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SULLA TORTURA GIUDIZIARIA: L’INQUISIZIONE

DALLA TORTURA GIUDIZIARIA ALLA SUA ABOLIZIONE

SULLA TORTURA GIUDIZIARIA: L’INQUISIZIONE

Nell’Ancien Regime la tortura era quasi onnipresente: costituiva l’arma principale della giustizia penale e veniva usata con lo scopo di ottenere confessioni, delazioni sui complici e anche per le punizioni corporali, eseguite pubblicamente con lo scopo di incutere la paura nella folla dei presenti e distogliere chiunque dal pensiero di compiere lo stesso reato del malcapitato sul patibolo o alla gogna. Un principio non molto diverso da quello dichiarato oggi dagli Stati che mantengono la pena di morte, giustificandosi con l’affermazione secondo cui la paura di incorrere nella pena capitale dovrebbe sviare le persone dal commettere omicidi o altri crimini che prevedono tale definitiva punizione. Solo, non essendo state ancora inventate le televisioni, fino agli inizi del XIX secolo le pene capitali venivano eseguite nelle piazze, così che tutti potessero vedere quello che succedeva a chi sfidava la legge.

Il motivo per cui veniva seguita questa procedura non era meramente quello di infliggere una punizione: il supplizio pubblico era una delle più importanti manifestazioni di forza del potere, che non solo eliminava i nemici dell’ordine, ma li schiacciava, li squartava, li mutilava e solo infine li uccideva. L’offesa alla legge sovrana comportava una sofferenza fisica atroce: nessuno doveva neanche pensare di contravvenire alle regole stabilite.

Questa parte servirà a cercare di comprendere come e perché tra la fine del Settecento e il primo quarto del secolo successivo quasi tutti i paesi europei abbiano abbandonato la tortura giudiziaria dopo averne fatto uso a piene mani per secoli. La tortura giudiziaria settecentesca deve molto ai metodi dell’Inquisizione, e per questo ci soffermeremo brevemente su di essa.

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Ad extirpanda

Tra l’XI e il XII secolo nacquero, soprattutto nella Francia meridionale, i primi movimenti eretici. Questi sorsero in contrapposizione all’ignoranza e all’estrema corruzione che si era sviluppata in seno alla Chiesa cattolica, preoccupata più di affermare un proprio potere temporale che di rispettare e divulgare gli insegnamenti evangelici. Queste eresie “della prima ora” vennero quasi ignorate dagli uomini di chiesa dell’epoca e considerate assolutamente marginali. Generalmente propugnavano il ricorso a pratiche ascetiche di purificazione in antitesi con lo sfarzo e la ricchezza ostentati dalla Chiesa romana, della quale rifiutavano la mediazione con Dio proponendo invece un rapporto di tipo più individualistico. Nello stesso tempo questa rivolta morale nelle masse urbane produsse un esplicito processo di contestazione delle strutture ecclesiastiche ufficiali, ormai ritenute indegne. Anche se molte dottrine poi ritenute eretiche non erano in contrasto con gli insegnamenti cristiani, il motivo della loro persecuzione fu “politico”. Valdo, ad esempio, fu condannato per la sua opera di predicazione, vietata dai vertici della Chiesa. Solo il clero cattolico poteva compierla: questa sorta di monopolio era necessario per mantenere il controllo sulle dottrine insegnate ai fedeli (ai quali tra l’altro veniva vietata la lettura individuale della Bibbia, anche a coloro che ne erano capaci).

I problemi più grossi arrivarono però con l’eresia catara, la cui dottrina era palesemente in contrasto con quella cristiana38. Soprattutto, però, la fede catara si era estremamente organizzata e strutturata con numerose chiese su base territoriale, come quelle cattoliche: nel 1167 fu tenuto addirittura un concilio al quale partecipò addirittura un “papa”, Niceta. I “perfetti”, cioè coloro che avevano ricevuto il “consolamento” e che costituivano l’“élite” della gerarchia catara39,

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I catari credevano in un dualismo di principi in lotta tra loro, il bene e il male, con somiglianze con le religioni dell’Asia minore, anche se non sono mai stati dimostrati dei collegamenti.

