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ANALISI SISTEMICA: GLI ALTI GRADI DELL’ESERCITO E L’AMMINISTRAZIONE BUSH

SITUAZIONISMO AD ABU GHRAIB

ANALISI SISTEMICA: GLI ALTI GRADI DELL’ESERCITO E L’AMMINISTRAZIONE BUSH

In un certo senso, i soldati che torturarono gli iracheni sono soltanto gli attori di una tragedia “in cerca d’autore”. Adesso dobbiamo esaminare quali furono le pressioni esterne ad Abu Ghraib. Abbiamo bisogno di identificare ognuna delle parti implicate in tutti i livelli della catena di comando per creare le condizioni responsabili dell’”implosione” delle caratteristiche umane negli esecutori materiali delle torture. Per fare questo, occorre introdurre un nuovo concetto: il male amministrativo, che costituisce il fondamento della complicità della catena di comando dell’esercito e della politica con gli abusi che abbiamo appena visto.

La definizione usata da Zimbardo (2007, pp. 437, 438) per “male amministrativo” è questa: il male compiuto da organizzazioni che volontariamente infliggono sofferenze (anche fino alla morte) ad altre persone utilizzando procedure formali, razionali ed efficienti per travestire la sostanza di quello che fanno. L’esempio classico potrebbe essere Eichmann, ma il male amministrativo è abbondantemente diffuso anche tra le multinazionali odierne. Un esempio rende l’idea (Zamperini 2001,

126 pp. 31-2): la Ford nei primi anni Settanta progettò un nuovo modello di auto, la Pinto, che aveva un problema al serbatoio. Avrebbe potuto rompersi anche con un lieve tamponamento, causando la fuoriuscita di benzina e provocando un rischio altissimo per le persone a bordo del veicolo. La Direzione Amministrativa pose questo problema in relazione agli aspetti monetari: se il costo delle cause intentate dai cittadini contro la fabbrica fosse stato minore del prezzo da pagare per ritirare le vetture dal commercio ed aggiustarle, le avrebbero lasciate in circolo. E così fecero. Ancora, per trovare altri esempi, basta pensare alle informazioni che l’industria farmaceutica nasconde per vendere i propri prodotti, o al caso della ENRON che lasciava al buio volontariamente migliaia di americani per vendere l’energia elettrica ad un prezzo più elevato.

Attraverso numerosi rapporti, interni all’esercito o indipendenti, Zimbardo cerca di scalare la catena di comando, individuando le varie responsabilità. Il primo rapporto considerato è il Ryder Report, il primo a lanciare segnali d’allarme. Le indagini per stendere questo rapporto si svolsero proprio durante l’escalation di torture ad Abu Ghraib in seguito rese note da Joe Darby, ma la conclusione del rapporto fu che “la situazione non ha ancora raggiunto un livello di crisi” (Zimbardo 2007, p. 383). Evidentemente, come scritto dal giornalista Seymour Hersh, “la sua *di Ryder+ investigazione è stata nella migliore delle ipotesi un fallimento, nella peggiore una copertura” (Hersh 2004).

Il Taguba Report è il secondo rapporto consultato da Zimbardo: avrebbe dovuto rimanere classificato ma è invece trapelato nel marzo 2004. Questo rapporto smentisce l’altro, e denuncia proprio il fatto che gli abusi venivano perpetrati

durante il periodo delle indagini di Ryder. Viene esplicitamente fatto riferimento ad

abusi sistematici, e presenta una testimonianza interessante: il Sergente Javal Davis era stato testimone di azioni nei confronti dei detenuti dei campi 1A e 1B da lui ritenute immorali. Quando chiese il perché di tale comportamento ad un agente dell’Intelligence, la risposta fu che “i detenuti di quei campi sono gestiti dall’Intelligence militare”. Il Gen. Taguba domandò come mai non aveva informato i

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suoi superiori, e Davis rispose che immaginava che se là stavano facendo qualcosa di sbagliato, “qualcuno avrebbe detto qualcosa”.

