT

4

[Watt/m

2

]

La formula permette di affermare che la quantità di energia emessa da un corpo nero è proporzionale alla temperatura assoluta (T) elevata alla quarta potenza.

Andando a rappresentare graficamente Wb, esso rappresenta l’area al di sotto della curva di Planck riferita ad una certa temperatura (Mancuccini et al., 1998; 3).

5.3.4 Corpo nero ed emissività

Si definisce con il termine di corpo nero, una sostanza ideale, in grado di assorbire tutte le radiazioni elettromagnetiche, qualsiasi sia la loro lunghezza d’onda. Il corpo in questione appare nero perché non è in grado né di riflettere né di trasmettere energia. Proprio perché non è in grado di riflettere, la sua caratteristica è quella di assorbire tutta l’energia incidente.

G.R. Kirchhoff (1824-1887), formulò una legge secondo la quale è possibile affermare che se un corpo è in grado di assorbire tutte le radiazioni dello spettro elettromagnetico, è altresì in grado di emetterle, questo secondo la teoria della conservazione dell’energia.

La propagazione di energia tra due corpi può avvenire per mezzo delle onde elettromagnetiche, nello specifico la propagazione del calore può verificarsi attraverso varie modalità:

conduzione; convezione; irraggiamento.

La capacità intrinseca di irraggiare posseduta da ogni oggetto, è definita con il termine di emissività. L’emissività rappresenta il rapporto tra l’energia irraggiata da un certo materiale rispetto all’energia irraggiata da un corpo nero.

Un corpo nero ideale avrà un valore di emissività pari ad uno, infatti sarà in grado di irraggiare tutta l’energia incidente. Un qualsiasi altro oggetto avrà emissività compresa tra zero ed uno e ciò ci permetterà di definire ogni altro corpo come grigio. In particolare, i corpi grigi seguono la legge di Korchhoff secondo la quale la loro emissività è uguale al coefficiente di assorbimento (Mancuccini

5.3.5 Emettitori diversi da corpi neri

Quando prendiamo in considerazione oggetti reali, difficilmente vengono rispettate le condizioni descritte per un corpo nero. I fattori che impediscono ad un oggetto di comportarsi come un corpo nero sono tre:

1. una porzione della radiazione incidente α può essere assorbita; 2. una frazione ρ può essere riflessa;

3. un’altra parte può essere trasmessa τ.

Tutti e tre questi fattori dipendono dalla lunghezza d’onda, quindi λ viene utilizzata per mettere in evidenza la dipendenza spettrale.

αλ (coefficiente di assorbimento spettrale): rappresenta il rapporto tra il flusso energetico spettrale assorbito da un oggetto ed il flusso energetico spettrale incidente o meglio, per semplificare, il rapporto tra la radiazione assorbita e la radiazione incidente;

ρλ (coefficiente di riflessione spettrale): è un coefficiente che rappresenta il rapporto tra radiazione

riflessa e radiazione incidente;

τλ (coefficiente di trasmissione spettrale): è un coefficiente che rappresenta il rapporto tra

radiazione trasmessa e radiazione incidente. La somma dei tre coefficienti:

α

λ

+ ρ

λ

+ τ

λ

= 1

Se prendiamo in considerazione materiali opachi

τ

λ sarà uguale a zero, quindi la relazione si trasformerà nel seguente modo:

α

λ

+ ρ

λ

= 1

Dovendo descrivere l’emittenza radiante ε, di un corpo nero prodotta da un oggetto ad una determinata temperatura, è necessario prendere in considerazione un altro fattore che è l’emissività. Come già accennato, l’emissività, può essere definita come il rapporto tra il flusso energetico spettrale emesso da un oggetto qualsiasi, rispetto allo stesso flusso spettrale emesso da un corpo nero nelle stesse condizioni di temperatura e lunghezza d’onda.

È possibile distinguere tre sorgenti differenti di radiazione, le quali differiscono tra loro in base alle modalità con cui l’emittenza di ognuna varia al variare della lunghezza d’onda:

corpo nero ελ= ε = 1;corpo grigio ελ= ε = costante inferiore ad 1;

radiatore selettivo ελ= ε = varia in base alla lunghezza d’onda.

Considerando la legge di Kirchhoff, che afferma che per qualsiasi materiale, l’emissività e l’assorbimento spettrali di un corpo, sono uguali a qualsiasi temperatura e lunghezza d’onda specificate, si ottiene la seguente formula:

ε

λ =

α

λ

considerando un materiale opaco si ottiene:

ρ

λ

= 1

Se, inoltre, torniamo alla formula di Stefan-Boltzmann per il radiatore di un corpo grigio avremo:

W

b

=σT

4

[Watt/m

2

]

è possibile affermare che, il potere emissivo totale di un corpo grigio, è uguale a quello di un corpo nero alla stessa temperatura ridotta in maniera proporzionale al valore di ε del corpo grigio stesso (Mancuccini et al., 1998; 3).

5.3.6 Tecniche d’ispezione termografica ed interferenze in campo veterinario

Esistono due tecniche d’ispezione termografica:

- attive;

- passive.

Le tecniche attive, prendono in esame la temperatura raggiunta dai corpi in seguito a riscaldamento o a raffreddamento esterno e valutano successivamente il ritorno alla temperatura normale.

Le tecniche passive, prendono in esame la temperatura assunta dai corpi come se fossero sistemi isolati dall’ambiente esterno.

Occorre specificare che per ogni specie animale sottoposta ad indagini termografiche esistono delle difficoltà tecniche da mettere in relazione con: dimensioni dei soggetti, presenza o meno di pelliccia, tipologia di stabulazione, caratteristiche comportamentali, ecc. Ciò ci permette di dedurre che non sia possibile definire una tecnica operativa standardizzata sfruttabile in tutti i casi e per tutte le specie.

Importante è considerare l’interferenza nella misurazione della temperatura, che può essere determinata dalla presenza di pelo medio o lungo. Il mantello, può impedire il rilevamento corretto della temperatura anche in aree che presentino patologie in atto e quindi considerevoli rialzi termici. Altre interferenze, possono essere determinate dalla presenza di sostanze esterne al corpo dell’animale quali alcool o urina. Le mani calde del veterinario, che toccano l’animale durante la visita, possono determinare interferenze all’atto della termografia (Redaelli et al., 2011).