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3.12 CAPACITÀ COGNITIVE SOCIALI

3.12.1 Comprensione delle indicazioni fornite dall’uomo

I cani sono in grado di rispondere adeguatamente a svariati gesti, carichi di significato comunicativo.

Elenchiamo, qui di seguito, alcune di queste particolari modalità di indicazione:

E’ stato dimostrato che i cani rispondono con maggiore accuratezza nei casi in cui:

Puntare

- lo sperimentatore continua a puntare verso il contenitore giusto nel momento in cui l’animale effettua la sua scelta (Bräuer

et al

., 2006);

- la mano utilizzata dallo sperimentatore per indicare è vicina al contenitore corretto (Soproni

et al

., 2002; Miklósi

et al

., 2005);

- il gesto viene compiuto in modo dinamico (Hare

et al

., 1998).

Ad ogni modo, nelle condizioni opposte a quelle sopracitate, il cane riesce comunque a rispondere correttamente, sebbene con una

performance

più scadente.

Tuttavia, i segni che i cani non sono in grado di interpretare adeguatamente consistono nel puntare con:

- il braccio opposto al contenitore giusto, senza estendere la mano al di là del tronco (Hare

et al

., 1998; Soproni

et al

., 2002; Udell

et al

., 2008);

- il braccio diretto frontalmente, ancora una volta, senza che esso sporga da un lato del tronco dello sperimentatore (Hare

et al

., 1998);

- il gomito (Soproni

et al.,

2002; Udell

et al

., 2008); - la gamba (Udell, 2008).

Udell e collaboratori (2008) rilevarono, inoltre, che alcuni cani sapevano rispondere, seppure con un livello di

performance

riconducibile alla casualità, anche quando l’indicazione era fornita da un braccio meccanico o dal braccio di una bambola; mentre Soproni e collaboratori (2002), utilizzando un bastone, ottennero dei risultati leggermente più soddisfacenti.

Numerosi studi dimostrano che il cane è in grado di scegliere correttamente tra i due contenitori semplicemente utilizzando l’olfatto. Tuttavia, la semplice presenza di una persona interposta tra i contenitori, senza che essa dia alcuna indicazione, è sufficiente per alterare la

performance

dell’animale (Szetei

et al

., 2003). Inoltre, anche quando viene data la possibilità ai cani di annusare i contenitori, se, successivamente, osservano lo sperimentatore che punta verso il contenitore sbagliato, loro tendono, sorprendentemente, a scegliere quest’ultimo (Szetei

et al

., 2003). Ciò dimostra che, per il cane risultano essere decisamente più importanti le informazioni a carattere sociale (indicazioni fornite dall’uomo), rispetto a quelle fisiche (ad esempio, l’odore).

Spesso la gente, quando indica qualcosa, tende a ruotare la testa in direzione dell’oggetto in questione. I cani sono in grado di comprendere il significato di tale gesto, rispondendo in modo appropriato; sebbene il livello della

performance

sia inferiore rispetto a quando le indicazioni vengono fornite puntando (McKinley e Sambrook, 2000; Udell

et al

., 2008). Alcuni soggetti rispondono bene sin dall’inizio, altri, invece, imparano a rispondere nel corso delle varie prove (Miklósi

et al

., 1998). Ad ogni modo, l’accuratezza può essere incrementata se alla rotazione della testa si associa anche lo sguardo rivolto verso il contenitore giusto (Hare

et al

., 1998).

Rotazione della testa

Questo gesto comporta un movimento della testa più pronunciato rispetto alla rotazione, pertanto, genera una risposta più precisa (Miklósi

et al

., 1998).

Cenno con il capo

Si tratta di un gesto che occorre raramente nell’interazione tra uomo e cane, di conseguenza non assume un valore informativo per l’animale, che, quindi, non reagisce in modo appropriato (Udell

et al

., 2008).

Inclinazione della testa

Il movimento di piegamento del proprio corpo non viene comunemente utilizzato dalle persone per indicare la localizzazione di un oggetto, tuttavia i cani riescono ugualmente a interpretarlo in tal senso (Miklósi

et al

., 1998), soprattutto se la persona guarda l’animale mentre compie tale gesto (Udell

et al

., 2008).