Questa è una delle tante testimonianze di soldati che conoscevano ma coprivano di omertà le torture inflitte agli iracheni. Zimbardo chiama questo atteggiamento “male dell’inazione” (Zimbardo 2007, pp. 313-9). Lo “spettatore” è definito da Zamperini come “colui che prende le distanze dalla situazione e dalla vittima che vi si trova coinvolta. L’essere spettatore si fonda sul disconoscimento di obblighi e della responsabilità per l’altro” (Zamperini 2001, p. 35). Ovviamente, questo comportamento non fa altro che favorire il perpetrarsi delle atrocità, agendo come un benestare nei confronti dei torturatori, che hanno un altro elemento per il quale sentirsi legittimati ad abusare dei detenuti.

Nella sua testimonianza, il soldato Davis aggiunse che aveva sentito membri dell’Intelligence che incentivavano il CPL Graner e il SGT Frederick ad abusare dei detenuti, per favorire gli interrogatori. Da questa testimonianza notiamo ancora il rapporto tra la realtà delle torture sistematiche perpetrate e gli incoraggiamenti ufficiosi dell’Intelligence ad abusare dei detenuti. Tale rapporto viene evidenziato dal Fay Jones Report. I Generali A. R. Jones e G. R. Fay stavano indagando, oltre che sulla questione degli abusi in generale, in particolar modo sulla morte del Detainee-

28.74 Criticano fortemente la CIA, accusando i suoi ufficiali ad Abu Ghraib di aver convinto COL Pappas e LTC Jordan ad operare fuori dalle procedure standard. Quando il COL Pappas sollevò il problema della CIA con il COL Blotz, gli venne risposto di fornire la massima collaborazione, “perché siamo tutti una sola squadra” (Zimbardo 2007, p. 394). Evidentemente, i reclami del Ser. Frederick nei quali si difendeva dalle accuse dicendo che molte delle azioni da loro compiute erano incoraggiate da diversi individui esterni all’esercito erano giustificati. Il Fay Jones

Report specifica i modi e le origini di alcune “tattiche” abusive utilizzate ad Abu

Ghraib. Ad esempio, l’utilizzo di cani (con o senza museruola) per spaventare i detenuti era stato “importato” dal Gen. Mag. Geoffrey Miller dalla prigione di

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Guantanamo, a Cuba, così come “l’uso della nudità per mantenere la cooperazione dei detenuti” e l’isolamento totale in ambienti senza luce e senza suoni per periodi di tempo prolungati (quanto?). Lo stesso rapporto individua 27 persone responsabili degli abusi tra ufficiali, agenti dell’Intelligence, analisti, interpreti, traduttori e medici. Questi ultimi sono responsabili di mancato soccorso verso i detenuti bisognosi, di essere rimasti passivi di fronte alle brutalità a cui avevano assistito e di aver falsificato certificati di morte e l’origine di lividi e ferite. Al top della lista troviamo nuovamente l’inetto Col. Pappas e il Ten. Col. Jordan (Direttore del Joint

Interrogation Debriefing Center). È interessante la storia del Cap. Carolyne Wood.

Mentre comandava la 519° Intelligence Military Brigade alla prigione di Basra, in Afghanistan, autorizzò nuove e più dure procedure operative, durante le quali i detenuti venivano colpiti duramente. Uno di questi rimase ucciso, e una donna venne aggredita sessualmente da tre soldati dell’Intelligence che la stavano “interrogando”. Avrebbe dovuto conoscere, quindi, il potenziale pericolo di abusi quando venne trasferita in Iraq. Per il suo comportamento, comunque, ottenne una Stella di Bronzo al Valore per il servizio in Afghanistan e un’altra Stella di Bronzo insieme a una promozione in Iraq dopo le rivelazioni sugli abusi!

Il penultimo rapporto preso in considerazione da Zimbardo è lo Schlesinger Report, che abbiamo già incontrato perché parla anche dell’esperimento di Stanford come spia d’allarme per i rischi di abusi nelle prigioni reali. Purtroppo ogni accenno alla psicologia sociale è stato posto nelle appendici, ma a noi interessano le conclusioni cui giunge questa indagine. Vengono individuati i principali problemi che resero possibili gli abusi (il termine tortura non è mai utilizzato):

 Addestramento specifico per la missione dei soldati inadeguato.

