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Con il termine di apprendimento latente o apprendimento esplorativo, si definisce un’associazione di stimoli e situazioni neutrali in assenza di rinforzi espliciti; in altre parole indica l’apprendimento

delle caratteristiche di una situazione, senza che, quanto è stato appreso, possa essere messo immediatamente in pratica.

Pare che questa forma di apprendimento, sia particolarmente comune in natura a causa delle sue funzioni adattative e lo sarebbe in particolare nei soggetti di giovane età che, attraverso comportamenti di gioco, sarebbero in grado di acquisire informazioni riguardanti l’ambiente o i comportamenti adeguati da adottare, che verranno sfruttati nella vita futura e non nell’immediatezza. Anche negli adulti, questo tipo di apprendimento, consente un migliore sfruttamento dell’ambiente.

Uno studio in proposito venne condotto da Tolman e Honzik (1930), i quali presero in esame tre gruppi di ratti, i quali vennero privati del cibo per un certo periodo di tempo e poi inseriti in un labirinto a T. Ogni gruppo subì un trattamento differente:

- il primo gruppo ricevette sempre il cibo all’interno della “scatola meta” del labirinto; - il secondo gruppo non lo ricevette mai;

- il terzo gruppo non ricevette alcuna ricompensa nei primi dieci giorni di sperimentazione ed iniziò a trovare una ricompensa a partire dall’undicesimo giorno.

Il comportamento dei ratti fu conseguentemente diverso:

- il primo gruppo fu in grado di apprendere il comportamento richiesto molto rapidamente; - il secondo gruppo non mostrò un apprendimento significativo del compito;

- il terzo gruppo non mostrò un apprendimento significativamente rilevante fino al decimo giorno, solo quando venne introdotto il rinforzo, l’apprendimento migliorò e lo fece talmente rapidamente, da superare il livello di apprendimento dei soggetti appartenenti al primo gruppo.

La conclusione alla quale giunsero i due Autori, in seguito a questo studio, fu che probabilmente i ratti appartenenti al terzo gruppo, avevano acquisito della informazioni riguardanti l’ambiente, durante l’esecuzione della prove che non erano state ricompensate. Tali informazioni, erano rimaste quiescenti o latenti non influenzando l’esecuzione del test comportamentale fino alla comparsa della ricompensa che ebbe la funzione di attivare la risposta. I ratti, in altre parole, erano stati in grado di costruirsi una sorta di mappa mentale alla quale ricorrere nel momento più opportuno. Questo indica che l’apprendimento, può avvenire in base all’esperienza e dimostra la possibilità che avvenga anche in assenza di un rinforzo specifico. Quanto appreso con tale modalità, non si estrinsecherebbe immediatamente dando origine ad una risposta, ma richiederebbe la presentazione di una ricompensa. Molti psicologi dell’apprendimento, considerano tale spiegazione, poco convincente anche perché, non sarebbe in linea con la legge dell’effetto, per questo sono state proposte varie ipotesi alternative per cercare di spiegare tale fenomeno.

Una delle tante spiegazioni fornite, afferma che è possibile che, i ratti che percorrono il labirinto, possano trovare rinforzi incontrollati, in altre parole, non si tratterebbe di rinforzi specifici offerti dallo sperimentatore, bensì, di rinforzi deboli che per i ratti sarebbero comunque efficaci (possibilità di espletare attività motorie, esplorazione, manipolazioni, ecc). Pare, inoltre che, le performance dei ratti facenti parte dei gruppi di controllo, ai quali non è stata fornita la possibilità di esplorare

precedentemente il set sperimentale, sarebbero peggiorate dal fatto di avere una minore esperienza che non avrebbe consentito un’assuefazione delle risposte emotive.

A convalida di quest’ultima affermazione, Haney (1931), eseguì una verifica in cui prese in esame due gruppi di ratti, ad uno di questi gruppi, fu permesso di vivere in un labirinto complesso per diciotto ore al giorno per quattro giorni consecutivi; questi soggetti, venivano alimentati ed abbeverati in gabbie separate dal labirinto nelle quali sostavano per le rimanenti sei ore della giornata. Il secondo gruppo di controllo fu detenuto in condizioni analoghe ma all’interno di un labirinto di forma rettangolare. Di seguito, ogni individuo, a prescindere cha appartenesse al primo o al secondo gruppo, venne addestrato a precorrere il labirinto complesso ed Haney, poté appurare che i ratti che avevano già condotto un’esperienza all’interno dello stesso, erano in grado di apprendere con più rapidità e con un numero di errori inferiore rispetto ai ratti facenti parte del gruppo di controllo.

Ma anche questo test sollevò dei dubbi, ed altri Autori, precisamente Muenzinger e Conrad (1954), utilizzarono un altro test a conferma di tali obiezioni: alcuni ratti vennero introdotti in un labirinto speculare a quello utilizzato per l’esecuzione del test e questo permise agli Autori di costatare che, tali ratti, erano in grado di apprendere in maniera efficace e facilitata come percorrere il labirinto. D’altro canto Blodgett (1929), attraverso un altro studio, poté dimostrare che, percorrere il labirinto a ritroso, cioè partendo dalla meta e spostandosi verso la partenza, non è in grado di modificare l’apprendimento successivo.

Quello che è possibile concludere è che, quando un ratto percorre un labirinto, non associa solamente la risposta fornita agli stimoli presenti al punto di scelta. Pare che i ratti, siano in grado di associare ad una delle scatole meta, l’aver risposto in un certo modo ad una serie di stimoli presenti nel punto di scelta ed all’altra scatola meta, l’aver risposto ad una serie di stimoli differenti.

In ogni caso gli studi a proposito dell’apprendimento latente, risultano ancora oggi oggetto di dibattito e non sono ancora stati forniti chiarimenti specifici per permettere di spiegare in maniera esauriente tale fenomeno (Poli e Prato Previde, 1994).