39 Il consolamento veniva concesso a un gruppo piuttosto ridotto di fedeli, avveniva dopo un lungo

periodo di iniziazione caratterizzato da preghiere, digiuni e veglie. Non era “eterno”, e la cerimonia veniva quindi ripetuta ogni volta che vi era la possibilità. Il giorno della cerimonia veniva introdotto in una casa di fedeli, vestito con una lunga tonaca nera a simboleggiare il distacco dal mondo,

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conducevano una vita di povertà, seguendo rigide regole alimentari e predicando. Nelle sfide oratorie con i membri della Chiesa romana, i catari facevano valere la loro coerenza di comportamento contro l’ipocrisia cattolica, ed avevano perciò grande presa sulle persone comuni che venivano inevitabilmente attratte dal nuovo credo.

Per riprendere il monopolio della predicazione e della fede degli individui, indispensabile premessa per il potere temporale della Chiesa, vennero intraprese due strade. Da una parte infatti vennero accettati nell’ortodossia religiosa i movimenti dei domenicani e dei francescani, che vivevano in povertà ma inclusi nell’ortodossia della Chiesa cattolica. Grazie al loro esempio di vita potevano permettersi di controbattere alle accuse catare e delle altre eresie, anche se vi furono comunque dei contrasti anche con la Chiesa romana. La loro predicazione tuttavia non si rivelò sufficiente a sradicare le eresie. La seconda strada stabilita per riuscire in questo scopo fu l’istituzione della Santa Inquisizione, ufficialmente fondata nel 1233 a Tolosa, da dove poi si diffuse in diverse parti d’Europa. L’uso della violenza per stroncare le eresie era già cominciato anni prima (basta pensare alla “crociata” contro gli albigesi del 1208), ma con il tribunale del Santo Uffizio si estende molto la portata delle persecuzioni e si cementificano le procedure giudiziarie che continueranno ad essere usate per secoli.

mentre tutto intorno c’erano ceri accesi che rappresentavano le fiamme dello Spirito Santo. Il perfetto che officiava la cerimonia spiegava al neofita i doni della religione e gli obblighi morali e spirituali ai quali si sottometteva. Dopo aver recitato il “Padre Nostro”, la più importante ed in pratica l’unica vera preghiera riconosciuta dai catari, il futuro perfetto abiurava la fede cattolica. Dopo essersi inginocchiato tre volte, chiedeva di essere accolto nella nuova chiesa, promettendo di non mangiare carne, uova e altri alimenti di origine animale, di astenersi dagli atti sessuali, di non mentire, non giurare e non rinnegare la fede per paura della morte. Confessava pubblicamente i suoi peccati e chiedeva perdono: ricevuta l’assoluzione, il perfetto officiante gli poneva sulla testa il Vangelo e, insieme ai suoi assistenti, imponeva le mani su di lui pregando Dio di inviargli lo Spirito Santo. Poi recitava nuovamente il Pater Noster e gli dava il bacio della pace, imitato poi dai suoi assistenti. A sua volta il nuovo “consolato” baciava il fedele più vicino tra quelli che assistevano alla cerimonia e questo bacio si trasmetteva tra tutti i presenti (se il nuovo perfetto era una donna, l’officiante le toccava una spalla con il Vangelo e il gomito con il gomito). Da quel momento in poi era un perfetto: il vescovo locale gli assegnava un compagno, scelto tra gli altri perfetti, e come tale doveva lasciare tutti i suoi beni alla comunità per darsi alla vita errante, alla predicazione e alle opere di carità.

