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NASCITA E SVILUPPO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO

DIRITTI UMANI E TORTURA NEL XX SECOLO

NASCITA E SVILUPPO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO

Non ci sono mai state veramente guerre senza regole, e non è comunque detto che la mera esistenza di regole garantisca l’assenza di comportamenti efferati: basta pensare ai bagni di sangue delle due guerre mondiali. In ogni caso, anche nelle prassi di guerra dei popoli primitivi sono presenti diverse tipologie di regole, ad esempio per definire le circostanze e le formalità con cui iniziare e finire una guerra; oppure per limitare le persone, i tempi, i luoghi e i modi di combattere durante le ostilità. Già nel Codice di Hammurabi sono presenti una serie di leggi che regolano la condotta in guerra “per evitare che il forte infierisca sul debole”. Dalla seconda metà del XIX secolo abbiamo una svolta nel campo di quello che possiamo chiamare “diritto di guerra”: intanto nel 1863 venne redatto il Codice Lieber, il primo tentativo di codificare le leggi e le consuetudini di guerra esistenti. Uno dei grossi limiti di questo codice sta nel fatto che non ebbe valore di trattato, in quanto venne elaborato durante la Guerra di Secessione americana e si rivolgeva soltanto ai soldati dell’Unione.

Nello stesso anno però venne fondato anche il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), composto da cinque membri tra cui Henry Dunant (il vero e proprio “padre fondatore” della Croce Rossa), spinto nelle sue azione filantropiche dall’aver assistito alla cruenta battaglia di Solferino (Dunant 1862). Il CICR spinse il governo svizzero ad organizzare per l’anno successivo una conferenza diplomatica a cui parteciparono 16 paesi europei che adottarono la “Convenzione di Ginevra per il miglioramento delle condizioni dei feriti delle forze armate in campagna”. Tale Convenzione portò delle importanti innovazioni: norme scritte permanenti per la protezione delle vittime nei conflitti, l’obbligo di estendere le cure su tutti i militari feriti e malati senza discriminazioni e il rispetto del personale medico che avrebbe portato il simbolo della croce rossa su fondo bianco. Inoltre la Convenzione aveva

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una natura multilaterale ed era quindi aperta a tutti gli Stati che l’avessero voluta ratificare.

Con la Convenzione di Ginevra del 1864 nasce ufficialmente il Diritto Internazionale Umanitario, il quale si avvarrà di un numero sempre più elevato di strumenti giuridici. La principale differenza tra diritto umanitario e diritti umani è il campo di applicazione: il primo infatti si applica in situazioni di conflitto armato, mentre i diritti umani salvaguardano le persone in ogni tempo, sia in guerra che in pace. Dato che lo scopo finale di questi due tipi di diritto è simile (riguarda comunque la protezione di alcuni diritti fondamentali della persona) è naturale che essi convergano verso principi comuni e facciano riferimento anche a strumenti giurdici in parte comuni.

Spesso è capitato che venissero redatti e ratificati dei trattati che tentavano di risolvere un problema dopo che questo si era già presentato. Ad esempio soltanto nel 1925 venne ratificato un protocollo alla Convenzione di Ginevra che vietava l’uso di gas tossici, ben dopo il loro tragico uso nella prima guerra mondiale. E ovviamente il fatto che esistesse un divieto contro il loro utilizzo, non assicurò matematicamente che nessuno li avrebbe più usati (come fece l’Italia nella guerra coloniale con l’Etiopia dieci anni dopo).

Nel corso del XX secolo sono stati elaborati numerosi trattati che nel loro insieme costituiscono il DIU, ma i suoi pilastri rimangono le quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e i due Protocolli aggiuntivi del 1977. Come è risaputo, le Convenzioni rafforzano e ampliano quelle del 1864, proteggendo in tempo di guerra sia in mare che in campagna i soldati feriti o malati, i prigionieri e i civili: lo spirito è perciò quello di difendere i diritti di coloro che non partecipano alla guerra (i civili) e di coloro che hanno smesso di parteciparvi (soldati feriti, malati e prigionieri), stabilendo dei principi base come il soccorso dei feriti e il divieto di torturare i prigionieri di guerra (PoWs), oltre che regole nella condotta bellica quali la distinzione tra obiettivi civili e militari. Anche le Convenzioni del 1949 sono figlie del loro tempo e sono state redatte per evitare le tragedie delle due guerre mondiali,

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guerre “tipiche” tra eserciti regolari di Stati o gruppi di Stati in cui rimasero coinvolti milioni di civili.

Ma la guerra ha continuato ad evolversi, e la formazione di nuovi Stati nazionali, la guerra di Corea, l’Indocina, l’Algeria, i conflitti Arabo-Israeliani, la guerra del Vietnam come pure le guerre civili in Africa, Asia e Sud America, evidenziarono la necessità di aggiornare le Convenzioni di Ginevra del 1949 alla nuova realtà geopolitica e sociale. Nel 1977, l’adozione dei due Protocolli Aggiuntivi alle Convenzioni del 1949 consentì di ridefinire le tipologie di conflitto armato, includendo fra quelli a carattere internazionale le guerre di liberazione contro le dominazioni coloniali, l’occupazione straniera e i regimi razzisti. Nel I Protocollo Aggiuntivo, facendo riferimento a metodi e mezzi di guerra, l’art. 35 ribadisce il principio fondamentale già contenuto sia nella Dichiarazione di San Pietroburgo del 1868 che nelle convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907: “In ogni conflitto armato, il diritto delle Parti in conflitto di scegliere metodi e mezzi di guerra non è illimitato”. E’ vietato l’impiego di armi proiettili e sostanze, nonché metodi di guerra capaci di causare mali superflui o sofferenze inutili. L’art. 48 enuncia la regola fondamentale in tema di protezione della popolazione civile imponendo alle parti di fare, “in ogni momento”, distinzione fra la popolazione civile e i combattenti, nonché fra beni di carattere civile e gli obiettivi militari. L’art. 51 vieta inoltre gli attacchi diretti nei confronti della popolazione civile anche a titolo di rappresaglia nonché gli “attacchi indiscriminati”.