 Deficit di equipaggiamento e risorse.

 Pressione sugli interroganti per produrre “informazioni utili” (con personale non addestrato e inesperto e detenuti tenuti in custodia anche per 90 giorni prima di essere interrogati).

 Leadership debole, inesperta e operante in una struttura confusa ed eccessivamente complessa.

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 La CIA che operava con le proprie regole, senza responsabilità nei confronti di nessuno.

È evidente come questi problemi siano strutturali, sistemici. Le torture verso i detenuti non sono capitate “per caso” o per il sadismo dei soldati che le hanno perpetrate. Nello Schlesinger Report vengono poi riportate altre cause che hanno facilitato gli abusi: mancanza di una chiara distinzione di responsabilità tra i comandi, poca coordinazione, mancanza di disciplina e, ultimo ma non per importanza, il Segretario della Difesa Donald Rumsfeld che dichiarò pubblicamente di aver fatto trattenere segretamente un detenuto su richiesta del Direttore della CIA. Questa azione produsse un modello di comportamento, che è stato poi emulato ad Abu Ghraib.

Nell’aprile 2005 anche Human Rights Watch (2005b) pubblicò un proprio rapporto dal titolo provocatorio Getting away with torture?, sottolineando il bisogno di un’indagine veramente indipendente. Nei rapporti che abbiamo visto finora vengono descritti i problemi rilevati nel funzionamento della prigione di Abu Ghraib (oltre che di Guantanamo e delle altre prigioni in Iraq e Afghanistan) e che hanno condotto alle torture sui prigionieri, ma non si parla di chi ha creato le politiche da cui questi problemi derivano. Le persone che sono state indicate come responsabili (molte delle quali comunque non sono state neanche processate) erano solo il “braccio” dell’Architetto che ha progettato la situazione. Human Rights Watch si spinge più in alto nella ricerca dei responsabili. “È diventato chiaro”, afferma il rapporto di HRW, “che torture e abusi hanno avuto luogo non solo ad Abu Ghraib, ma in dozzine di strutture di detenzione sparse in tutto il mondo”. Bush, subito dopo aver visto le foto di Abu Ghraib in televisione, “aveva giurato che chi aveva sbagliato sarebbe stato portato di fronte alla giustizia”, ma “gli unici che hanno pagato per le torture sono stati quelli al fondo della catena di comando” (Ib., p. 3).

La struttura delle responsabilità delle torture mostrata nel rapporto di HRW parte più alto: George Tenet, come Direttore della CIA, è accusato per il comportamento dei suoi uomini che ha portato, come concludeva anche il Fay Jones Report, ad una perdita di responsabilità (girare nelle prigioni senza tesserino identificativo e senza

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fornire generalità, incoraggiare i soldati a “piegare” i detenuti per favorire gli interrogatori). Rumsfeld, il Segretario della Difesa, è accusato di aver creato le condizioni affinché le truppe commettessero crimini di guerra e torture, mettendo da parte e dispregiando sia le Convenzioni di Ginevra che la Convenzione contro la Tortura. Alcuni documenti firmati da Rumsfeld descrivono le “tecniche di interrogatorio” applicabili a questi prigionieri, come privazione del sonno e degli stimoli visivi ed acustici, posizioni stressanti e utilizzo delle fobie individuali, esposizione a temperature e rumori estremi. HRW stigmatizza anche le responsabilità del Gen. Miller, a capo di Guantanamo. Quest’ultimo personaggio è, tra l’altro, colui che, quando tre prigionieri si impiccarono nel suo carcere a Cuba, si rifiutò di credere che fosse stato un atto di disperazione, e definì il gesto “un atto di guerra asimmetrica contro di noi”. In un suo viaggio ad Abu Ghraib, dato che gli interrogatori non fornivano informazioni utili, propose di rendere il posto più simile a Guantanamo, applicandovi lo stesso tipo di tecniche di interrogatorio. Evidentemente, è stato accontentato.