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Con la bolla di Innocenzo IV, Ad extirpanda (1252), viene approvata la tortura come strumento di ottenimento della confessione del reo nei tribunali dell’Inquisizione. Per la prima volta l’inquisitore poteva avvalersi di un servizio personale di uomini ed acquisiva completa libertà nella scelta degli strumenti e dei metodi, come esplicitato nel Canone 26 della bolla papale. Come istituzione, l’Inquisizione acquisì la sua forma definitiva sotto Urbano IV (1261-4), quando gli ordini mendicanti si sostituirono definitivamente ai vescovi nelle pratiche inquisitorie. Gli eretici dovevano essere sterminati: cominciò qualcosa di molto simile a una “soluzione finale” di hitleriana memoria… questo fine venne perseguito con tale zelo che, sebbene sia difficile avere delle cifre precise, da questo momento i carnefici cominciano a passare di generazione in generazione il proprio mestiere40.

Il potere dell’inquisitore era molto ampio: bastava un’accusa qualsiasi, da parte di chiunque per essere portati via dal proprio letto nel cuore della notte. Era sufficiente anche la diffamatio senza un accusatore specifico. Teoricamente, una volta giunta l’accusa, i calificadores avrebbero dovuto esaminare le prove scritte contro l’imputato, ma non sempre ciò veniva fatto. Il malcapitato, quindi, colpevole o meno, veniva rapito dalla propria casa e rinchiuso in una cella, senza sapere assolutamente niente del motivo per cui era stato arrestato. Non di rado i prigionieri rimanevano mesi nelle proprie celle, in alcuni casi in isolamento: era una prima “tattica” per “ammorbidire” l’inquisito ancora prima dell’interrogatorio. La maggior parte dei sospetti, comunque, anche se si trovava “in compagnia”, non se la passava meglio. La rappresentazione del potere ottenuta con i magnifici palazzi dei tribunali dell’Inquisizione, simboleggiante la giustizia divina da cui non si può fuggire e dalla quale non ci si può nascondere, faceva da contraltare alle fetide celle delle prigioni, le carceres segretas: a Goa Torres de Castilla testimonia di come tali luoghi fossero “i più sporchi, i più bui e più orribili che si possano immaginare, i raggi del sole non vi penetrano mai. Ci si può immaginare che aria nociva si respiri in

40 Per una stima delle vittime dell’Inquisizione a partire dagli ultimi vent’anni del XV secolo v. Di Bella

1961 p. 134, che riporta un “quadro sinottico riassuntivo delle persecuzioni, contenuto nella Storia

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essa se si pensa che un pozzo secco al centro dello spazio in cui sono confinati i prigionieri, tenuto sempre scoperto, funge da latrina, e che le sue esalazioni non hanno altra via di uscita che una piccola apertura. I prigionieri vivono dunque in una latrina comune” (Scott 1940, pp. 87-8). Anche l’avvocato del prigioniero, più che aiutarlo a scagionarsi, cercava di persuaderlo a “conciliarsi” con il Santo Uffizio ammettendo le proprie colpe: ad ogni modo, i colloqui con il detenuto non erano mai privati, visto che avvocato difensore e “cliente” potevano vedersi e parlare solo alla presenza dell’inquisitore. Comunque, dopo qualche mese nelle carceres

segretas aveva luogo il primo interrogatorio, in cui non veniva utilizzata la violenza:

veniva fatto credere all’imputato di avere prove e testimoni contro di lui, e gli si chiedeva di confessare pienamente e pentirsi. Se faceva così, o se addirittura avesse confessato in precedenza, le pene cui veniva condannato erano relativamente irrisorie: pellegrinaggi, digiuni, opere di purificazione. Se l’eretico (o presunto tale) invece resisteva, o semplicemente non forniva spiegazioni sufficienti o considerate valide, si passava alla tortura. A questa venivano sottoposti anche eventuali testimoni che in qualche maniera potevano sembrare dubbi o troppo buoni nei confronti del prigioniero. La tortura sui testimoni doveva servire a scovare altri complici e a “rafforzare” le testimonianze, e possiamo agilmente supporre che il carnefice riuscisse ben presto a farsi dare le risposte desiderate dall’inquisitore, sempre presente durante i supplizi.