Il II Protocollo, memore delle guerre civili combattute in Africa, Asia ed America del Sud (in Argentina i desaparecidos furono circa 30.000 in soli quattro anni), detta in 28 articoli la disciplina dei conflitti armati non internazionali, le cui vittime erano state, fino a tale momento, abbandonate alla tutela minimale offerta dall’art. 3 comune alle quattro Convenzioni del 1949.56

56 L’art. 3 comune alle quattro Convenzioni rappresenta una sorta di “convenzione in miniatura” che

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Cono d’ombra

Tra i due Protocolli possiamo individuare un cono d’ombra, uno di quelli anfratti in cui si annidano le violazioni dei diritti umani tra le quali si annovera la tortura. In particolare, mi riferisco alla tortura o al trattamento inumano, crudele e degradante verso i prigionieri di guerra. Meglio, verso combattenti catturati dalla parte avversa. I PoWs, infatti, sono tutelati dalle Convenzioni di Ginevra, mentre non lo sono tutti gli altri combattenti non classificabili come tali. Per essere considerati combattenti legittimi occorre appartenere a delle forze armate regolari oppure rispettare una

“Nel caso in cui un conflitto armato che non presenti carattere internazionale scoppiasse sul territorio di una delle Alte Parti contraenti, ciascuna delle parti in conflitto sarà tenuta ad applicare almeno le disposizioni seguenti:

1. Le persone che non partecipano direttamente alle ostilità, compresi i membri delle forze armate che abbiano deposto le armi e le persone messe fuori combattimento da malattia, ferita, detenzione o qualsiasi altra causa, saranno trattate, in ogni circostanza, con umanità, senza alcuna distinzione di carattere sfavorevole basata sulla razza, il colore, la religione o la credenza, il sesso, la nascita o il censo, o altro criterio analogo.

A questo scopo, sono e rimangono vietate, in ogni tempo e luogo, nei confronti delle persone sopra indicate:

a. le violenze contro la vita e l'integrità corporale, specialmente l'assassinio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i trattamenti crudeli, le torture e i supplizi;

b. la cattura di ostaggi;

c. gli oltraggi alla dignità personale, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti; d. le condanne pronunciate e le esecuzioni compiute senza previo giudizio di un tribunale

regolarmente costituito, che offra le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili.

2. I feriti e i malati saranno raccolti e curati.

Un ente umanitario imparziale, come il Comitato internazionale della Croce Rossa, potrà offrire i suoi servigi alle Parti in conflitto.

Le Parti in conflitto si sforzeranno, d'altro lato, di mettere in vigore, mediante accordi speciali, tutte o parte delle altre disposizioni della presente Convenzione.

L'applicazione delle disposizioni che precedono non avrà effetto sullo statuto giuridico delle Parti in conflitto.”

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delle seguenti condizioni: avere un comando responsabile dei propri subordinati, portare un segno distintivo fisso e riconoscibile, portare apertamente le armi oppure uniformarsi alle leggi e agli usi della guerra. Un prigioniero di guerra, una volta catturato, tra le varie garanzie di cui gode, ha diritto ad essere protetto contro gli atti di violenza e soprattutto, in caso di interrogatorio, a rispondere solo con il nome, il grado, la data di nascita e il numero di matricola.

L’evoluzione dei conflitti, in particolare quelli legati alla “war on terror” post-11 settembre, rendono obsolete queste distinzioni. Ad esempio, in Afghanistan gli Stati Uniti riconoscevano lo status di combattenti legittimi ai Talebani, ma non ai membri di Al Qaeda. Se lo avessero fatto, in pratica non avrebbero potuto interrogarli. D’altra parte, non riconoscendo loro la protezione delle Convenzioni di Ginevra, è stato facile portarli a Guantànamo, dove è stato realizzato il cliché utilizzato poi per Abu Ghraib.

Questo esempio in realtà non è propriamente corretto in quanto gli Stati Uniti non hanno mai ratificato i Protocolli Aggiuntivi, e quindi il dibattito giuridico era concentrato sull’ampiezza delle Convenzioni del 1949, facilmente aggirate proprio perché anacronistiche. Ma anche se li avessero ratificati, non sarebbe cambiato molto in quanto, finché era in corso la guerra contro l’Afghanistan, si trattava di un conflitto internazionale, perciò oggetto del primo Protocollo che prevede le stesse distinzioni delle Convenzioni del 1949. È solo nel secondo Protocollo, quello relativo a conflitti non internazionali, che le garanzie sono estese a qualunque individuo, chiudendo perciò la partita delle interpretazioni.