Chinarsi

Diversi studi hanno testato l’abilità del cane nel localizzare il cibo nascosto, basandosi semplicemente sulla vista dello sperimentatore che rivolge il proprio sguardo verso il punto esatto, pur mantenendo la testa orientata verso il cane. In alcuni casi lo sperimentatore alterna lo sguardo tra il contenitore e il cane, in altri, invece, fissa continuamente il contenitore finché l’animale non effettua la sua scelta. I risultati dimostrano che il cane non reagisce in modo efficace a questa indicazione se non è accompagnata da un movimento del corpo (Hare

et al

., 1998). Ad ogni modo, la

performance

risulta migliore nel caso in cui lo sguardo viene mantenuto per lungo tempo, rispetto a quando, invece, lo sperimentatore lancia un’occhiata rapida (Bräuer

et al

., 2006; McKinley e Sambrook, 2000). Alcuni soggetti imparano a usare lo sguardo come fonte di indicazione nel corso delle varie prove (Miklósi

et al

., 1998; Udell

et al

., 2008).

Abbiamo già visto, nel capitolo sulle capacità cognitive fisiche del cane, come esso sia in grado di trovare il cibo utilizzando degli oggetti come contrassegno. Vogliamo, qui, ribadire che la risposta dell’animale è decisamente più soddisfacente quando gli viene consentito di vedere la persona o una parte del suo corpo mentre compie il movimento per posizionare il

marker

(Udell

et al

., 2008).

Contrassegni

Occorre, ora, precisare l’importanza che rivestono la posizione e il movimento dello sperimentatore, quando vengono eseguite questo genere di prove.

Se, ad esempio, lo sperimentatore si trova vicino o dietro al contenitore sbagliato, ma punta o ruota la testa verso quello giusto, i cani sono ugualmente capaci di localizzare il cibo (Hare

et al

., 1998). Sorprendentemente, questi animali rispondono correttamente anche quando lo sperimentatore si muove verso il contenitore errato, puntando, però, verso quello giusto (McKinley e Sambrook, 2000). Infatti, la vicinanza dello sperimentatore al contenitore sbagliato induce in errore i cani solamente quando la persona non fornisce nessun altra indicazione (Hare e Tomasello, 1999).

E’ plausibile che i cani abbiano imparato a rispondere alle indicazioni fornite dall’uomo a causa della loro profonda familiarità con le persone; la maggior parte dei cani, infatti, fa affidamento all’uomo durante tutto il corso della loro vita, ottenendo da lui tutto ciò di cui ha bisogno: cibo, acqua, contatto fisico e interazioni sociale. Verrebbe, quindi, da pensare che qualsiasi animale viva a stretto contatto con l’uomo e riceva da lui tutte le cure necessarie, acquisisca una certa dimestichezza con il movimento del suo corpo, soprattutto le braccia e le mani, tale da riuscire a comprendere il significato comunicativo dei suoi gesti. Tuttavia, i diversi studi che pongono a confronto tale capacità del cane con quella di lupi allevati dall’uomo e quindi, altamente socializzati, dimostrano che la superiorità del cane va attribuita a un qualcosa di più della sua semplice esposizione all’uomo e al suo ambiente (Hare

et al

., 2002; Miklósi

et al

., 2003; Virányi

et al

., 2008). Oltretutto, se è vero che i cani imparano a rispondere alle indicazioni fornite dall’uomo attraverso la costante interazione con le persone, ne deriverebbe che i cuccioli siano meno efficienti rispetto ai cani adulti. Invece, diverse ricerche hanno dato prova che i cuccioli

possiedono le stesse competenze dei cani adulti (Agnetta

et al

., 2000; Hare

et al

., 2002; Riedel

et

al

., 2008). In aggiunta a ciò, non si rilevano differenze tra la performance di cuccioli che vivono in canile o che non hanno ancora lasciato la casa dell’allevatore e quella di cuccioli che risiedono presso una famiglia (Hare

et al

., 2002; Riedel

et al

., 2008). Tutto ciò fa pensare che la sensibilità dei cane nei confronti dei gesti umani sia un’abilità innata, indipendente dalle esperienze dell’animale; ossia che sia frutto del processo di domesticazione (Hare e Tomasello, 2005). Tuttavia, Udell e collaboratori (2008) rinvenne che i cani appartenenti a un rifugio, dei quali non si conosceva la storia precedente, erano incapaci di trovare il cibo seguendo l’indicazione fornita dallo sperimentatore; ciononostante, riuscirono ad apprendere tale abilità nel corso dei vari test.

In conclusione, la capacità del cane di comprendere il valore comunicativo dei gesti umani deriva probabilmente dalla complessa interazione tra fattori genetici, fattori ambientali e esperienze del singolo soggetto (Elgier

et al

., 2009).